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Autore: Yumeji    21/10/2017    1 recensioni
BUON COMPLEANNO RANPO!!!
One-shot scritta per il compleanno del super detective, e come festeggiarlo nel migliore dei modi se non dandogli un caso da risolvere?
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DAL TESTO: Non si era mai reso conto di quanto gravoso fosse il suo genio, tanto abituato a gestirlo da non essersi mai trovato in una situazione in cui corpo e mente non erano in sintonia fra loro. Sperava per lo meno che, una volta disintossicato da quei farmaci, di qualunque genere fossero, avrebbe recuperato le capacità originarie. Seppur, nel caso avesse riportato qualche danno al cervello, era disposto a farsi tagliuzzare da Akiko per risolvere il problema. Non poteva permettere che l'agenzia, e il mondo con essa, perdesse il suo prezioso, inestimabile genio. Come avrebbe potuto andare avanti un'agenzia di Detective Armati senza avere tra le proprie fila un vero detective?
Genere: Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ranpo Edogawa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Mukuro Hospital]




Non ricordava cosa gli fosse accaduto di preciso. C'era stato uno scoppio, forse uno sparo o un'esplosione, qualcosa lo aveva ferito al ventre e, dopo un forte bruciore, non aveva più sentito niente.
Si era svegliato in quel letto d'ospedale, fasciato e ricucito, la mente e il corpo appesantiti da quelli che dovevano essere farmaci per attenuare il dolore. Non era una sensazione piacevole avere un ago in vena che gli sparava ad intermittenza composizioni chimiche sconosciute, sopratutto perché il suo cervello, il suo geniale cervello, ne finiva rallentato. Si sentiva una tartaruga che faticava ad avanzare con il proprio guscio, fattosi troppo pesante per la sua schiena nonostante se lo portasse addosso da una vita. Non si era mai reso conto di quanto gravoso fosse il suo genio, tanto abituato a gestirlo da non essersi mai trovato in una situazione in cui corpo e mente non erano in sintonia fra loro. Sperava per lo meno che, una volta disintossicato da quei farmaci, di qualunque genere fossero, avrebbe recuperato le capacità originarie. Seppur, nel caso avesse riportato qualche danno al cervello, era disposto a farsi tagliuzzare da Akiko per risolvere il problema. Non poteva permettere che l'agenzia, e il mondo con essa, perdesse il suo prezioso, inestimabile genio. Come avrebbe potuto andare avanti un'agenzia di Detective Armati senza avere tra le proprie fila un vero detective?
Per quanto la prospettiva di sacrificarsi e subire l'operazione di Yosano non lo allettasse, non aveva scelta, per il bene dell'universo stesso doveva farlo.
Avvolte si stupiva di quanto potesse essere altruista, di certo Fukuzawa poteva essere fiero di lui. Avrebbe potuto elogiarlo.
- Signor Edogawa devo cambiargli le bende - un infermiere del tutto identico per aspetto e voce ad Atsushi entrò nella stanza. Non era la prima volta che veniva ad occuparsi della ferita di Ranpo, e ormai il detective si era abituato a quella similitudine tra il ragazzo e il suo collega. Tanto che, per comodità, aveva preso a chiamarlo "Atsushi" senza neppure chiedergli prima il nome, imponendogli quel nomignolo senza dargli possibilità di protestare.
- Ah, Atsushi! - lo salutò provocando una leggera espressione di fastidio nel giovane, il quale piegò le labbra in una smorfia contrariata, ormai aveva perso il conto delle volte in cui gli aveva detto che quello non era il suo nome, ma puntualmente l'altro si riferiva a lui così. Ormai si era rassegnato, per quanto continuasse a ricordarglielo in un inutile resistenza. - Hai portato quello che ti avevo chiesto? - gli chiese con un espressione vagamente eccitata, per quanto fosse complicato leggere il volto di una persona con gli occhi perennemente chiusi.
- No, non l'ho fatto..- sbuffò l'infermiere, - E non mi chiamo Atsushi -
- Eeeeh!?!?- protestò subito Ranpo a quel diniego, la voce lamentosa ed infantile, - Ma ci sono dei distributori automatici nell'area svago del personale di servizio, cosa ti costava portarmi una merendina?! -
- Non è nelle condizioni di mangiare schifezze, piuttosto dovrebbe cominciare a consumare i pasti dell'ospedale - cercò di farlo ragionare Atsushi,
- Avevamo un accordo! - incrociò le braccia al petto con fare stizzito Ranpo, mettendo un leggero broncio. - Ti ho ceduto i miei pasti a patto che tu mi portassi uno snack. E non ti ho neppure fatto pressioni sul genere di snack -
- Un proiettile le ha perforato lo stomaco, lo zucchero è l'ultima cosa che le serve -
- Davvero vuoi che racconti in giro che negli ultimi giorni mi hai rubato la cena lasciandomi a fare la fame? -  Ranpo socchiuse un occhio, cominciando a fissare il ragazzo in silenzio, lasciandolo cuocere nel suo brodo, sapeva che sarebbe ceduto subito sotto quello sguardo fin troppo eloquente. Era fregato.
- E' stato lei a dire che non aveva fame e mi ha lasciato mangiare la sua cena - piagnucolò Atsushi sentendosi in trappola, sapeva di non aver tenuto un comportamento consono mangiando il cibo riservato ad un paziente, ma non poteva farci nulla se era povero in canna e riusciva a permettersi un solo pasto al giorno. Contando i turni impossibili che faceva lì all'ospedale, essendo stato assunto da poco, era normale che, ad una certa ora della sera, il suo stomaco facesse sentire le proprie vivide proteste. Rimpiangeva amaramente il giorno in cui quel suono era giunto alle orecchie del mostro dalla faccia da volpe, il quale prima gli aveva ceduto caritatevolmente il suo pasto, e poi aveva cominciato a ricattarlo con il suo fare subdolo. Atsushi era stato un vero ingenuo a fidarsi a quel modo, eppure il fatto che gli avessero sparato doveva già fargli intuire in parte la natura di quel individuo. Per lo meno in Giappone, nessuno finiva coinvolto in una sparatoria se non vi centrava direttamente.
- Oggi non sei già stato sgridato dall'infermiera capo almeno undici volte? - aggiunse in tono vago Ranpo, prendendosi il mento con una mano, l'aria pensierosa. - Quella donna proprio non ti sopporta, eh? -
A quell'affermazione Atsushi sussultò, aveva sempre avuto il sospetto di non essere molto simpatico al proprio capo, però un conto era avere dei dubbi al riguardo, un altro era sentire quei pensieri prendere corpo da un perfetto sconosciuto arrivato in ospedale da meno di una settimana.
- L.. lei crede? - balbettò sentendosi il sangue defluire dal viso, dandogli un colorito pallido,
- Credo? Ma è evidente - sbuffò Ranpo non soffocando una risata, mostrandosi al quanto divertito dalla situazione. - Insomma, potrà tenerti d'occhio più degli altri perché sei nuovo, ma il suo è proprio un accanimento nei tuoi confronti... anche se non ha tutti i torti - aggiunse in tono scaltro, indicando con la punta dell'indice il ragazzo, - Se continui a prenderti sulle spalle gli errori degli altri è ovvio che lei ti crederà un incompetente -  
- Ah... sa' anche questo? - commentò Atsushi in tono vagamente abbattuto e depresso.
