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Autore: _Malvine_    18/10/2017    0 recensioni
Anno 2389. In una Tokyo futuristica il progresso tecnologico è avanzato a discapito del benessere sociale. Tra dirigenti spietati, piogge acide e droidi assassini il futuro dell'umanità è sempre più incerto.
La storia non è stata scritta da me ma da mio fratello che non possiede un account.
Grazie dell'attenzione.
Genere: Dark, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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1.

 

Molte cose erano cambiate da quel giorno: Michael era stato messo alle dipendenze dirette del suo amico, tanto per cominciare. Non sentendosi più al sicuro, Iwano aveva anche deciso di cambiare casa. Dalla periferia al centro di Tokyo in una piccola magione dotata di sistemi difensivi adeguati, in modo da non essere più sorpreso nel cuore della notte. Era stato fortunato a sopravvivere a quell’assalto, poi insabbiato e lasciato cadere nel vuoto, ma si era preso comunque un bello spavento. Si era fatto installare altri innesti per ottimizzare il suo rendimento fisico, troppo a lungo lasciato inattivo, mentre la moglie all’oscuro di tutto si era ottimizzata soprattutto la pelle e la struttura ossea per poter cambiare volto e stazza tutte le volte che voleva. Era stato l’impianto più costoso in assoluto, in effetti, quasi quanto la casa stessa.

Per quanto riguarda i Mnemo -sì, ora disponeva di tre diversi taccuini elettronici per ogni evenienza- la prima copia era sempre la più importante. Lì sopra aveva installato una copia intera dei propri ricordi, della propria essenza, di tutto ciò per cui poteva essere incriminato. Sugli altri due, a rotazione, inseriva i ricordi di cui poteva aver bisogno durante la giornata cercando sempre di far quadrare tutto con i propri memo integrati. Non era sempre facile, alle volte i colleghi gli parlavano di fatti di cui non aveva mai sentito parlare, tanto che si era meritato l’appellativo di Iwano, tanti-soldi-poca-memoria. Solo quando tornava a casa, nel proprio laboratorio sotterraneo, capiva. Poco per volta ci aveva preso la mano: non disponeva del ricordo in sé ma disponeva del ricordo piacevole di quando si connetteva. Per cui aveva cominciato istintivamente a ignorare i buchi nella propria memoria fino a quando tornava poi a casa. Michael dal canto suo lo aiutava senza battere ciglio e senza fare domande: Iwano gli aveva procurato una decina di robobattone diverse e gliele aveva spedite a casa; non sapeva neanche dove infilarsele e come giustificarle agli ospiti. Poi, riflettendo meglio, ospiti non ne aveva quindi erano state bene accette. Non aveva voluto ulteriori impianti, gli bastava la protezione che gli veniva offerta presso la casa del suo amico. La magione oltre a disporre di torrette automatiche poteva contare su una piccola guarnigione di cinque droidi da autodifesa. Erano programmati per scortare la signora di casa e gli amici del padrone di casa, per intervenire in caso di aggressione, ma non disponevano di strumenti pericolosi, di dissuasione o armi particolari. La loro ultima direttiva, in caso di aggressione eccessiva, era di attorcigliarsi al corpo del malvivente esercitando una pressione tale da bloccargli ogni movimento fino all’arrivo dei pacificatori. Per ora era decisamente soddisfatto, aveva spiegato a Midori che dovevano tutelare il loro nuovo status, e quella scorta era necessaria. Lei era stata in realtà ben contenta di potersene vantare con le amiche. E Michael riusciva a sparare le proprie battute anche ai due droidi che lo riaccompagnavano a casa, come facesse lo sapeva solo lui.

Per quanto riguardava Fredrika, i due erano arrivati ad un accordo. Siccome i dirigenti che disponevano delle quote di maggioranza della Engine & Care erano sostanzialmente cinque, a due a due se ne sarebbero occupati entrambi senza dare troppo nell’occhio. L’azionista maggiore, Francis Matsuda, sarebbe stato l’ultimo con cui trattare, forse da pari a pari. Era pur sempre il volto della società, estrometterlo avrebbe potuto procurare diversi problemi di immagine. Per quanto riguarda gli altri quattro, due erano già fuori. Uno era il figlio di Francis, l’azionista con la quota più bassa, praticamente mangiava tutto il patrimonio di famiglia in puttane umane, droga e festini sul proprio yatch. Non era venuto in ufficio una sola volta da quando era stato nominato dirigente. Non fu un problema per Iwano mandare alcune foto di quei festini alle autorità. Non finì in galera ma tenerlo nella dirigenza avrebbe rovinato l’immagine con gli investitori e dunque era stato messo ai domiciliari, continuando a fare quello che faceva prima ma con un po’ meno puttane e un po’ meno droga. Dell’altro si era occupata Fredrika. Inizialmente l’approccio sessuale sembrava funzionare ma una volta arrivati ai fatti e toltigli i pantaloni si rivelò umano sopra e robot sotto. Forte del proprio status aveva fatto di lei quello che voleva con un certo impeto graffiandola, picchiandola al volto e talvolta mordendola, credendo che assicurarle la posizione fosse sufficiente per farla tacere. E invece lei aveva registrato tutto e il giorno dopo, con il volto di lei censurato e quello di lui bene in vista, era finito tutto su internet e da lì sui mass media. Anche in quel caso, per evitare problemi di immagine, si risolse tutto estromettendo l’incriminato.

Gli ultimi tre erano più difficili: Ageha Takamiya, azionista al 25% , agiva sempre sotto scorta di almeno dieci droidi da combattimento: in pratica droidi dotati di armi ad alto rendimento, strumentazione difensiva resistente a qualsiasi temperatura e ambiente e dotazione standard di cibo e acqua per il proprio assistito. Con quella scorta neanche mandarla nel Sahara avrebbe sortito qualche effetto.

Gottfrid invece era un avvocato di origini svedesi, tirato su da padre contadino e di sani principi. Non aveva mai toccato un liquore in vita sua, Credente praticante, non usava nemmeno i preservativi. Era un maledetto osso duro senza un solo difetto, era bastato un suo comizio e qualche apparizione in televisione per calmare tutti sulla situazione dei nuovi estromessi. Girava con il proprio Jet stealth per non essere rintracciabile.

Infine, Francis Matsuda stesso. Era azionista di maggioranza con il suo 40% e deteneva anche un parziale controllo sulle TV nazionali. Era inoltre un politico di un certo prestigio nel partito progressista, si era più volte scontrato con religiosi di vario tipo per aver sostenuto l’importanza per tutti di ottimizzarsi in un mondo sempre più spietato e competitivo. Iwano lo temeva particolarmente perché se era rimasto a galla per tutto questo tempo non poteva essere solo grazie ai propri soldi e al controllo dei media ma anche e soprattutto grazie alle proprie capacità strategiche e imbonitrici. Doveva disporre, tra le altre applicazioni, di un selettore all’avanguardia di risposte che usava di volta in volta selezionando tra i vari toni disponibili: il sarcastico, il faceto, il comprensivo, il sofista, e così via. Aveva in memoria, aveva ipotizzato Iwano, almeno l’80% dello scibile umanistico in memoria. Un avversario che era meglio avere sempre tra i propri alleati. Per questo lui e Fredrika ritenevano di non esserne ancora all’altezza. Prima dovevano eliminare i due restanti.

