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Autore: Sospiri_amore    20/10/2017    0 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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OGGI:
Riconoscere un amore





La cosa migliore che succede quando fai pace con un'amica che non vedi da tempo è conoscere i suoi amici. Se per la legge dell'attrazione ti piace ciò che ti assomiglia, gli amici della tua vecchia amica, di conseguenza, ti piaceranno sicuramente.

 

Così è con Kate.

 

Adoro tutto di lei, mi piace come ragiona, vive e pensa. Mi piace la gente che frequenta e il suo modo di vedere il mondo. Su tutto questo, però, adoro una cosa in particolare che lei ama: Jane, la sua futura moglie.

Jane è una pasticciera di alto livello che collabora con diversi servizi di catering che lavorano per matrimoni, conferenze, ristoranti e feste private. Dire che è un'artista sarebbe riduttivo.

 

Creme vellutate.

Muffin opulenti.

Sculture di cioccolato.

Biscotti fragranti.

Frutta candita.

Impasti profumati.

 

Non saprei neanche fare un elenco di tutto quello che i miei occhi e le mie papille gustative hanno ammirato e assaggiato nel suo piccolo laboratorio. Una fucina di sapori, profumi e colori che sono un invito alla golosità e ai peccati di gola: il rosso delle ciliegie, il bianco della farina, il giallo dei limoni, il verde della menta, il marrone del cacao. 

Senza contare lo splendido arsenale di strumenti che sembrano armi pronte a cucinare il dolce perfetto.

 

Sono estasiata.

 

«Seb impazzirà quando vedrà tutto questo. Una cosa buona l'ha presa da me. I dolci, li ama come li amo io», dico a Jane mentre inzuppo un biscotto ripieno di marmellata alle fragole in una calda tazza di cioccolata e panna.

 

Jane ride. Gli occhi a mandorla della donna si chiudono in due fessure, il luccichio della luce bianca delle lampade si riflette sull'iride nera come la pece. Il sorriso ampio e sincero trasmette perfettamente quello che prova, il viso pulito e i gesti misurati mi mettono molta serenità. È come se la conoscessi da sempre.

 

«Dovresti assaggiare la sua cheese cake ai frutti di bosco. Giuro, non esiste niente di più buono al mondo». Kate immerge le dita in una ciotola piena di panna montata gustandola subito dopo con uno schiocco delle labbra.

«Ma l'altro giorno non avevi detto che i miei macarons al pistacchio erano la cosa più buona avessi mai assaggiato? Hai già cambiato idea?», chiede Jane a Kate roteando minacciosamente un cucchiaio di legno nella sua direzione.

«Se fosse per lei stai sicura che metterebbe il Ketchup su tutto. Una volta l'ha messo sui marshmallow e mi ha obbligato a mangiarli», dico con la bocca impastata di cioccolato e biscotti ritornando con la mente alla guerra di cibo fatta a casa sua a New Heaven.

 

Jane guarda Kate con la bocca aperta come se avessi appena offeso qualche divinità pagana dei dolci.

 

«Ero giovane e inesperta. Diciamo che ho provato a sperimentare gusti nuovi», prova a giustificarsi Kate mentre ridacchia. «Del resto quella era una situazione straordinaria, una specie di penitenza per il fatto che tu Elena ti fossi comportata da stupida». Kate mi lancia un lampone in testa che rimbalza dolcemente per poi cadere sul pavimento.

 

Jane fulmina con lo sguardo Kate che come un robot programmato scatta a pulire la piccola macchiolina rossa per terra.

 

«Io non vengo nel tuo studio a scattare foto, toccare luci o spostare fondali. Lo stesso devi fare tu. Detesto la sporcizia e il disordine quando cucino», dice Jane con fare autoritario.

«Scusa». Kate ha la stessa faccia di quando Hanna la sgridava da ragazzina per qualcosa, un misto tra un cane bastonato e una scimmietta pronta a combinarne un'altra.

 

Rido.

Quelle due insieme sono uno spasso.

 

«Se vuoi ti passo la ricetta dei marshmallow e Ketchup. Non sono male», dice Kate ironica.