- Dovresti lasciare che ognuno si prenda le responsabilità delle proprie azioni, o quel donnone da duecento chili ti farà vedere i sorci verdi finché campi - da quando si mettesse a dispensare consigli di vita non lo sapeva neppure lui. Forse era solo a causa del suo aspetto, così simile al ragazzo tigre che conosceva, ma riteneva di essere il solo in quell'ospedale a poter fare il bullo con lui, che altri si prendessero una simile libertà non gli andava troppo a genio.
- Quando ha visto l'infermiera capo? - si stupì Atsushi, abbastanza sicuro che il suo giro di controlli non comprendesse la stanza di Ranpo,
- Mai - affermò difatti il super detective,
- Allora come fa a sapere che è... - per sicurezza si interruppe prima di dire: "un donnone da duecento chili"; nel timore che possedesse pure delle orecchie da pipistrello a cui potesse giungere il suo commento.
- Non sottovalutarmi, anche se ricoverato sono un grande detective - ebbe un moto di vantò Ranpo, portandosi il pugno al petto con fare gongolante, per quanto non stesse usando la propria abilità, per lo meno aveva capito che, per semplice deduzioni logiche, poteva evitarsi di attivarla.
- Si, si... me lo ha già detto - annuì accondiscendente e remissivo, glielo aveva ripetuto almeno un centinaio di volte, ma per quanto tentasse di convincerlo, lui non riusciva a crederci. Lo vedeva unicamente come un paziente petulante ed infantile, non aveva affatto la presenza da detective, in più non aveva mai sentito nominare quell'agenzia per cui diceva di lavorare. Dubitava gli dicesse la verità e, anche se più volte gli aveva mostrato in versione ridotta l'abilità che lo rendeva un grande investigatore, intuendo fatti di cui non sarebbe dovuto essere a conoscenza, Atsushi pensava fosse tutta fortuna. Si diceva che, per quanto potesse essere ingenuo, non doveva farsi abbindolare dai pazienti. Per quanto fosse già contravvenuto a quella regola autoimposta accordandosi con Ranpo per portargli qualche merendina sottobanco. - Adesso però devo cambiarle le bende, quindi faccia il bravo, okay? - gli parlò con un tono calmo e cordiale, il quale però sembrava più destinato ad essere rivolto ad un bambino che ad un adulto.
- No -  fu la lapidare risposta di Ranpo, - Avevamo un accordo e tu non l'hai rispettato, quindi mi vedo costretto a rivelare le tue malefatte: "ladro di pasti" - lo apostrofò lasciando che le labbra prendessero una piega vagamente maligna, un sorrisetto che aveva imparato a imitare a Dazai.
Il povero infermiere sospiro amareggiato, trovandosi succube all'ennesima dittatura,
- Per favore...- cominciò a supplicare, - Per la sua salute non posso davvero concederle una merendina, in più se dicesse al mio superiore quello che ho fatto... - deglutì a vuoto avvertendo una voragine di panico aprirsi alla bocca del suo stomaco.
- Perderesti il posto e, visto che sei un incompetente, finiresti per strada in un batter d'occhio - fu rapido a continuare per lui Ranpo, andando a stuzzicare con sapienza tutti i suoi timori più profondi, - Sopravvivresti mangiando la spazzatura che si raccoglie sulle sponde del fiume e probabilmente per questo finirai ucciso da un branco di cani randagi a cui avrai invaso il territorio -
- Per che proprio sbranato dai cani? - piegò le labbra in una smorfia disgustata Atsushi, rabbrividendo stringendosi nelle spalle, gli sembrava una fine fin troppo grottesca per la sua miserabile vita.
- E perché no? Preferisci morire cadendo nel fiume? Troppo banale e per nulla divertente, e visto che poi comunque qualcuno dovrà investigare sulla tua morte perché non renderla interessante? -
- Lei è una persona inquietante, signor Edogawa -
- Oh, io inquietante? Nell'agenzia per cui lavoro c'è una persona con l'hobby del suicidio. Se pensi che io possa essere inquietante, devi solo incontrare lui. Senza contare che la nostra dottoressa ha una passione per tagliuzzare le persona con grossi machete - rise divertito, pensando come l'alterego di quel infermiere lavorasse abitualmente con quei eventi che l'altro definiva macabri.
- S-siete un'agenzia davvero particolare allora...- parve ancora più inquietato il ragazzo, sul viso un'espressione pensierosa mentre si trovava a fantasticare sull'aspetto che potessero avere i colleghi di quel paziente. Chiedendosi poi se esistessero davvero e, nel caso, se sarebbero arrivati lì per recuperare il loro compagno. Al pensiero dell'arrivo di quegli individui cominciava a credere che la prospettiva di finire per strada non fosse poi tanto male.
- Bene, ora che abbiamo chiacchierato vai a prendermi uno snack, Atsushi - gli ordinò ora che la conversazione era arrivata ad un punto morto e il ragazzo pareva in soggezione,
- Prima le cambio le bende e poi vedrò di procurarle uno snack - obbietto lui, recuperando un po' di autocontrollo.
- No, prima lo snack, come avevamo concordato - rilanciò Ranpo irremovibile, talmente testardo e cocciuto, proprio come un bambino, che Atsushi non poté non trovarsi a capitolare sconfitto.
- E va bene! - esclamò vagamente stizzito, frustrato per una simile situazione e per essere stato messo alle strette. - Le porterò una merendina! Ma UNA sola! Dopo si lascierà cambiare le bende e mi farà tornare al mio lavoro, ho altri pazienti oltre a lei - sbuffò incrociando le braccia al petto.
- Ma il signor Inamura non è stato dimesso oggi pomeriggio? - obbiettò Ranpo con fare naturale, come se fosse una notizia risaputa.
- Eh? - parve invece stupido nel sentirla Atsushi, ma un rapido controllo alla cartella che teneva sottobraccio confermò che in effetti l'altro aveva di nuovo ragione. - Come faceva a saper-... perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose?! - soffocò la propria curiosità quando si rese conto come nessuno lo avesse informato del fatto prima che andasse lui stesso a controllare. Normalmente eventi simili venivano comunicati a voce, la capo infermiera avrebbe anche potuto dirglielo, per quanto gli potesse non essere simpatico era comunque parte del suo lavoro. Sospirò sconfortato, era stata una settimana estenuante per tutti, possibile che la sua fosse stata una semplice dimenticanza? Per quanto fosse difficile da credere, poiché il soprannome di Caporale Maggiore non se lo fosse guadagnato solo per la sua stazza, ma più per il carattere intransigente e severo, degno di un secondino.
- Allora il mio snack? - lo esortò a muoversi Ranpo, dopo aver atteso che Atsushi depennasse il nome del signor Inamura dal giro di controlli, di certo l'infermiere non aveva alcuna voglia di essere accusato di bighellonare recandosi in una camera vuota.
- Va... vado subito - sussultò come se si fosse già dimenticato della faccenda e corse fuori, ben consapevole che avrebbe ritardato enormemente sulla propria tabella di marcia a causa di quel bimbo (che poi bimbo non era), capriccioso e viziato.
- E vedi di sbrigarti - lo incitò lui, divertito nel vederlo piagnucolare mentre se ne andava. Stava già assaporando il momento in cui avrebbe finalmente avuto la sua tanto agognata merendina. Da quando era lì non ne aveva ricevuta neppure una, ormai era sull'orlo di una crisi d'astinenza. D'altronde lo zucchero poteva essere considerato una droga, e lui ne era dipendente dall'infanzia. Non poteva farne a meno come un fumatore incallito necessitava della nicotina, ma a differenza delle sigarette però, la dipendenza dai dolci, non era qualcosa a cui si poteva o voleva, fuggire.