 

2.

 

Un giorno, mentre stava lavorando al computer nel proprio ufficio al penultimo piano, circondato da assistenti disposti su due file di scrivanie allineate, gli capitò sott’occhio il nome di un detrattore della compagnia. Iwano non aveva mai smesso di usare le proprie abilità per occuparsi dell’immagine dell’azienda, anche se ora lo faceva ad un livello più alto. Veniva chiamato “L’ultimo messia”, e pareva essere un tipo poco modesto. Aprì i file disponibili su quell’uomo e lesse scorrendo le righe con la velocità sostenuta del proprio lettore ottico integrato. Dopo due minuti sapeva tutto di quell’uomo. In pratica sosteneva che le ottimizzazioni causassero gravi danni all’ambiente, all’animo umano e a Yahallahddha stesso. Di fatti, se era vero che aumentando la percentuale robotica di un essere umano cala anche il suo fabbisogno di acqua e cibo, è pur vero che aumenta il suo bisogno di energia, sotto altra forma. Laddove uno degli slogan della compagnia prima era “Innesta, salva il mondo” facendo proprio riferimento al risparmio di cibo, quell’uomo mostrava lo scempio delle centrali nucleari installate nella parte più povera del mondo per sostentare il fabbisogno energetico del restante 20% di mondo. Africa, Russia, Cina e parte dell’Europa si erano trasformate in terre coperte dal fumo dei reattori nucleari e dalle ciminiere. Erano stati inventati a tale scopo dei nanodroidi per ripulire l’ambiente ma erano inefficienti: per pulire 1 dovevano inquinare 1,5 per produrli. Sarebbe stato un investimento produrne solo un milione di esemplari per poi non produrne più e ripulire l’atmosfera ma gente come questo Messia si era rifiutata non credendo più alle parole dei suoi nemici, accusandoli di volerci solo speculare sopra. “Ci avvelenate, poi ci vendete l’antidoto che vi permetterà di avvelenarci di più per poi venderci l’antidoto che vi permetterà di avvelenarci ancora” affermava in una registrazione.

Era difficile scendere a patti con uomini del genere e da allora ogni critica era stata ignorata perché sostanzialmente potevano permetterselo. I seguaci non erano ancora in numero eccessivamente alto.

Iwano si massaggiava il mento riflettendo sul da farsi. I Credenti ormai erano chiamati così non solo perché credevano nel loro dio ma perché erano coloro che semplicemente credevano ci fosse qualcosa di superiore alle ottimizzazioni. Il pensiero spirituale gradualmente aveva abbandonato l’idea di qualcosa di un paradiso o di ricompensa ultraterrena per abbracciare la fede nelle potenzialità umane. Un fisico che si ammala poco o spesso allontana l’idea della morte, la rende solo una pratica, l’ultima, da sbrigare. Vivere più a lungo rende le persone più serene e i vari Allah, Buddha, Gesù Cristo, avevano poco per volta perso diritto a esistere nei cuori delle persone. Le chiese e le moschee in rovina, i ruderi utilizzati per altre costruzioni. I crocifissi usati come stendiabiti dalle famiglie bisognose, i preti rivalorizzati nel tessuto sociale. Chi si dava all’agraria, chi diventava avvocato, alla fine gli inginocchiatoi erano rimasti intonsi per poi essere infine bruciati o usati come assi di legno.

Al contempo era cresciuto il movimento Umanista, di cui questo Messia era l’ultimo esponente, che basava la propria fede sulle potenzialità umane intrinseche. Per loro “Yahallahddha” era nei loro corpi, che non andavano modificati per non disperderne le qualità immaginifiche. Addirittura si diceva che con la Nuova Apocalisse ogni applicazione, ogni sistema, ogni arto robotico avrebbe smesso di funzionare e ogni droide si sarebbe ribellato agli umani indifesi. Così solo loro sarebbero sopravvissuti. Iwano l’aveva sempre trovata un’idea balzana, pur nella sua logica contorta di paura verso il diverso. Da che mondo è mondo c’è sempre stato qualcuno che additava la locomotiva come il male assoluto.

Quest’uomo tuttavia può rivelarsi utile.”

Il suono elettronico integrato gli notificò un nuovo messaggio. Era Fredrika, voleva vederlo nel reparto tecnologie & sviluppo.

Decise di spegnere tutto e di lasciare il lavoro ai propri assistenti, salutato in coro con tanto di inchino a novanta gradi. Quando chiamò l’ascensore vide proprio Ageha Takamiya, scortata dai consueti dieci droidi, venire verso di lui. Era una donna bionda con gli occhi azzurri e le zampe di gallina, completamente ottimizzata come sua moglie. Non si faceva alcun problema a venire in ufficio con l’abito che reputava opportuno, fossero calze a rete o fossero salopette. Lo squadrò dall’alto in basso attorniata dai propri robot e si fermò all’istante. Automaticamente anche loro si installarono nel pavimento. I suoi occhi cambiarono improvvisamente colore, uno azzurro e l’altro verde.

<< Tu sei Iwano Hahn, ho sentito parlare di te. >>

Iwano tentò un mezzo inchino, era pur sempre una dirigente.

<< Tu e...com’era? Federika? Siete arrivati al momento giusto come possibili rimpiazzi. E se c’è una cosa che ho imparato da questo mondo è che coincidenze non esistono. Se qualcuno viene eliminato è perché qualcuno lo vuole eliminato. Oltre un certo punto la legge non ti tutela più, solo uno altrettanto ricco e potente può farti fuori. >>

Iwano rimase interdetto. Quella donna poteva disporre di apparecchi o applicazioni di varia natura di cui non era a conoscenza. Forse anche di lettura del pensiero. In tal caso era rovinato ancora prima di cominciare.

Lei notò il suo disagio e gli tese la mano.

<< Per quel che mi riguarda, ottimo lavoro. Quote in più per gli altri e per gente più capace. >>

Lui le strinse la mano senza vigore attraverso i droidi, i cui occhi muniti di obiettivo e camera di registrazione lo squadravano. Ageha lo attirò verso di sé aggiungendo << Se provate a fare lo stesso con me faccio fare una brutta fine a ogni vostro parente più vicino. Ho un testamento elettronico a casa collegato 24h su 24 al mio cervello, il quale è a sua volta tenuto a interagire con dei droidi la cui direttiva primaria è soddisfarlo. Se in punto di morte dovessi capire che siete stati voi, vi porterò con me. >>

Il suo sorriso era abbagliante, splendido, quasi quanto la sua abilità nel fingersi tranquilla e sicura ma il suo alito era pestilenziale.

Iwano aveva recepito insicurezza e tedio in quelle parole, anche se i sistemi di lettura delle iridi, della pulsazione e del sudore non lo avevano dato a vedere.

