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Autore: iamnotgoodwithnames    20/10/2017    1 recensioni
“...io me ne sarei tornato in Ucraina”
È una battuta, Bob ride dall’altro capo del telefono, ma per Mickey è una soluzione, una dannatissima follia, comunque migliore di vagare per il Messico e poi più lontano fugge e meno dovrà preoccuparsi della polizia che, sicuramente, starà continuando a cercarlo
“da chi?”
[...]
Tre anni dopo gli avvenimenti della settima stagione le vite dei Gallagher sono andate avanti, Carl ancora interessato ad entrare in polizia, Frank distrutto dal lutto per la perdita di Monica, Lip intenzionato a non diventare come il padre, Fiona completamente assorbita dal lavoro, Debbie alle prese con la crescita della figlia, Liam curioso bambino impegnato negli studi ed Ian, intento a riprendere in mano il proprio futuro e dimenticare, per sempre, definitivamente, quel ragazzo del South Side che ha visto svanire oltre il confine messicano. Ma le loro non sono le uniche vite ad essere cambiate, come i Gallagher anche i Milkcovich sono andati avanti : Mandy lontana da Chicago, Iggy ancora immischiato nella criminalità da ghetto e Mickey, fuggito lontano; così lontano da scoprire una vita nuova, forse persino migliore di quella a cui si era rassegnato.
Un lato diverso, nuovi Milkovich all'orizzonte; siete pronti a conoscerli?
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yevgeny Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Chapter Two :
A Way Out

(3 ANNI PRIMA) 

Saltillo, Stato del Coahuila, 
Messico 

Fa caldo, terribilmente, asfissiantemente, caldo.
Chiuso nella spoglia camera, solo in un letto matrimoniale mal ridotto, il pavimento in mattonelle scheggiate, un televisore vecchio di secoli, la metà dei canali neppure si vedono, un soffitto ammuffito ed un bagno, con una gora d’acqua stantia alla base della doccia arrugginita, non funziona bene neppure lo scarico del gabinetto in quella topaia d’albergo in cui Mickey, per pochi pesos messicani,  si è rifugiato una settimana fa.

Ha controllato il telegiornale regionale, lo spagnolo ancora non lo capisce, ma non ha bisogno di leggere le scritte gli basta che la sua faccia non compaia in bella vista su quel dannato schermo e, per ora, nessuno ne ha parlato; magari gli è ancora rimasta un po’ di fortuna dopo tutto.
La parte difficile, però, arriva ora.

Quel fottuto pazzo di un messicano che ha lasciato in un autogrill texano aveva tutti i contatti che gli servivano, ma quando Mickey ha capito che avrebbe rischiato di farli arrestare e rispedirli dritti in carcere non ha neppure pensato al Messico; lo ha scaricato per la sopravvivenza.
Non poteva certo rischiare di tornarsene dietro le sbarre, né tanto meno poteva permettere che Ian venisse trascinato a fondo insieme a lui, egoisticamente è per loro che lo ha fatto.

Perché Mickey credeva davvero che Ian l’avrebbe seguito, sino oltre il confine, pensava davvero che avrebbero vissuto in Messico, magari vicino alla spiaggia, avrebbero visto il mare e bevuto tequila fino a svenire, se l’era creato così fottutamente bene quel futuro idilliaco che, alla fine, c’è rimasto incastrato dentro; schiacciato come un insetto.


“non sono più quella persona”


Avrebbe dovuto capirlo, avrebbe dovuto intuirlo, davvero credeva che Ian sarebbe fuggito oltre il confine, lasciandosi la famiglia, il lavoro, la vita che si era costruito alle spalle?
Credeva davvero che Ian sarebbe rimasto con lui, fino alla fine?
A fare cosa, a vivere di senti, di truffe ed inganni, con l’ansia di dover restare sempre all’erta, la borsa costantemente preparata per scappare da un posto all’altro?
Come poteva aver anche soltanto pensato che tutto questo, un futuro incerto ed instabile, potesse rendere Ian felice?
Non è come lui, dannazione non è come Mickey, un avanzo di galera, rifiuto del South Side, Mickey che non si lascia nulla alle spalle, che una vita migliore non l’ha mai avuta, non ha neppure possibilità d’averne; Ian è sempre stato la parte migliore di tutto.

