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Autore: Kim WinterNight    19/10/2017    4 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

LOL

[John]




«Possiamo rimanere ancora un po' in acqua, se ti va» proposi a Bryah, lanciandole una veloce occhiata.

Entrambi ci eravamo voltati verso la riva per seguire con lo sguardo il gommone con cui la bagnina aveva prelevato i nostri amici; per Shavo quella gita in pedalò si era rivelata una vera e propria tortura, ero contento che Miriam fosse accorsa e avesse subito capito la situazione.

Bryah ridacchiò. «Perché no?»

Mi girai nella sua direzione e trovai i suoi occhi su di me. Mi sentii leggermente a disagio, poiché le immagini di ciò che era accaduto tra noi la sera precedente lampeggiavano nella mia mente e mi tormentavano. Ero ben consapevole del fatto che tra noi non potesse esistere un futuro, ma non sapevo se questo fatto mi ferisse o meno.

«Ho un'idea migliore però» osservò lei all'improvviso, battendo con una mano sulla plastica azzurra del pedalò. «Riportiamo quest'affare in riva e facciamoci un bagno come si deve, ci stai?» mi propose, allungando una mano verso di me.

Gliela strinsi e suggellammo quel bizzarro accordo. Riprendemmo a pedalare, cambiando rotta e dirigendoci verso la riva, lasciandoci così le boe alle spalle.

Miriam ci vide arrivare e fece qualche passo dentro l'acqua per venirci incontro; quando fummo abbastanza vicini a lei, afferrò il bordo del pedalò e lo trascinò con forza sulla sabbia umida.

«Saltate giù!» ci incitò.

«Aspetta, ti aiuto» mi proposi, scendendo in fretta dal mezzo.

Miriam scosse il capo e mi sorrise. «Fossero tutti così gentili... in questo posto viene un sacco di gente ricca che però se la tira un sacco e non si sognerebbe mai di darmi una mano con questi lavori stancanti» raccontò. Mi dava l'impressione che si fosse rilassata da quando Daron non era più nei paraggi, il che mi fece venire in mente che il chitarrista era sempre in grado di mettere a disagio le persone, specialmente quelle di sesso femminile.

«Che persone noiose e snob» osservò Bryah, scendendo a sua volta dal pedalò e recuperando la sua borsa. «Su John, aiutiamola! Non sopporterei di passare per una ricca signora con la puzza sotto il naso» aggiunse in tono schifato, compiendo un brusco gesto con la mano come se volesse respingere un insetto fastidioso.

Spingemmo il pedalò sulla piccola lingua di sabbia e lo sistemammo con Miriam accanto agli altri. Lei ci ringraziò e ci augurò un buon proseguimento di giornata, allontanandosi in fretta verso la sua postazione di vedetta.

Io e Bryah ci incamminammo verso la spiaggia, quasi del tutto occupata dai clienti dell'albergo; ci sistemammo in un angolino rimasto libero, appoggiammo le nostre cose sulla sabbia e ci sfilammo i vestiti.

L'occhio mi cadde sul corpo bruno e formoso di Bryah, la quale aveva indossato un bel costume intero color porpora. Rimasi per un attimo incantato da lei, dai suoi gesti e dal modo in cui si legava frettolosamente i capelli con un grosso elastico multicolore.

«Batterista, che ti prende? Sei pronto a perdere la gara di nuoto con la sottoscritta?» mi punzecchiò la giornalista, strizzandomi l'occhio.

«Non sapevo che avremmo fatto una gara» commentai perplesso, piombando bruscamente giù dalle nuvole.

«L'ho appena deciso» affermò in tono solenne.

«Cosa si vince?» domandai curioso, sentendo improvvisamente la mia tensione sciogliersi sotto il suo sguardo caldo.

«Chi perde offre il gelato!» strillò lei all'improvviso, per poi partire di corsa verso la riva.

La seguii con qualche secondo di ritardo, ma alla fine ci tuffammo contemporaneamente in acqua, schizzando senza ritegno i bagnanti che se ne stavano tranquilli a cercare di bagnarsi il meno possibile per scongiurare i brividi di freddo che percorrevano la loro pelle.

Uno strillo mi raggiunse non appena riemersi dall'acqua: vidi una ragazza rivolgere il suo sguardo verso me e Bryah, gesticolando come una pazza e agitando le braccia in modo scoordinato e piuttosto ridicolo.

«Che le prende?» borbottò Bryah, riemergendo a sua volta.

«Non lo...»