Si separarono così, con un freddo saluto.

Il laboratorio, all’interno del quale Fredrika era già presente con una tazza di caffè in mano, si presentava come un complesso labirinto di vetrate rinforzate in cui trovavano alloggiamento le varie sezioni, da quella dedicata allo sviluppo dei cosmetici a quella dedicata ai nuovi utensili a quella per le nuove armi.

Erano tutte collegate ad un piano centrale rialzato adibito alle rappresentazioni aziendali dei prototipi appena usciti; poteva contenere fino a duecento persone.

Lei lo accolse con un cenno e poi gli indicò il monitor sulla scrivania bianca circondato da attrezzi da lavoro. Sul monitor si susseguivano frenetiche le immagini dei droidi di Ageha intenti a proteggerla da un’aggressione. Gli assalitori erano rapinatori dai volti otticamente camuffati armati di quelli che sembravano fucili a pompa ad alta penetrazione. Quelli erano in grado di fare un buco nell’acciaio temprato oltre i venti centimetri e le pallottole così conficcate potevano anche detonare a comando. I droidi avevano calcolato le traiettorie schivando il 90% della rosa dei colpi. Solo uno fu ferito al ventre per proteggere Ageha. Gli altri, intuito il tipo di munizione, scagliarono il loro compagno contro gli assalitori, quello subito dopo attivò l’autodistruzione addosso a loro. Con il solo sacrificio di una delle guardie del corpo, i droidi da combattimento avevano riempito le carni degli aggressori di schegge metalliche urlanti. Le riprese venivano direttamente da uno dei droidi, per questo erano leggermente traballanti.

<< E non è tutto, l’altro nostro amico è questo >> finita la registrazione partì la seconda. << Gottfrid doveva essere trattenuto in un paese ostile per motivi burocratici ma non ha accettato >> spiegò lei per chiarire le immagini a schermo, le quali raffiguravano quello che sembrava un altro droide. Questo però era dotato di ali ed era enorme, infatti si vedevano solo nuvole sorpassarlo a gran velocità. Ogni tanto un gioco di luce sui suoi schermi, una gocciolina, poi il terreno disseminato di edifici si avvicinò. Emise un suono acuto, pareva essere un richiamo o un avvertimento. Un pugno metallico corazzato sfondò il fianco di un palazzo che doveva essere quello in cui Gottfrid era stato trattenuto. Ne uscì illeso, con un’unità tutelante a placche metalliche a ricoprire il proprio corpo. Tutt’altro modello rispetto all’impermeabile di Iwano contro la pioggia acida. Il droide-aereo aprì il proprio torace, Gottfrid prese posto e infine le braccia del titano metallico si trasformarono in ali. Prima che potesse accorrere qualcuno l’uomo e la sua efficiente guardia del corpo erano già spariti nei cieli coperti di nuvole.

<< Impressionante >> commentò a bocca spalancata. << I droidi di Ageha sono in comunicazione diretta con lei e tra di loro. È come una singola persona con undici corpi. Invece il Titano di Gottfrid lo ha avvertito con gli ultrasuoni prima del suo arrivo e poi si è trasformato in un Jet Stealth. La produciamo tutta noi quella roba? >>

<< Sezione Avanzata. Il livello superiore persino al nostro e ai Consumatori Superiori. Solo dirigenti, sceicchi e capi di stato possono accedere a quella tecnologia. Capisci ora con chi abbiamo a che fare? >> Fredrika era visibilmente preoccupata. Il suo labbro inferiore era tutto smangiucchiato.

<< Gottfrid è abbastanza incoerente. Credevo fosse contro questa roba, non era Credente? >>

<< Non praticante. O meglio, rifiuta alcune cose, altre no. >>

<< Mi pare che accetti le migliori e rifiuti le peggiori del suo stesso credo. È una cosa che potremmo usare contro di lui? >>

<< Ne dubito fortemente >>

Iwano prese a girare nervosamente per il piano, cercando nuove soluzioni.

<< Avevamo detto di prendercene uno a testa ma pare non essere così facile. E il Mnemo qui non ci aiuterà. Sono inarrivabili. >>

<< Calmati. Riflettiamo. Possiamo usare dei nanodroni? >>

<< No. Per ora il contratto che abbiamo col Direttivo ci vincola a usarli solo in caso di estrema necessità. Per questo ci hanno dato mezzo esercito, per non farceli usare mai. >>

<< Dobbiamo mettere le mani su qualche esemplare di quelli e riprodurli. >>

Fredrika scosse la testa. << Scordatelo, troppo pericoloso. Solo un dirigente accompagnato dall’ufficiale governativo in comando e almeno una scorta di dieci umani e dieci robot può accedere ai laboratori. >>

<< Eppure, ricordo che tanto tempo fa i pacificatori ne facevano uso. Dove sono quegli esemplari? >>

<< Se non li usiamo noi, gli unici autorizzati sono i membri del direttivo. Altri laboratori, forse pure più protetti di questi. >>

<< Se solo potessimo usare un camuffamento ottico e fingerci uno di loro potremmo accedere a quei laboratori… >> valutò Iwano, tastandosi il mento.

<< Potremmo inserire dei falsi ricordi in uno di loro… >>

<< Sì, ma come lo catturiamo uno di loro? >>

Cadde improvvisamente il silenzio. Fu il cellulare integrato di Iwano a romperlo. Era Michael, voleva informarlo che anche l’ultimo trapianto sul volto della moglie era andato a gonfie vele. Quello gli diede un’idea.

<< No, non abbiamo bisogno dell’originale. Ci basta qualcuno che abbia le sue fattezze. >>

<< Gli impianti facciali vanno bene solo sugli umani, i droidi non dispongono di ossa, tendini e muscoli. Quelli ci basta fabbricarli come li vogliamo >> spiegò lei, accigliata.

<< Ci serve un attore. Magari un attore inconscio con degli impianti che alla fine non ricordi più nulla. E non ci servono neanche più i nanodroidi, ho avuto un’idea. Dammi un fotogramma col volto di Gottfrid e una scansione di almeno dieci secondi in cui parla. Un comizio, una cena coi politici, scegli tu. >>

L’inconsapevole alleata non fece in tempo a chiedergli ulteriori spiegazioni che era già sparito.

 

3.

 

Quella sera con Midori andarono a vedere alcune proiezioni in anteprima mondiale insieme ad altre personalità di spicco della società per bene, tutti rigorosamente scortati e protetti. Cenarono presso il miglior ristorante della capitale mentre la bambina era a divertirsi con altri bimbi della sua età ad una festa in cui personale esperto e qualificato si sarebbe preso cura di lei, anch’essa scortata da un droide che controllava la situazione.

Midori alla fine era troppo stanca per del sesso per cui si scusò con rammarico e qualche singhiozzo e crollò a letto. A quel punto agli angoli della bocca di Iwano spuntò un sorriso mellifluo.

Michael aveva già ricevuto disposizioni senza chiedere nulla, lo aiutò a portare la moglie in laboratorio.