Purtroppo per Ranpo quella sera non avrebbe avuto la fortuna di gustare uno di quei snack stracolmi di grassi, zuccheri e sale che tanto adorava. Il fato, o chi per lui, aveva voluto mettere qualcosa di molto meglio sulla sua strada, la quale gli avrebbe fatto scordare, per il momento, il suo desiderio quasi ossessivo di dolci, patatine e schifezze di ogni genere. Era arrivato il momento di un bel omicidio.

La donna era riversa a terra, distesa di schiena, il volto cianotico, gli occhi e la bocca spalancati in un muto terrore, le braccia distese lungo il corpo, le unghie spezzate e una serie di graffi a segnarli il collo rigonfio. Aveva un doppio o forse triplo mento, di costituzione possente, larga e robusta, abbastanza da far pensare che anche un uomo avrebbe avuto difficoltà ad averla vinta con lei. Bassa e tarchiata, ricordava vagamente uno di quei personaggi tipici dei romanzi fantasy, un nano forzuto capace di spappolare un cranio umano con la sola stretta della mano. Ad accentuare quel paragone c'era pure un accenno di barba sui suoi zigomi, coperti da un trucco esagerato, cui sfumature azzurrata sulle ciglia andava ora ad accentuare il suo colorito cadaverico. Non doveva essere morta da molto, mezz'ora o giù di lì, in un luogo tanto trafficato come la saletta di ristoro, dedicata unicamente ai dottori e agli infermieri, non era plausibile che potesse essere rimasta occultata allungo. La stranezza era che la sua morte fosse avvenuta senza che nessuno si accorgesse di nulla.
- Non ci credo... non ci credo... non ci credo...- ripeteva come un mantra il povero Atsushi, seduto raggomitolato contro la parete appena fuori dalla stanza, subito di fianco alla porta. Era stato lui a rinvenire il cadavere e ora si trovava in uno stato di shock, le mani tremanti che si aggrappavano alle ginocchia al punto da lasciarsi i segni attraverso i vestiti.
A seguito dell'urlo lanciato dal ragazzo, altri erano giunti di corsa, convinti si trattasse di un'emergenza di qualche tipo, rimanendo allora volta scioccati nel trovare il corpo della capo infermiera in quello stato. Atsushi non era riuscito a dare una spiegazione, balbettando in maniera confusa, incapace di dire altro. E subito era stato spinto via da uno dei medici accorsi, il quale si era premurato di assicurarsi dello stato della donna, per la quale però non c'era già più nulla da fare.
Era stata chiamata la polizia e il medico che aveva tastato il polso alla donna, aveva premurato a tutti di allontanarsi dalla stanza. Si trattava di un omicidio.
- Perché avete affermato con una tale certezza che fosse stata uccisa? - la polizia era giunta non molto dopo, e ora il capo investigatore aveva iniziato a porre qualche domanda ai presenti. Aveva spiegato si trattasse solo di una richiesta di routine, la quale non comportava nulla, e per cui nessuno avrebbe dovuto sentirsi accusato. La donna poteva aver avuto un semplice malore o poteva essersi soffocata con qualcosa che stava mangiando. Aveva ripetuto più volte, poiché la voce aveva già cominciato a seminare il panico nel intero edificio, che le indagini non avevano ancora appurato se si fosse trattato o meno di un omicidio. L'interesse dell'ispettore a cui era stato affidato il caso era quindi stato subito attratto dal medico che per primo aveva esposto la teoria, il suo comportamento si era già dimostrato d'intralcio alle ricerche ancora prima del loro inizio. Non c'era nulla di peggio del caso di un morto circondato da decine e decine di civili presi dal panico. Se davvero era un omicidio, la paura generale rendeva più complicato procedere. L'ispettore doveva assicurarsi se il medico lo avesse fatto con coscienza di causa o se si fosse trattato di un semplice errore di giudizio, come lo poteva essere l'urlare "al fuoco" in un locale affollato.
"Oh, assomiglia a bel cappello" pensò Ranpo osservando l'investigatore capo mentre si rivolgeva, con una visibile stizza dipinta sul volto, al dottore incosciente. Aveva gli stessi capelli rossi e la statura minuta, per non dire lo stesso viso e voce. Come gli era accaduto con il sosia di Atsushi, ora aveva di fronte la copia sputata di quel nano malefico, ma dal buon gusto, di Chuuya Nakahara. "Gli manca però il cappello..." notò con una certa amarezza, forse sentendosene un pochino urtato, come se stesse facendo un torto a lui. I vestiti di quell'alterego non avevano nulla dello stile ricercato della sua controparte, aveva la classica tenuta da detective anni '50. Indumenti scialbi e slavati, tipici di un membro delle forze dell'ordine abituato a lavorare dodici ore al giorno, più straordinari, che raramente vedeva la porta di casa.
Eppure, nonostante quell'aspetto poco curato, Ranpo aveva notato il suo viso ben rasato, senza la barba di qualche giorno, standard degli investigatori dediti solo al lavoro, e addosso aveva un buon profumo. Non quello semplice dato dallo shampoo o da una doccia veloce. Si trattava proprio di profumo, probabilmente acqua di colonia, che si stesse preparando per un appuntamento galante?
Bhé, di certo quel cadavere rovinava i suoi piani.
- Sono un medico e conoscevo la vittima - rispose il dottor Usami, il quale era colui che aveva dato adito ai timori di un omicidio, - Non potete cercare di insabbiare la cosa! - cominciò a mostrarsi aggressivo, forse intimorito dall'interesse che aveva mostrato per lui il piccolo ispettore. Era stato trattenuto mentre, gli altri addetti al reparto e i testimoni venivano riuniti in un'unica stanza, abbastanza capiente perché li contenesse tutti. Ovviamente però non si poteva lasciare un intero piano inoperativo, non era pensabile spostare i pazienti, alcuni in condizioni gravi ed instabili, non subito almeno. Si era quindi al momento trovata la soluzione di richiamare a raccolta tutti coloro non presenti nel edificio nel momento del misfatto. Coloro che avevano già finito il turno, addetti ad altri piani, chi avesse il giorno libero, in modo che andassero ad occupare i posti vuoti lasciati dai loro colleghi mentre veniva interrogati e si procedeva con le indagini.
Il primario dell'ospedale, il quale al momento era ad una conferenza ad Hong Kong aveva già dato le direttive, pregando che al primo posto, sia per la polizia, che per il personale ospedaliero, vi fosse il benessere dei pazienti, i quali non dovevano essere per nulla toccati da quella tragica storia. Prometteva di prendere il primo volo di ritorno, pregando probabilmente in cuor suo di riuscire a gestire la cattiva pubblicità che una simile situazione avrebbe portato al suo ospedale, ma ben consapevole di poter fare in realtà ben poco per arginarla.