«Ma siete impazziti? Che modi sono questi? Mi avete completamente bagnato!» ci sbraitò contro. «Ho i capelli tutti bagnati adesso, mi ero fatta la piastra prima di scendere in spiaggia! E il trucco?! Me lo avete rovinato, ora il mascara è tutto sbavato, ne sono sicura! Siete degli incivili!» proseguì imperterrita, indietreggiando verso la riva come se uno squalo stesse per morderle una caviglia.

Io e Bryah ci scambiammo un'occhiata interrogativa e scoppiammo a ridere.

«Ridete pure! Razza di imbecilli!» continuò a insultarci la tizia, tornando impettita verso la sua sdraio. Smisi di prestarle attenzione e continuai per un po' a sbellicarmi dalle risate insieme a Bryah.

«Si è truccata per venire in spiaggia? Che problemi ha?»

«Non lo so, sono cose che non capirò mai. Non sono una donna» replicai, cercando di riprendermi dal momento ilare che avevamo appena vissuto.

«Ehi! Non offendermi, io non farei mai come lei!» Bryah si finse offesa per un attimo, poi con uno scatto si tuffò di nuovo. Quando riemerse gridò: «La sfida ha inizio, battimi se ci riesci! Chi arriva per ultimo alla boa arancione è uno sfigato e dovrà pagare due mega gelati con tutti i gusti del mondo!».

Senza più pensare a nulla, la seguii e mi sentii immediatamente a mio agio nel nuotare e fare un po' di esercizio fisico. Era una sensazione bellissima, rigenerante e, soprattutto, in grado di liberare la mente da qualsiasi pensiero.


«Sto per morire!» si lamentò Bryah, abbandonata sul suo telo; aveva ancora il fiatone per la nuotata e si massaggiava le gambe indolenzite.

«Esagerata... io sono attivo come non mai!» esclamai, sentendo il mio corpo al massimo della forma. Ero leggermente stanco, ma mi sentivo davvero bene ed ero contento di aver finalmente approfittato di quello splendido mare.

«Ho perso miseramente» mugugnò. «Contro di te non ho speranze.»

Sorrisi. «Sarò clemente. Se ti fa stare meglio, non dovrai offrirmi il gelato» tentai di rassicurarla, accovacciandomi di fronte a lei.

Bryah allungò di scatto il braccio e mi diede una spinta, così persi l'equilibrio e caddi all'indietro, finendo con il culo sulla sabbia. «Sei un rammollito, devi rivendicare la tua vincita!» mi schernì, ridendo fragorosamente.

«D'accordo, l'hai voluto tu!» ribattei risoluto, poi mi rimisi in piedi. La sollevai di peso dall'asciugamano e lei, sorpresa, non poté che aggrapparsi alle mie spalle. Mi avviai tranquillamente verso la riva e presi a fischiettare fingendo di star trasportando un pacco postale.

«No, John, mettimi giù! Ma che fai?» protestò Bryah, prendendo a dimenarsi come una matta.

«Non fare tante storie. Meriti una punizione» borbottai, trattenendo a stento le risate. In realtà, dentro di me sentivo una forte emozione nell'avere il suo corpo tra le braccia e sentire il suo peso mettere alla prova i muscoli delle mie braccia. Era una sensazione incredibilmente bella e dolce, non sapevo neanche spiegarmi come ciò fosse possibile.

Raggiunsi l'acqua e Bryah ormai rideva senza ritegno, mollandomi ripetuti pugni sulla schiena e sulle spalle.

«No, dai, ti prego! Scusa, scusa, scusa! Non lo farò mai più, ma non buttarmi in acqua, ormai mi ero quasi asciugata del tutto!» mi implorò, stringendosi più forte a me per evitare che la lasciassi cadere.

Sussultai appena nell'avvertire i suoi seni sfregare sul mio petto. Dovevo darmi una calmata e riprendere il controllo di me, così decisi di darle tregua e le feci poggiare i piedi a terra, mollando la presa sui suoi fianchi.

«Vedi che sei un rammollito?» mi punzecchiò ancora.

A quel punto le feci lo sgambetto e lei piombò in acqua di schiena, schizzando tutto intorno a sé. Lanciò un grido poco prima di finire con la testa sommersa, poi cominciò a tossire perché dell'acqua era finita nella sua bocca.

Io rimasi impassibile con le braccia incrociate al petto, fissando la scena con le sopracciglia aggrottate, nonostante dentro me sentissi l'enorme bisogno di ridere come non mai. «Chi sarebbe il rammollito?» la sfidai.