<< Devo avvertirti, amico mio, che anche una temporanea transizione da femmina a maschio e poi di nuovo da maschio a femmina può risultare invalidante in percentuali del 10%, per almeno una settimana. >>

<< Tradotto? >>

<< Decalcificare gli zigomi o il torace o qualunque altra parte e poi ricalcificarla in così poco tempo potrebbe produrre ossa leggermente più fragili e soggette a fratture. I muscoli non si adattano bene al tessuto in così poco tempo, potrebbero esserci dei problemi anche coi tendini e coi denti. Questi impianti non sono unisex, ci sono ormoni che… >>

<< Va bene, piantala, ho capito >> tagliò corto lui. << Si tratta solo di questa volta. Poi non lo faremo più. >>

Il suo amico Michael adagiò i piedi di Midori sul lettino in laboratorio e poi lo guardò ad altezza del collo, dove non si era mai spinto con lo sguardo. << Faremo? >>

Iwano non aveva voglia di discutere. Sbrigati, dai gli imput esterni, la foto te l’ho già inviata.

Lo scienziato fece una rapida iniezione per evitarle qualsiasi dolore, poi collegò i nervi ai macchinari. Di norma una persona ottimizzata poteva cambiare volto, stazza, fattezze e colore di occhi e capelli, pur rimanendo del proprio sesso, una volta al mese, senza complicazioni. Ora che Midori era addormentata occorreva che qualcuno desse ordini al suo corpo.

<< Applica il Mnemo. Ho già preparato alcuni ricordi. >>

Michael eseguì, attaccò al cervello di Midori anche il Mnemo coi ricordi appena confezionati. Fece il backup e cancellò quasi completamente la sua memoria. Ora lei doveva trasformarsi in Gottfrid, il suo nemico. Gli unici ricordi che Iwano aveva costruito per lei erano stati creati a partire da alcune di quelle registrazioni viste il giorno stesso. La figura a cui era attaccato il Mnemo si configurava come uno degli aggressori poi dilaniati dalle schegge dei robot, così che il ricordo creasse una falsa concezione dell’assalitore/assalito e desse l’idea di essere sotto attacco ingiustamente. Questo perché Midori possedeva il ricordo del ladro al momento dell’aggressione ma non i motivi e i ricordi antecedenti dello stesso ladro.

A quel punto diedero avvio alla trasformazione di Midori. La sua faccia, non senza rumori preoccupanti di ossa scricchiolanti, cominciò a variare di colore: dal rosa pallido al rosso peperone al violetto fino ad un blu tumefazione. Per poi infine diventare quel viso tondo e rubicondo che era quello di Gottfrid, con un solo ciuffo di capelli al centro e qualche pelo ai lati della testa rossiccia.

Anche la stazza sembrava la sua.

Con un cenno della testa Iwano comunicò poi allo scienziato di accendere l’ologramma-sfondo. Era un banale studio di default, visto che non sapevano quale fosse quello di Gottfrid. Difficile che qualcuno volesse investigare su quel particolare.

Infine, attivò un droide-telecamera, pronto a registrare.

Midori venne attivata. Non c’erano specchi, non c’erano spiegazioni. Si guardò solo le mani e cominciò a urlare, credendo di essere gravemente ferita dalle schegge.

<< Si calmi signor Gottfrid, non è nulla. L’abbiamo curata. Ora deve fare il suo discorso, ricorda? >>

Midori sembrò titubare e poi i suoi occhi azzurri si accesero di sicurezza inaudita.

<< Sì, certo. Grazie per avermelo ricordato. Maledetta Ageha, la pagherà. >>

Si alzò in piedi e prese posto dietro la scrivania che avevano portato dal piano di sopra in legno di mogano.

Alzò il dito indice verso il droide-telecamera e cominciò a parlare << Non so se il tuo attacco di oggi è stato premeditato da tempo per estromettermi dalla dirigenza. Non so questo, e non so per quale motivo tu sia diventata così avida. Posso dirti cosa so certamente: non la passerai liscia. Ti verrò a cercare se necessario, ti schianterò insieme a tutta la tua scorta fino a quando soffrirai come ho sofferto io. >>

Iwano sembrava suggerire a bassa voce qualcosa. Midori se ne accorse.

<< E questo è solo l’inizio. >> concluse.

Michael non sembrava molto convinto. Gettò uno sguardo all’amico voltato mentre ripeteva una curiosa litania: << Mai esporsi. Mai in prima linea. >>

 

Guardandola dormire, con il suo vero volto, si sentiva più tranquillo. Alzò una mano per accarezzarla poi ci ripensò. Si sentiva un mostro per averla usata ma era necessario per non creare altri testimoni, altri ricordi pericolosi. Tutto poteva essere usato contro di loro, tutto. Quelle macchine, le loro memorie, gli amici, i soldi. Dovevano essere più veloci degli altri e batterli sul tempo se volevano vincere. Non riuscì a chiudere occhio quella notte.

Il giorno dopo Midori accusava uno strano malessere al volto e alla gabbia toracica. Faceva fatica a respirare, a mangiare, non riusciva ad alzare il braccio destro e sentiva anche forti emicranie.

Iwano in preda al rimorso chiamò un’equipe svizzera di medici fatti arrivare con alcuni dei suoi elicotteri privati e si rassicurò di guarirla, non avrebbe badato a spese.

Altri problemi lo attendevano ora. Prese con sé il droide-telecamera con sopra la registrazione; il piano non era ancora terminato.

Lo portò immediatamente in laboratorio, se ne occupò lui stesso. Fredrika gli aveva fatto trovare uno dei droidi che aveva richiesto e gli impiantarono quella registrazione nel cervello, blindando la scatola cranica per evitare che subisse colpi.

<< Sappiamo dove abita Ageha? >>

<< Sì. A che ora lo mandiamo? >>

 

Erano circa le 21.30 quando Ageha arrivò con il proprio elicottero privato insieme a due droidi di scorta. Il secondo elicottero blindato invece era già sul posto, con i rimanenti otto della scorta. Si disposero come di consueto intorno a lei e due fecero strada dal tetto del proprio grattacielo. Non un castello, non un palazzo, non una magione, bensì un intero grattacielo con all’interno negozi di ogni tipo. Una città in miniatura tutta per lei che la riforniva di vestiti, automobili di lusso, escort, droidi e gioielli. Marche Italiane, Francesi, Tedesche, aveva tutto ciò che si potesse desiderare. Un inchino e un caloroso saluto era il solito rito che ogni cittadino pagato profumatamente di quel mondo era tenuto a fare ogni volta che lei passava, ignorandoli. Il suo alloggio era al decimo piano, un numero che le aveva sempre portato un’immensa fortuna, fin da quando il decimo marito, morendo, le aveva lasciato in eredità tutta la sua fortuna e le sue azioni in borsa.

Arrivata l’ora di coricarsi lei si metteva una leggera vestaglia di pizzo pregiato e faceva richiesta, attraverso un sistema di comunicazione rapida con il negozio del grattacielo stesso, di almeno due-tre uomini, di solito di etnie differenti tra loro, che la soddisfacessero prima di prendere sonno.

