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Autore: Switch    19/10/2017    1 recensioni
TMNT.
Teenage Mutant Ninja Turtles
Non importa di quale universo si parli, queste quattro lettere sono le stesse. Fumetto, cartone o film, la costante sono loro quattro: TMNT.
Ma se, per una volta, in un universo, non avessero avuto la guida del loro amato sensei? Se togliessimo un dettaglio così piccolo, eppure così importante, come si svilupperebbe la loro storia?
Una storia "what if" alla sliding doors, una direzione mai esplorata prima.
E se Splinter non esistesse?
Preparatevi all'oscurità.
MT: Mutant Turtles
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il suo primo ricordo, prima che tutto quello accadesse, prima ancora di venire al mondo... no, non era niente di concreto, nulla di tangibile, niente che potesse disegnare o spiegare, seppure ci avesse provato. Era un miscuglio babelico di suoni e percezioni, mescolati tanto da non riuscire ad identificarli, all'inizio; poi, col tempo, con gli anni, nelle notti buie in cui quel rumore si era trasformato nel sottofondo dei suoi pensieri, era riuscito ad estrapolare e isolare quelle sensazioni una ad una, fino a ricostruire perfettamente la dinamica di ciò che era successo:
per primo c'erano stati il dondolio ritmico della boccia in vetro che lo faceva sbattere contro gli altri, ed il flebile suono di passetti leggeri; poi, una brusca frenata che li riportò tutti in uno stato momentaneo di quiete.
Nel fondo c'era sempre un indistinto caos di voci e motori, ma che arrivava ovattato alle sue orecchie.

D'improvviso lo strillo, uno stridore di gomme e delle urla spaventate e poi, il colpo sordo contro la boccia, il volo spaventoso nel vuoto finito per fortuna su un rivolo d'acqua verso un antro.
Un rumore di vetri infranti, un bagliore verde davanti agli occhi e poi più nulla, solo buio.
Quando si era risvegliato c'era la penombra, quell'odore nauseante, il freddo e l'umidità, il fastidio, anche se allora nel nulla che era la sua mente, non ancora addomesticata, niente aveva un nome e un significato, un senso.

C'erano altre tre paia di occhi lì sotto, confusi e spaventati quanto i suoi. Li riconobbe dall'odore, erano con lui nella boccia, erano famiglia.
Stretti l'uno all'altro preda della paura, non capivano ancora, non potevano capire.
Erano cresciuti, le loro dimensioni e la loro forma cambiata, e nelle loro menti tutto sembrava più complicato, più difficile: c'erano pensieri e sensazioni e impressioni di cose che avrebbero dovuto sapere, o esprimere, ma che ancora non sapevano elaborare.
Uno di loro si staccò dagli altri e gli tese una zampa, ma era così strana, era sicuro che non fossero così prima, e solo quando allungò la sua si accorse che anche il suo corpo era diverso da prima.
Si avvicinò e si strinse contro di loro, cercando conforto, cercando di scacciare quel sentimento di disagio, anche se allora ancora non sapeva quel nome.

Si erano risvegliati con un fascio di luce che cadeva dal cielo, illuminando le fogne a giorno: quel buco lassù da cui entrava sembrava un portale per un mondo migliore, più bello, ma il loro istinto gli suggeriva di non avventurarcisi, di starne alla larga.
La fame subentrò alla paura, sotto forma di crampi dolorosi e rombi rumorosi dai loro corpicini, e l'istinto di sopravvivenza si accese, iniziarono a camminare per quei cunicoli alla ricerca di cibo e acqua, qualcosa di commestibile in quella pozza marcescente, senza trovar altro che avanzi decomposti, insetti e piccoli roditori.

Lui si sentiva responsabile per gli altri.
Ce n'era uno più quieto e tranquillo, uno un po' scontroso e scostante e uno affettuoso e carino, e lui sentiva di doverli proteggere e sostenere; procurò e cacciò da mangiare, offrendo loro le parti più grandi, dandogli piccole pacche sulle loro testoline quando nonostante la fame non volevano mangiare per il disgusto, incoraggiandoli e guidandoli come poteva in quel mondo sotterraneo e malsano, finché non crollavano dalla stanchezza, raggomitolati tutti assieme.

Per mesi, quella era stata la loro vita. Loro quattro uniti e sostegno l'uno dell'altro; tutto il loro mondo iniziava e finiva con loro quattro.
Lui, Leonardo, fratello maggiore di quella strana famiglia, attento e vigile.
Donatello, il più quieto e tranquillo.
Raphael, scontroso e scostante.
E Michelangelo, affettuoso e carino.
Anche se allora non sapevano ancora parlare e nessuno aveva ancora dato loro dei nomi.

Erano soli, sperduti, confusi.
Senza una guida, un genitore, qualcuno che si prendesse cura di loro. A vagare nelle fogne senza uno scopo né un motivo, senza sapere come ci fossero finiti né perché i loro corpi e le loro menti fossero mutate, cosa stessero diventando, percependo solo quel disagio che non sapevano spiegare.

