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Autore: alessandras03    18/10/2017    0 recensioni
SEQUEL BISBETICA VIZIATA.
Dal Capitolo 1...
"In fondo è l’alba per tutti. E’ l’alba di un nuovo inizio. L’alba che porta con sé la notte, schiarendo il cielo, colei che reca luce e spensieratezza.
E’ questa la mia alba. Guardare avanti e capire che non bisogna fermarsi.
Come il tempo scorre, come la notte passa e arriva il giorno, così i cattivi pensieri svaniscono per dar spazio ad una pace interiore senza limiti. "
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 17



La donna di fronte a me indossa un tailleur grigio, un paio di decolletè nere, borsa firmata, profumo inebriante e collana di perle al collo. Il marito invece è un po’ più sobrio.
Parlano raffinatamente ed educatamente, ma non mi piacciono affatto.
Non li sto neanche ascoltando, poiché li ho già esclusi a prescindere. Troppo montati per i miei gusti. Osservo, così, la dottoressa e con un cenno di capo le lascio intendere che sono decisamente un “NO” secco.
Così, dopo un’ora di chiacchiere, ovviamente loro, mi metto in piedi e gli tendo una mano per salutarli.
«Mi dispiace, non sono convinta.» Dichiaro severa.
La signora rimane parecchio delusa, probabilmente, secondo lei, l’apparire così avrebbe fatto la sua parte e le avrebbe fatto guadagnare punti. In realtà è il peggior modo per colpirmi. A me piace l’umiltà e la semplicità.
«Bè, non so che dire…» lamenta la donna, per poi osservare il marito che assottiglia gli occhi.
Incrocio le braccia al petto, «cerco un altro tipo di famiglia» sospiro.
La dottoressa schiarisce la voce, «ci sentiamo signori Byron» li invita ad andare gentilmente.
Così fanno, ma continuando a lanciarmi quelle occhiate minacciose.

Quando rimango sola con lei, mi spaparanzo sulla sedia di fronte la scrivania.
«Ci sono altre coppie, chiamerò per fissare degli appuntamenti se sono interessati… sta’ tranquilla.» Spiega mentre scrive qualcosa su di un blocchetto.
Mi guardo intorno ed abbasso poi lo sguardo, «erano troppo… troppo.»
La dottoressa mi degna di uno sguardo comprensivo. «Sono particolarmente benestanti, non gli farebbero mancare niente…» dice.
«Forse l’affetto!» Esclamo. «Sembrano così pieni di loro, di soldi e lavoro… lo lascerebbero nelle mani di una tata tutto il giorno… e no.» Sbuffo.
«La tata è molto ricercata di questi tempi, non è una cosa strana… » aggiunge lei.
Stiro il collo e lo rilasso portandolo all’indietro, «sarà… ma non mi hai convinta, quando lo farà qualche coppia lo si capirà dai miei occhi.» Osservo il soffitto.
«Spero che ne troverai qualcuna sempre se tu voglia davvero trovarla, Grace.»  Il suo tono è molto severo. «Hai ancora qualche perplessità» commenta fissandomi.
Le porgo lo sguardo, «no, voglio solo una famiglia all’altezza.» Detto ciò mi metto in piedi, indosso il giubbotto di jeans ed acchiappo la mia borsa, portandola in spalla. «Ci sentiamo» le porgo la mano, lei tentenna un po’ e poi la stringe.
«Riguardati e salutami la mamma» mi saluta prima che io esca ed io rispondo con uno sguardo ammiccante.

Prendo il primo bus, è vuoto e prendo posto in uno dei posti avanti. La giornata è piuttosto cupa, come tutte le altre ultimamente. Le strade, comunque, sono sempre affollate.
Sfilo il telefono dalla borsa e scorgo tra la rubrica il numero di Dylan, così, lo chiamo in anonimo. Metto il cellulare all’orecchio ed attendo.
Prima che risponda lo sento ridere con gusto.
«Pronto?»
Sento il cuore esplodere fuori dal petto. Socchiudo le palpebre.
«Chi è? Pronto?»
Poi avverto delle voci, ma non riesco a decifrare se siano femminili o maschili.
«Avranno sbagliato» riattacca.
Prendo un lungo respiro, abbasso il braccio ed osservo fuori.

Improvvisamente arriva un messaggio di Brian. Sorrido istintivamente e leggo sottovoce.

Ti posso passare a prendere? Pranzo e giretto in centro commerciale?

Rispondo:

Sono sul bus verso casa, sono stata dalla ginecologa… sto per arrivare.

La sua risposta non tarda ad arrivare, come sempre.

Cos’è successo? Tutto okay?

Chi sa lui che fatica faccia ad accettare di restare al mio fianco in una situazione del genere, in ogni caso ha imparato a mantenere la calma.