Arrivarono nella sua stanza, sotto gli occhi dei droidi armati disposti sulle pareti, tre uomini dal fisico robusto e temprato, di cui uno latino, uno color dell’ebano e l’altro chiaramente nordico con i capelli rossi che gli arrivavano alla schiena. Lei maliziosamente sorrise pregustandosi la consueta favola della buonanotte che le avrebbero raccontato. Anche lei era ottimizzata in alcune zone erogene per poter amplificare il piacere a comando ma quello che sentiva era un richiamo viscerale che arrivava dalla carne umana; ardore ancestrale che non era mai stato ottimizzato né toccato da chicchessia e che la faceva sentire viva nonostante i suoi 86 anni. I tre uomini si avvicinarono al letto, uno cominciò a leccarle i piedi, l’altro un massaggio alle spalle e l’ultimo si occupava della sua bocca, labbra come quelle di una ragazzina, esattamente come il suo viso e il suo fisico.

Un’esplosione riuscì a rovinare l’atmosfera, facendole venire il batticuore.

<< Cos’è stato? >> i droidi si osservarono l’un l’altro, poi uno parlò con voce piatta e metallica. << Esplosione al quinto piano, signora. >>

<< Numeri Due, Tre e Quattro, andate a controllare. Cinque, occupati di eventuali incendi. Voglio un rapporto entro cinque minuti. >>

<< Ricevuto >> risposero in coro.

<< Voi levatevi di mezzo >> ordinò ai tre uomini, i quali furono ben lieti di sparire.

Di minuti ne erano già passati quattro. Poi, un’altra esplosione. Infine, frammenti di vetro si sparsero per tutta la camera da letto. La finestra rinforzata era stata divelta da un arto meccanico e uno dei droidi rimasti a far la guardia era stato travolto. Un rumore di un oggetto metallico, i droidi capirono subito che si trattava di una granata e uno di loro ci si buttò addosso per attutire l’impatto. Esplose contenendo sia il rumore che la fiammata ma fu completamente distrutto. Ageha iniziò a sudare freddo. <> era il rapporto tanto atteso.

<< Lo so idioti, tornate qua immediatamente. >>

Una bocca da fuoco spuntò dalla finestra divelta. Mirò a lei e fece fuoco. La direttiva primaria dei suoi droidi era proteggerla, per cui uno si fiondò su di lei per farle da scudo. Crivellato da una raffica di colpi ad alta penetrazione perse prima un braccio, poi l’altro, infine la testa. Cadde a terra, fumante. Altri due si accostarono a lei a destra e a sinistra, i tre rimanenti avanzarono verso la fonte dei proiettili. L’arma era scarica, venne gettata via e l’intruso scelse infine di rivelarsi. Un altro droide da combattimento che pareva essere da solo. La sua scorta fece fuoco contro di lui che mosse un primo debole passo verso di lei. Un colpo di uno dei droidi gli perforò il torace, un altro l’occhio destro, un terzo gli espose completamente i circuiti della gamba.

Con grande sorpresa di Ageha, poi, fece un gesto che non aveva mai visto fare a nessun droide. Si staccò la testa e corse verso di lei, pronto ad autodistruggersi. Fu protetta da tutte le sue guardie insieme che continuavano a sparare all’aggressore.

 

Il giorno dopo, mangiandosi le unghie, Ageha attendeva i risultati delle analisi. Un tecnico del suo laboratorio la chiamò e le mostrò le immagini che avevano trovato nel cervello del droide intruso.

In quel piccolo schermo Gottfrid, con un certo impeto, parlava alla telecamera.

Non so se il tuo attacco di oggi è stato premeditato da tempo per estromettermi dalla dirigenza. Non so questo, e non so per quale motivo tu sia diventata così avida. Posso dirti cosa so certamente: non la passerai liscia. Ti verrò a cercare se necessario, ti schianterò insieme a tutta la tua scorta fino a quando soffrirai come ho sofferto io. E questo è solo l’inizio.

 

 

4.

 

Il cielo, dipinto di rosso, sembrava esser stato testimone di una sanguinosa battaglia. Iwano aveva ricaricato gli arti tutta la notte, lo aspettavano giorni intensi. Anche il corpo esigeva il proprio nutrimento con dei dolori lancinanti allo stomaco. Spalmò della salsa nutritiva sul proprio pane a lieviti arricchiti e inghiottì in un boccone, masticando velocemente. Sua moglie era stata trasferita in un ospedale di massima sicurezza e Michael aveva chiesto di andare con lei ma Iwano glielo aveva impedito. C’era ancora un compito per lui, e quel compito lo stava tenendo fermo in laboratorio da ore. Iwano aveva capito che non c’era nessuno di cui potersi fidare all’infuori di se stesso per cui aveva richiesto un droide particolare in cui fossero state impiantate tutte le proprie memorie prese direttamente dal Mnemo principale, escluse quelle negative o compromettenti. Del resto, raddoppiare le sue capacità voleva anche dire esporsi due volte al pericolo di essere sondato e analizzato. Se il droide fosse caduto, sarebbe caduto senza concedere niente di importante ai propri avversari ma avrebbe preso loro tutto.

Lo aveva richiesto con due modalità, una gli permetteva di muoversi secondo coscienza, la quale fruiva dei propri dati in memoria e dei ricordi di Iwano, la seconda permetteva di manipolarlo a piacimento, di registrare, di vedere in tempo reale cosa faceva e con chi. L’aspetto scelto era ricaduto su un design asciutto e asettico: linee sinuose per la corazza esterna, flessibilità nelle giunture, rinforzi nel cranio, colore celeste chiaro quasi trasparente che lasciava visibili alcuni dei sofisticati circuiti interni. Aveva deciso di ribattezzarlo “Sbriga-Scartoffie”, perché si sarebbe occupato lui di sbrigare tutte quelle faccende che non poteva accollarsi in prima persona.

Sarà pronto verso sera” lo aveva informato l’amico scienziato dal piano di sotto collegandosi direttamente al suo cervello.

E sera sia”, pensò, avviandosi a lavoro.

Ad aspettarlo sulla soglia del suo ufficio Fredrika aspettava fremente. Lo guardava come per dire “so cosa hai fatto, e mi piace” ma lui si trattenne per farla aspettare ancora un po’.

<< Desideri entrare? >> chiese cortesemente, aprendo la porta dell’ufficio.

Non se lo fece ripetere due volte e prese posto sulla poltroncina di fronte alla scrivania.

<< Hai sentito delle esplosioni al palazzo di Ageha? >> domandò tutta eccitata. Un ciuffo di capelli che si agitava mentre parlava.

<< Sì, mi pare di averne sentito parlare. Ovviamente noi non ne sappiamo niente. Impensabile una cosa del genere. >> Fredrika colse la punta di sarcasmo e ridacchiò.

