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Autore: __aris__    19/10/2017    1 recensioni
Ophelia Weston non parla da dieci anni, da quando ha assistito alla morte dei genitori. Suo nonno, Lord Edward Weston, ha chiamato i migliori precettori ed i migliori medici che l'Europa di fine 800 è in grado di offrire ricevendo un unico verdetto: il mutismo della nipote è irreversibile. A Parigi sente parlare del Fantasma dell'Opéra e viene a conoscenza delle lezioni di canto impartite a Christine Daaé, così decide di salvare Erik da un imboscata dei gendarmi proponendogli un patto: gli offrirà la possibilità di lasciare la Francia se verrà con lui e proverà a ridare la parola a Ophelia.
-- Questa è un'idea che avevo da tempo e che torna spesso a tormentarmi. L'ennesima possibilità per Erik di rifarsi una vita dopo l'Opéra. spero vi piaccia e che venga recensita.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTA DELL’AUTRICE: scusate il ritardo con cui aggiorno questa storia! La verità è che il tempo per scrivere mi scarseggia sempre di più e durante l’estate avevo deciso di dedicarmi solo a I’ll Count the Days che richiede delle ricerche storiche prima di scrivere ogni capitolo. Speravo di finirla entro settembre, ma come al solito mi sbagliavo.
Anyway … eccomi di nuovo in modalità Phantom-fan!
Terminate le scuse, faccio un doveroso disclaimer: se a qualcuno la scena della biblioteca ricorda qualcosa sappiate che temo di essermi fatta influenzare da Mozart in the Jungle. Adoro Rodrigo, credo che sia ciò che Erik sarebbe potuto essere se avesse avuto una vita normale e fosse stato dotato di un buon carattere. Il modo in cui sente la musica, in cui la ama, quel “suona col sangue” sono tutte cose che mi ricordano molto Erik (o meglio: il mio Erik) e rileggendo questo capitolo ho rivisto Rodrigo che insegnava a Hayley che la musica è ovunque attorno a lei, perfino nel caos di New York. Non è stato fatto apposta e questa scena era una di quelle che ho avuto in mente da più o meno il momento in cui ho pensato a come sviluppare la trama di Ophelia. Di solito dichiaro le fonti da cui prendo in prestito le mie idee, ma questa volta la somiglianza non è stata voluta (e forse c’è solo nella mia testa).
Spero comunque che il capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commento.
 
PS: se non avete ancora visto Mozart in the Jungle, iniziate questa serie.
 
 
 
 
 
Ophelia era tornata in camera appena Coyle aveva suonato il gong per annunciare che mancava un’ora alla cena. Aveva suonato il campanello per chiamare Daisy e aveva aspettato la cameriera perché l’aiutasse a cambiarsi d’abito, osservando distrattamente il suo riflesso allo specchio.
Mr Destler aveva dimostrato gentilezza verso Coyle, anche se per ragioni che non capiva. Sicuramente non per la precisione con cui il maggiordomo svolgeva le sue mansioni. Forse perché anche Mr Destler nascondeva un passato di cui non andava fiero. Forse perché davvero a suo nonno non importava chi o cosa fosse qualcuno prima di arrivare a Grainstar. Forse era solo perché le aveva insegnato a suonare che si era convinto di aver fatto la scelta giusta. Quali che fossero le sue ragioni, Ophelia sapeva che molti altri avrebbero accettato le dimissioni di Coyle senza battere ciglio.
Ma il Fantasma dell’Opéra era capace della comprensione che Mr Destler aveva dimostrato?
Probabilmente no. Il Fantasma del libro di Daisy era una creatura sanguinaria, un assassino che aveva rapito una ragazza della sua età per costringerla ad amarlo. In un uomo del genere non potevano trovare posto la comprensione e tantomeno la compassione.
Appena Daisy arrivò le chiese quale abito volesse indossare per la cena. Una parte di lei trovava alquanto inutile cambiarsi per cenare con il suo precettore, che aveva sempre dimostrato un certo disinteresse per molte delle formalità di Graynstar, ma era abbastanza sicura che Coyle non l’avrebbe fatta sedere a tavola se non fosse stata vestita in modo appropriato. Con un mezzo sorriso indicò un semplice abito di seta rosa che la cameriera aveva appoggiato sul letto accanto a uno color grigio di taffettà ornato da pizzo e fiori ricamanti.