Jane, di tutta risposta, da un pizzicotto a Kate che reagisce con una linguaccia per poi abbracciarla dandole un dolce bacio sulle labbra. I corpi, i gesti e i movimenti di entrambe paiono una danza. È come se fossero due parti di un intero.

 

Con discrezione abbasso lo sguardo concentrandomi sulle delizie che mi ritrovo davanti immergendo il cucchiaino nelle densa e corposa cioccolata e i pochi residui di panna rimasti. 

La complicità di Kate e Jane risveglia in me il desiderio di aver qualcuno al mio fianco. Credo sia normale, il paragone nasce spontaneo, soprattutto dopo che ci si trova di fronte all'amore, quello vero.

 

Con Nik le cose sono congelate.

Ci siamo sentiti diversi giorni fa, ma non si è sbloccato nulla siamo sempre fermi allo stesso punto. 

Troppo lavoro. 

Troppi pensieri. 

La costruzione dell'Hotel di Lucas pare stia causando più problemi del previsto, almeno così mi dice Caroline. A volte mi manda dei messaggi per farmi sapere come sta Nik, dice che dorme poco ed è molto nervoso.

Non voglio stressarlo più del dovuto, tra poco sarà Natale e voglio godermi questi giorni in tranquillità con la mia famiglia, poi si vedrà.

 

La cioccolata è finita. Delle sottili linee color marrone attraversano la ciotola in tutte le direzioni e nonostante con il cucchiaino cerchi di raccoglierle, non riesco nel mio intento.

 

«Vuoi che te ne faccia un'altra tazza?», mi chiede Jane.

«No. No. Tranquilla, rischio di ingrassare trenta chili se dovessi dare retta al mio stomaco. La prossima volta vengo con Sebastian così ci abbufferemo insieme», le dico mentre sento i pantaloni stringermi intorno alla vita. Ho mangiato decisamente troppo.«Dovresti aprire un locale tutto tuo, credo che faresti un mucchio di soldi».

 

Kate e Jane si guardano per qualche secondo.

L'atmosfera è leggermente più tesa di prima, non vorrei aver detto qualcosa che non dovevo dire.

 

«Hai ragione, ma ultimamente abbiamo avuto un po' di spese extra tra il matrimonio e la casa nuova. Dobbiamo solo aspettare ancora un pochino, poi Jane potrà avere i fondi per aprire il suo locale. Devo vendere il mio appartamento, sto finendo di pagare il mutuo del mio studio. Le cose non sono facili, si deve lottare per ottenere le cose e i soldi non crescono sugli alberi», dice Kate mentre avvicina a sé la sua compagna.

Jane, con le labbra tese, sorride forzatamente anche se leggo molta tristezza nei suoi occhi.

«Neanche in affitto trovi nulla?», chiedo ad entrambe.

Kate fa cenno di no con la testa.

«Gli affitti dei negozi o degli uffici in centro costano un capitale. A noi serve un locale attrezzato oppure a norma. Non è facile, ma ci stiamo lavorando. Per ora cucino dove mi chiamano, guadagno bene, ma come diceva Kate abbiamo molte spese da sostenere», dice Jane.

«Mi dispiace», dico con sincerità.

«Figurati Elena, si tratta solo di aspettare il momento giusto. Noi siamo brave ad aspettare... soprattutto io. Ho aspettato le tue scuse per quattordici anni, che vuoi che siano ore, giorni o mesi a confronto?». Kate prende un altro lampone e me lo tira facendolo rotolare sul tavolo in acciaio pieno delle mie briciole e gocce di cioccolata ormai raffreddata.

 

Kate scappa mentre Jane la rincorre, stanno ridendo come due bimbe ed io con loro.

 

«Adesso vado. Ho un po' di cose da fare per organizzare il pranzo di Natale prima di andare a prendere Sebastian a scuola. Quindi siamo d'accordo: Jane il dolce, Kate il vino ed io preparo l'arrosto. Papà e Tess si occupano degli antipasti insieme a Maggie, mentre Hanna e Roger portano la pasta al forno», dico mentre conto sulle dita le varie voci così da essere sicura di non dimenticare niente.

«Sì, ho già pensato a tutto. Resterete stupiti del dessert», dice Jane orgogliosa.

