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Autore: bittersweet Mel    19/10/2017    1 recensioni
The World è una grande città spezzata a metà, da una parte le ville e il lusso, dall'altra le palazzine malfamate e la povertà.
Roxas vive nella sua splendida casa, il giardino perfetto e una famiglia all'apparenza perfetta; Axel convive con due amici e fatica a pagare l'affitto, ma continua a coltivare il sogno di diventare un attore.
Il giorno in cui si incontreranno tutte le problematiche della grande città si fonderanno e inizieranno a farsi pian piano sempre più pressanti.
[ Axel/Roxas ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Roxas, Ventus
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Altro contesto
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IV


 
 
 
Giovedì e sabato erano gli unici giorni liberi di Axel, dove poteva tenersi lontano dai libri di scuola – che ugualmente non toccava quasi mai-, ma soprattutto non doveva lavorare al Jimbo’s.
Erano quei due giorni liberi che fino a qualche settimana prima aveva considerato sì preziosi, ma non così speciali come ora.
Da due settimane a quella parte, Axel e Roxas avevano deciso di vedersi puntualmente sia il giovedì che il sabato, anche solo per un paio di ore, e passare del tempo insieme.
“ Senza alcun impegno”, avevano sottolineato entrambi più di una volta, e a tutti e due andava più che bene.
Andava bene a Roxas, che non cercava affatto una relazione con un uomo, e andava altrettanto bene ad Axel, che poteva ugualmente bearsi della compagnia dell’altro ragazzo.
Così entrambi avevano deciso di ritrovarsi al Jolie alle 10 di mattina, utilizzando il vecchio bar fuori mano come punto di ritrovo.
Pian piano stavano diventando azioni abitudinarie, le loro.
Un “ buongiorno” al mattino, qualche messaggio durante il pomeriggio e infine la buonanotte. Solamente il mercoledì e il venerdì sera quei messaggi cambiavano, si riempivano di aspettativa e di speranze, perché l’indomani si sarebbero rivisti.
Roxas non dava troppo peso alla sua voglia continua di incontrare Axel, preferiva lasciare ogni dubbio al caso, concentrandosi piuttosto sulla giornata a venire.
Fatto strano, per una persona come lui, che solitamente analizzava ogni momento della sua vita, attanagliato da ansie e paura, da aspettative e desideri.
Il fulvo, invece, ogni mattina che rivedeva Roxas arrivare sul suo skate-board, avvertiva una piacevole quanto dolorosa stretta allo stomaco, che per qualche secondo gli mandava in tilt il cervello.
Oh mio dio, lui è quello giusto.
Però Axel non poteva aprire bocca e lasciarsi sfuggire quei pensieri, così sorrideva al biondo e lo invitava con un cenno della mano ad andare a sedersi al loro posto, lo stesso che avevano occupato la prima volta.
Nonostante i loro incontri fossero diventati quasi un’abitudine – per quanto due settimane potessero plasmare così tanto la vita di due persone-, ancora non erano riusciti a visitare insieme la parte ovest della città, così come si erano promessi la prima volta.
Ogni volta che si incontravano avevano altro da fare, cose di cui discutere, argomenti insensati che fossero da controbattere.
Rimanevano seduti al tavolo per due ore intere, mangiando lentamente, sorseggiando caffè freddi, finché non arrivava l’ora di pranzo e allora si allontanavano, confabulando talmente vicini che le spalle quasi si toccavano.

