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Autore: Vago    20/10/2017    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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Un leggero rosseggiare si levò alle spalle di Noir per illuminare la notte.
Il trentenne rallentò leggermente il suo passo per verificare quale fosse la fonte di quella luce. I suoi occhi, però, non riuscirono a superare i massicci muri in mattoni che limitavano la strada che stava percorrendo.
Il rossore arrivava dal molo.
Era possibile che uno dei lampioni che stavano accendendo avesse improvvisamente emesso una vampata.
La luce aumentò sempre più di intensità, ma Noir non rimase a guardarla.
Doveva portarsi alla porta nord della città.
Sapeva che gli abitanti dell’Oasi si erano trasferiti al di sotto del Gorgo del Leviatano, quando lasciarono la sicurezza del lago sul lato orientale delle Terre.
Lo avessero riconosciuto anche nei paesi del Continente, poteva, come ultima spiaggia, cercare riparo nella Nuova Oasi, se solo fosse riuscito a raggiungerla, sotto i flutti di quell’imponente mulinello.
Il suo passo accelerò quando, dalle case, i primi gruppi di uomini cominciarono a riversarsi nella strada, attratti dal rossore come falene.
Non voleva rimanere in mezzo alla calca.
Rimase attaccato ai muri delle abitazioni che costeggiavano il lato destro della via, tenendo la testa ben incassata tra le spalle e lo sguardo basso, evitando con gran cura tutti i coni di luce che i lampioni proiettavano.
Delle risate sguaiate risuonarono sul lato opposto della strada, provenienti da un tavolino posto appena fuori la porta di un locale ancora aperto a cui erano sedute tre imponenti figure.
Noir riconobbe il profilo di una di queste, o almeno così gli parve. Era quasi certo che uno di loro fosse nel gruppo di marinai che aveva visto a Derout la notte in cui era salito sulla nave.
Proseguì per il suo percorso, fermandosi solamente quando, di fronte a lui, si aprì una larga piazza nella quale piccoli e sparuti gruppi di persone ancora si muovevano nonostante l’ora tarda.
Lì sarebbe stato esposto a chiunque.
Non poteva e non doveva farsi riconoscere.
Chinò la schiena, premendosi contro le mura che gli stavano a fianco e allungando il passo per lasciarsi alle spalle quel posto il prima possibile.
Le lampade appese alle pareti intonacate proiettavano i loro coni di luce verso il centro deserto della piazza, permettendogli di passare nelle zone d’ombra senza mai venire illuminato.
Proseguì veloce, senza curarsi delle persone che gli stavano intorno, delle finestre buie e di quelle illuminate delle locande.
Un movimento veloce alle sue spalle lo fece sussultare.
Un uomo lo stava puntando, camminando rapidamente nella sua direzione.
Noir a sua volta accelerò, cercando di seminarlo, ma sembrava non riuscire a prendere terreno sul suo inseguitore.
Raggiunse la continuazione della via principale che conduceva verso nord, imboccandola.
Alle sue spalle, ancora, l’uomo che lo inseguiva non si era arreso, anzi, continuava a far ridurre la distanza tra di loro senza nemmeno dover correre.
Noir sentì il sangue dentro le sue vene ribollire incontrollato, eccitato da qualcosa, come poche ore prima nella stiva della nave.
Il trentenne accelerò ancora, cercando di attirare troppo l’attenzione dei pochi passanti su di sé mentre il suo sguardo cercava disperatamente una via di fuga.
Una nuova scarica di energia gli percorse il corpo.
Noir sentì chiaramente i capillari all’interno dei suoi occhi scoppiare, facendo rovesciare il loro scuro contenuto all’interno della bianca sclera.
In un disperato tentativo di fuggire il trentenne svoltò in un vicolo a destra, rinunciando, almeno momentaneamente, alla sua meta.
Si insinuò poi in un viuzza sulla sinistra, appena questa gli si presentò davanti.
Proseguì quasi correndo tra quelle strette e sporche pareti, avvertendo dietro di sé i passi del suo inseguitore.
Svoltò a destra, dietro una cassa abbandonata a sé stessa su cui un gatto randagio miagolava agli uomini che avevano invaso il suo territorio, per poi svoltare nuovamente a destra.
Un muro gli comparve davanti, per occludergli la via.
Noir si voltò, disperato, cercando un’altra via per fuggire.
In quel momento, dall’imbocco di quel vicolo cieco comparve nell’oscurità la sagoma di un uomo curvo, ansante.
Una mano era premuta sul suo ventre, mentre l’altra, libera da vincoli, pendeva lungo il suo fianco, impugnando qualcosa.