Sì, ho incontrato una coppia… per l’adozione… ma ne parliamo dopo, tu hai tolto il gesso?


Sì, in realtà non potrei neanche guidare… ma ce la posso fare. Mi faccio trovare di fronte casa tua.



Quando il bus si ferma quasi accanto casa scendo salutando il conducente e mi avvio svelta. Noto in lontananza l’auto di Brian e cerco di far veloce.
Salgo al posto del passeggero, ci salutiamo con un bacio in guancia e poi mette in moto.
«Ho pensato… se chiamassi Beth? Ti dispiacerebbe?» Chiedo abbassando il finestrino.
Lui fa una smorfia con le labbra e scuote il capo, «forse a lei sì, non a me.»
Così le mando un messaggio e stranamente accetta.
Brian guida fin casa sua e appena giunti lei è già fuori. Lui si sporge dal finestrino.
«Beth potresti diventare la mia ragazza solo per il fatto che sei una delle poche donne pronte e puntuali!» Esclama lui ridacchiando.
Abbozzo un sorriso ed osservo Beth rispondere con una smorfia antipatica.
«Non diventerei la tua ragazza neanche se fossi l’ultimo essere umano sul pianeta Terra!» Dice lei mentre sale in auto.
«Questa è vecchia, mi deludi» Brian arriccia il naso e riparte sgommando.
Beth sbuffa, «avrei dovuto declinare l’invito» mette il broncio ed incrocia le braccia al petto.
Mi volto per fissarla e rido, «dai su, mi siete rimasti solo voi e poi tra qualche giorno partirai… godiamoci questi giorni» la supplico quasi.
Si ammorbidisce subito e il suo volto sembra rilassarsi.
 

Ci fermiamo a pranzare in un ristorante al centro, oggi di lusso direi. Brian si propone di offrire il tutto e mentre Beth se la ride soddisfatta, io cerco in tutti i modi di non accettare questo invito.
Rimaniamo al tavolo anche dopo aver finito, loro bevono del caffè, mentre io mangio un dolcino.
«Quindi partirai per il college» dice Brian scrutando Beth.
Lei annuisce antipatica, «mi rendo utile nel mondo, in qualche modo» lo odia.
Lui ride scoccando la lingua sul palato, «pateticamente acida» commenta sorseggiando il suo caffè. «Ho anche paura di esser contagiato» alza le sopracciglia con fare ironico.
«Tu potresti contagiare me di ignoranza» borbotta lei.
Osservo questo teatrino silenziosa. Sono due rompi coglioni.
Brian si sporge in avanti per osservarla meglio, «ce l’hai ancora con me per tuo fratello? Dobbiamo proprio ricordare e parlarne?» Si morde il labbro inferiore e noto come Beth ci fa enormemente caso.
Rotea gli occhi «hai messo i bastoni tra le ruote a mio fratello per molto tempo, permettimi di non sopportarti» risponde schietta.
Brian inclina il capo da una parte ed annuisce. «Adesso, però, come la vedi la situazione?» La sta provocando e non so quanto Beth resisterà.
Quest’ultima guarda entrambi prima di fiatare.
«Penso che tu sia sincero, che tu abbia capito da che parte stare, ma che ormai è troppo tardi» dice chiaramente alzando le spalle.
«E’ tardi perché tuo fratello se l’è svignata e questa volta non a causa mia?» Aggrotta lui la fronte.
Mi scaldo anche io, «basta adesso, finitela» li prego.
«Dico che ti sei rassegnato troppo tardi» dice Beth. «Non voglio discutere, sono affari vostri… però spero non ci sia malizia tra di voi» abbassa gli occhi.
«Sei gelosa?» Brian la sta buttando un po’ troppo sullo scherzo.
Nascondo il viso con entrambe le mani.
«Brian mi stai dando sui nervi!» Sbotta lei.
Dopo di che Brian agita la mano ad un cameriere per far portare il conto. Così paga e usciamo di lì.
Finalmente respiro un po’ d’aria pulita, lì dentro sputavano entrambi veleno.

Beth, giustamente, mantiene il muso fin quando non giungiamo al centro commerciale.
Brian a volte accenna dei risolini soddisfatti, mentre io sbuffo continuamente.