Purtroppo, il cibo iniziò presto a scarseggiare. I piccoli ratti scappavano velocemente e ormai si tenevano alla larga da loro, gli insetti trovati non bastavano a saziare la fame dei loro corpi in crescita e gli avanzi putridi li avevano fatti stare male troppe volte per provare ancora a mangiarli.
Anche se ancora non conoscevano l'alternarsi del tempo e i giorni, ripensandoci da grande, Leonardo era sicuro che avessero passato molti mesi nelle fogne, mentre imparavano a camminare meglio, a prendere le misure nei movimenti, a evolvere, in un certo senso.
Ma quando la fame divenne troppa e ormai non c'era più alternativa, si spinsero oltre il bordo, verso la luce.
Il mondo di superficie era diverso, luminoso da far male agli occhi, profumato, ma anche caotico e frenetico, ansiogeno; lo scrutarono con occhi curiosi e spaventati, nascosti nelle ombre, timorosi di mostrarsi apertamente, di cercare aiuto dagli esseri che lo popolavano.

Ce n'erano tanti, simili a loro eppure in qualche modo diversi e qualcosa li spingeva a non avvicinarsi; non capivano i versi che facevano, quelle cose che indossavano, le loro espressioni.
Si avventuravano lassù solo per cercare cibo nei grandi cassoni per poi riscendere velocemente al sicuro nelle fogne, anche se sempre più di malavoglia.
Ogni volta, convincere il loro fratello scontroso a ridiscendere era sempre più difficile.

Impararono molte cose, nelle loro escursioni.
La differenza tra la notte e il giorno, le macchine e il traffico, le varie razze di quegli umani, qualche parola della loro lingua, le loro lingue, differenti e musicali, strane e diverse, le varie gamme di emozioni che mostravano ogni giorno.
Ogni giorno si allontanavano sempre un po' di più, un pochino di più, sfidando l'istinto.

Non potevano sapere che qualcuno li avesse visti. Dapprima diffidente, li aveva studiati da lontano per controllarli poi, capito che non fossero una minaccia, si era infine rivelato, nel vicolo in cui stavano frugando nei bidoni dell'immondizia.
Era un vecchio, con abiti logori e un pugno di denti in bocca.
Tra le mani aveva un cartone sottile che emanava un profumo delizioso.
Il piccolo affettuoso si gettò verso l'uomo senza riserve, un sottile filo di bava mentre occhieggiava la scatola misteriosa, e loro tre gli corsero dietro per fermarlo: il vecchio spalancò il coperchio, rivelando una cosa tonda, rossa e bianca, dal delizioso profumo.

Pizza” disse con voce dolce.

Era calda, bollente, ma il piccolo ne prese a grandi mani e gli diede un morso con gusto, sotto gli occhi sorpresi dei suoi fratelli: dalla gola gli uscì un verso di felicità, mentre faceva sparire la mozzarella filante giù con rapidi morsi famelici.
Il vecchio gli sorrideva con fare incoraggiante, porgendo il cibo verso di loro.
Quello tranquillo prese una fetta per secondo, mentre quello scontroso sembrò pensarci un attimo ancora, indeciso tra la fame e la prudenza, cedendo infine al rombo nel suo stomaco.
Lui, il fratello maggiore, li controllò con occhio clinico, diffidente e cauto, valutando le loro reazioni, poi si azzardò a prenderne un pezzo e a portarlo alla bocca: il profumo era così meraviglioso da smuoverlo di un sentimento positivo che non aveva mai provato il prima.
E il sapore era ancora più meraviglioso, lo faceva sentire bene, non solo nello stomaco che si riempiva, ma anche nel petto, un calore che lo riempiva tutto.

Stava mandando giù il secondo morso, quando il fratellino affettuoso cadde al suolo, dritto con ancora una fetta di cibo nella manina, gli occhi voltati all'indietro.
Lui e gli altri due lasciarono all'istante le loro porzioni e si gettarono a controllarlo, ma anche quello affettuoso cadde con un'espressione vacua.
Quello scontroso ringhiò di rabbia e si alzò di scatto per colpire l'uomo, ma dopo pochi passi cedette e si accasciò con fatica, cercando di resistere con uno sforzo immane, per poi cadere anche lui sul terreno con un tonfo sordo.

Era rimasto solo lui in piedi, ma la testa iniziava a vorticare e una strana ansia gli cresceva dentro. Voleva scappare via, ma doveva proteggere gli altri come lui, la sua famiglia.
Chiuse i pugni e si lanciò in avanti, ma l'uomo, alto, molto più alto di lui lo bloccò con facilità e con un movimento veloce gli calò un sacco in testa.
Nell'oscurità soffocante, prima di perdere conoscenza del tutto, sentì l'uomo ridacchiare e dire qualcosa, anche se allora non comprendeva appieno la lingua degli umani.

Il circo mi pagherà davvero bene per voi mostriciattoli.”


Note:
Buona notte!

Secondo capitolo, un flash back nella vita di questo Leo solitario e cupo, campione di lotte clandestine.
Che cosa è successo nella vita delle turtles senza Splinter? Lo vedremo passo passo, in un lungo flash back che spiega come lui sia arrivato alle lotte e che ne è stato degli altri.

Abbraccio a tutti

  
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