Siete sicura di voler scendere per la cena, Milady? Sembrate pallida.” Disse Daisy mentre le stingeva un po’ il corsetto.
La nobile si limitò ad un cenno di assenso e a un sorriso. Non si era nemmeno accorta di essere così pallida, ma farsi portare la cena in camera non le avrebbe dato nessun conforto.
Sono sicura che è stato quel signor Brooks che è sceso con Mr Coyle. Anche se era solo un lavoratore a cottimo avrebbe dovuto bussare alla porta di servizio, senza farvi prendere quello spavento.” Continuò prendendo l’abito posato sul letto. “Non oso pensare cosa vi sarebbe potuto succede se non ci fosse stato Mr Destler!
Ophelia rabbrividì. Non lo aveva notato prima, ma il suo precettore era sempre stato tra lei e Andy Brooks facendo in modo che questi restasse poco oltre le colonne che separavano la biblioteca grande da quella piccola. Cosa sarebbe successo se quell’individuo orrendo fosse comparso quattro mesi prima?
Siete sicura di sentirvi bene?” domandò Daisy preoccupata di aver spaventato la ragazza più di quanto non lo fosse già.
Ophelia annuì e i suoi lineamenti si distesero in un sorriso.
La cameriera sembrò rasserenarsi “Vi porterò della camomilla prima che andiate a letto e dirò alla signora Cooke di preparavi dello zabaione per la colazione di domani.”
La nobile posò le mani su quelle della cameriera nel gesto che tra loro significava grazie, poi aspettò che Daisy le finisse di sistemare l’abito e tornò al pian terreno. Mr Destler non c’era ancora così decise di suonare qualcosa per distrarsi dai suoi pensieri.
Iniziò a suonare senza aver deciso quale brano eseguire. Suonò senza sentire le singole note. Non do, re o mi, forse non c’era nemmeno Ophelia Weston. C’era solo la musica che le scorreva attraverso, portandola di nota in nota verso una destinazione che non riusciva a trovare. Forse non c’era una meta in quel viaggio. Forse c’era davvero solo la musica come diceva Mr Destler.
 
Erik aveva sentito le prime note del Canto del Cigno di Schunert mentre scendeva la grande scalinata. Si avvicinò alla sala da musica decidendo di rimanere sulla porta. Ophela suonava sempre con estremo trasporto, ma quel momento era diverso, gli bastò vedere come suonava per accorgersene.  
La prima volta che lui si perse così nella Musica credette che fosse un sogno a occhi aperti. Nella sua casa di Rouen c’era un pianoforte che fu il suo compagno di giochi preferito fin da quando aveva memoria. Su quel pianoforte dimenticava ogni cosa: le inutili lezioni del vicario sul bene e Dio, l’orrore negli occhi di sua madre, perfino il suo viso o la sua maschera di stracci. Su quel pianoforte c’era solo la Musica. Un giorno, non avrebbe saputo dire quanti anni avesse, sentì che quello che suonava era reale proprio come i tasti bianchi e neri che vedeva attraverso lo straccio di iuta che doveva indossare. Fu come avere accanto una persona che gli raccontava una storia in una lingua che solo lui poteva capire. Appena finì di suonare, con il cuore che gli batteva ancora forte, corse nella camera da letto di sua madre, dove c’era l’unico specchio della casa, e si tolse la maschera. Non lo faceva mai. Non gli piaceva osservare il suo riflesso, ma doveva sapere se era stato un sogno o se era tutto vero. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire la iuta strusciare contro la pelle mentre sperava di vivere un sogno dal quale non si sarebbe svegliato mai più. Quando il panno cadde sul tappeto rivelando il suo volto sfigurato non versò nemmeno una lacrima: dietro le ossa scombinate, la pelle cadente e raggrinzita poteva vedere la stessa espressione di gioia e meraviglia che Ophelia aveva in quel momento.