- Volete che neghi tutto?! O pensate che me lo sia inventato! Quella donna è stata ammazzata! Ed è successo qui, in questo ospedale! Non mi farà ta..-
- E CHIUDA IL BECCO, IDIOTA! - stanco delle grida del medico, ormai del tutto fuori controllo, l'ispettore Chuuya lo colpì con violenza sul capo, usando come arma il piccolo taccuino dove cercava di prendere appunti sulla situazione. - E' un medico ha detto? Allora non si faccia prendere dal panico! - gli inveiva contro furente, mentre il medico si trovava a coprirsi con le mani la testa dolorante, ripiegato in avanti, arrivando alla stessa altezza del nanerottolo. - Vista la sua professione dovrebbe sapere quanto le sue parole abbiano un peso, pazienti, personale, tutti si affidano a lei. Non capisce in che situazione ci ha messo la sua affermazione? - continuava a rimproverarlo, sembrando però meno furente ora che aveva cominciato a sfogarsi. - Veda di darsi una regolata e mi lasci fare il mio lavoro. Saremo io e la mia squadra a decidere se si tratta o meno di un omicidio -
- E' omicidio, capo - la voce di un addetta della scientifica li raggiunse da dentro la stanza dove ancora stanziava il corpo della vittima, - Intorno alla sua bocca e sulle sue dita c'è presenza di cianuro... un po' banale come veleno, no? Essendo un ospedale mi immaginavo qualcosa di più originale -
- Cosa ti avevo detto a proposito degli interventi inopportuni? - domando l'ispettore nello sbuffare, mentre si massaggiava il retro del collo con un'espressione stanca e corrucciata.
- Che li adorava e voleva ascoltarne altri? -
- CHE DOVEVI STARTENE ZITTO!! - proruppe contro il proprio collega, il quale però parve ridere della sua reazione, tornandosene poi al lavoro andando a recuperare altri campioni.
- Come stavo dicendo...- si schiarì la voce nel tornare a rivolgersi al povero Dottor Usami, - Ora che siamo sicuri che si tratta di un caso d'omicidio, procederemo di conseguenza, e questo significa, purtroppo, più problemi per tutti - sospiro, già immaginandosi il lavoro che si apprestava a fare.
- Cosa intende? - parve non voler capire il povero dottore, il quale, nonostante avesse da poco superato la trentina e portasse una cascata di lunghi capelli castani, cominciavano a mostrarsi i primi ciuffi bianchi. No, per quanto si fosse abituato alla sala operatoria ed a gestirne le emergenze, il suo fisico alto e scheletrico, perennemente nervoso e tremante, non era in grado di sopportare una situazione del genere. Avrebbe potuto venirgli un attacco di cuore a breve, così i cadaveri sarebbero stati due.
- Intende che ora, tutti le persone presenti in questo piano al momento della morte della capo reparto - intervenne Ranpo, avvicinandosi ai due dopo averne origliato l'intera conversazione. - Sono da considerarsi dei sospettati - un'indagine era proprio quel che gli ci voleva per allenare il suo cervello atrofizzato dai farmaci, in più si trattava di un passatempo divertente dopo tutto quel tempo passato nell'immobilità.

- E tu saresti? - lo squadrò per qualche momento l'ispettore Chuuya, lo sguardo scettico e le braccia conserte, sembrava tentasse di guardarlo dall'alto in basso, nonostante la sua misera statura non glielo permettesse. C'erano di sicuro bambini delle elementari più alti di lui.
- Porta i tacchi? - non rispose Ranpo, ignorandone la domanda parendo invece molto interessato alla sue calzature,
- Che!?... O-ovvio che no! - fu colto di sorpresa il rosso, cui viso presto prese la stessa colorazione dei capelli e il suo umore si fece ancora più furente,
- Eppure mi sembrano proprio quel tipo di calzature con un sotto-suola interno che permette di sembrare qualche centimetro più alto - insistette il grande detective, continuando a punzecchiare un punto che sapeva dolente.
- Mi stai prendendo in giro? - protestò l'altro, - E poi neppure tu sei tutta questa altezza! -
- Si tratta di un paziente di questo piano, occupa la stanza 323B - intervenne Usami a presentarlo, temendo che l'ispettore potesse dar sfogo ad altri atti violenti, i quali si sarebbero potuti ripercuotere sulla salute di Ranpo.
- Ah, un paziente... credovo che i ricoverati di questo pieno fossero tutte persone in gravi condizioni e che per questo non potessero lasciare le proprie stanze - osservò Chuuya piegando le labbra in una smorfia mentre riprendeva a studiare l'impertinente che si era palesato di fronte a lui. - Mi sembra stare anche fin troppo bene - rivolse un'occhiata indagatrice al medico, il quale sembrò spaventato dal suo sguardo e si appresto a spiegare con fare balbettante e nervoso.
- E' la vittima di uno scontro a fuoco, il proiettile gli ha lacerato l'addome all'altezza dello stomaco e...-
- Ah, la vittima di uno scontro a fuoco? Cos'è non avevi pagato i tuoi creditori e quelli volevano farti la pelle? - rise Chuuya con l'intento di stuzzicarlo a propria volta.
- Non ho alcuna assicurazione sulla vita, quindi sarebbe stato stupido per loro eliminarmi. Una volta morto chi li avrebbe ripagati? - obbiettò logicamente Ranpo, inclinando la testa di lato mostrandosi confuso. - Non è molto intelligente vero? - si rivolse al dottor Usami come se il diretto interessato non fosse a meno di un metro da lui.
- Bhé... se ti hanno sparato è ovvio che tu sia immischiato in affari loschi - si trovò ancor più irritato da quel comportamento, - Quindi forse è meglio se te ne stai lontano, altrimenti potrei cominciare a fare qualche ricerca sui tuoi precedenti - lo minacciò, senza però ottenere alcuna reazione da parte di Ranpo se non un'alzata di spalle ed un'espressione annoiata.
- Allora, dov'è il corpo? Qui dentro? - li superò per sporsi all'interno della sala ricreativa, trovando difatti quello che cercava e facendo per entrare, finendo però subito fermato dall'altro detective che, con uno scatto, lo afferrò per il collo della maglia e lo trascinò indietro.
- Cosa credi di fare?.. - gli domandò furente, già pronto ad andare in escandescenza, chi era quel tizio molesto?  
- E perché indossa una divisa da infermiere? - si aggiunse Usami come se avesse notato solo a quel punto una simile stranezza,
- Non potevo certo andare in giro con il sedere in mostra - obbietto Ranpo, rivolgendosi al medico.
- Non ignorarmi! - si trovò ad urlare Chuuya, - Cosa tentavi di fare? - si ripete e, per un momento, sembrò che Ranpo stesse soppesando il peso delle proprie parole prima di pronunciarle, forse accantonando per la prima volta la sua faccia tosta. Alla fine però si ricordò chi fosse e, come al suo solito, l'orgoglio e la prospettiva di far sfoggio del suo titolo ebbero la meglio.
- Ma come, non conosci il mio nome? - gli regalò un sorriso strafottente, - Sono Ranpo Edogawa, il più grande detective esistente al mondo, e posso risolvere questo caso in meno di quindici secondi - punto l'indice contro la fronte del rosso il quale si trovò per un momento ad incrociare gli occhi per vedere dove indicava. - Dubito che lei possa fare altrettante, ma non si preoccupi, sarò così magnanimo di risolverlo per voi -
- Detective? - lo guardò in un misto di scettica incredulità il sosia di Chuuya, trovandosi poi a serrare i denti in quello che pareva un ringhio mal trattenuto, - Non abbiamo bisogno dell'aiuto di quello che di sicuro è un ciarlatano - sbottò brusco.
