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Autore: Crepuscolina13    20/10/2017    0 recensioni
Crossover con True Blood ma non è necessario aver visto la serie perché è scritta in modo che tutti possano leggerla.
Ship Pam/Regina, accenni SwanQueen.
Emma si è sposata e Regina ne è sconvolta quindi decide di scappare da Storybrooke fino a fermarsi in una citta della Louisiana, qui si imbatterà in un locale, il Fangtasia dove scoprirà che i vampiri sono reali e che tutti conoscono la loro esistenza, ma incontrerà anche una donna attraente, Pamela o Pam, che stranamente è identica alla sua vecchia fiamma, Malefica.
Che cosa farà Regina? Tornerà a Storybrooke da Henry o resterà un altro po' nei dintorni, a scoprire quanto possa essere affascinante il mondo dei vampiri?
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Regina Mills
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7:

Per stemperare un po’ la tensione dopo il bacio mi invitò a ballare, io feci un po’ di resistenza visto che non avevo mai ballato quelle strane musiche da discoteca tipiche di questo mondo ma lei non si era lasciata desistere e quindi adesso mi trovavo nell’angolo più estremo del locale, almeno quello me lo aveva lasciato scegliere, in modo che non fossimo proprio al centro della calca.

Durante quella sera mentre muovevo il mio sedere e le mie gambe a tempo di ritmo mi ero ritrovata più volte lo sguardo di Eric su di me, che dall’alto del suo trono ci scrutava in modo insistente, forse era geloso, o forse c’entrava qualcos’altro che ancora non ero riuscita a capire.

Le braccia di Pam si trovano intorno alla mia vita mentre un mio braccio era poggiato sulla sua spalla, i nostri movimenti non erano scatenati come i più giovani presenti nella sala, ma più calmi e rilassati ma comunque al passo con la musica, all’inizio mi ero trovata a disagio, non sapevo davvero come muovere i miei arti ma poi Pam me lo aveva mostrato e via via era diventato sempre più facile.

Per il resto non avevamo parlato molto, ci eravamo limitate a fissarci negli occhi di tanto in tanto e a percepire la presenza dell’altra accanto al proprio corpo.

Ero stata la prima a parlare da quando avevamo iniziato per andare a prendere qualcosa da bere e lei mi aveva accompagnata offrendomi qualunque cosa desiderassi, del resto il locale era suo.

-Devo ammettere che non è stato poi così tanto orribile- dissi tra un sorso e l’altro, alzando la voce per farmi sentire.

-Vedi? Donna di poca fede- e ridemmo entrambe, poi si avvicinò al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa.

-Non c’è bisogno che urli, ti sentirei benissimo anche a bassa voce, come in questo momento sento benissimo il tuo cuore che aumenta di battito… il sangue che scorre veloce nelle tue vene, che si concentra nelle tue guance e nelle tue meningi- e come se avesse previsto il futuro successe proprio così e cercai di nascondere il mio viso arrossito nel bicchiere di vetro colorato.

Quando ritornò in posizione eretta mi sorrise ma non menzionò più le mie gote arrossate.

-Riesco a percepire l’avvicinarsi dell’alba, se vuoi posso accompagnarti all’auto, resterò con te finché potrò-

-Certo perché no- finì di bere il mio drink e poi fianco a fianco ci avviammo fuori dal locale, le camminai davanti mentre attraversavo la strada per dirigermi dalla mia vettura per poi infilare la chiave a aprire la portiera, poi mi girai verso di lei e la trovai subito dietro di me, era molto silenziosa.

-Spero tu sia stata bene-

-Molto in realtà- risposi sinceramente e questa volta fui io a cingerle il bacino con un braccio.

-Ci vediamo domani sera?- domandò con tono speranzoso anche se la mia risposta era ovvia.

-Volentieri, verrò appena tramonta il sole- e con una mano le accarezzai il profilo del viso.

-In realtà pensavo che saremmo potute andare a fare un giro in centro- propose con delicatezza, potevo percepire che si stava muovendo lentamente, non voleva fare niente che potesse turbarmi.

-Certo, è perfetto!- le risposi subito con un sorriso -Allora dove ci troviamo?- chiesi poi.

-Oh se mi dai l’indirizzo del tuo hotel passo a prenderti- propose avvicinandosi di più a me.

-Certo, va bene- annuì e frugai nella mia borsa alla ricerca di qualcosa dove scriverlo ma lei mi rassicurò che non se lo sarebbe scordato così glielo dissi a voce.

Ci guardammo qualche secondo negli occhi, in silenzio.

Era arrivato il momento di congedarci.

Lei guardò ad Est ed io seguì il suo sguardo, entrambe notammo il cielo che molto lentamente stava iniziando a schiarirsi.