Erik rimase sulla porta scoprendosi a sorridere a quel ricordo. Quando arrivò Coyle per annunciare che la cena era pronta non ci fu bisogno di dirgli che poteva attendere qualche minuto. Entrò appena Ophelia ebbe finito di suonare. La vide guardare incredula i tasti del pianoforte proprio come aveva fatto lui ed era sicuro che se avesse fatto attenzione avrebbe anche sentito il suo cuore battere con la stessa forza.
Credo che la cena sia pronta.” Disse porgendo la mano.
Ophelia si girò per guardarlo. Normalmente, appena l’ultima nota si dissolveva, tutte le sue emozioni erano già scomparse, ma adesso Erik poteva nitidamente vedere un crepa in quell’apparenza perfettamente composta che ogni futura duchessa avrebbe dovuto possedere. Anche quando posò la mano sulla sua notò qualcosa di diverso: normalmente sarebbe stata restia a farlo, ma quella sera non ebbe nessuna esitazione. Erik accompagnò Ophelia fuori dalla stanza da musica vedendola tornare alla realtà ad ogni passo che faceva.
Subito oltre la porta Coyle li aspettava. “È stata un’esecuzione splendida.” disse mitigando il suo aspetto severo con un sorriso che Ophelia ricambio istantaneamente.
La cena fu semplice. O almeno semplice secondo gli usi di Grainstar: i commensali indossavano abiti da sera, sulla tovaglia bianca erano adagiate posate e candelabri d’argento con lunghe candele accese, due centrotavola colmi di fiori facevano da ornamento e c’erano due camerieri in livrea a servire la cena ma Mr Coyle e la signora Cooke avevano presto capito che Erik Destler era un uomo dall’appetito frugale per cui, in assenza di Sir Edward, non venivano mai serviti piatti elaborati. La prima volta che Erik cenò con Ophelia, senza Lord Weston fosse presente, capì che per Mr Coyle nemmeno la fine del mondo sarebbe stata una ragione sufficiente per ignorare che quella era sempre la casa di un duca. Da allora sedeva accanto alla sedia vuota del Duca e si faceva servire come se anche lui fosse stato un nobile solo per non mancare di rispetto al lavoro della servitù, anche se era perfettamente capace di versare il vino nel proprio bicchiere. Terminato il pasto disse a Coyle e all’altro cameriere che potevano andare a cena anche loro. Quella era l’unica libertà che si prendeva: versarsi da solo il brandy in biblioteca. Un gesto che per Mr Coyle sarebbe stato rivoluzionario se compiuto da Sir Edward, ma per sua fortuna era solo un precettore.
 
 
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Povera Lady Ophelia!” Disse Daisy apparecchiando la tavola per la servitù “Dovevate vedere com’era turbata. Era bianca come un tovagliolo!
Se Lord Weston fosse stato qui …” iniziò Bess prima di rendersi conto che nemmeno il Duca avrebbe potuto evitare l’intrusione di quell’Andy.
Di sicuro avrebbe saputo come cacciarlo e non fargli più venire in mente di tornare.”
Credo che per questo sia bastato Mr Destler.” Disse un cameriere seduto vicino al caminetto “Ho parlato con il giardiniere che ha visto Andy andare via. Ha detto che aveva la faccia di chi ha visto un demonio.
Certo che chi avrebbe mai detto che Mr Coyle conoscesse un tipo del genere!” esclamò Daisy finendo di mettere a tavola i bicchieri.
Io no di sicuro.” Disse Bess dopo aver rimesso nel cassetto un cucchiaio di troppo.
Io ero convinto che fosse nato con il vassoio in mano.” Rispose sarcastico un altro cameriere nella stanza gettando il mozzicone della sigaretta nel camino.
Voi non avete niente di meglio da fare che parlare male degli assenti?” Mis Price entrò nella stanza smorzando le risatine dei presenti. “Evan hai preparato la camera di Mr Destler?
Si signora. È tutto pronto, i vestiti sono stati sistemati e Mary ha già acceso il camino.” Disse l’uomo che aveva appena spento la sigaretta. Il maggiordomo aveva affidato a lui la cura di Mr Destler, nonostante Evan avesse mostrato di provare un certo ribrezzo per quell’uomo. Certamente aver servito l’esercito in India assieme a Sua Grazia gli dava diritto a qualche privilegio rispetto agli altri precettori, ma Evan non poteva fare a meno di provare un certo fastidio per quell’uomo mascherato che veniva trattato come un nobile. Dopotutto, non faceva anche lui parte della servitù? Ma, per quanto volesse lamentarsene, occuparsi di Mr Destler non era una cosa molto difficile: i vestiti se li sceglieva e metteva da solo, e lui doveva solo passare nella camera da letto quando aveva finito per controllare che tutto fosse in ordine e portare gli indumenti sporchi in lavanderia.