E l’ha capito Mickey, lì, sul confine con il Messico, in quegli occhi verdi, in quell’ultimo bacio, un muto addio, doveva lasciarlo, dovevano abbandonarsi per sempre; il loro tempo era finito.
Si è fatto forza, si è detto che infondo non era davvero fuggito da un carcere solo perché non sopportava l’idea di vivere senza il rosso, si è detto che lo aveva fatto per se stesso, perché era un Milkovich, una testa di cazzo senza futuro, e l’ha lasciato lì; piantato su suolo Statunitense.

Infondo non gli importava un cazzo della propria vita, di quel che avrebbe fatto superato il confine, avrebbe trovato un modo per continuare a sopravvivere, ma della vita di Ian, del futuro migliore che quel rosso soltanto tra loro poteva avere, gli importava, gli importava davvero, così tanto da far male; l’ha lasciato andare verso quella felicità che meritava, una felicità che lui non poteva dargli che, forse, Mickey non era mai stato in grado di donargli davvero.

Non si è voltato indietro, ha schiacciato l’acceleratore oltrepassando la sbarra ed ha guidato, per ore, giorni, ha guidato senza sapere dove andare.

Ha guidato e guidato, annegando i pensieri nella tequila, intossicandoli di nicotina, azzittendoli alzando la musica alla radio, ha guidato e guidato finché non si è detto che i sedili erano troppo scomodi per dormire e che quei soldi, infondo, non poteva lasciarli marcire sotto il sole cocente che illuminava il parabrezza.

Li ha cambiati, legalmente, strano a dirsi, in una banca d’un paese di provincia, non c’è stato neppure bisogno d’usare il documento falso, ha preso i pesos e si è diretto nel primo albergo che ha trovato ed ora eccolo qui, a fissare un soffitto ammuffito.

È in Messico da un mese, ormai, ma ha ancora abbastanza soldi, infondo non gli servono a molto, mangia poco e beve birra scadente e le sigarette non costano troppo, ma sa che dovrà trovarsi degli agganci, qualche conoscenza utile, se vuole continuare a sopravvivere.
Ha due possibilità : tentare con un lavoro onesto oppure darsi alla criminalità.

A pensarci bene Mickey di lavori onesti non ne ha mai avuti, non sa neppure se è in grado di svolgerne, che cazzo potrebbe fare? Il barista in qualche squallido pub, il cassiere in un merdoso negozio d’alimentari?
E poi, insomma si è visto allo specchio, anche se radesse la barba incolta e si aggiustasse i capelli, la sua resterebbe comunque una faccia che grida avanzo di galera; chi mai lo assumerebbe?
E, come se non bastasse, per quanto ben fatta sia, la sua falsa carta d’identità preferirebbe non doverla mostrare troppo in giro ed è quasi certo che, in ogni colloquio, vorrebbero controllarla; soprattutto di un immigrato come lui.
Infondo dovrà pure sembrare un po’ sospetto, per un messicano qualsiasi, che un americano abbia scelto di andare a vivere nell’unica nazione che, invece, preferisce fuggire altrove piuttosto che restare dov’è.

Alla fine non è neppure una scelta troppo difficile, scontata persino, è Mickey fottuto Milkovich e nel crimine c’è cresciuto e ci morirà; la sua vita di merda non cambierà mai.


“fanculo”


Sibila tra i denti, allungando il braccio al comodino affianco al letto, afferrando il cellulare prepagato, usa e getta, assolutamente sicuro, che si è comprato qualche giorno fa.
Di preciso il perché non è certo di conoscerlo e, forse, non vuole neppure saperlo; voleva chiamare qualcuno, voleva sentire una voce familiare, qualsiasi persona che non fosse l’eco dei suoi pensieri.
Eppure poi non è riuscito a farlo, chi cazzo poteva chiamare?
Non aveva più nessuno a cui importasse ancora qualcosa di lui, se fosse vivo o morto, se stesse bene o se fosse in pericolo.

Forse, si disse per giorni, Mandy.
No, ovunque fosse quella piccola stronza che aveva deciso di lasciare il South Side, non voleva rischiare di rovinarle la giornata, qualsiasi cosa stesse facendo, e di certo non voleva rischiare di coinvolgerla in tutta quest’assurda faccenda; cazzo ci teneva a quella stronza di sua sorella. 