-Devi andare- mi disse con calma così io lasciai la presa sul suo fianco e mi allontanai come per entrare in auto ma lei mi prese e mi fece appoggiare contro la carrozzeria, spinse i nostri corpi l’uno contro l’altro e poi mi prese il viso tra le mani.

-Dove credi di andare ?- domandò con voce giocosa.

-Mi hai appena detto di andarmene- le ricordai con un sorrisino, avevo capito qual’era il suo gioco.

-Mh mh- mi rispose come per farmi il verso per poi baciarmi in modo molto dolce, muovendo le labbra lentamente, assaporando ogni tocco, ogni contatto ed automaticamente chiusi gli occhi.

In quel momento mi sentì come al posto giusto nel momento giusto, sentì dentro me stessa che forse c’era ancora speranza.

Percepì come una piccola ventata d’aria e quando riaprì gli occhi lei non c’era più, mi guardai intorno ma ero da sola.

Salì in auto e con un sorriso guidai fino al mio albergo.

Quella notte sognai.

La sognai.

E mi svegliai piangendo.

Strinsi le mie ginocchia con le braccia e lasciai libero sfogo al pianto.

Ne avevo bisogno.

Chiusi gli occhi e rivissi il sogno appena avuto, i suoi capelli, la spada di suo padre, il suo sorriso, il suo sorriso mentre mi guardava e si avvicinava e mi sussurrava un ti amo mentre si stringeva a me.

Noi due che ridevamo insieme per una battuta di Henry e poi lei che mi baciava.

Mi alzai dal letto e aprì le tende nere e sciupate della camera per osservare il panorama urbano, la luce solare mi invase e per alcuni secondi guardai il sole per poi abbassare lo sguardo accecata.

Il sole era ciò che più mi ricordava lei.

Feci uscire un’ultima lacrima e poi presi un bel respiro per trovare il coraggio, dovevo smetterla, sapevo che mi stavo solo ferendo ulteriormente e sapevo che c’era solo una situazione.

Guardai il sole un’ultima volta e poi sussurrai con voce tremante: -Addio Emma-.

Poi richiusi le tende.

Ovviamente non riuscì a riprendere sonno però mi sentì meglio.

Le avevo detto addio, il mio amore per lei era una causa persa e dovevo andare avanti, lo dovevo a me stessa, non potevo più permetterle di avere un tale potere su di me.

Aveva fatto una scelta ed era arrivato il momento che l’accettassi, non ci potevo fare più nulla ormai, i nostri sentieri si erano divisi.

Ad un certo punto il mio pensiero finì a Pam, mi fu inevitabile.

Volevo rivederla, e al più presto, volevo sentire di nuovo tutte quelle piacevoli sensazioni.

Volevo guarire perché per me Emma era come una malattia, nonostante tutti quelli che mi circondavano continuassero a ripetere che l’amore portasse felicità io non la pensavo affatto come loro.

L’ unico amore che mi aveva reso felice era quello per Henry.

Quindi se Pam nel suo piccolo poteva riuscire a disintossicarmi da Emma che motivo avrei avuto per allontanarla? Per non coltivare qualunque cosa ci fosse tra di noi?

Forse proprio lei mi avrebbe aiutato ad andare avanti.

Ed io avevo un disperato bisogno del suo aiuto.

 

Il tempo sembrò non passare mai, alla fine riuscì a dormire ancora un altro po’ però finalmente il tramonto arrivò ed io mi diressi subito nella hole.

Arrivò dopo cinque minuti indossando un abitino rosa confetto che le dava l’aria di una piccola barbie anche se i suoi tacchi leopardati stonavano un po’ con l’immagine della bambola.

Le feci un cenno della mano mentre con sguardo perso mi cercava nella folla e una volta individuata mi fece un grande sorriso per poi venirmi in contro.

Mi alzai dalla poltroncina su cui mi ero seduta e aspettai che si avvicinasse ancora di più per salutarla.

-Ehi ciao-.

Ci sorridemmo nello stesso istante.

-Sei bellissima- mi salutò così osservando la mia gonna nera a tubino con una camicetta verde.

-Oh grazie- risposi arrossendo.

Diavolo, dovevo proprio smetterla di reagire così.

Lei ancora una volta non commentò, chissà come aveva capito che non mi piaceva esternare i miei sentimenti in questo modo e aveva scelto di non farmelo pesare.

Con un braccio mi invitò a superarla e io lo feci dirigendomi fuori dall’edificio ma poi mi bloccai sul marciapiede aspettando che mi ci conducesse alla sua auto ma alla fine finimmo in un vicolo senza autovetture.

-… Dov’è la tua auto?- domandai leggermente preoccupata, forse aveva di nuovo fame?

-Non ho mai detto che avremmo usato un’auto- rispose con un sorrisino che non mi piaceva per niente e poi mi prese le mani.