Anche quel giorno avevano deciso di abbandonare l’idea di passeggiare per la main street –il caldo afoso rendeva impossibile ogni movimento- e avevano cercato riparo dal sole presso un piccolo teatro della zona del east side.
Il più bello di tutto il mondo, stando a sentire le parole esaltate di Axel.
L’ Edoné non era altro che un piccolo locale adibito a teatro, qualche fila di sedie e poltrone in giro e  un palcoscenico malconcio, con le travi di legno che scricchiolavano sotto ai piedi.
I tendaggi rossi erano pesanti, gettati ai lati del palco, e le luci polverose rimanevano appese solo a dei lunghi fili cadenti e intrecciati in malandate trecce.
Le pareti, dipinte di porpora lungo i lati,  lasciavano intravedere vecchi dipinti a muro un po’ sbiaditi dal tempo, crepati verso l’alto, dove anni addietro – o almeno così raccontava Axel – la pioggia e la muffa avevano fatto crollare una parte del soffitto.
Nonostante l’aspetto non fosse dei migliori – tra le apparecchiature scadenti e gli sfondi disegnati malamente- quel piccolo teatrino di periferia aveva attirato l’attenzione di Axel dalla sua prima settimana in città.
Il fulvo raccontò di come, appena arrivato e con ben pochi soldi in tasca, fosse passato davanti al teatro in cerca di qualche appartamento in affitto a basso costo, e fosse rimasto colpito dalle locandine dell’opera settimanale.
Una storia originale, un dramma scritto dagli stessi attori della compagnia locale.
Aveva speso 15 dollari, ma lo spettacolo l’aveva riempito di sentimenti così “ come l’acqua piovana avrebbe fatto con una bacinella”, aveva detto, aggiungendo una strizzatina d'occhio.
Si era trovato a sobbalzare sulla sedia, a commuoversi, a battere le mani con talmente tanta enfasi da farsi male, e alla fine era rimasto dopo lo spettacolo, congratulandosi con ogni singolo attore, dal protagonista alla spalla.
Roxas era rimasto in silenzio ad ascoltare ogni parola che Axel gli mormorava fitto fitto all’orecchio, finché entrambi non tacquero per qualche secondo e si rilassarono sopra le poltrone che avevano occupato.
Axel conosceva il proprietario del Teatro: Luxord, un signore decisamente eccentrico, una lunga fila di orecchini che occupavano entrambe le orecchie, i capelli decolorati e uno sguardo decisamente attento e malizioso.
Quel pomeriggio aveva permesso ad entrambi di rimanere dentro all’Edoné, a condizione che non dessero fastidio a nessuno degli attori.
Allora Axel e Roxas si erano fermati in fondo alla sala, sopra due vecchie poltrone, e si erano messi a parlare a bassa voce.
Di tanto in tanto rimanevano in silenzio a fissare il palcoscenico, osservando i giovani attori muoversi da una parte all’altra, provare le battute oppure ridere di qualche sbaglio.
Con un colpo di tosse Axel tornò ad attirare l’attenzione di Roxas, desideroso di riavere i suoi occhi addosso.
Il biondo si voltò subito allora, incrociando entrambi i piedi a terra e facendoli dondolare leggermente.
Lì dentro l’aria condizionata soffiava ventate piacevolmente fredde alle loro spalle, provocando qualche brivido sopra le braccia scoperte; decisamente molto meglio del caldo di luglio che c'era là fuori.

« Così anche questo è uno dei tuoi posti preferiti. Ne hai un sacco. Me ne racconti di uno più o meno alla settimana. », puntualizzò Roxas, sollevando un sopracciglio e squadrando il fulvo al suo fianco.
Axel accennò ad una risata, scrollando poi le spalle.
Si passò una mano dietro la nuca, dove i capelli sciolti che gli tenevano caldo alla base del collo.

«  Giuro che i miei posti preferiti sono quasi finiti, ne mancano solo un paio, in giorno te li farò vedere, te lo prometto », e ,come a voler sottolineare le sue parole,  annuì.
Roxas si imbronciò leggermente, affilando lo sguardo e lamentandosi con un leggero borbottio; lui, di " posti speciali", non ne aveva. Certo, c'era la casa di sua nonna, ma non era un luogo dove poteva portare Axel ogni giorno, o solo per fare un giro..

«  Va bene, d’accordo, continua a vantarti di avere una gran vita sociale in giro per la città, vorrà dire che io non ti farò vedere un bel niente. »
«  Oh andiamo, dov’è finito il giovane Roxas che ho conosciuto qualche settimana fa? Così gentile e timido? »
Il biondo gli diede una manata sopra la spalla, facendo scattare subito una risata dalle labbra di Axel.
Troppo rumorosa, visto che un alto “ ssht” dal centro del palco li ammonì al silenzio.
Entrambi si guardarono, leggermente costernati, e allora tornarono a ridere il più piano possibile.