«In totale siamo in nove persone. Voi due. Papà, Tess e Maggie. Hanna e Roger. Sebastian ed io... ah, credo che verrà anche Mauro, un signore italiano che lavora vicino al mio ufficio. Non ha nessuno il giorno di Natale».

«Più siamo, meglio è!», dice Jane pimpante.

«Ma... Nik non viene?», mi chiede a Kate osservandomi con attenzione per cercare di capire la mia reazione.

«È molto impegnato», dico asciutta, «Ho voglia di stare in famiglia, per ora è la cosa più importante».

 

Esco dal piccolo laboratorio di Jane con ben chiaro in mente cosa devo fare. Tenermi occupata in questo periodo è la medicina migliore. Non ho voglia di pensare alle cose che non vanno. Ho voglia di costruire, fare, creare.

Mi sento come non mi sentivo da anni. 

Ho fiducia. Fiducia in me stessa, fiducia nelle persone che mi circondano. È come mi fossi liberata da un bozzolo opprimente, come se strati di polvere accumulati dentro al mio cuore avessero lasciato spazio a sangue ed energia nuova.

Le strade addobbate a festa mi mettono allegria, gli scampanellii dei negozi, l'odore del freddo e le facce infreddolite dei passanti mi fanno sentire viva. Viva e grata. Grata perché quello che ho, che ho avuto la possibilità di conoscere e avere di nuovo vicino, mi riempie e mi stimola. Ho desiderio di fare le cose per bene. 

 

Mi fermo in un negozio di casalinghi, devo comprare dei bicchieri di vetro, a casa li ho tutti spaiati. Ne scelgo dodici con un sottile bordo dorato che si abbinano benissimo a un servizio di piatti che ho comprato anni fa sperando, nell'inconscio, di poterli utilizzare con la mia famiglia. Un set di tovaglioli rossi con dei ricami oro, dei sottobicchieri in sughero, una brocca in cristallo e un piccolo centrotavola con agrifoglio sono i miei ultimi acquisti.

 

Piena di buste tintinnanti, pesanti e ingombranti mi dirigo verso la metropolitana, voglio passare da casa per appoggiare gli oggetti comprati prima di andare a prendere Sebastian a scuola. 

 

Le scale della Metro, con la copertura antiscivolo in plastica gialla, attutiscono i miei passi mentre cerco di darmi un ritmo provando a far sembrare il trasporto di tutte le cose meno scomodo.

 

Il mio treno arriverà tra dieci minuti.

Ho un po' di tempo, mi siedo su una panchina.

 

Con le mani che tamburellano sulla borsa e con i due grossi sacchetti appoggiati a terra tra le gambe, mi guardo intorno. Qualche persona telefona, un paio leggono il giornale, gli altri passeggiano avanti e indietro in attesa del treno.

 

Non so che fare.

Apro la borsa in cerca del cellulare, potrei controllare le mail intanto che aspetto.

 

Un foglio piegato attira la mia attenzione, da un lato c'è un disegno con Robot e navicelle spaziali di Sebastian dall'altro riconosco la mia calligrafia.

 

Sorrido malinconicamente.

 

Lo apro e lo leggo.

 

Cara mamma.

Eccomi qui anche quest'anno. Dall'ultima lettera sono cambiate molte cose, del resto come succede ogni anno da un bel po' di tempo a questa parte. La cosa buffa è che ogni volta che ti scrivo credo che le cose non potrebbero andare differentemente da come stanno andando eppure anche oggi mi ritrovo ad essere sorpresa di come la vita cambi le carte in tavola e stravolga tutto.

Ti ricordi la lettera di sei anni fa quando ti ho detto che sarebbe nato tuo nipote? Ti ricordi com'ero spaventata?  Allora pensavo che quel panico e quella paura non se ne sarebbero mai andati, eppure, adesso eccomi qui. Diversa, ma uguale. Uguale, ma diversa.

 

I sentimenti mutano e fanno mutare. 

 

Non credevo avrei mai potuto amare ancora, invece ho scoperto nuovi tipi di amori, forze diverse, piccoli universi che rendono più infinito il mio animo e lo completano.