Bene, allora vai di sopra per vedere se hanno finito.” Comandò la governante solo per non lasciarlo senza fare niente. Mis Price aspettò che Evan fosse uscito per parlare s Daisy “Come sta lady Ophelia?
“Scossa. Ma credo che domani mattina starà meglio.”
La donna sospirò di sollievo “Bene. Dio solo sa cosa le sarebbe potuto succedere se fosse stata sola. Adesso andate in cucina e dite alla signora Cooke che non dovrebbe mancare molto.”
 
 
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Dopo cena Ophelia aveva preso un vecchio libro di illustrazioni ma non lo aveva nemmeno aperto. Se lo era dimenticato in grembo, mentre osservava il fuoco scoppiettare nel camino e sentiva il vento battere sulle grandi finestre della biblioteca. Era il ricordo di come aveva suonato che le impediva di pensare ad altro.
Aveva sempre messo tutte le sue emozioni in ciò che suonava, per quanto desiderasse parlare c’erano cose che non sarebbe mai riuscita a dire ad alta voce. Per queste, e tutto il resto, c’era il pianoforte. Ma prima era stato diverso. Era come se, invece di essere la pianista, era stata il pianoforte di qualcun altro. Era stata pervasa così tanto da quello che stava suonando da non sentirsi nemmeno più una persona. Ophelia era scomparsa nella musica e, adesso che ci ripensava, aveva paura che non sarebbe stata capace di ritrovarsi la prossima volta che le sarebbe successo qualcosa del genere.
Alzò gli occhi verso il suo precettore: Mr Destler era seduto di fronte a lei, con le gambe elegantemente accavallate e il bicchiere di brandy nella mano destra. Ogni tanto ne beveva un sorso ma quello che stava davvero facendo era aspettarla, proprio come durante le loro lezioni di matematica o di musica, quando Ophelia sentiva quei penetranti occhi gialli scrutarla nell’attesa che scrivesse una domanda che lui già conosceva. Allora Ophelia prese il piccolo quaderno dalla tasca dell’abito e scrisse.
Cosa mi è successo mentre suonavo?
Avete percepito la Musica e vi siete abbandonata ad essa.”
Ophelia riprese il taccuino in mano e rimase a fissare una pagina bianca aperta sulle ginocchia. Quindi quella era l’entità che l’aveva pervasa fino al punto di annullarla? Fino al punto di renderla un burattino? La stessa musica l’aveva spaventata a morte la prima volta che aveva sentito Mr Destler suonare, solo il ricordo bastava per farle tremare le mani.
Devo avere paura?
Il vento era diventato tempesta e grosse gocce d’acqua picchiettavano sulle finestre rimbombando nella biblioteca, adesso il vento ululava nel camino attorcigliando le fiamme su loro stesse, tra uno schiocco di lega e l’altro. Anche in quel silenzio apparente c’era Musica, per coloro che sapevano ascoltarla. Senza rispondere si alzò dal divano e spostò una delle pesanti tende di velluto rosso per amplificare il rumore della pioggia poi fece qualche passo verso il centro della stanza e tese la mano destra verso Ophelia perché lo raggiungesse. Quando aveva offerto la mano Christine, invitandola a oltrepassare lo specchio del camerino della Carlotta, lei si era lasciata condurre senza esitazione nel buio più profondo dell’Opéra mentre Ophelia aveva esitato anche solo per quei pochi passi, stringendo il quaderno al petto, prima di alzarsi dal divano a su volta.
Erik fece un passo di lato “Chiudete gli occhi.” Disse con voce ipnotica calando una mano sul viso della ragazza. “Ascoltate la pioggia cadere sulle finestre … sentite il suo ritmo irregolare.” lasciò il tempo ad Ophelia di concentrarsi sulla pioggia restando immobile al suo fianco “Adesso ascoltate la legna che scricchiola, ogni volta è una nota diversa.”