«  Davvero, prima eri così gentile, così timido e carino, ma guardati ora! Sono così orgoglioso di te, stai iniziando a crescere. »
«  E smettila, non sono così piccolo», sbottò il biondo, incrociando le braccia al petto con un cipiglio falsamente irritato. Alla fine Roxas era riuscito a dire ad Axel che no, non era decisamente maggiorenne ed era anche abbastanza lontano dall’iscriversi al College dove si erano incontrati.
Inizialmente aveva visto l’espressione del fulvo rammaricarsi un poco, le labbra tese e la fronte leggermente aggrottata, ma alla fine aveva scollato le spalle e con tono scherzoso aveva detto: “ tanto la pedofilia nel ghetto non è un reato”.
Roxas non ne era poi così sicuro, ma aveva evitato di discuterne.

«  In ogni caso, Roxas, devi imparare ad apprezzare il teatro. Guardati intorno, si respira arte. »
Il biondo serrò appena le labbra e tornò a guardarsi in giro, ma l’unico odore che sentiva era quello leggermente rinsecchito delle travi di legno.
Però poteva capire cosa intendesse seriamente l’altro ragazzo, quindi annuì ancora una volta, più a se stesso che ad Axel.
Avevano passato due intere settimane a discutere dei rispettivi interessi, quindi Roxas aveva iniziato a farsi un'idea ben precisa della mente di Axel e di come funzionasse.
Alcune volte in modo malato, altre volte con una genialità e perspicacia che il biondo faticava ad associare al carattere sempre spensierato e allegro dell'altro.

«  Non riesco ad appassionarmi alle opere. Da futuro scrittore ti dico, ancora una volta, così magari ti entra in testa, che non-mi-piace leggere una storia a copione. », sbotò dopo un po' Roxas, sprofondando leggermente nella poltrona, così da affondare la schiena contro lo schienale morbido.
Axel si lasciò andare ad un “ aah” esasperato, stanco, e abbassò il capo.
Scosse la testa, lasciando ondeggiare i lunghi capelli sopra le spalle, e posò entrambe le mani sopra le cosce.
Le dita allisciarono la stoffa leggera dei jeans estivi e per qualche secondo se ne rimase in silenzio, rimuginando.

«  Dovresti venire al prossimo spettacolo, metteranno in scena delle leggende metropolitane. Nulla di troppo complicato, ma è davvero interessante da guardare », disse alla fine, tornando a sollevare il capo.
Roxas scrollò le spalle.

«  D’accordo, non credo di avere altri impegni », poi arricciò le labbra, lasciando spazio ad un sorrisetto di sfida, « Vediamo se riesci a farmi cambiare idea sul teatro.»
Axel sorrise leggermente, soddisfatto.
«  Sicuro che ce la farò, diventerai un appassionato accanito, un nerd del teatro, mi supplicherai di portarti qui una volta alla settimana », poi schioccò le labbra, diventando appena più serio, « Non ti da fastidio uscire così tante volte con me? »
«  Cielo, no! Altrimenti non mi farei problemi e te lo direi. »
Axel, soddisfatto, si sistemò meglio sopra la poltroncina rossa e sembrò addirittura gongolare, mentre Roxas al suo fianco non poteva fare a meno che ridacchiare sotto i baffi, divertito da quel comportamento infantile.
Anche il biondo, allora, tornò a rilassarsi contro lo schienale, osservando gli attori sopra al palco, troppo lontani per poterne vedere bene ogni movimento.
Lasciò correre ugualmente gli occhi azzurri sopra la fila di persone che si muoveva laggiù sul palcoscenico, immaginandosi cosa stessero provando.
Una delle due storie che avrebbero messo in scena la settimana prossima, poco ma sicuro. Allora Roxas si sforzò di ricordare ogni leggenda che vagava per le strade, tutte quelle storie che gli raccontavano da piccolo e che, ai tempi, gli mettevano sempre una grande paura.
Per qualche minuto regnò il silenzio tra i due ragazzi, entrambi concentrati su due spettacoli ben diversi.
Roxas, lo sguardo fisso davanti a sé e la mente che cercava di associare un possibile dialogo ai movimenti che vedeva, e Axel, che al contrario si fingeva interessato al palco, ma lasciava scivolare gli occhi a sinistra, lentamente, solo per poter osservare il volto di Roxas.
Arrossato, con delle leggere occhiaie sotto agli occhi, con le ciglia scure nonostante il biondo dei capelli.
In poche settimane Axel era riuscito a scorgere tanti piccoli particolari del suo volto che gli sembrava di saperlo leggere come una mappa.
L’aveva visto sorridere, con due piccole fossette ai lati delle labbra, l’aveva visto con la fronte corrugata, leggermente preoccupata, e solo una volta, invece, aveva notato gli occhi bassi e vacui, con una tristezza che si poteva leggere sulle labbra carnose e screpolate.
Axel, da quando lo conosceva, non aveva fatto altro che immaginarsi la sua voce e il suo corpo, inseguendo un desiderio impossibile come un disperato.
Il fulvo inspirò lentamente, costringendosi a guardare ovunque, tranne che il volto dell’altro, e tornò sopra al palco.
Vedeva Luxord in lontananza, che fissava a braccia incrociate i lavori; di tanto in tanto annuiva, altre volte si voltava verso i tecnici delle luci e si lamentava per qualcosa.
Axel decise di concentrarsi su di lui, finché non avvertì la mano di Roxas sopra il proprio gomito.
Si voltò a guardare il biondo, che lo fissava con l’espressione seria e composta, come l’adulto che ancora non era.