- Oh, ma io sto offrendo i servigi all'ospedale, non certo alla polizia - smise di dargli peso Ranpo voltandosi verso Usami che, caso voleva, era attualmente colui che faceva le veci del primario in sua assenza. - Se mi dà il permesso le indagini saranno concluse ancor prima del ritorno del suo capo, e con un'archiviazione lampo avrete la possibilità di arginare la chiacchiere - parlò con fare sfrontato ed arrogante, usando una parlantina appena cortese nel rivolgersi al dottor Usami. Il quale, pur avendo gli occhi nascosti dalla lunga frangia, parve piacevolmente stupito da quella proposta, e da subito cominciò a considerarla fattibile. Si afferrò il mento con fare pensieroso, perdendo quel fare insicuro con cui si era mostrato sino a quel punto e diventando di colpo serio ed affidabile.
- E cosa vorrebbe in cambio? - domandò, e un sorriso felino arricciò le labbra di Ranpo, il quale fece per sistemarsi il cappello sulla nuca, prima di rendersi conto che in realtà non lo stava indossando.
- Che saldiate la mia parcella - cinguettò schioccando la lingua, - Vede, con me non ho un soldo, e sarebbe complicato per me pagarla - spiegò sempre con quell'atteggiamento sicuro e strafottente, il quale fu capace di far sfuggire una risata al medico.
- Okay..- acconsentì asciugandosi gli occhi che avevano cominciato a lacrimare dalle troppe risa, - Signor Detective, accetto la sua proposta - acconsentì con il risultato di far imbestialire ancora di più l'ispettore capo lì presente, il quale parve saltare sul posto dallo stupore.
- COSA!? - urlò aggrappandosi con forza al collo del camice del medico, costringendolo a piegarsi di nuovo alla sua stessa altezza, - STA SCHERZANDO?! Vuole coinvolgere un tipo losco nelle indagini!? IO NON GLIELO PERMETTERO'!!! - protestò vivamente ma, se prima il suo atteggiamento era riuscito a far tremare il dottor Usami, ora la sua reazione non sortì in lui alcun effetto.
- Non sto impedendo alla polizia di fare le proprie indagini, ho solo deciso che anche l'ospedale aprirà una propria inchiesta per verificare l'accaduto. Che il signor Edogawa sia un detective capita a fagiolo, mi risparmia la fatica di cercarne uno, in più, nel caso si dimostrasse un incapace, non dovrò pagarlo - gli spiegò con perfetta calma, scostandolo con un gesto della mano per allontanarlo, visto che ne invadeva il suo spazio vitale.
- Allora mi considero assunto - il sorriso di Ranpo si allargò divertito, sopratutto nel sapere di aver fatto andare in escandescenza l'ispettore, il quale, non avendo più presa sul medico, rivolse a lui la propria attenzione.
- E' diritto dell'ospedale aprire un'inchiesta separata da quella della polizia, su questo non posso protestare - ammise, per quanto la resa disegnasse sul suo volto un'espressione di pura stizza, - MA TU! - e additò Ranpo con una tale violenza che il detective avvertì lo spostamento d'aria, - Fa qualche mossa strana o prova solo ad essere d'intralcio alle indagini e ti troverai in manette così velocemente che non saprai neppure come sia successo -
- Lo sa che la carenza di calcio può spiegare, non solo la sua scarsa altezza, ma anche i suoi scatti d'ira? Non è che da bambino ha bevuto poco latte? - non riuscì a trattenersi dal sfotterlo un altro po', comprendendo fin troppo bene perché Dazai si divertisse tanto a farlo.
- Bevi tu qualcosa che esce dal di dietro di un animale!! - replicò l'ispettore, visibilmente rosso in viso in un misto di rabbia ed imbarazzo, sentendosi punto nel vivo. Quel moccioso sfrontato meritava una lezione! Si ripromise, senza sapere che in realtà Ranpo era più vecchio di lui di qualche anno.  

- Forza Atsushi! Mi serve un assistente - gli intimò Ranpo, cercando di far riprendere il povero ragazzo dallo shock prima picchiettandogli la nuca con l'indice e riservandogli poi un calcio sul fianco, il quale, non essendo l'altro del tutto in se al momento, lo colpì in pieno.
- Co.. cosa le salta in mente!! - sembrò finalmente rinvenire Atsushi, saltando in piedi dal dolore, gemendo nel tastarsi la parte lesa. Aveva gli occhi lucidi dal pianto,
- Almeno adesso sappiamo che non stavi fingendo - replicò Ranpo alzando le spalle con fare disinteressato, - Su, forza. Tutti i geniali detective hanno sempre un assistente inutile alla loro spalle -
- Un che..? - finì con l'essere ancor più sbalordito e confuso dalla sue parole, - Vuole che l'aiuti? -
- No, il mio genio non ha bisogno dell'aiuto di nessuno! - negò Ranpo con quel suo tono infantile ed arrogante, additandolo con fare deciso, sembrava la sicurezza fatta persona. - Però mi sono mosso troppo e devono essere saltati i punti - aggiunse sempre con noncuranza, ma mostrando subito dopo un leggero cedimento nel aprire gli occhi, lasciando che le labbra si piegassero in una smorfia di dolore. - La ferita ha preso a sanguinare - sollevò una parte della divisa da infermiere che indossava per mostrargli una macchia rossa che pian piano aveva preso ad allargarsi sulla fasciatura che gli copriva il ventre.
- Perché non l'ha detto subito!? Devo farla vedere da un medico - come infermiere non poteva certo prendersene la responsabile, anche se magari si trattava di una cosa da nulla. - Dov'è andato il Dottor Usami? - era rimasto tanto sconvolto dall'accaduto da non rendersi conto di ciò che gli accadeva attorno, quindi non aveva notato come il dottore e l'ispettore si fossero allontanati.
- No, no, basta che mi cambi la fasciatura...- minimizzò Ranpo, - Come in realtà avresti già dovuto fare - azzittì le sue protesta cominciando a punzecchiarlo, - E dov'è lo snack che mi avevi promesso? -
- Lei è il diavolo - si trovò di nuovo messo alle strette il sosia di Atsushi, facendo uscire la voce in un verso frustrato.
- No, ma ci parlo ogni giorno, sai lavora con me - replicò con fare tranquillo Ranpo, ignorando lo sbigottimento dell'altro, - Allora, vuoi fare il tuo lavoro o devo chiedere a qualcun altro? -
- Va bene, va bene - acconsentì Atsushi esasperato, - Vada nella sua stanza, dovrei aver lasciato tutto il necessario lì. Ci sono anche gli antidolorifici e... SI E' PURE STACCATO L'AFLEBO?! - non se ne era accorto sino a quel punto.
- Dava fastidio portarselo dietro - sbuffò il grande detective, ormai stanco di tutte quelle chiacchiere inutili, - E comunque niente medicinali, devo essere lucido per risolvere un caso -
- Ah, allora lei è così quando è lucido? - si lasciò sfuggire sovrappensiero,
- Cosa vorresti insinuare? -  parve mostrare un velo di disappunto.
- Nu-nulla! -

Come il sosia di Atsushi si era immaginato, al momento camminare o anche solo stare in piedi non era una buona cosa per le condizioni della ferita di Ranpo, la quale mal sopportava lo stress datogli da un qualsiasi tipo di movimento. Ovviamente aveva cercato di avvertire il suo paziente incosciente che non era il caso di agitarsi troppo, ma come al suo solito l'altro aveva fatto "orecchie da mercante" e aveva voluto sentire solo ciò che voleva. Aveva ignorato qualsiasi premura l'infermiere avesse tentato di rivolgergli proponendogli magari di usufruire di una sedia a rotelle per spostarsi, poiché era già consapevole di quanto fosse impossibile convincerlo a rimanersene a letto. Ora il "grande detective" aveva fra le mani un caso, era impensabile che se lo lasciasse fuggire, sopratutto perché in gioco c'era la parcella dell'ospedale, la quale altrimenti sarebbe dovuta essere salda dalle sua tasche vuote.