Bryah si sollevò e si rimise in piedi, tirandosi indietro i capelli che intanto si erano slegati. «Ritiro ciò che ho detto. Ma così sei stronzo eh» bofonchiò, avviandosi nuovamente verso il suo telo da mare.

«E tu sei incoerente. Non ti va bene niente!» conclusi, lasciandomi finalmente andare a una sonora risata.

Lei sbuffò e scosse il capo, poi mi mollò un pugno sul braccio e annunciò: «Asciughiamoci in fretta, ho voglia di un gelato!».

Annuii. Era bello stare con lei, mi trovavo a mio agio e sentivo un'enorme complicità con lei, la quale cresceva minuto dopo minuto.

E non sapevo se esserne contento o fottutamente spaventato.


«Posso offrire io?»

«John, avevamo un patto, non ricominciare!»

«Non mi importa» affermai con un sorriso.

Io e Bryah avevamo consumato un enorme gelato al bar che si trovava al piano terra dell'albergo, il quale si affacciava direttamente sulla spiaggia. Ora ci trovavamo al bancone, dopo aver finito, e io volevo che quella consumazione fosse segnata sul mio conto, non sul suo.

«Ma perché? Per una volta fammi fare l'uomo» mi prese in giro.

Il barista, un tipo poco amichevole che doveva avere una quarantina d'anni, aspettava impaziente che noi prendessimo una decisione.

«Non se ne parla» ribattei.

«Invece sì! Segni pure sul conto di Bryah Philips, prego» tagliò corto, per poi spingermi verso l'uscita del bar, senza lasciarmi alcuna opportunità di replica.

«Bryah, perché sei così testarda?»

«Perché avevamo un accordo e io rispetto la parola data. Non farne un dramma, Dolmayan» mi spiegò con semplicità, mentre ci incamminavamo verso la hall.

Trovammo Dayanara che si preparava per andarsene: il ragazzo aveva un'aria stanca, tuttavia cercava di non darlo a vedere. Notai che una cliente dell'albergo lo stava importunando e non sembrava aver capito che il suo turno era finito e che avrebbe dovuto rivolgersi allo stagista che già stazionava dietro il computer.

Bryah mi diede di gomito. «L'hai riconosciuta?» bisbigliò.

Aguzzai la vista e mi resi conto di chi si trattava, così mi portai una mano sulla fronte con fare esasperato.

«Mi ascolta o no?! In questo albergo avete degli ospiti incivili e maleducati, state pur certi che non la passerete liscia!» prese a sbraitare la tizia che io e Bryah avevamo accidentalmente schizzato quando ci eravamo tuffati.

«Signorina, cerchi di calmarsi, la prego... si sarà sicuramente trattato di un malinteso» tentò di farla ragionare Dayanara, mentre raccoglieva quelle che dovevano essere le chiavi della sua macchina.

«Un malinteso, eh? Quei due pezzenti mi hanno completamente inzuppato d'acqua, senza neanche scusarsi con me! Si rende conto di che razza di gente ospitate qui? Voglio parlare con il direttore, lei è un incompetente!» tuonò infine la pazza, posando le mani sui fianchi stretti. Mi sembrava quasi di vedere del fumo uscire dalle sue orecchie.

«Il direttore non può riceverla, attualmente non è in albergo, sono spiacente» rispose Dayanara pacato, utilizzando un tono di voce professionale e ignorando magistralmente l'insulto che gli era stato appena rivolto.

Bryah sospirò e si avvicinò ai due. Non avevo idea di quali fossero le sue intenzioni, tuttavia la seguii per non lasciare che affrontasse da sola la situazione.

«Smetta subito di prendersela con questo ragazzo. È fortunata che lui sia una persona civile e non le abbia detto ciò che si meriterebbe di sentire! Accusa noi di essere degli incivili, ma lei non si sta comportando diversamente, a quanto pare» intervenne Bryah, piazzandosi di fronte alla cretina.

«Ecco, vede di chi parlavo?» squittì ancora la ragazza. La osservai meglio e notai che doveva avere più o meno l'età di Leah, aveva i capelli biondi palesemente tinti e schifosamente lisci, era perfettamente truccata e aveva il tipico aspetto di una Barbie.

«Vuole delle scuse per qualcosa che non abbiamo compiuto volontariamente e che non è certo una tragedia! Ebbene, ci scusi, bambolina di plastica, non volevamo arrecare disturbo a quei suoi bei capelli e a quel suo bel faccino! Adesso lei però si scusi con Dayanara» proseguì Bryah, utilizzando un tono che non ammetteva repliche.