«  Voglio farti una domanda che sembra un po’ stupida.»
«  Sono le mie preferite », ammise Axel, voltandosi del tutto verso l’altro ragazzo.
Incrociò le mani tra le gambe, mentre Roxas lasciava andare il suo braccio, annullando lentamente quel piccolo contatto tra la loro pelle.

«  Ok, non …  Non  prendermi per un idiota, ma non capisco perché preferisci il teatro al cinema. »
Roxas ci aveva pensato e ripensato, mentre sentiva il maggiore parlare concitatamente di ogni forma di recitazione, osannando il teatro sopra ogni altra cosa.
Solitamente i giovani amavano cose ben più moderne – lo vedeva in Ventus, oppure nei suoi compagni di classe-, ma non Axel.
Il fulvo, in un certo senso, assomigliava a Roxas stesso più di quanto il biondo riuscisse a capire.
Axel schioccò le labbra e si prese qualche secondo per sé per riordinare tutte le idee e le risposte che gli vagavano confusamente per la testa.
Allora parlò.

«  Non fraintendermi, anche io adoro un buon film, una buona grafica, le riprese, le soundtrack, e tutto il resto, ma il teatro è diverso », si schiarì la voce, sollevando gli occhi verso le arcate di legno, osservando qualcosa di indefinito. « Quando guardi un opera sei lì, in quel momento, e vedi una storia prendere vita davanti ai tuoi occhi, la vedi mutare sulle facce degli attori, assisti di persona ad ogni espressione, ogni errore o acclamazione, e vieni coinvolto talmente tanto da entrare anche tu a far parte dello spettacolo », si fermò ancora, inumidendosi le labbra, tornando ad abbassare il capo. « Il teatro è … magico. Lo vivi, lo senti. Non posso trovare le parole giuste per spiegartelo, Roxas, ma è … la cosa più bella del mondo.»
La cosa più bella del mondo.
Le labbra di Roxas si sollevarono lentamente, seguendo l’onda dei suoi sentimenti.
Inspiegabilmente sentiva un moto di affetto e calore verso Axel, per il suo modo di parlare, per la voce alta e sicura, per ogni parola che diceva tranquillamente, come se stesse raccontando una storia.
Tutto quello che diceva era capace di coinvolgere Roxas in ogni sua più piccola sfumatura, di fargli perdere la cognizione del tempo e dello spazio.
Erano ancora nel teatro a parlare, oppure fuori, seduti sopra una delle tante panchine del parco?
Era ancora pomeriggio, oppure quella luce leggera che vedeva era la luna?
Senza nemmeno rendersene conto le dita di Roxas si erano strette sopra il braccio del ragazzo ancora una volta, muovendosi verso di lui senza che la mente del biondo potesse rendersene conto.
La gola si seccò istantaneamente – “ dannato caldo”, pensò Roxas- e le dita strinsero ancora di più la carne bollente di Axel, tirandolo appena verso di sé.