Girando tra i negozi sembro l’unica ammaliata dalle vetrine, Brian fischietta e si muove in solitario, mentre Beth, al mio fianco, pare pensierosa.
«Se è per Brian, lascialo stare… ti stava solo provocando» dico fermandomi di fronte un negozio. «Che bel pantalone» mormoro.
«Mi da fastidio lui, i suoi modi arroganti di fare e quella terribile faccia di cazzo che si ritrova. Non l’ho mai tollerato!» Parlotta agitata.
«Brian quando vede che una persona non sa stare allo scherzo e si innervosisce, incalza ancor di più… » spiego osservandola. Ormai lo conosco bene, prova piacere a vedere la gente scaldarsi, lo trova divertente. Beth, in questo caso, è un’esca perfetta.
Beth continua a camminare e sbuffa, «cosa ci trovavi in lui?» Corruga la fronte.
Mi prendo un secondo per guardarlo. Cammina lento, con le mani nelle tasche del giubbotto, fischietta ed osserva ogni vetrina, per poi sorridere alle donne che gli passano affianco. Non so esattamente cosa mi abbia attratto inizialmente di lui, probabilmente non sono mai stata neanche del tutto consapevole di questo interesse che provassi nei suoi confronti.
Forse l’essere piuttosto simili mi spingeva sempre di più a stargli intorno ed a volte succedeva senza neanche volerlo, chiamalo destino, chi sa. In ogni caso riuscivo a capirlo con uno sguardo, sapevo già a prescindere qual era la sua prossima mossa, riuscivo a prevederlo, perché la mia mente ed i miei pensieri, non erano poi così diversi dai suoi.
Questo non è mai stato un bene. Ammetto che è bello trovare qualcuno che riesca a comprenderti senza che tu fiata, ma non dimentico i brutti momenti passati a causa sua.
«Io e Brian abbiamo avuto subito una certa alchimia, ci capivamo al volo… stesse teste calde e malate a volte» sussurro, «quindi è stato credo questo ad affascinarmi di lui» annuisco convinta subito dopo.
«E con Dylan non ti capivi al volo?» Domanda lei corrucciata.
Rido, «ah, con Dylan è stato tutto un crescendo, una continua scoperta… il conoscersi e scoprirsi giorno dopo giorno, amando pregi e difetti.» Ripenso sognante. «E’ nato per gioco, è nato in amicizia, è nato per caso… ed è stato bello capire passo passo cosa provassimo» sospiro. «Non credo si possano paragonare entrambi, perché sono state due relazioni diverse… una tormentata, l’altra travagliata... e alla fine nessuna bella destinazione» scrollo le spalle.
«Io spero che il destino abbia in serbo per te qualcosa di veramente bello Grace Elizabeth Stewart» Beth mi passa un braccio intorno al collo, per poi poggiare il suo capo al mio. La stringo avvolgendole la vita con il mio braccio.
«Io credo che la mia vita non sarà mai una calma piatta, ma sempre un oceano in tempesta» inspiro profondamente.
«Allora comandante spero che la tua nave sia abbastanza maestosa e possente per affrontare le tempeste.» Mi lascia un caldo bacio in guancia ed io sorrido.

Brian si volta a osservarsi, scuote il capo e imita il nostro passo lento, scocciato.
«Che palle, vi volete muovere?» Urla.
Alcune persone intorno si voltano perplessi a fissarlo, poi riprendono il loro cammino.
«Voglio far compere, secondo voi perché vi ho portate?» E così entra in un negozio per uomo.
Le commesse, entrambe donne, aiutano Brian a provare degli abiti, mentre noi attendiamo sedute su una poltroncina. Indossa di tutto, da maglie a cappotti e quant’altro.
Il papà deve averlo viziato bene ultimamente per potersi permettere tutto ciò che sta acquistando. Almeno non devo preoccuparmi che abbia rapinato una banca.

Usciamo da lì con una decina di borse.
«Adesso sono a secco» borbotta, «grazie a dio comincerò a lavorare domani» aggiunge.
«Fammi indovinare» esordisce Beth con una mano sul mento, «lava cessi
Lui risponde con una risata antipatica, «potrei, è un lavoro come un altro Miss Perfezione del mio cazzo» ecco come rovinare un momento rilassante! «Comunque lavorerò in un Hotel a quattro stelle come barman.» Sorride soddisfatto. «Ammetto… c’è la mano del papi, ma necessitavo di un impiego dignitoso.» Alza le mani in segno di resa.
«Tuo padre dovrebbe darti tante mazzate in testa piuttosto» questa volta sono io a commentare acidamente, ma mi stupisco di come sopporti che Brian non ne combini mai una giusta. Poi, però, riflettendo su me stessa mi mordo la lingua.
Nonostante i miei continui sbagli, la mia famiglia non mi ha mai abbandonata e soprattutto in questa circostanza, disastrosa direi, loro sono al mio fianco, appoggiando anche la peggiore delle mie scelte.
«Scusa, non dovevo parlare… proprio io» mi giustifico.
«Tranquilla… » l’atmosfera si gela subito e proseguiamo silenziosi.