<< E ora? >>

<< Ora aspettiamo che la natura umana libera dai fronzoli della cibernetica faccia il proprio dovere. E poi raccoglieremo i cocci, dispiaciuti e piangenti. >> spiegò.

<< Nessuno dei due si è visto a lavoro, per ora. Quel che mi incuriosisce è che Francis abbia la bocca cucita. Vuoi che uno come lui non sappia delle esplosioni in casa di una collega? >>

<< Non ha fatto annunci? Questo in effetti è strano. Suppongo voglia mantenere il silenzio stampa per evitare ulteriori pressioni. >>

<< Già. Non so se hai controllato i grafici ma le vendite nonostante le capacità e gli agganci di quell’uomo sono calate di un bel 13%. Prima lo si vedeva alle raccolte fondi, ai convegni degli ambientalisti contro le piogge acide e i problemi climatici, ora è sempre chiuso nel suo ufficio con quelli che chiama “esperti di settore”. >>

Una spia luminosa si accese sull’impianto della scrivania imponendosi con una frequenza di lampeggiamento sostenuta. Quella spia si accendeva solo quando la dirigenza voleva comunicare con i sottoposti e quanto più la spia era veloce tanto urgente era la comunicazione. Iwano premette il tasto per parlare col grande capo.

Non attese neanche di essere salutato, Francis parlava velocemente, come in preda al panico, << Iwano, il Direttivo in persona sarà qui fra un’ora, me lo hanno appena comunicato. Voglio uno spiegamento in pompa magna, intesi? Ora avverto anche Fredrika. >>

<< Non serve capo, è qui con me. >>

<< Allora lo stesso vale anche per lei. Occupatevene. >>

Terminata la conversazione in vivavoce i due si guardarono sospettosi. << Il Direttivo? Tutti i membri qui? >>

Iwano pareva assorto nei suoi pensieri. << Ma sì, è chiaro. L’esercito stanziato qui è una concessione del Direttivo ma la difesa è solo una copertura. Non vogliono che la Engine & Care sfrutti le proprie, di difese. Ora che quasi tutti i dirigenti sono stati fatti fuori vogliono assicurarsi che Francis non ricorra a queste soluzioni, e vogliono fargli pressioni di persona. >>

Fredrika annuì. Dovevano sbrigarsi.

 

Tutto il personale fu mobilitato e calorosamente invitato dal personale di sicurezza a disporsi in file per tutto l’edificio, dentro e fuori. Anche l’esercito stazionato aveva tirato a lucido le divise e si era messo sull’attenti a formare una linea di entrata alla Engine & Care. Nel cielo era piuttosto persistente il rumore di droidi, elicotteri e velivoli di varia natura tra le forze di pacificazione, l’esercito e altre eminenze accorse in loco per omaggiare il Direttivo in persona.

Di fronte alla Presidenza, l’ufficio di Francis Matsuda, erano schierati i personaggi più influenti dell’azienda esclusi Ageha e Gottfrid, al fianco del loro collega. Erano stati sostituiti da Fredrika e Iwano con loro somma gioia dato che in quanto a grado, status e capacità erano ormai prossimi ai livelli della dirigenza.

L’elivelivolo dei circa venti membri del Direttivo era di colore nero, quasi sicuramente provvisto di corazza antimissile e di tecnologia stealth. Le grandi ali nere ricurve verso la cabina di pilotaggio ricordavano vagamente due corna bovine, quelle ricurve verso il posteriore del velivolo sembravano le zampette dei cani quando si adagiano sul pavimento. Fermati i reattori e le numerose eliche per tenere in aria tutto quel metallo corazzato, il velivolo aprì sul fianco uno spiraglio da cui uscì una scala automatica. Da quella cominciarono a scendere i membri del Direttivo, coloro che ufficialmente riconosciuti governavano il Giappone moderno. Non erano scortati da droidi e apparivano sobri ed eleganti, tutti vestiti con giacca e cravatta, barba curata e capello corto.

Un pacificatore uscì dai ranghi, agitando il dissuasore e urlando frasi sconnesse di vendetta.

Si fece incontro al membro del direttivo che apriva la fila alzando la propria arma pronto a colpire. L’esercito era pronto a fare fuoco ma un altro membro alzò la mano per impedirglielo. All’unisono le armi imbracciate tornarono a terra mentre l’assalitore guadagnava terreno. Il membro del Direttivo bloccò il polso del pacificatore con estrema semplicità, gli torse il braccio dietro la schiena con un movimento fulmineo e applicò pressione, facendolo urlare. Siccome non accennava a smettere di agitarsi e urlare l’uomo in giacca e cravatta penetrò la nuca dell’uomo con un dito, all’altezza dell’atlante. Smise immediatamente di urlare e i colleghi del Direttivo scavalcarono senza problemi il suo cadavere. Fu portato via al passaggio dell’ultimo di loro.

<< Impressionante. >> commentò Iwano, stupito. In realtà credeva che i membri del Direttivo fossero supercomputer. Era da quando era nato che governavano sempre gli stessi. Le sue nozioni in materia non erano aggiornate. Non che ne circolassero chissà quante sotto il segreto governativo.

Fu Francis a spiegargli che da qualche anno a quella parte i membri del Direttivo, di cui erano rimasti solo i cervelli ormai, avevano scelto di utilizzare degli Avatar, o come venivano chiamati attualmente, dei Kagemusha. Erano corpi umani coltivati in laboratorio a partire dalle poche cellule rimaste dei veri corpi dei membri, migliorati geneticamente e tecnologicamente con i migliori dispositivi disponibili. Avevano capito che un supercomputer o un cervello in una vasca non può interfacciarsi al meglio quando parla ad un popolo di esseri umani mediamente ottimizzati, per cui avevano optato per quei mostri di ingegneria genetica e cibernetica. Inoltre, come il termine Kagemusha faceva intendere, erano perfettamente rimpiazzabili e sostituibili.

Esattamente come il mio nuovo Sbriga-Scartoffie ma molto più forti.”

E con quelli il numero dei suoi problemi aumentò, confermato dallo sguardo carico di tensione di Fredrika.

Non furono ammessi poi in dirigenza a sentire i loro discorsi, erano coperti dal segreto di stato. Durò circa un’ora, poi tornarono così come se ne erano venuti, con freddezza glaciale.

Francis era visibilmente sudato e si massaggiava il collo con forte nervosismo.

<< Ora tornate tutti alle vostre faccende >> concluse.

 

Quella sera Iwano potè ricevere il proprio “regalo” e provarlo. Insieme a Michael eseguì i test di accertamento e quelli per mettere alla prova il droide sotto sforzo fisico e mentale. Era importante che non cedesse neanche un’informazione, per quanto piccola. Li superò tutti con un punteggio brillante tanto quanto il viso del suo padrone. Michael invece sembrava preoccupato. Comunicò all’amico che Midori era rimasta sotto i ferri per delle ore e avevano rilevato complicanze.

<< Complicanze? >> fece eco Iwano.