Magari Iggy, quel testa di cazzo costantemente strafatto, poteva chiamare lui, di certo non si sarebbe stupito di saperlo oltre il confine statunitense, né tanto meno gli avrebbe ricordato di essere stato un perfetto idiota a fuggire dal carcere, si sarebbe preoccupato un po’ per lui, in quel modo goffo che aveva sin da quando erano bambini, e gli avrebbe augurato buona fortuna; poteva chiamare lui, se soltanto quella testa di cazzo di suo fratello non fosse finito in carcere tre settimane dopo di lui.

Glielo aveva detto Svetlana.
Un giorno si presentò in prigione, non la vedeva da un po’, gli disse che doveva firmare le carte per il divorzio e che non aveva più bisogno dei soldi, che si sarebbe sposata con Veronica e che, a tempo debito, sarebbe diventata la nuova proprietaria dell’Alibi; Mickey non fiatò, firmò le carte e non la rivide mai più.
Poteva chiamare lei, infondo di cose da chiederle ne avrebbe avute, chissà se la lettera che gli aveva scritto, c’aveva impiegato ore e giorni per riuscire a scrivere qualcosa di vagamente decente, quella lettera che un giorno avrebbe dovuto far leggere a suo figlio, le era arrivata?
Avrebbe potuto chiamarla, chiederglielo, sentire la voce di Yevgeny, salutare anche lui come non aveva avuto il coraggio di fare e, magari, farsi aiutare da Svetlana; ma non poteva metterli in mezzo in quel casino, no doveva cavarsela da solo come sempre.

Per giorni quel telefono prepagato restò lì, sul mobile malridotto di quella squallida camera d’albergo, inutilizzato; forse, si dice Mickey, qualcuno da chiamare alla fine l’ha trovato.
Se considera che non ha nessun contatto utile, che non sa come potrà crearsene, forse l’unica soluzione porta il nome di Bob, o meglio Bohdanko, Milkovich; quel figlio di puttana di suo zio, quello che vive nell'Indiana, che, con molte probabilità, avrà qualche aggancio pure in Messico.
Digita frettolosamente il numero, pregando un Dio a cui non è mai fregato nulla di lui e a cui neppure crede, di aver composto quello giusto ed attende una manciata di minuti


“chi cazzo è?”


Quanta gentilezza, ghigna Mickey grattandosi il sopracciglio con l’indice


“ehi testa di cazzo, come te la passi?”

“chi cazzo sei?”



Bob non ha mai brillato d’acume, è incredibile che non sia ancora finito in carcere a vita


“cazzo, sei ancora un coglione – ironizza Mickey, afferrando il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni – il figlio di quello stronzo di Terry, quello che trafficava la merda di cocaina che ci passavi”

“Iggy?”

“no cazzo, l’altro”

“oh – sembra cogliere Bob – non stai al gabbio?”

“stavo – lo corregge il corvino, non seguono i telegiornali? Diamine sarà stato sui notiziari di tutta la nazione per giorni – mi servono dei fottutissimi contati, chi cazzo conosci in Messico?”


Una risata gracchiata, smorzata da un colpo di tosse secca, sopraggiunge dall’altro lato della cornetta e Mickey capisce di aver sprecato una telefonata


“un cazzo di nessuno – come immaginava, tutto inutile – che cazzo ci fai in quella merda di nazione?”

“in che altro fottuto posto di merda potevo andare?”


Sputa Mickey, soffiando nicotina, che cazzo doveva fare? Il Messico era la nazione più vicina e poi non c’è l’estradizione o sì? Merda, non c’aveva pensato prima.


“e che cazzo ne so, io me ne sarei tornato in Ucraina”


È una battuta, Bob ride dall’altro capo del telefono, ma per Mickey è una soluzione, una dannatissima follia, comunque migliore di vagare per il Messico inoltre più lontano fugge e meno dovrà preoccuparsi della polizia che, sicuramente, starà continuando a cercarlo


“da chi?”