«Ma come si permette?! Vada al diavolo! E lei, razza di idiota, mi prepari subito il conto! Non rimarrò in questo luogo squallido un minuto di più!» gridò isterica, per poi avviarsi in tutta fretta verso l'ascensore che conduceva alla palazzina dipinta di giallo.

Dayanara sospirò. «Grazie, signorina Philips, ma sono talmente abituato a gente come quella... per favore, Markus, puoi preparare il conto a quella tizia? Il marito si chiama... ehm... non ricordo...» Si portò una mano dietro la nuca e la massaggiò. «Evans, Alfred Evans, ecco.»

«Sei sfinito, Dayanara. Vai a riposare, su» gli consigliai, posandogli una mano sulla spalla.

Lui mi rivolse un debole sorriso. «Grazie, John. Non vedo l'ora di buttarmi a letto. Vorrei dormire per cent'anni...»

«Immagino» commentai dispiaciuto. «E scusa se hai dovuto sopportare le grida di quella matta per colpa nostra» aggiunsi.

«Ma ti pare... ci vediamo, ragazzi, buona serata» concluse, avviandosi in fretta verso le doppie porte scorrevoli.

Proprio in quel momento fece il suo ingresso il ragazzo che avevo incontrato due giorni prima nella hall: per l'occasione, indossava una felpa dei Mayhem e si era messo in testa un paio di enormi cuffie da studio, le quali ricadevano come un cerchietto sulla sua testa e appiattivano i suoi capelli solo nel punto in cui stazionavano, lasciando che il resto della sua chioma ne fuoriuscisse scompostamente.

«Andiamo, altrimenti quello mi chiede un altro selfie» dissi in fretta, afferrando Bryah per un braccio e trascinandola verso l'ascensore della palazzina bordeaux.

«Un tuo fan?» domandò, mentre attendevamo che la porta si aprisse.

«Non sa neanche come mi chiamo, però ha ben pensato di chiedermi una foto e caricarla subito sui social» spiegai contrariato.

«Che esemplare!»

«È solo un ragazzino» tagliai corto, per poi entrare in ascensore.

All'improvviso mi venne in mente qualcosa e mi voltai di scatto verso Bryah. «Ehi, com'è possibile che tu abbia tutto il necessario per il mare? Ieri sei tornata in albergo con noi e non avevi...»

Lei rise. «Oh, John! Mi fai morire dal ridere!»

«Perché mai?»

«Davvero non sai che qui allo Skye Sun Hotel c'è un piccolo punto vendita dove poter acquistare dell'attrezzatura per la spiaggia in caso d'emergenza?» se ne uscì lei con noncuranza, facendo spallucce.

«Cosa?! No, non ne avevo idea... ma...» Sospirai. «Questo posto non finirà mai di sorprendermi» borbottai confuso.

«Ehi John!» mi richiamò, per poi avvicinarsi a me e cercare il mio sguardo. «Sei troppo buono e ingenuo» commentò, sorridendomi con una punta di dolcezza che mi fece sussultare interiormente.

Poco prima che l'ascensore si fermasse al terzo piano, la spinsi contro la parete metallica del box e mi fiondai sulle sue labbra, preda di un improvviso e incontrollabile impulso.

In un attimo ci eravamo ritrovati avvinghiati, io le mordicchiavo il labbro inferiore e la stringevo per la vita, mentre lei aveva affondato le mani sulla mia schiena e mi premeva contro di sé, lasciandosi baciare.

Non ci rendemmo neanche conto che le doppie porte si erano aperte, finché una voce familiare non ci riportò bruscamente alla realtà e ci costrinse a staccarci l'uno dall'altra.

«Ehi, se volete la mia camera è libera» esordì Daron in tono pungente.

Gli rivolsi un'occhiataccia e lo spinsi da parte mentre uscivo dall'ascensore. «Piantala, idiota» bofonchiai imbarazzato.

«Ciao Daron! Dove stai andando?» gli chiese invece Bryah, la quale non sembrava particolarmente turbata dal fatto che il chitarrista ci avesse sorpresi a essere così vicini.

«Devo trovarmi un nuovo cellulare. Che casino... cazzo, non ci voleva...» rispose lui in tono seccato.

«Capisco. Ma, ehi! Aspetta, io a casa ne ho uno da poterti dare. Quando tornerai a Los Angeles, potrai comprarne uno nuovo, se il mio ti fa schifo» gli disse la giornalista, afferrandolo per un polso prima che potesse entrare nel box.