La figura si avvicinò ulteriormente, trascinando i piedi sulla melma che ricopriva il suolo. I capelli ricci gli ricadevano sulla fronte, così chiari da sembrar risplendere alla luce della luna.
Noir avvertì un’altra scarica attraversagli gli arti. Ogni fibra del suo corpo sembrava attratta da quell’uomo che gli stava davanti, dal sangue che sentiva che stava perdendo dal ventre.
Si trattenne, tremante. Non poteva avvicinarsi al suo inseguitore.
L’uomo dai capelli chiari sorrise pericoloso, come una serpe, portandosi di un faticoso passo più vicino alla sua preda.
Il suo braccio destro si alzò in direzione del petto di Noir, puntando verso di questo la lama che teneva stretta in mano.
- Non so come riesci a farmi questo, ma questa notte smetterai di fare qualsiasi cosa. Non potevi sfuggirmi per sempre. – disse minaccioso l’inseguitore dagli abiti eleganti, ansimando.
Noir provò un brivido di terrore. Sentiva che quell’essere non era umano, il suo sangue era tanto attratto da lui quanto spaventato. Poteva essere lui l’essere che la sua maledizione poteva non essere in grado di uccidere.
- Davvero, non so di cosa tu stia parlando. – tentò di dire il trentenne alzando le mani davanti a sé - Ti prego, se ci tieni alla tua vita ti conviene andartene di qui. –
La sua voce non riusciva ad essere minacciosa. Gli tremava e, nonostante tentasse con tutte le sue forze di calmarsi, il suo cuore sembrava non essere intenzionato a diminuire il numero di battiti.
L’uomo si fece ancora avanti, per poi fermarsi di scatto per piegarsi in avanti in un gesto di dolore.
- Ehi, tu. – Una voce leggera provenne da sopra il muro che impediva a Noir di scappare.
L’inseguitore si rimise in piedi. A giudicare dal suo sguardo non doveva aver sentito la voce.
Il trentenne si voltò per un secondo, cercando la fonte di quelle parole.
Il viso innaturalmente bianco di un uomo si intravedeva appena da sopra il termine di quel vicolo.
- Sei quello che stanno cercando nelle Terre? –
Noir annuì d’impulso, incurante delle conseguenze di quell’affermazione.
- Chiudi gli occhi, ti aiuto io a scappare. –
Il trentenne fece appena in tempo ad ubbidire a quel comando che, dalla posizione dell’uomo che gli aveva parlato venne sprigionata una luce accecante, che illuminò il vicolo e il cielo soprastante con l’intensità di decine di soli.
- Vieni! –
Noir vide davanti a sé una mano protendersi verso di lui come un’ancora di salvezza.
La prese saldamente, issandosi sui tetti che circondavano quel vicolo che sarebbe potuta essere la sua tomba.
- Non rimarrà accecato ancora per molto. Seguimi! –
La figura scura si calò dal lato opposto del muro, scivolando all’interno di un ingresso dalla porta aperta.
Il trentenne lo seguì, entrando anch’egli nel piccolo locale dal soffitto invaso da decine di ragnatele.
La figura portò un dito all’altezza del taglio che doveva essere la sua bocca, rimanendo immobile per diverso tempo in quella posizione.
Noir non osò parlare, fissava il volto del suo salvatore, o, meglio, la maschera che copriva il suo volto.
Gli occhi erano due strette V rovesciate, dietro le quali non si riuscivano neppure ad intravedere le iridi del suo possessore. La bocca, a sua volta, era un taglio sorridente, stretto, ma non per questo la voce che giungeva da dietro di essa sembrava venire ovattata.
Lentamente, l’uomo mascherato abbassò l’indice dal suo volto, assumendo una posizione più rilassata.
- Ti devo ringraziare… senza il tuo intervento non so cosa sarebbe potuto succedere poco fa. –
- L’ho fatto per sdebitarmi con te… per l’aiuto che mi hai offerto. –
- Aiuto? – Noir aggrottò la fronte, cercando di capire a cosa si riferisse la maschera che aveva davanti.
- Sull’Ala di Albatros. Stavo dando la caccia a quell’uomo da diverso tempo, tu l’hai ucciso per me. –
La maschera alzò la mano sinistra all’altezza del petto. La sua pelle cominciò a emanare una flebile luce azzurra, appena sufficiente per illuminare l’ambiente intorno ai due.
- Come fai a sapere chi sono? – chiese seccamente Noir dopo un attimo di pausa, alzando il capo – Se un cacciatore di taglie? –
- No. Non utilizzo le mie capacità per un compito così basso. –
- Come fai a sapere allora chi sono? –
- Ti conosco per fama. Comunque, Noir, non ti ho salvato per farmi due chiacchiere con te. –
- Cosa vuoi davvero? –
- Ho bisogno del tuo potere per un lavoro. –
- No. No, mi dispiace ma non ho intenzione di farmi coinvolgere in nulla. Sono venuto qui per scomparire ed è quello che cercherò di fare. –
Noir tornò a dirigersi vero l’esterno, soffermandosi sull’uscio per controllare che il suo inseguitore non fosse nei dintorni per tornare a braccarlo.