«  Roxas? »
Si sentì chiamare e istantaneamente le mani si staccarono.
Il teatro tornò nitido davanti agli occhi del biondo e tutti i suoni attorno a lui presero a tuonare nelle orecchie.

«  Scusa, ero … »
«  Non importa, puoi farlo, non mordo mica. »
Roxas poteva stringerlo, toccarlo, avvicinarsi a lui e fargli tutto quello che voleva.
Axel glielo avrebbe permesso perfino dal loro primo incontro.
Ogni volta che vedeva il biondo vicino a sé desiderava il suo tocco, le sue attenzioni, e poi si sentiva inevitabilmente un’idiota, un ventenne disperato che cercava le attenzioni di un ragazzino.
Si odiava per questo affetto a senso unico, ma c’erano quelle volte, quando Roxas si estraniava dal mondo, che si sentiva ricambiato.
Inspiegabilmente, senza un motivo valido, quando Roxas lo toccava, oppure lo guardava, sapeva che sotto sotto anche per l’altro era lo stesso.
Attrazione.
Mentale, fisica, potevano chiamarla come diavolo volevano, ma Axel la riconosceva.
Rimaneva zitto, impaurito – lui!- di poter dire una parola di troppo, di fare un movimento sbagliato, e troncare ogni cosa.
Se avesse detto a Roxas un: “ so che ti piaccio”, tutto sarebbe finito. Il biondo se ne sarebbe andato via, avrebbe negato ogni cosa. Axel lo capiva perfettamente, dopotutto la prima volta che si era sentito attratto da un uomo era stato orribile, si era sentito spaesato, fuori luogo, lontano dalla realtà che fino a quel momento aveva vissuto.
Non voleva mettere in alcun modo a disagio Roxas, allora, così, taceva.
Solo alcune volte non riusciva a tenere la bocca chiusa; era impossibile controllare quella piccola speranza che nasceva ad ogni azione di Roxas.

«  Non mi da fastidio », parlò ancora Axel, sollevando la mano e appoggiandola sopra quella di Roxas.
Sentì le dita dell’altro irrigidirsi appena, ma la mano del biondo non sgusciò via.
Rimase sotto le lunghe dita di Axel e si lasciò trascinare nuovamente sopra al suo braccio.
Allora Roxas inspirò profondamente, come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato, e strinse ancora il suo braccio.
Sorrise appena, Axel con lui.

« Visto? Non succede niente.»
«  Sì, hai ragione. »
Rimasero in silenzio, assaporando quel breve momento.
Le dita di Roxas presero a muoversi leggermente sopra il braccio dell’altro ragazzo, sfiorando la pelle calda, le piccole lentiggini, mentre Axel serrava appena le labbra.

«  Roxas? »
Lo chiamò ancora una volta, ma ora il biondo non allontanò la mano, si limitò a sollevare il capo.
«  Cosa? », gli chiese, incrociando lo sguardo del maggiore.
Axel sorrise leggermente, schiudendo le labbra e mormorando un “ aah” lento, prima di proseguire.

«  Mi è venuta un’idea, anche se non so quanto possa piacerti.»
Roxas si schiarì la voce e si strinse velocemente nelle spalle, sollevando la mano libera per scostarsi un ciuffo biondo dagli occhi, « sentiamo, allora.»
Axel annuì e si mosse appena sopra la poltrona.
«  Vorrei poter recitare una tua storia », poi si affrettò ad aggiungere, «  seriamente, vorrei tanto, tantissimo, poter mettere in scena qualcosa di tuo. Una commedia, un dramma, qualunque cosa, perfino delle barzellette. »
Roxas schiuse le labbra e rimase in silenzio per qualche secondo, prima di schiarirsi la voce.
«  Non credo di saper scrivere qualcosa del genere, solitamente … solitamente scrivo cose fantasy, qualche storia, ma non ho mai concluso nulla. Inizio, scrivo qualche capitolo, e dopo non riesco mai ad andare avanti. »
Axel scrollò le spalle, appoggiando la mano destra sopra la spalla del biondo, stringendola lievemente.
Ignorò il leggero brivido che gli corso lungo la schiena per quel singolo movimento.