Per anni ho creduto che solo un uomo potesse farmi stare bene e che quella persona idealizzata la avrei trovata prima o poi, avessi dovuto scalare montagne o solcare oceani. Non volevo credere che la vita fosse diversa dai libri che ho tanto amato. Ho stupidamente perso tempo a crogiolarmi nel dolore cercando qualcuno che mi capisse, litigando con i ricordi dolorosi del passato. 

Ci ho impiegato un po', ma alla fine ci sono arrivata. Il senso di tutto questo correre, lavorare, andare, muoversi, fare è uno solo: donare. 

 

Donare tempo per chiacchierare con un signore anziano.

Donare le proprie scuse a chi hai deluso.

Donare onestà a chi ha sempre creduto in te.

Donare un sorriso a un bimbo.

 

Sono piccoli gesti d'amore che rendono migliore la vita degli altri e di conseguenza la mia. Piccoli gesti che possono essere le fondamenta per i sentimenti di altre persone.

 

La vita va costruita, non demolita.

La vita va celebrata.

 

Per questo sono fiera di dirti che da questa lettera ci sarà una nuova protagonista a fare parte dei miei racconti. 

Ho una sorella. 

Sì, hai capito bene. 

Maggie è nata nove anni fa e io l'ho scoperto poco tempo fa. È stupenda, salta da una parte all'altra. Pare un grillo. Ha una massa riccia di capelli castani e la pelle color caramello. I suoi occhi sono uguali a quelli di papà, di Seb e ai miei. Parla così veloce che a volte faccio fatica a seguirla. È nitroglicerina allo stato puro. Esplosiva.

Papà e Tess l'hanno chiamata Maggie in tuo onore, perché un nome carico d'amore come il tuo non poteva altro che esprimere l'immenso sentimento che provano per la loro piccola.

Questo...

 

Il treno è arrivato.

 

Piego il foglio e lo ficco nella borsa. 

Riesco a salire sul vagone senza danneggiare il contenuto delle borse mentre il dondolio ipnotico del pavimento in lamiera mi culla tra i dolci pensieri che corrono nella mia testa. I vetri mostrano le pareti scure e grigie della metropolitana, il silenzio rotto dallo stridere delle ruote di ferro sui binari e qualche colpo di tosse non riescono a distrarmi. Sono persa nel mio mondo intimo e personale, un caldo focolare dove gli affetti fondamentali della mia vita sono tutti presenti.

 

Poche fermate e sono arrivata.

 

Seguo la piccola folla che prende le scale mobili e che si destreggia tra i corridoi che portano alla strada. L'aria fredda mi arriva come uno schiaffo liberando le narici dell'odore di plastica e chiuso della metropolitana.

 

Piccoli fiocchi di neve scivolano sul mio cappotto.

 

Con un saltello supero il piccolo gradino del marciapiede per poi raggiungere il semaforo che abitualmente supero prima di arrivare a casa. 

 

Rosso.

 

Verde.

 

Seguendo l'onda delle persone intorno a me attraverso la strada accompagnando ogni mio passo al tintinnio dei cristalli appena comprati. 

Mancano pochi metri al mio palazzo.

Come se vedessi tutto per la prima volta alzo lo sguardo dritta di fronte a me.

Una vetrina mi colpisce, non l'avevo mai notata. Risplende tra il piccolo negozio di alimentari e il ristorante cinese, quello in cui a volte compro la cena per me e Sebastian.

 

Articoli di belle arti dal 1957.

 

Mi fermo.

Osservo da vicino la vetrina.

 

Pennelli, tubetti di colore ad olio, spatole, tele, tavolozze, gessi e molto altro sono ben disposti davanti a me, sembrano chiamarmi, mi seducono, mi sussurrano.

 

Quel negozio è sempre stato lì e in un anno non l'ho mai visto?

Arretro un passo sbattendo gli occhi come per essere sicura di vederci bene.

Poi sorrido.

Mondi pieni di colori, mani macchiate, pennelli usati, tele intonse, odore di vernice e matite temperate invadono la mia immaginazione.

 

...Cara mamma, oggi è un giorno speciale. Ho ritrovato un amore che non vedevo da quattordici anni e che mi è mancato più di quanto potessi credere. 

Oggi credo di aver ricominciato ad amare.

Oggi amo e voglio amare per sempre.

 

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