- Potrei procurarle un bastone..- insistette Atsushi dopo aver finito di sistemargli la fasciatura, sempre meno deciso nelle proprie proposte,
- Non sono un vecchietto - replicò Ranpo stizzito, muovendosi a ridosso del muro poiché, ora che la fasciatura era nuova, aveva qualche difficoltà in più a muoversi, - Non è troppo stretta? - si lamentò fermandosi per voltare il capo verso di lui. L'infermiere si era attardato per recuperare le bende vecchie, sporche di sangue, così da gettarle in seguito nel contenitore apposito, e le sua mani ebbero una spasmo al commento di Ranpo.
- Non vuole sistemare i punti? Allora deve sopportare la fasciatura stretta, deve fermare la fuori uscita di sangue se non vuole avere un emorragia - spiegò un poco offeso, poiché pareva che tutti gli dessero dell'incompetente, prima fra tutti la morta nella stanza ricreativa.
- Sbagliato! - lo additò a quel punto l'altro, il tono infantile di un bambino che si trovava a dover spiegare le regole del gioco ad un adulto, - Non devi reagire in questo modo, reprimi la rabbia - gli ordino.
- Eh? - non ne capì le direttive il ragazzo,
- Secondo te ti ho fatto allontanare solo per la fasciatura? - sbuffò prendendo una cadenza irritante e saccente. - In quello stato eri come un agnellino gettato in mezzo ad un branco di lupi affamati - gli piacque l'allusione nel riflettere che l'altro Atsushi in realtà era una tigre mangia-uomini.
- Cosa intende dire? - una seria preoccupazione segnò il volto del ragazzo, il quale sentì i brividi percorrergli le braccia, causandogli la pelle d'oca,
- Bhé... tu e la vittima vi odiavate, no? Tutti in questo piano sanno quanto le piacesse umiliarti e ti riprendesse di continuo, per non parlare delle numero volte in cui ha minacciato di licenziarti - un sussultò attraversò il ragazzo come se fosse stato colpito da una scossa. - In più sei stato tu a trovare per primo il corpo - il suo sguardo si allargò colmo di una nuova, terribile consapevolezza,
- Aspetti, cosa vuole che.. - la voce gli morì in un sussurro mentre un senso di soffocamento gli serrava la gola, rendendogli difficile respirare.
- I tuoi colleghi potranno anche essere brave persone ma, una volta che la polizia comincerà ad interrogarli (sempre se non lo stanno già facendo), è fin troppo facile intuire quale quadro ne uscirà fuori - non gli indorò la pillola Ranpo, serio nel parlargli.
- Mi... mi accuseranno d-di aver fatto QUELLO? - sbottò l'infermiere, prendendosi la testa in un gesto disperato, colmo di frustrazione e confusione,  
- Congratulazioni, sei il principale sospettato Atsushi - gli disse con un leggero sorriso a fior di labbra, il quale però fece innervosire ancor di più l'altro. Di colpo l'infermiere scattò verso di lui in un impeto di rabbia, afferrandolo per il collo della maglia, rischiando di strapparne il tessuto sottile,
- PER LEI E' SOLO UN GIOCO QUESTO!!? - gli urlò contro furente, - Di là una donna è morta, e io sarò accusato di averla uccisa..- le parole si spezzarono, tramutandosi in un pianto isterico. Non era giusto, non era giusto. Lui si impegnava tanto perché tutto andasse per il verso giusto. Allora perché, perché doveva capitargli tutto quello? - Nessuno crederà alla mia innocenza, finirò in prigione...- ragionò in tono freddo e distaccato, lo sguardo perso a fissare Ranpo mentre le lacrime continuavano a scorrere. La sua mente, presa dal panico, non riusciva ad elaborare tutte quelle informazioni. Semplicemente non le poteva accettare.
- Tranquillo, tranquillo Atsushi - non rinunciò al tono calmo e giocoso Ranpo, nonostante per un momento il suo sguardo si fosse spalancato dallo stupore nel trovarsi aggredito dall'altro. - Io sono un grande detective, il migliore che esista - gli diede una serie di pacche sulla spalla nel tentativo di confortarlo. - Sii il mio assistente per questo caso e nessuno ti accuserà di aver fatto qualcosa di male - gli propose con un'allegria che stonava non poco in una simile situazione.
- Sta ancora cercando di sfruttarmi, signor Edogawa? - si trovò a ridere lui senza neppure capirne il motivo, una situazione troppo ilare per non farlo. Chi era quel strano, assurdo uomo davanti a lui? Si comportava un folletto dispettoso appena uscito da una favola eppure, ora che gli chiedeva di fidarsi delle sue abilità investigative, a lui veniva fin troppo facile farlo. Come poteva ispirargli una tale fiducia quando fino ad un momento prima lo considerava solo un bambino troppo cresciuto capriccioso viziato? Eppure, voleva credere che ci sarebbe riuscito. Avrebbe risolto quel mistero e sistemato tutto.
In quel momento Atsushi credette sul serio di essere di fronte al più grande detective al mondo.
- Ora vorresti mollarmi? Ho un caso da risolvere e un innocente da scagionare, e stiamo già perdendo fin troppo tempo - gli chiese dopo un po' che erano rimasti fermi statici in quella posizione, il collo della sua maglia ancora stretto nel pugno di Atsushi, il quale, quando glielo fece notare, lo liberò subito.
- Scu-scusi..- balbettò colmo di rammarico, - E se mi vuole come assistente, sarò felice di aiutarla - aggiunse avvertendo l'imbarazzo colorargli le guance e portargli lo sguardo a terra.
- Te l'ho già detto: ogni grande detective deve essere scorato da una spalla inutile, mi servi per far scena - proclamò tornando al suo fare arrogante e vivace, non voleva dare il tempo ad Atsushi per deprimersi un'altra volta, e aveva tutta l'intenzione di assillarlo fino alla conclusione delle indagini.
- Chissà perché lo immaginavo - rise, rassegnato a stare al gioco, più passava del tempo con quel "folletto" più lo trovava incredibile, e non sempre in senso positivo.


- Devo studiare la scena del crimine! - proclamò Ranpo testardo, il tono lamentoso di un bambino che faceva i capricci,
- Non possiamo rischiare che contaminiate la scena, o aspetta che vengano fatti tutti i rilevamenti o se ne va' - era altrettanto irremovibile l'ispettore Chuuya, le braccia incrociate al petto mentre cercava di ignorare la presenza molesta dell'altro alla proprie spalle. I suo collaboratori avevano iniziato a portargli i primi resoconti degli interrogatoria che venivano svolti al piano di sotto e, da ciò che poteva leggere da quei rapporti, al momento c'era una sola persona che sembrava provare un forte risentimento per la vittima.
- Ma il dottor Usami mi ha dato il permesso di fare le mie indagini per conto dell'ospedale, quindi posso entrare - continuava ad obbiettare il detective cominciando a battere i piedi per terra, mentre il rosso cercava di dedicarsi alle carte che gli avevano portato. Era bastanza chiaro che, il ragazzo accusato dalla maggior parte del personale ospedaliero, si trovava a subire fin troppo spesso i rimproveri della capo infermiera, la quale avvolte arrivava ad accusarlo ingiustamente. "E' possibile che sia partito di testa all'ennesima minaccia di licenziamento e, non sopportandone più i soprusi, abbia deciso di farla fuori" cercava di darsi una versione plausibile l'ispettore, per quanto gli fosse difficile concentrarsi con quel idiota autoproclamatosi "grande detective".