- Vuoi davvero uscire là fuori con quell’uomo pronto a darti la caccia? Hai visto di cosa è capace, no? –
Il trentenne si voltò di scatto verso la maschera.
- Cosa sai di lui? Chi è? –
- Non so molto a riguardo. Ma quel tatuaggio che porta sul viso continua a ripresentarsi in giro per le Terre e, evidentemente, anche qui. Ho viaggiato molto, ho parlato con molte persone e, sempre, in tutti i paesi ci sono vecchi che affermano di aver visto giovani umani o elfi con quel tatuaggio. –
- Fa parte di un’organizzazione? –
- Forse, non lo so con precisione. La mia unica certezza è che quel tatuaggio non porta mai buone notizie. –
Il salvatore si portò una mano all’altezza della maschera, sfiorandola.
- Chi sei? Tu mi conosci, ma io non so nulla di te. Se vuoi davvero il mio aiuto, voglio almeno conoscere il tuo nome. –
L’uomo mascherato sospirò, scuotendo le spalle. Strinse la superficie grigia dell’oggetto che gli copriva il volto e se lo sfilò dal capo.
Sotto la maschera comparvero due occhi neri come frammenti d’ossidiana, incastonati su un viso arrossato dal sole.
- Tu… tu eri su quella nave. Ti ho visto mentre ti imbarcavi. Sei quello con l’ustione sulla gamba. – disse Noir, puntando il proprio indice contro il suo interlocutore.
- Il mio nome è Razer Donier. –
- Cosa vuoi da me, Razer? Cosa vuoi davvero dalla mia maledizione? –
- Hai mai ucciso, Noir? Oltre alla scorsa notte, intendo. Su di te aleggiano molte storie, ma dubito che gli uffici del Giudice Maggiore possano essere una fonte attendibile. Forse sono ancor meno attendibili dei pochi girovaghi che osano parlare della traccia che ti porti dietro e della taglia che pende attorno al tuo collo. –
- Ho ucciso per necessità. Non l’ho mai fatto per piacere. –
- Noir. – riprese ancora l’uomo dagli occhi duri che gli stava di fronte – Sono anni che viaggio perché ho un compito. Guardati attorno, cosa vedi? Umani, elfi, gente che vive la propria vita. Ma non tutti loro sono ciò che sembrano. Tra di loro ci sono dei mostri, mostri che non si pongono problemi nello strapparti via ciò che hai di più caro o marchiarti a vita con il fuoco. Ho passato buona parte della mia vita viaggiando per imparare a riconoscerli, mi sono allenato in ogni singola arte che potesse tornarmi utile contro di loro ed ora, Noir, dopo tanti tentativi ho capito che ho bisogno di te per ripulire il mondo velocemente da quei mostri. Ti prego, quindi, di seguirmi, almeno qui sul Continente. Se mi aiuterai a purificare una città caduta in mano a quelle creature, ti prometto che ti porterò in un luogo in cui potrai vivere senza temere che qualcuno ti scacci. –
- Perché dovresti volere qualcosa da me? La mia maledizione potrebbe ucciderti in ogni momento e, ti assicuro, la cosa non mi toccherebbe. –
- Sei un ricercato, ogni persona con cui parli, per te, è un potenziale nemico. Io ti chiedo di collaborare per un paio di giorni soltanto. Un paio di giorni, in cambio del resto della tua vita. –
- Cosa mi assicura che non mi venderai al governo? O a quell’uomo che mi stava inseguendo? –
- Ti assicuro che dopo quello che faremo non avrò intenzione di avvicinarmi a Gerala. –
Noir sospirò, arretrando in direzione del centro della stanza illuminata dalla luce azzurra dell’uomo che lo aveva salvato.
Avrebbe preferito non farsi coinvolgere in questioni che non lo riguardassero.
Voleva soltanto scomparire dalla faccia del mondo.
Non sapeva nemmeno se poteva davvero fidarsi di quell’uomo che gli stava davanti, soprattutto perché sembrava conoscerlo.
Lo aveva salvato, certo. Ma poteva essere complice dell’uomo da cui era sfuggito.
Cosa sarebbe successo se avesse rifiutato quell’offerta? Quell’invasato poteva rivelarsi pericoloso?
Quel lavoro che gli stava proponendo, sarebbe stato davvero così tanto orribile. Quelle creature di cui aveva parlato, chi erano? E cosa intendeva con purificare una città caduta in mano loro?
Probabilmente si sarebbe pentito della decisione che stava per prendere, ma la possibilità di avere un luogo sicuro dove vivere era troppo allettante.
Se le cose si fossero messe male, poi, la sua maledizione lo avrebbe sicuramente protetto. Dopotutto quello che gli stava davanti era solo un uomo.
- Va bene, per il momento. Ma voglio saperne di più, su tutto quanto. –
Razer sorrise soddisfatto, tornando a nascondere il proprio viso sotto la maschera grigia.
- Ogni cosa a suo tempo. Quell’uomo non lascerà velocemente la presa, dobbiamo prima di tutto lasciare questa città, ma non questa notte. -