«  Non devi dirmi di sì oggi, pensaci solamente. Se mai vorrai provarci, sai già a chi chiedere. »
Roxas schioccò la lingua contro al palato, in un certo senso lusingato dal desiderio di Axel, e annuì.
«  Credo che potrei farlo, ci proverò. Appena mi verrà in mente qualcosa, per lo meno. »
«  E’ fantastico, sarebbe incredibile. Pensa: Axel e Roxas, fenomenale duo, un attore e uno scrittore, solo per questa sera, a 20 dollari! »
«  Stai già correndo un po’ troppo, mi sa », esclamò però il biondo, dandogli una leggera manata sopra al braccio, facendo storcere le labbra ad Axel.
Lo sentì mormorare un “ affatto” che gli fece ruotare gli occhi al soffitto.

«  Se ne sei convinto tu … ma 20 dollari sono decisamente troppo pochi per il nostro duo, come minimo 30! »
Axel soffiò ancora una volta un’esclamazione esaltata e Roxas non riuscì a non farsi coinvolgere da quella leggera felicità che aleggiava attorno al corpo dell’altro ragazzo.
Avevano un altro obiettivo da compiere, la lista, pian piano, continuava ad allungarsi e Roxas si chiedeva cosa sarebbe riuscito a fare, fin dove il suo coraggio l’avrebbe portato.
Così anche Axel domandava a se stesso per quanto tempo Roxas sarebbe rimasto con lui, fin quanto la loro amicizia sarebbe durata.
Le domande aleggiavano così come ogni volta, ma ancora non era il momento di porle, non era ancora ora delle risposte.
Preferivano ancora ridere e scherzare, mentre il ventilatore ronzava alle loro spalle e la compagnia teatrale si alzava in piedi sul palco per l’applauso finale.
Il teatro stava chiudendo.
 

 
***
 


 

«  E così andrai a teatro settimana prossima? Ah, ai miei tempi ci andavo sempre, con tuo nonno. Era un gentiluomo sotto ai riflettori, un po’ meno tra le mura di casa. »
Tatty sembrava ancora più felice di Roxas all’idea dello spettacolo imminente.
Il biondo, seduto al tavolo, divorava un toast al formaggio e prosciutto senza prendere fiato. Non rispose nemmeno alla nonna, la bocca troppo piena per poter emettere un solo suono.
Ugualmente, la donna, continuò a parlare, agitando le mani con enfasi.

« E quand’è che conoscerò questo Axel? Vorrei proprio conoscere il ragazzo che riesce a farti uscire di casa. »
«  Siamo solo amici », biascicò di rimando Roxas, prendendo una lunga sorsata di acqua per poter riprendere fiato, « smettila di parlarne come se fosse il mio ragazzo.»
«  Oh tesoro, come se fosse un problema, poi! Ma non importa, non importa»,  continuò dopo aver notato l’occhiataccia del nipote, «  vorrei conoscerlo lo stesso, sembra davvero un bravo ragazzo. E gli piace il teatro, ah! Ho sempre detto che gli uomini migliori sono gli amanti dell’opera e del teatro, così eleganti e sopraffini, con un bello smoking e l’aria raffinata. »
Roxas ridacchiò, allungandosi sopra al tavolo per afferrare una mela rossa.
Se la rigirò tra le dita prima di parlare.

«  Stai proprio sbagliando persona, non mette né lo smoking e non è di certo elegante. Però, beh, credo ti piacerebbe seriamente.»
Tatty sbatté entrambe le mani con un clap sonoro e si alzò dalla sedia, abbandonando il tavolo decorato con una semplice tovaglia beige e due singoli piatti.
«  Allora è perfetto, siamo d’accordo. »
«  Eh? Su cosa? Nonna? Hey, dove … », Roxas corrugò la fronte, appoggiando sopra al tavolo la mela morsicata. Sollevò un sopracciglio e osservò la nonna nella piccola cucina, la testa praticamente dentro al frigorifero.
«  Che stai facendo?»
« Ti sto invitando a mangiare qui insieme al tuo amico », lo disse come se fosse un’ovvietà, tanto che non si preoccupò nemmeno di voltarsi a fissare l’espressione stupita del nipote.
Roxas scosse la testa.