<< Sì, hanno trovato tracce di manipolazione nei suoi impianti. >>

Questa non ci voleva. Iwano cominciò ad agitarsi. “Calma, calma, non è niente. Non ancora. Possiamo sempre corrompere i medici o inventare qualche storia. Guadagno abbastanza da potermi comprare una villa al mese, sarò in grado di mettere a tacere quella gente, maledizione?

Michael Deda invece si vedeva già sotto pena capitale, con l’iniezione letale di fronte a parenti e amici.

<< Vai alla clinica, prendi un milione di Globali. Offri la cifra giusta a tutti quelli coinvolti che sospettano qualcosa, corrompili >> l’ultimo termine era stato pronunciato con una nota perentoria che non ammetteva repliche.

<< Tu dove vai? >> balbettò Michael.

<< Devo finire una cosa. >> sussurrò accarezzando Sbriga-Scartoffie.

 

Quando anche Michael fu partito con l’elicottero Iwano potè finalmente connettersi con se stesso.

La connessione cerebrale tra uomo e droide fu veloce e indolore ma una strana sensazione lo pervase una volta in quel cervello meccanico. Gli pareva che gli mancasse qualcosa. Che fossero i ricordi rimossi? Si sentiva anche più leggero, libero, deciso.

Il fantasma, ancora una volta, si ripresentò a lui. Quel ricordo lo aveva completamente messo da parte ma nel cervello fresco di stampa di Sbriga-Scartoffie era ancora in libertà.

<< Andiamo a trovare Argo? >>

Iwano tacque. Alzò una mano: tremava come se avesse il parkinson.

<< Sparisci. Tu non esisti più in questo mondo. >>

<< Allora perché Lei ha il mio nome? >>

Con grande sforzo Iwano fece mente locale per sbarazzarsi di quel ricordo. Prima non gli facevano domande dirette, si limitavano a riprodurre il passato. Stava forse impazzendo? O i ricordi cominciavano a fondersi con le sue stesse angosce?

 

Aveva lasciato dei sensori al palazzo di Ageha l’altra notte e quelli gli avrebbero comunicato quando si sarebbe mossa.

Fino ad allora, il robot avrebbe stazionato da quelle parti senza farsi scoprire. Indossò un’unità tutelante e la dispiegò come un impermeabile. Prese anche un cappello e diede inizio alle danze.

Non dovette attendere a lungo, Ageha si mosse nel cuore della notte, verso le 3.00.

Lasciarono il suo palazzo un blindato, un mezzo semovente dotato di cannoniera e mitragliatrice gatling, tre automobili e un elicottero da guerra armato con missili a ricerca automatica. Il droide di Iwano riuscì a seguirli con facilità fintanto che poteva arrampicarsi sui palazzi o saltare grazie alla forza dei propri muscoli d’acciaio, venne però rallentato quando la spedizione punitiva uscì dalla città per entrare in aperta campagna.

Là, una volta arrivato, vide che il mini esercito di Ageha aveva preso posto in formazione a cerchio, con lei stessa al centro.

Dopo poche ore, preceduto dallo spostamento d’aria impetuoso del proprio Jet stealth, si presentò quello che doveva essere Gottfrid, probabilmente richiamato o avvertito da Ageha. Sapeva tutto? Si sarebbero scannati a vicenda?

L’uomo parlò dal Jet attraverso un megafono interno con voce roca. << Cosa significa questo dispiegamento e questo richiamo nel cuore della notte, Ageha? >>

<< Scendi! >> Intimò un robot accanto a lei. << O ti faccio scendere a cannonate. >>

 

5.

 

L’uomo decise di obbedire, anche se palesemente di malavoglia. Arrestò i motori e fuoriuscì dalla cabina di pilotaggio del proprio mezzo, protetto da un’unità simile ad un’armatura. Era munita anche di ossigeno e respiratore. Gottfrid scrutò le truppe disposte a cerchio, poi analizzò i due mezzi blindati e l’elicottero. Si rivolse direttamente a lei << Ci sei tu dietro tutto questo? Vuoi far fuori anche me dopo gli altri? Dunque è colpa tua. >>

Lei in tutta risposta gli lanciò ai piedi qualcosa che rotolò con clangore metallico. Lui lo scostò con la punta dello stivale. Era la testa di un droide.

<< E’ roba tua, vero? Mi ha attaccato ieri sera. Sarai contento di riaverlo indietro. >>

Lui assunse un’espressione confusa.

<< Non ti ho mai attaccata, né ho mai avuto intenzione di farlo… >> cominciò con voce incerta.

<< Non ti credo. >>

<< Allora sei venuta qua solo per l’esecuzione, è così? >> le sue gote passarono dal rosa al rosso pomodoro.

<< Esatto. Tenetevi pronti! >> urlò al suo manipolo meccanico. I droidi imbracciarono i fucili d’assalto puntandoli tutti verso Gottfrid.

<< Fuoco! >>, a quell’urlo esplosero centinaia di colpi, tutti in direzione del pover’uomo semi-indifeso. Nella quiete della notte però si levò alto un grido di ferro e acciaio stridenti, non di sofferenze umane. Era il titano di Gottfrid, riconvertitosi nella sua forma antropomorfa. Il suo enorme braccio grande quanto un’automobile lo protesse dalle raffiche. I suoi due occhi luminosi si accesero come fari nella notte in tempesta, incendiata da lampi gialli e rossi.

Gottfrid, rialzato dalla mano del titano metallico, non sembrava intimorito. << Posso assicurarti che se ti avessi voluta morta ora non mi troverei qui a dovertelo spiegare. >> Si aggrappò al pollice del suo mostro.

<< Balle. Ci stai eliminando uno a uno. Ho sempre saputo fossi tu. Così stacanovista, così preciso, così...sobrio. C’era da aspettarselo che fossi tu la spia, mio caro. E sai perché non l’ho ancora detto a nessuno? >>

Gottfrid parve realizzare ma sembrava dispiaciuto.

<< Perché non ti avrà nessun gendarme, nessuno scienziato. Non sarà Francis o un burocrate bastardo a decidere di te, sarò solo io. >>

<< Giudice, giuria e boia a quanto pare >> commentò sarcasticamente lui.

<< Esatto. Fuoco! >> ancora una volta, i suoi soldati spararono contro l’uomo e il suo titano. A questo coro però si aggiunse anche la cannoniera e il gatling dei due mezzi blindati. Il colosso sembrò parzialmente accusare il colpo ma non lasciò scoperto il proprio padrone.

Uscito illeso dalla cortina di fumo comunicò col proprio robot. << Dalle una dimostrazione. >>

Dai fari luminosi del titano si irradiò un fascio di luce di sette colori accecanti come il sole; si riversò completamente sulle macchine con cui erano arrivati disposte a cerchio per impedire la fuga. Esplosero come tanti palloncini pieni di coriandoli, schegge e frammenti di vetro e ferro ovunque, ciottoli incendiati tutto intorno a loro.