- E VA BENE! - non riuscì più a sopportarlo, - Le concede di studiare la scena del delitto, ma badi a non toccare nulla o vedrò di arrestarla, ricovero in ospedale o meno che sia - lo avvertì riservandogli un occhiataccia colma d'astio.
- Visto? Non ci voleva tanto - alzò le spalle Ranpo sospirando con fare esasperato come se fosse stato il comportamento del rosso a metterlo a dura prova e non il contrario.
- Ah, aspetta - lo fermò un momento dopo il sosia di Chuuya, si era ricordato che il primo sospettato dell'accaduto si era poco prima allontanato con lui, - Dov'è andato l'infermiere che era con te? - eppure nonostante il detective fosse tornato, l'altro non lo aveva fatto. Non si era forse già dato alla fuga? No, impossibile, la polizia stava presiedendo l'edificio, non gli sarebbe stato così facile uscire senza essere scoperto.
- Bho... probabilmente a fare cose da infermiere - rispose indifferente, - Perché dovrei saperlo? - prese a ripulirsi l'interno del padiglione auricolare con la punta del mignolo,
- Si è allontanato con te, cosa avete fatto? - insistette Chuuya, ignorandone l'atteggiamento.
- Doveva cambiarmi le bende, vista la confusione che c'è stata non ne aveva avuto il tempo - si limitò a spiegare sommariamente, finendo di pulirsi l'orecchio.
- Solo questo? - assottiglio lo sguardo il rosso fissandolo sospettoso,
- Solo questo - confermò lui, - Poi non so dove sia andato e cosa stia facendo adesso - sfidò con la medesima espressione l'ispettore, socchiudendo gli occhi per ricambiarne l'occhiataccia.
- Uff...- sbuffò stanco, cominciando a grattarsi nervoso la nuca, arruffandosi i capelli, - Va bene, per il momento lasciamo stare, intanto non può lasciare il piano senza essere scoperto - affermò, - Sappi però che dopo dovrò interrogarvi entrambi, anche voi eravate presenti in questo piano durante l'ora dell'omicidio -
- Ma siete sicuri che la donna sia stata avvelenata a questo piano? - domandò lui, ricevendo in cambio un'occhiata curiosa,
- Il cianuro è un veleno ad effetto istantaneo, non c'era modo per la vittima d'essere stata avvelenata in un luogo diverso da dove è stata trovata - aveva l'espressione di chi spiega qualcosa di cui l'altro avrebbe già dovuto essere a conoscenza, poiché si proclamava "grande detective".
- Appunto, è il cianuro a non tornare - alzò le spalle Ranpo, indicando con fare vago l'ambiente attorno a se, - Siamo in un ospedale, di veleni non facilmente rintracciabili qui ce ne saranno a bizzeffe. Perché scegliere qualcosa di così banale? -
- Forse il colpevole non aveva scelta, o non era così esperto, probabilmente non aveva il permesso di accedere a sostanze pericoloso e ha dovuto ripiegare su quello - tento di dare qualche spiegazione plausibile l'ispettore. Il quale non si accorse di aver parlato troppo, dando così conferma alle supposizioni di Ranpo, la polizia aveva già cominciato a sospettare di Atsushi. Non poteva riferirsi ad altri con quel "non aveva il permesso di accedere a sostanze pericoloso", Atsushi era l'unico infermiere neo-assunto.
- Quindi ora state cercando qualcuno che abbia comprato di recente una dose di cianuro o che abbia modo di procurarsene una? -
- Una dose di cianuro letale per un uomo si può ricavare anche solo dai semi di diciotto mele - fu la veloce replica che ricevette dal rosso, il quale parve intuire il suo piano, stava forse tentando di sviare le indagini? - Tu non dovevi andare ad esaminare la scena del crimini? -
- Vado, vado...- sbuffò Ranpo, fingendosi offeso nel incrociare le braccia dietro la testa mentre si allontanava, quell'ispettore era più sveglio di quanto non sembrasse. Non aveva abboccato all'amo e avrebbe continuato a puntare su Atsushi come un toro mirava allo svolazzare rosso del drappo.
Sulla scena del crimine c'erano molti meno uomini di quanti ce ne fossero stati una mezz'ora prima, segno che probabilmente Chuuya gli aveva mentito, e che la maggior parte dei rilevamenti, se non tutti, era già stati fatti.
Aveva cercato di fargli perdere tempo? Ranpo sorrise fra se e se, cominciava a provare un certo interesse per quel capo detective.
Il cadavere era ancora dove lo aveva trovato Atsushi, le tracce di cianuro si trovavano sulle labbra e sulle mani della vittima. Ciò poteva far supporre che potesse essersi avvelenata da sola, prima afferrando qualcosa ricoperta dal veleno e poi portandosi le dita alla bocca, probabilmente per mangiare qualcosa. Erano pur sempre nella sala ricreativa, pareva un'ipotesi plausibile.
- Ehi, colonnello Fritz - Ranpo si rivolse ad uno degli uomini impegnati a sorvegliare la stanza, ed assicurarsi che lui non contaminasse le prove. Pareva piuttosto avanti con gli anni, ma aveva ancora il fisico prestante, i tratti da europeo e la barba gli ricordavano sommariamente le raffigurazioni il vecchio statista tedesco. Il fatto più strano fu che l'uomo parve non stupirsi del soprannome e subito rispose al suo richiamo,
- Si? - gli domandò, l'espressione serie ed austera,
- Che residui di cibo sono stati trovati nella sua bocca? - gli chiese indicando il corpo della vittima.
- Sulla bocca nulla, dovremmo aspettare l'autopsia per vedere il contenuto dello stomaco - rispose l'uomo,
- Bene, grazie...- lo congedò sbrigativamente Ranpo, allontanandolo con un cenno della mano mentre prendeva un'aria pensierosa. Nessuna traccia di cibo nella bocca, eppure c'era del cianuro sulle labbra. Sorrise tra se e se, era esattamente come pensava. Aveva fatto bene a mandare Atsushi a controllare quella certa cosa. Ora doveva solo attendere che tornasse prima di usare il suo "super intuito" e mettere quindi fine al caso. Se non gli era accaduto nulla avrebbe dovuto essere già di ritorno.
- CAPO!!! - l'urlo di un agente attraversò il corridoio, precedendo i passi affrettati di una corsa, - U-un...- balbettava, e la sua voce suonava piuttosto giovane, doveva essere ancora fresco d'accademia. - Un infermiere...- riuscì a riprendere il controllo di se, schiarendosi un momento la voce, - Ha tentato di suicidarsi impiccandosi alla finestra del bagno degli uomini -
- COSA?! - urlò a sua volta l'ispettore Chuuya e Ranpo non faticò ad immaginarsi la sua espressione stupida e sconvolta, - E chi sarebbe? -
- Il sospettato, quello che si era allontanato -
Era lo stesso senso di stordimento e confusione che attraversava ora il volto di Ranpo, i cui occhi si erano spalancati d'orrore. Senza pensarci il detective uscì dalla stanza alla svelta, nonostante la ferita dolorante, correndo fino al bagno degli uomini, dove trovò ancora un piccolo gruppo tra poliziotti, medici ed infermieri che creavano una piccola folla attorno ad un unico corpo.