Ophelia aveva chiuso gli occhi e si era fatta guidare dalla voce suo Maestro. Si era prima concentrata sulla pioggia, ed in un certo senso fu come ascoltarla per la prima volta: ogni goccia era diversa dalle altre, l’una più piccola o più grande dell’altra, più forte o più debole nell’infrangersi sui vetri. Ad ognuna di loro poteva affibbiare una nota diversa. E poi c’era il fuoco, che adesso le sembrava quasi un accompagnamento sincopato. Non si poteva definire musica, non nel senso tradizionale del termine, ma in qualche modo la pioggia e i crepitii erano musicali.
“Adesso ascoltate il vento che fischia nel camino, il suo canto.” Erik si interruppe ancora. Il taccuino, che Ophelia portava sempre con sé, era scivolato dalle dita cadendo lungo la gonna e per adagiarsi sul tappeto, ma lei era talmente concentrata sui suoni che la circondavano da non accorgersene. “Questa è la Musica. Lei è ovunque. Non dovete temerla. Lasciate che vi sussurri all’orecchio, abbandonatevi a lei senza paura perché non vi farà mai del male.” Per un momento gli sembrò di tornare nella sua Dimora e rivide Christine davanti ai suoi occhi. Si rivide cantarle della bellezza nascosta nell’oscurità e sfiorarla con il dorso della mano. Ricordò che la sua ex pupilla piegò la testa sulla sua mano e che i quel momento lui la credette sua per sempre. Proprio come la Musica lui non le avrebbe fatto mai del male. Ma così non fu e alla fine Christine aveva visto solo la sua oscurità, la sua Dimora era stata bruciata e davanti a lui c’era solo una ragazza che aveva spaventato già a sufficienza.
Ophelia riaprì lentamente gli occhi realizzando che la Musica di cui Mr Destler parlava sempre non era quella scritta sul pentagramma, quella era creata solo da semplici note. Questa era qualcosa di diverso, più profondo e intimo, qualcosa che riguardava la sua anima, per quanto blasfemo le potesse sembrare. Cercò il quaderno nella mano sinistra ma lo trovò sul tappeto, accanto alla gonna, allora Erik le offrì il proprio palmo.
Per voi è sempre così? 
 “Si.”
Com’è stato la prima volta che l’avete sentita?
Ero un bambino … stavo giocando con il pianoforte e mi sono semplicemente perso nella Musica. All’inizio credetti si trattasse di un sogno.” Era la prima volta che lo raccontava a qualcuno, nemmeno con il parroco che veniva ogni giorno per insegnargli la differenza tra bene e male ne aveva mai parlato. All’epoca era abbastanza intelligente da capire che se avesse provato a spiegare quella sensazione a qualcuno sarebbe stato sottoposto ad un esorcismo e non avrebbe più rivisto un pianoforte.
E quando avete capito che era reale siete rimasto deluso?
All’inizio … si. Ma poi ho capito che Lei ci sarebbe sempre stata. La Musica è tutto ciò che importa, è tutto ciò che resta.”
Ophelia sorrise brevemente. Quello che chiunque altro trovava in Dio, per Mr Detler era nella Musica. Vorreste suonare per me? La vostra musica se non vi dispiace.
Erik stentava a credere a quello che aveva letto. Proprio Ophelia che non riusciva a nascondere la paura quando si sedeva al pianoforte gli chiedeva di suonare una sua composizione! Dopo il modo in cui l’aveva spaventata si era convinto che avrebbe preferito ingoiare biglie piuttosto che stare immobile accanto al pianoforte mentre suonava nella speranza di riuscire a cantare un giorno o l’altro. “Solo se lo volete davvero.”  
La giovane annuì in risposta e Erik le porse la mano per accompagnarla nella sala da musica. Ophelia rimase ad ascoltarlo tutta la sera, non si allontanò nemmeno per andare a prendere lo scialle ed il taccuino dimenticati in biblioteca. Era come una bambina che aveva deciso di non avere più paura del buio. E, per quanto Erik ci potesse pensare, non trovava la ragione di un cambiamento tanto repentino. Ma, qualunque questa fosse, sarebbe bastata per fare abbandonare Ophelia alla Musica fino al punto di cantare per lui?