-Ti fidi?- ed io annuii senza neanche chiedermi quali fossero i suoi piani, mi fidavo punto e basta, non avevo tempo per sentirmi in colpa di questo.

A quel punto mi prese in braccio passandomi le braccia sotto le mie ginocchia ed io emisi un piccolo urletto di sorpresa.

-Ma che fai?- domandai stranita e poi senza ricevere risposta successe una cosa davvero molto strana.

Il suolo si allontanò da noi.

-Noi..cosa..tu voli??- domandai davvero molto sconvolta chiudendo subito gli occhi e circondandole il collo con entrambe le braccia, non mi piaceva molto l’altezza, soprattutto se non ero protetta da nessuna cabina in ferro rinforzato o corde super resistenti, adesso c’eravamo solo io e lei.

Per tutto il viaggio tenni gli occhi chiusi e il viso nascosto nel suo petto mentre sentivo il mio corpo venire scosso da continue folate di vento.

Ero così spaventata che non mi interrogai neanche su come Pam fosse in grado di volare, e non prestai neanche attenzione al fatto che avevo praticamente il viso sul seno della donna.

Quando finalmente toccò terra io le rimasi in braccio praticamente immobile.

-Ehi… ti senti male?- mi domandò subito preoccupata mettendomi una mano nei capelli.

Io non le risposi e non mossi un muscolo.

Percepii i suoi muscoli muoversi e poi mi ritrovai su una panchina, seduta, e solo a quel punto aprii gli occhi rendendomi conto che ci trovavamo in un parco cittadino.

-Scusami non volevo farti stare male, volevo solo mostrarti qualcosa che reputo mozzafiato ma non ho considerato che potesse non piacerti- mi spiegò con apprensione.

-Non scusarti… è solo che non mi piace l’altezza- dissi infine con voce debole.

-Soffri di vertigini? Sono davvero un’idiota- constatò appoggiandosi alla panchina con la schiena e io mi sentii molto in colpa, avevo rovinato tutto come mio solito.

-Non proprio- e dopo ciò percepii nascere in me un sentimento davvero inusuale, quel sentimento che ti spinge a farti confidare con le persone per ricevere supporto morale o una consolazione, quel sentimento umano che io avevo sempre represso.

-Ho avuto una brutta esperienza e da quel giorno quando mi ritrovo vicino a parapetti con la visione di grandi altezze ne sono terrorizzata- e mi sentii meglio.

Era questo che provavano le persone normali quando non si tenevano tutto dentro?

-Vuoi parlarne?- mi domandò con calma, aveva capito che si trattava di qualcosa di serio eppure voleva comunque ascoltarmi perciò mi girai verso di lei e la osservai qualche istante.

L’avevo baciata, ci eravamo baciate ma ancora non ne avevamo parlato e per questo avevo dato per scontato che fosse un semplice bacio dettato dal momento ma poi le mi aveva invitato a uscire ed io avevo subito accettato.

Da lì avevo capito che sia per me che per lei non era stato un bacio dettato dalla casualità ma era stato voluto.

E adesso i suoi bellissimi occhi mi stavano invitando a confidarmi con lei, a rendere il rapporto qualcosa di più di un bacio voluto.

-Quando ero giovane ho tentato il suicido buttandomi da una finestra… per fortuna una fata mi ha salvato e mi ha aiutato a capire che stavo sbagliando, quindi adesso ho paura dell’altezza perché mi riporta alla memoria il periodo più brutto della mia vita- subito mi strinse in un forte abbraccio depositandomi un piccolo bacio sui miei capelli.

-Sai una volta ho tentato anche io il suicidio..- smise di abbracciarmi per tornare in posizione eretta e potermi guardare negli occhi ed io le sorrisi.

Le sorrisi non perché l’argomento fosse divertente ma perché non mi aveva risposto con un semplice mi dispiace, mi stava capendo ed anche lei si stava aprendo con me.

-Non proprio un suicidio ma mi tagliai le vene per costringere Eric a trasformarmi cosa che poi lui fece ma nel momento in cui me le tagliai lui mi aveva negato il suo consenso e quindi quando presi la mia decisione ero consapevole di non avere nessuna certezza di essere salvata, quel giorno avrei potuto semplicemente morire e nessuno se ne sarebbe accorto-.

Alla sua confessione le strinsi una mano ma non commentai, piuttosto andai avanti perché immaginai che anche lei come me non volesse soffermarsi più di tanto su l’argomento.

-Perché non volevi più essere umana?- con un pollice accarezzò delicatamente il dorso della mia mano.