Angolo dell'Autore:

Ho molte cose da dirvi, già dalla settimana scorsa, in realtà. Mi sono trattenuto fino ad adesso solamente perchè non mi piace mettere il naso in un capitolo dove è il Viandante a  tenere le redini della storia.

Ma prima le cose importanti: I miei più sinceri ringraziamenti a OldKey, la ragazza imperfetta e whitesky, che mi accompagnano da tempo immemore, mi vien da dire, in questo lungo viaggio. Grazie, poi, a voi tutti per seguirmi.

Cosa posso dirvi, oggi? Ho troppe cose da raccontare, ma ci sarà tempo per far tutto, in futuro.
Per ora, mi limiterò a qualche appunto sul capitolo e un paio di informazioni sul come mai i prossimi capitoli potrebbero arrivare con un po' di ritardo.

Innanzi tutto, che ne dite del nome che ho scelto per il nostro assassino? Per la maschera demoniaca che ha messo a ferro e fuoco le principali città delle Terre?
Scoprirete ancora parecchie cose su di lui, o magari le ricorderete. Tra l'altro, la convivenza forzata tra Noir e l'assassino svelerà alcuni dettagli sulle loro identità che, altrimenti, non avreste mai scoperto.

Riguardo al mio... lavoro, chimiamolo così. In queste settimane mi trovo a dover produrre quattro "capitoli" quasi in contemporanea.
Quattro?
Si, avete capito bene.
Quello per questa storia, quello per Corsa contro la fine e quali altri?
Riprenderò a breve la campagna di D&D che ho masterato fino alla primavera appena passata e, quantomeno per i primi tempi, dovrò dedicare un po' delle mie attenzioni alle ambientazioni e ai personaggi con cui i miei giocatori dovranno avere a che fare.
Il quarto "capitolo" a cui sto lavorando è qualcosa di più serio. Qualcuno di voi saprà che sto studiando ingegneria, vi dico ora per la prima volta che il mio corso è "Cinema e Mezzi di Comunicazione", ebbene, assieme a un piccolo gruppo dovrò girare un cortometraggio del quale sto contribuendo a scrivere la sceneggiatura. Nulla di impegnativo sul lungo tempo, ma in queste settimane dovrò dare un po' di attenzioni anche a lui.

Ebbene, grazie a tutti, ancora.
Ci vediamo la settimana prossima!
Vago
   
 
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