Quando Ophelia decise di ritararsi al piano di sopra ringraziò Mr Destler per il concerto privato prima di augurargli un buona notte. Ai piedi della scalinata, appoggiati su un tavolino rotondo, c’erano due candele e dei fiammiferi, ne accese una sapendo che l’altra sarebbe rimasta lì fino al giorno dopo e poi salì le scale. Aveva smesso di piovere e tutto sembrava immobile sotto qualche timido raggio di luna che sfidava le nuvole, anche Grainstar era diventata silenziosa. Arrivata in camera sua trovò il fuoco già acceso, non le restava che chiamare Anna ed aspettarla al tavolo da toiletta. Poi aspettò ancora: aspettò che la cameriera le sciogliesse l’acconciatura e le slacciasse l’abito, che tornasse con una tazza di camomilla e che le augurasse la buona notte. Solo quando fu sicura che la cameriera stesse scendendo le scale si alzò dal letto per dirigersi al segreter e prendere Il Fantasma Sanguinario da uno dei cassetti.
L’uomo di quel racconto era un mostro, non aveva dubbi e non le serviva sfogliare le raccapriccianti illustrazioni per ricordarlo. Non era il suo aspetto a renderlo tale ma il modo con cui trattava gli altri: come fossero marionette aveva preteso di controllarne ogni gesto e aveva ucciso, o aveva minacciato di farlo, per ottenere quello che voleva. Per quanto angelica potesse essere la sua voce, nel suo cuore non c’era spazio per il rimorso e l’empatia.
Ma quell’uomo e Mr Destler non erano la stessa persona: il suo precettore aveva una morale che forse era assolutamente personale, ma era definibile tale. La Musica era per lui quello che per altri uomini era la fede o la scienza. Per Lei aveva respinto le dimissioni di Coyle. Sempre per la Musica aveva accettato di farle da precettore: non era per il salario o per dimostrare che avrebbe riuscito dove altri avevano fallito, ma perché aveva sentito che in lei c’era la Musica. Per Lei le insegnava tutto quello che lui aveva appreso da solo. E non erano questi gesti di sincero altruismo?
Tutti abbiamo dei capitoli delle nostre vite che non vorremo vedere pubblicati.
Non ho il diritto di giudicare nessuno e vi posso assicurare che se il vostro caro Duca desse importanza al passato altrui io non sarei qui.
Suo nonno lo sapeva?
Per quanto impossibile potesse sembrare, più ci pensava e più si convinceva che fosse proprio così.
Ophelia si alzò di scatto iniziando a camminare per la stanza cercando dell’aria che era venuta improvvisamente meno.Davvero suo nonno voleva sentirla parlare al punto tale da accogliere un assassino a Grainstar? Lasciarla sola con lui? Gli occhi di Ophelia si riempirono di lacrime mentre si copriva la bocca con le mani in un gesto istintivo. L’ultimo dei suoi medici, che era venuto appositamente dal Continente, le aveva messo dodici biglie in bocca e suo nonno era rimasto con loro fino a quando lei non ne ingoiò una, allora smise di fumare la pipa e trascinò quel professore tedesco fino alla porta tenendolo per il bavero della giacca. Non lo aveva mai visto così arrabbiato! Invece aveva acconsentito ad ogni richiesta di Mr Destler senza battere ciglio. Gli aveva perfino affidato la responsabilità sua e della tenuta mentre era assente. Di sicuro non lo avrebbe fatto se avesse ritenuto Mr Destler il mostro di cui aveva letto.
Magari in una vita passata il Fantasma dell’Ophera e Erik Destler erano stati una sola persona, ma se suo nonno non lo aveva giudicato per il suo passato non lo avrebbe fatto nemmeno lei. E poi non le sembrava giusto trattarlo in un modo diverso da come si era comportato con Coyle.
Ophelia si asciugò gli occhi, rimise il libro nello stesso cassetto da cui lo aveva preso ed infine richiuse il segreter. Lo avrebbe conservato come monito e un giorno, se avrebbe trovato abbastanza coraggio, avrebbe chiesto a Mr Destler come era arrivato a Grainstar.
   
 
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