Non sa neppure se suo zio lo stia ancora ascoltando o se, invece, abbia chiuso la conversazione senza aggiungere altro, ma dall’altro capo della cornetta sente distintamente il suono di una lattina di birra aprirsi


“da quella stronza di tua nonna – soffia, c’è odio nella voce di Bob – vecchia puttana inutile, comunque meglio del merdoso Messico”

“è viva? Dove cazzo sta?”

“quella troia non l'ammazza manco la cazzo di morte, l’ultima volta stava a Troieshchyna – Mickey si memorizza l’informazione – ma dubito che la puttana si sia mossa, è il suo fottuto territorio”


Bob sghignazza cinico, tossicchiando i residui di anni di nicotina ed eccessi alcolici


“quella testa di cazzo di Terry non t’ha mai detto un cazzo, vero? Senti fa quel cazzo che ti pare, ma se fossi in te metterei il culo su un fottuto aereo e andrei da quella troia di tua nonna, Natalija Milkovich è l’unica stronza con sto nome”

“che cazzo le dovrei dire?”

“il cazzo che ti pare, pure che sei figlio di quel cretino di Terry, se c’hai fortuna non ti rispedirà qui – ride Bob, come se fosse dannatamente divertente, un gioco su cui scherzare – fossi in te partirei subito, il Messico è una merda che puzza di formaggio e negri”


Il simpatico razzismo di Bob, sbuffa Mickey, mordicchiandosi il labbro inferiore, che poi dove l’avrà visti tutti questi neri in Messico?


“fanculo – soffia poi, gettando la sigaretta in una vecchia lattina di birra – se ne parli con qualcuno giuro che trovo il modo di ucciderti, intesi?”

“cristo santo, sta calmo ragazzino – ridacchia indifferente Bob – quelle merde di federali non s’azzardano a mettere piede in casa mia e quegli stronzi dei tuoi fratelli non so manco che cazzo di fine hanno fatto”

“bene”

“oh almeno l’ucraino quella testa di cazzo di Terry te l’ha insegnato, sì?”


Urlargli contro mentre lo picchiava sino a farlo svenire quand’era appena un bambino è considerabile insegnamento?


“qualcosa – eclissa rapido Mickey, strofinandosi la punta del naso all’indice – Troieshchyna?”

“sì, la merdosa Kiev”


Dice soltanto Bob, senza aspettarsi un grazie, senza attendere un ciao, riagganciando la conversazione.
E Mickey continua a ripetersi quel nome, Natalija Milkovich, non sa quasi nulla di lei, insomma sapeva che esisteva, che era da qualche parte in Ucraina, che Terry non voleva parlarne e che ogni volta che la madre osava nominarla erano pugni e calci; il motivo Mickey non l’ha mai saputo e non glie mai interessato.

Inspira, accendendosi una seconda sigaretta, è già in una situazione di merda, sperduto in Messico, solo come non mai, senza agganci e ricercato da ogni singola forza dell’ordine statunitense; che cazzo potrebbe andare peggio se provasse davvero a volare in Ucraina?
Al massimo finirebbe in carcere, nuovamente, ma del resto non è più neppure certo di avere un motivo, uno valido, per restarne fuori.

Si solleva dal letto pigramente, strofinandosi gli occhi al palmo delle mani, una nube di nicotina ne avvolge il volto, soffia via l’aspro odore dicendosi che, infondo, Bob ha ragione : tutto sarebbe meglio del merdoso Messico. 


 

 
Salve, 
innanzitutto grazie a tutti i silenziosi lettori e a coloro che hanno già aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate; grazie per la fiducia e l'interesse. 

Ho cercato di immaginare come potesse essere proseguita la storia di Mickey in Messico, ma sinceramente non sono proprio riuscita a vederlo bene lì così è entrato in scena uno zio (un po' un OC e un po' no) ed ho provato a spiegare il processo che a portato Mickey a volare per l'Ucraina; spero possa essere comprensibile e che non vi abbia annoiato. 

Sempre nel caso siate curiosi di sapere che aspetto ha la nonna ucraina vi lascio il presta volto :

Natalija Milkovich (anni 69) : http://assets.hlntv.com/uploads/v1/file/minimagick20151208313ut7rm_original_proportions.gif 


Grazie ancora, 
​alla prossima e, come al solito, critirche e consigli sono sempre ben graditi. 
 
   
 
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