-La mia vita non era un granché- alzò le spalle come se non fosse nulla di serio -Ero scappata da casa perché i miei genitori non accettavano che mi fossi innamorata di un falegname quando noi eravamo dei modesti borghesi- continuò con aria pensierosa mentre i suoi occhi erano fissi sulle mie mani -Comunque dopo pochi mesi ci siamo lasciati dando così ragione alla mia famiglia che lui fosse un poco di buono, a quel tempo ero troppo orgogliosa per ritornare da loro ma ero senza soldi così andai in un bordello e in meno di un anno ne sono diventata proprietaria- accennò un sorriso mentre io la osservavo molto lentamente -Non ne andavo orgogliosa però in un certo senso mi piaceva, per la prima volta nella mia vita avevo il controllo di qualcosa, in quanto capo ero io a scegliere se accogliere inviti o semplicemente passarli ad altre ragazze, in qualche modo mi sentivo potente- strinse forte le labbra tra loro e assunse un espressione più malinconica.

-Mi sentivo potente ma poi ogni volta che trovavo una ragazza morta in una delle stanze piangevo e mi sentivo in qualche modo responsabile e in quelle circostanze tutto il mio potere svaniva… poi una notte conobbi Eric e presi la decisione di rendermi più forte, immortale, immutabile, non desideravo figli e non avevo nessuno a cui tenevo quindi l’idea di diventare una vampira mi attrasse molto- finì così la sua confessione per poi alzare finalmente lo sguardo.

Cosa avrei mai potuto dire di fronte ad una cosa di così tali proporzioni?

Ma lei mi guardava aspettando un qualsiasi tipo di parola.

-Sai...- iniziai e poi emisi una piccola risata.

-E’ davvero tutto così assurdo- e lo era davvero, perché ciò che la mia mente aveva elaborato era qualcosa di davvero sconvolgente.

-Perché ridi?- domandò giustamente con un po’ di risentimento e io le strinsi ancora di più la mano.

-No scusa, non è per te è che mi sono resa conto che io e te siamo molto simili, vedi da ragazza anche io mi ero innamorata di un ragazzo di umili origini, uno stalliere, anche noi volevamo scappare insieme perché la mia famiglia non lo avrebbe mai accettato ma mia madre lo scoprì prima e lo uccise, per colpa di quell’avvenimento sono diventata una persona davvero orribile, cattiva e crudele, per fortuna col tempo alcune persone mi hanno aiutato a cambiare però ho sempre incolpato una stupida bambina per tutto ciò che mi era capitato e adesso, grazie al tuo racconto mi sono resa conto che senza la sua morte io non sarei qui, non avrei mio figlio, adesso non avrei una famiglia e tu non mi avresti mai conosciuto quindi ho pensato e se mia madre avesse avuto sempre ragione? Magari scappando con lui avrei avuto esperienze peggiori di quelle di essere la Regina Cattiva, magari nessuno mi avrebbe mai salvata e sarei facilmente potuta morire come una delle tue ragazze quindi grazie…. Grazie per esserti aperta con me.. ho capito che anche tu non riesci molto bene a farlo- e sorrisi perché ciò che avevo appena detto era la cruda e vera verità.

Già da tempo avevo perdonato Biancaneve ma comunque un po’ di rimpianto restava sempre ma adesso avevo capito che forse il detto “Tutto accade per una ragione” non era poi così sbagliato.

-Oh wow...non mi aspettavo di certo una tale reazione però sono felice che ciò che mi è accaduto sia almeno stato di aiuto a qualcuno-

La interruppi subito rendendomi conto del mio errore -Scusa non intendevo assolutamente minimizzare ciò che mi hai raccontato, mi dispiace davvero..-

-Ehi Ehi non preoccuparti, non ci sono rimasta male, ormai ho messo una pietra sopra, sono cose successe un secolo fa e poi mi piace ciò che hai detto , soprattutto sul fatto che avrei potuto non conoscerti mai- accennò un piccolo sorriso dolce e mi guardò con occhi innamorati e il mio cuore perse un battito.

A meno che il mio istinto non mi ingannasse Pam stava prendendo la cosa piuttosto seriamente, ancora però non sapevo se la cosa mi dispiacesse o meno.

Lei si alzò e con la mano ancora unita mi aiutò ad alzarmi.

-Che ne dici, andiamo a mangiare qualcosa?-

-Sbaglio o sei una vampira?- chiesi ridacchiando e ogni passo che facevo verso l’uscita di quel parco era un passo in più di distanza dal mio passato a cui avevo appena aperto le porte ma che subito Pam aveva provveduto a richiudere.

-Si ma posso comunque mangiare cibo umano anche se non mi è di nutrimento e poi sono quasi le dieci, pensavo a che a quest’ora avresti avuto fame- spiegò passandomi un braccio intorno alle spalle.

-Oh scusa scusa, forse ho preso troppo letteralmente le tue parole-

-Solo un pochino- e ridemmo insieme iniziando a percorrere il marciapiede al di fuori del parco dirette verso la nostra cena.

 

 

 

  
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