Forte di quella dimostrazione riprese la propria spiegazione. << Dispongo di un colosso di venti metri che potrebbe distruggerti in ogni momento, anche ora se lo volessi. E non lo sto usando contro di te. Perché, secondo te? >>

<< Perché non vuoi essere compromesso. Per questo mandi dei sicari. >>

<< E i miei presunti sicari ti avrebbero dato informazioni sul loro mandante? Non lo trovi un po’ sciocco? >>

Lei si bloccò, col volto congestionato. Quelle parole stavano facendo breccia.

<< Stai mentendo. Stai solo aspettando che mi giri per ammazzarmi come una cagna >> la voce di Ageha, calcolò il droide, risultava incrinata dalla tristezza e dalla paura. Era indecisa, stava valutando.

<< Non ti attaccherò, Ageha. Voglio trovare chi c’è dietro quanto te. >>

Quel maledetto Gottfrid” pensò Iwano, dentro al suo guscio.

La sta portando dalla sua parte, non era previsto.” Armò i sistemi offensivi. Non molto in realtà, oltre all’autodistruzione programmata il droide era provvisto di due sole granate, di una lama retrattile al braccio sinistro e di una pistola interna al braccio destro.

Scelse di sfruttare un momento di distrazione mentre i due parlavano. La notte lo favoriva dato che il camuffamento ottico non lo avevano implementato al 100% della sua superficie corporea.

Giunto silenziosamente a circa una ventina di metri dal cerchio di auto in fiamme dovette fermarsi. Il fuoco lo avrebbe rivelato ai sensori dei droidi, e ce n’erano troppi per passare inosservati.

Doveva sparare a qualcuno ma non ai due interessati. Scelse il droide accanto ad Ageha. Spiccò un balzo per darsi il massimo slancio, atterrò sul cadavere di una vettura esplosa sfondandola ulteriormente sotto al proprio peso e azionò la pistola nel proprio braccio sparando una raffica silenziosa contro il bersaglio. “Ting, Tang, Ting”, i colpi perforarono la testa del robot e Ageha venne sbalzata via dagli altri nel tentativo di proteggerla. Una volta realizzato andò su tutte le furie e comandò al suo esercito di esplodere fino all’ultimo colpo contro l’uomo. Una cannonata ferì il titano agli occhi, impedendogli di usare il suo attacco alla massima potenza. Dovendo proteggere il proprio pilota poi risultò mediamente svantaggiato mentre altri droidi si arrampicavano sul suo corpo. Ne sbalzò quattro, cinque, frantumandoli con un pugno, poi con l’occhio rimasto sfasciò il blindato. Gottfrid tentò la fuga rientrando nell’abitacolo ma uno dei droidi si fece esplodere in una giuntura. Il titano collassò privo di una gamba.

Nel caos generale Sbriga-Scartoffie si avvicinò ad Ageha, scambiato per uno della sua scorta, e la finì con una lama piantata nella gola. Gli altri compagni della scorta sembrarono arrestarsi per qualche istante. Quello che stava tempestando di pugni la carlinga si fermò in attesa di nuovi ordini.

A quel punto, proprio come aveva detto a Iwano l’altra mattina, il testamento automatico di Ageha avrebbe ricevuto le ultime direttive e altri droidi avrebbero finito il lavoro.

Infatti non ci volle molto affinché altri venti droidi da combattimento dotati di jet a reazione scaricassero le loro armi contro il titano ormai morente di Gottfrid. Quell’esplosione risuonava come musica di alto livello nei meccanismi uditivi del guscio di Iwano. Una felicità incredibile lo pervase fino alla punta dei piedi, tanto che credette di rendere visibile il proprio sorriso a trentadue denti anche su Sbriga-Scartoffie. L’ultima direttiva data al droide fu di ritirarsi, poi lo lasciò guidato dalla propria coscienza. Sarebbe tornato a casa facendo attenzione a non essere seguito e nessuno avrebbe mai osato dargli la colpa di niente.

Chiamò immediatamente Fredrika su una linea sicura e le ricordò di guardare il telegiornale. Sicuramente ci avrebbe trovato qualcosa di molto interessante. Lei non capì, non poteva aver fatto tutto da solo quell’uomo, nonostante la caparbietà di cui era dotato.

E invece sì, era riuscito, con una piccola spinta, a raggiungere i vertici del successo, a sbarazzarsi dei propri nemici e dei propri superiori.

La parte difficile veniva sicuramente ora, dovevano decidere cosa farne di Francis, e come comportarsi con il Direttivo. Per ora la cosa migliore era probabilmente aspettare di essere convocati e promossi alla dirigenza, per poi agire nuovamente. Dovevano tenere un basso profilo.

In Iwano scattò poi un meccanismo mentre rifletteva. Aveva proprio pensato al plurale, riferendosi a se stesso e a Fredrika quando anche lei era un avversario. Un alleato sotto costrizione che faceva buon viso a cattivo gioco che presto si sarebbe rivelato. Occorreva sistemare anche lei presto o tardi.

Nel cranio gli risuonò una chiamata. Chi poteva essere a quest’ora?

Era Micheal. Forse lo chiamava per avvertirlo delle condizioni di Midori.

Aprì la chiamata, sperando non fosse successo niente di grave.

<< Dimmi tutto. >>

<< Amico mio...ascolta, non è colpa mia. Io...non ce l’ho fatta. Ce l’ho messa tutta ma davvero… >> quelle che si sentivano erano sicuramente le lacrime di Michael.

Iwano cominciò a temere il peggio e si massaggiò la tempia << calmati. Parla e fammi capire. >>

Dall’altra parte l’uomo pareva prendere respiri profondi. << L’ho confessato a Midori. >>

La chiamata si interruppe. Dopo neanche cinque secondi arrivò quella della moglie.

<< Con me hai chiuso. Non sei un uomo, non sei una macchina, sei lo scarto tra le due. Tieniti i tuoi soldi, non li vogliamo. Io e Iris ce ne staremo per sempre alla larga da te. >>

<< Midori aspetta...se mi fai parlare… >>

Non lo fece parlare, la chiamata si spense così come le sue speranze.

Che nottata agrodolce. Aveva ancora sulla lingua il dolce gusto della vittoria e doveva già sbarazzarsene per far posto a quello acre del cuore spezzato. Non che non se lo fosse meritato, aveva giocato con il proprio corpo e con quello altrui senza permesso. Aveva giocato con delle vite umane e aveva tirato i fili del destino come un astuto marionettista, sperando unicamente di non incrociare mai chi quei fili li manovrava per davvero. E ora che una delle marionette si era accorta di essere in realtà una persona, gli si era rivoltata contro.

Quel pensiero lo fece bere fino a mattina inoltrata. Senza aver riposato abbastanza decise che non si sarebbe presentato a lavoro, scelse di autocommiserarsi nell’alcol fin quando casa aveva da offrirgliene.

Infine, decise che quel dolore immenso era troppo. Il suo cuore artificiale, capace di pompare sangue senza mai fermarsi per una durata certificata di almeno cento anni, non reggeva tutto quel dolore. Scese in laboratorio, si applicò il Mnemo e si cancellò ogni ricordo che aveva di Midori e di Iris.

 

  
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