Brian ci accompagna nelle rispettive case in serata. Lasciamo prima a destinazione Beth.
«Ciao Betta» dice lui provocando l’immediata reazione di Beth, la quale ringhia come un cane e sbatte la portiera dell’auto.
«Ci sentiamo domattina» agito la mano per salutarla prima di non vederla più.
Brian canticchia e sfreccia tra la strada.
«Perché devi provocarla così?» Domando sistemando i capelli in una coda di lato sfatta.
«E’ divertente, se la prende per ogni cosa… peggio di te» lascia il volante per gesticolare un attimo per poi riprendere il controllo.
«Non gli stai affatto simpatico» commento schiarendo la voce.
«Pregiudizi» fa lui di rimando.
Lo guardo. «Fatti accaduti che la inducono a detestarti» aggiungo.
«E’ normale che abbia avuto problemi con suo fratello, ci provava con te, usciva con te… mica potevo stare a guardare» si giustifica tranquillo, «ma si mettono da parte adesso queste cose, io sono venuto qui perché amo questo posto, non voglio problemi con nessuno e mi secca esser ancora giudicato… e poi io con questa vostra situazione non c’entro proprio nulla» conclude.
«Lo so, non voglio metterti in mezzo infatti» mi difendo, «i problemi che ci sono tra me e Dylan sono di un’altra natura» mi massaggio la fronte.
«Forse era meglio quando il problema eravamo noi due, non credi?» Mi osserva di sbieco.
Annuisco con suono gutturale.
«Ne abbiamo passate delle belle» commenta prima di zittirsi del tutto.
Aumenta il volume della radio e i miei pensieri accrescono notevolmente.
Chi sa cosa fa Dylan, se si sta divertendo, se si è trovato già bene, se ha conosciuto qualcuno, se gli passo qualche volta per la testa, se ha mai voglia di sentirmi.


Il giorno dopo ho un nuovo colloquio con un’altra famiglia, stavolta mia madre mi farà compagnia. La coppia di fronte a noi ha portato con sé gli altri due bambini, chiassosi come mai visti prima. Non stanno un attimo fermi, fanno pernacchie, dispetti e sono davvero insostenibili. Mia madre ha gli occhi sbarrati, mentre io, che non amo a prescindere la presenza dei bambini, respiro profondamente, fin quando mi metto in piedi sbottando con un “BASTA”. Credo che persino per strada mi abbiano sentito.
«Davvero, voi sarete anche una famiglia fantastica… ma grazie, non c’è bisogno che senta o veda altro» dico nervosamente.
La donna, sconsolata ed imbarazzata, prende per il braccio il bambino che sta scarabocchiando il block-notes della dottoressa e trascina fuori con sé anche l’altro che si strusciava a terra.
Non dice neanche una parole, saluta con un flebile “arrivederci” e scompare insieme al marito e le pesti.
«Questa volta non hai tutti i torti» riflette la dottoressa.
«Grazie» rispondo sollevata.
«Cara hai detto ci sia un’altra coppia» mia madre si rivolge all’amica e quest’ultima annuisce. Esce dallo studio e rientra con due giovani, o meglio non troppo.
Lei ha i capelli fino alle spalle castano chiaro lisci, lui è riccio. Sono vestiti come due persone normali, finalmente e sembrano abbastanza umili.
«Ciao piacere, io sono Amelia e lui è mio marito Grant… siamo molto giovani, abbiamo rispettivamente venticinque e ventisette anni, siamo sposati da poco, solo cinque mesi» esordisce dolcemente, «io ho scoperto dopo delle visite accurate che non potrò aver bambini e questo per noi è stata una bella batosta. Siamo cresciuti in famiglie numerose, siamo molto religiosi, adoriamo avere bambini per casa e poi i nostri impieghi ci permettono di non tralasciarli per lungo tempo da soli» sorride prendendo la mano del compagno.
«Che lavoro fate?» Chiedo azzardata, forse.
«Grant è un insegnante di letteratura… io sono una psicologa» spiega. «Sappiamo che non conosci ancora il sesso del bambino, a noi non importa… ci basta averlo tra noi per essere completi» sembra una donna davvero fantastica.
Guardo mia madre che annuisce compiaciuta. Perché c’è qualcosa che non mi convince?
«Va bene se mi lasciate il vostro numero ed io ci penso meglio?» Mi rivolgo ad entrambi.
La ragazza annuisce subito e sfila dalla borsa una penna ed un fogliettino.
Scrive i due numeri di telefono con rispettivi nomi e cognomi e me lo porge.
«Pensaci bene» dice il ragazzo.
«Sì, grazie» mi metto in piedi e gli stringo le mani prima di salutare.


Esco dallo studio un po’ stranita. E’ come se non mi fidassi di nessuno. Come se nessuno per me sia all’altezza di questo compito. Eppure ho ancora così tanto tempo per decidere.
Mentre salgo in auto ho come un’illuminazione, tutto sembra più chiaro.
Il mio cuore sa già cosa vuole, sa già tutto. 
  
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