«  No, no, non credo che possa, lavora, e poi deve studiare, e magari si annoierebbe, sai, non è che facciamo poi molto, qui », iniziò Roxas, rigirandosi la mela tra le mani, lo sguardo leggermente basso e un leggero rossore sopra le guance.
Evitò lo sguardo di Tatty, ora tornata in sala.

« Non ti starai mica vergognando di tua nonna, spero. »
Roxas scosse il capo, senza aprire bocca. Tornò piuttosto ad addentare la mela e guardare le macchie sopra la tovaglia chiara; tutto, purché non guardare negli occhi sua nonna e ammettere che non era di lei che si vergognava, ma dello stile di vita che lui stesso conduceva.
Axel era sempre in movimento, tra la scuola e il lavoro, gli amici e i compagni del College. Roxas, invece, aveva una vita così monotona che temeva di annoiare Axel.
Concentrato sui propri pensieri – e la mela tra le mani- non si accorse dello sguardo fisso della nonna finché non sentì la sua mano tra i capelli.
Allora sollevò il volto e incontrò il viso sorridente di Tatty, lo sguardo rassicurante, il rossetto leggero sulle labbra, e le rughe sempre lì, al solito posto, famigliari come le ragnatele su in soffitta.

«  Non preoccuparti, sono certa che tu gli piaccia così come sei.  »
Roxas sbatté le palpebre un paio di volte, ripassandosi quelle parole nella testa, e alla fine serrò le labbra.
Cercò di scrollare le spalle con indifferenza, come se non gli interessasse piacere o meno ad Axel.
La verità bruciante, quella che più temeva, era che gli importava eccome.

«  Però devi cucinare qualcosa di buono, d’accordo? Non il solito riso in bianco e qualche altra diavoleria. »
Tatty esultò con un leggero “ ah-ah!” che ricordava tanto l’esclamazione di una giovane donna, la voce alta e vibrante, e poi tornò a scompigliare i capelli del nipote.
Si chinò sopra la guancia di Roxas e gli stampò un bacio, con tanto di schiocco.
Il ragazzo storse appena il naso, ma non si ripulì ugualmente dal leggero alone rosato.

«  Devo invitare anche Ventus? »
«  Assolutamente no, per il momento … è meglio di no. Inizierebbe a voler uscire anche lui con noi due. »
La donna sospirò appena e tornò a sedersi al tavolo, allungando il braccio per poter afferrare a propria volta la frutta, scegliendo una bella arancia matura, annusando il profumo agrumato della buccia.
«  Non sarebbe male farlo uscire un po’ con voi, non pensi? »
Roxas scosse la testa, impuntandosi, « no, sarebbe orribile, non voglio. »
La spiegazione, nella sua mente, gli fece contrarre leggermente le budella, come se portarsi dietro  un pensiero simile fosse un errore.
Voleva Axel solo per lui, era per caso egoista? Voleva le loro giornate in solitaria, i loro discorsi, senza nessun altro in mezzo.
Serrò le labbra e si schiarì la voce, sollevando lo sguardo per puntarlo sopra l’orologio a pendolo.
Con un sospiro si alzò dalla sedia e si pulì la bocca con il dorso della mano.
 
« Devo andare a casa, è tardi », poi si voltò verso la cucina, «  posso portare a Ventus un toast? »
La donna sorrise, le rughe attorno agli occhi che si rilassavano un poco.
La voce le si incrinò appena, tristemente consapevole che Naminé si era dimenticava ancora una volta di avere dei figli di cui prendersi cura.

«  Tranquillo tesoro, prendi tutto quello che vuoi. Portagli anche una fetta di torta, d’accordo? E’ quella con le mele, so che gli piace tanto.»
Roxas osservò il corpo della nonna muoversi lentamente nella stanza e l’osservò sparire in cucina.
Se non ci fosse stata lei, molto probabilmente la vita sarebbe stata un inferno.







***
Eheh, finalmente un altro capitolo molto gay per Axel e Roxas.
" Posso toccarti il braccio?"
" Ma certo, non succede niente"
E fu così che Roxas divenne gay.
Comunque, a parte queste piccole precisazioni, la storia sta procedendo leeeentamente e per arrivare ai primi baci e zozzate varie manca ancora molto, molto tempo.
Mi disp- :c

 
   
 
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