«Sei sicura? Non è un problema, faccio un salto in città, qualcosa posso trovarlo di sicuro...»

Lei scosse il capo. «No, davvero. Si tratta di un iPhone. È successo che me l'hanno regalato allo scorso compleanno, sono stati tanto carini con me, però io sono abituata con il mio cellulare. Ho anche provato a usarlo, ma proprio non mi ci trovo. Se vuoi te lo regalo» gli propose con entusiasmo.

«Vuoi regalarmi un iPhone? Sei pazza per caso?» sbottò il chitarrista sorpreso.

«Sì, perché? A te serve, a me no. Semplice.»

Daron la guardò negli occhi per un po', poi si fiondò ad abbracciarla. «Cristo, mi salvi la vita!» strillò.

«Macché salvare la vita! Ehi, mi stritoli!» rise lei, ricambiando per un attimo il gesto del chitarrista, per poi spingerlo via.

«Siete tutti acidi, nessuno apprezza i miei gesti d'affetto» si lamentò.

«Ma piantala, Malakian. Piuttosto, dove sono Leah e Shavo?» intervenni.

«Chi lo sa... io dormivo fino a poco fa» mi informò. «Be', troviamoli e vediamo se il nostro bassista si è ripreso, poi decidiamo cosa fare stasera» propose poi, lanciando un'occhiata al corridoio che conduceva alle nostre stanze.

Annuii e tutti e tre ci avviammo verso la mia stanza, immaginando che Shavo potesse trovarsi lì.

«Ehi» sghignazzò Daron. «Bussiamo prima di entrare, non si sa mai!» sibilò, mollandomi una gomitata nelle costole.

«Vacci piano! E smettila di fare l'idiota...»

Daron si piazzò di fronte alla porta e prese a battere con forza i pugni sulla superficie, per poi gridare: «Ehi, piccioncini, possiamo entrare o state facendo qualcosa di scabroso?».

«Oddio, Daron, non gridare!» lo apostrofai.

Bryah scoppiò a ridere e lo spinse via. «Sei sempre il solito indelicato, eh?»

«Daron, sappi che stai rischiando di morire giovane...» sentii gridare da Shavo; poco dopo la porta si aprì e il bassista si materializzò sulla soglia.

Sembrava stare molto meglio rispetto a qualche ora prima, ero contento che si fosse ripreso in fretta.

Leah apparve dietro di lui, dopo essere uscita dal bagno, e sgusciò in corridoio, guardandosi attorno. Dopo aver individuato Daron, partì immediatamente al suo inseguimento, gridando: «Vieni qui, screanzato!».

Lui si mise immediatamente a correre e i due presero a correre lungo tutto il corridoio, avanti e indietro, facendo un baccano assurdo e lanciandosi contro scarpe e indumenti per dare più enfasi alla loro scherzosa lite.

«Ti ammazzo! Come ti permetti di insinuare certe cose, eh? Sei geloso?» lo canzonò Leah, sfilandosi uno dei suoi sandali, per poi scagliarlo contro il chitarrista.

Daron lo schivò per un pelo e scoppiò a ridere, poi si strappò via la t-shirt, la appallottolò e rispose all'attacco di lei, colpendola in pieno viso. «Io? Geloso? Continua a sognare, mostriciattolo!»

Leah imprecò e riprese a inseguirlo, finché non riuscì a bloccarlo contro la porta della sua stanza. Lo tempestò di pugni alla cieca, per poi tirargli con forza i capelli; infine gli mollò uno schiaffo e indietreggiò soddisfatta. «Così impari, pezzente» concluse.

«Non rispondo ai tuoi attacchi solo perché sei una donna e io sono un gentiluomo dai sani principi!» ribatté Daron, massaggiandosi la guancia.

«Ti sta bene» disse Shavo.

Leah lo raggiunse e i due si scambiarono un cinque in segno di vittoria, per poi scoppiare a ridere.

«E comunque la tua maglietta puzza!» gridò Leah in direzione del chitarrista.

«Bugiarda!»

«Dai ragazzi, che facciamo stasera?» intervenni, cercando di capire quale sarebbe stato il nostro futuro.

«Prima recuperiamo il cellulare per Daron, poi vediamo. Preparatevi, così poi passiamo a casa mia e anche io posso cambiarmi» suggerì Bryah. «Spero solo non ci sia Benton...» aggiunse.

Il mio cuore perse un battito e improvvisamente la realtà mi piombò nuovamente addosso, schiacciandomi con il suo insopportabile peso.

  
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