- Atsushi..- lo chiamò sconvolto, riconoscendo subito il ragazzo, uno spesso segno rosso a segnarli il collo lì dove un laccio era stato stretto, dalla porta aperta del bagno Ranpo intravide un cappio legato alla base delle finestra, dove probabilmente era stato trovato appeso.
- E' ancora vivo...- annunciò il dottor Usami, chino sull'infermiere, - Il polso però è debole e non sappiamo da quanto tempo è stato senza respirare, dobbiamo dargli dell'ossigeno per evitare danni al cervello - annunciò dando ordini come un vero direttore, la voce ferma ed autoritaria.
- Perché l'avrebbe fatto..- mentre qualcuno portava una barella per Atsushi, altre infermiere cominciarono a parlottare fra loro,
- Probabilmente il senso di colpa era troppo...-
- Allora è stato davvero lui? - poteva sentirne i sussurri Ranpo, avvertendo un misto di rabbia e senso di colpa imprimersi in lui.
- Controllate il suo corpo! - intervenne mentre anche l'ispettore Chuuya si aggiungeva la gruppo, - Dovrebbe esserci qualche segno, anche solo una puntura d'insetto, qualcosa!!- iniziò ad urlare mentre tutti si voltavano a guardarlo come fosse pazzo.
- Ehi, calmati - gli consigliò il rosso appoggiandogli una mano sulla spalla, trovandolo fin troppo agitato,
- Non ha cercato di suicidarsi è una messa in scena - non si calmò Ranpo, - E se non facciamo qualcosa non si sveglierà, probabilmente è stato avvelenato anche lui per essere tolto di mezzo - annunciò a gran voce, ignorando le parole dell'altro. - E' stato il vero colpevole a farlo, bisogna controllare se ha qualche segno di iniezione - insistette con più veemenza.
- EHI! - lo obbligò a voltarsi Chuuya, afferrandolo per entrambe le spalle, facendosi guardare in viso, - Cosa stai dicendo? Stai vaneggiando? -
- Non è lui il colpevole! - proclamò convinto, - Se mi lasciate un altro po' di tempo ve lo dimostrerò. Ora però fate quello che ho detto, o tra qualche ora avremmo un altro cadavere - fissò per tutto il tempo dritto negli occhi l'ispettore, il quale capitolo sotto il suo sguardo.
- Fate come dice... - sbuffò arrendevole, - Controllate che il ragazzo non abbia segni di punture o simili e, visto che siamo in un ospedale, analizzategli il sangue - ordinò.
- Un'analisi del sangue? Ne è sicuro? - sembrò stupito il dottor Usami,
- Neppure a me convince la storia del cianuro, e se davvero il ragazzo è stato avvelenato, con un'analisi sapremo che tossina gli hanno iniettato - esisto un momento prima di chiedere: - Quanto tempo ci vorrà? -
- Dipende dalle analisi... ma non meno di un'ora - spiegò il medico e le labbra dell'ispettore si piegarono in una smorfia contratta,
- Speriamo non sia troppo per salvargli la vita - commentò lapidario, mentre Atsushi veniva portato via su una barella.

Ranpo camminava su e giù nel corridoio, nonostante la ferita avesse ripreso a sanguinargli per l'eccessivo sforzo a cui aveva sottoposto il proprio corpo. Nervosamente si torturava con i denti l'unghia e le pellicine del pollice, in una serie di contrazioni involontarie mentre costringeva la propria mente a ragionare ad una velocità doppia, se non tripla rispetto al suo solito. Era ovvio che era colpa sua se Atsushi aveva finito con l'essere trovato impiccato alla finestra del bagno. La sua vita ora era in pericolo e solo perché lui aveva voluto metterlo in mezzo. Era più debilitato di quanto credesse se non era riuscito a prevedere una mossa simile da parte del colpevole. Oppure aveva solo sopravvaluto le capacità di Atsushi, dimenticò che non si tratta del vero Atsushi, ma di un sosia che lavorava come infermiere. Avrebbe dovuto rifletterci meglio sul coinvolgerlo, ma aveva avuto davvero bisogno del suo aiuto. Per quanto il "super-intuito" fosse infallibile, in quell'ambiente in cui la polizia faticava a dargli fiducia, aveva bisogno di possedere già le prove per incastrare il colpevole, o c'era il rischio che questi se ne liberasse prima che lui convincesse l'ispettore ad indagare. Con ogni probabilità le prove che aveva cercato di ottenere tramite Atsushi, ormai erano andate perse e senza di esse non sarebbe riuscito a dimostrare chi fosse il vero fautore di tutti quei crimini.
Certo, a meno che...
- Tu centri qualcosa con quel che è successo a quel ragazzo, vero? - gli si avvicino il sosia di Chuuya, il quale si grattava il retro della nuca con un'espressione esasperata. Era ben visibile quanto volesse essere da tutt'altra parte invece che lì, la situazione si era complicata non poco e non ne pareva affatto contento.
- Crede che in questo momento sia nelle condizioni di appendere una persona per il collo?.. già in una situazione normale per me sarebbe una faticaccia non da poco, figurarsi ora che sono ferito - rise Ranpo, nascondendo quella preoccupazione che, prima della venuta del capo detective, gli aveva colmato il volto.
- Non sto dicendo che l'hai impiccato tu, dico solo che è colpa tua se è finito impiccato - non era demorso il rosso, lo sguardo deciso, nuovamente pareva un toro che stesse puntando dritto il muso contro la cappa del torero.
A quell'accusa, che sapeva vera, Ranpo faticò a mostrarsi indifferente, lasciando che il solito sorriso arrogante e strafottente gli sollevasse le labbra.
- Penso mi stia sopravvalutando, signor ispettore. Cosa avrei guadagnato nel spingerlo a farlo? - tastò il terreno, tanto per giudicare quanto vicino alla verità l'altro fosse.
- Questo ancora non lo so, ma potrebbe anche essere che tu non volessi che andasse a finire così, sopratutto per come hai reagito poco fa - gli sorrise con una nota di sfida negli occhi, - O sei un ottimo attore o tentavi davvero di salvargli la vita. E questo mi fa credere che tu sappia già chi sia il colpevole -
- Ma come, non diceva che era stato l'infermiere? - lo pizzicò invece Ranpo, non volendo condividere le proprie informazioni se non prima di aver intrappolato il malfattore nella propria rete. Non amava lasciare possibilità di fuga ai criminali.
- Era il principale sospettato, ma se davvero si scoprirà che è stato avvelenato allora ci saranno poche possibilità che lo sia -
- E da quando un buon detective avanza solo per ipotesi invece di cercare le prove? - replicò Ranpo, ora che pareva disposto ad ascoltarlo, cominciava a diventargli simpatico.
- Non ho mai detto di essere un buon detective - replicò Chuuya incrociando le braccia la petto, accennando ad un sorriso, e dallo scambio di sguardi che seguì Ranpo ne comprese i propositi.
- Oh, vuole sfruttarmi? - sogghigno in risposta, avvertendo quel senso di divertimento che l'altro gli procurava aumentare, era tutt'altra storia rispetto a quella volta che erano rimasti intrappolati assieme nel libro di Poe.
- Riconosco che tu possa essere il grande detective che dicevi di essere - ammise Chuuya, - Quindi, mi dirai ciò che sai? - gli porse la mano per sancire un contratto, era pronto ad ammettere la sua inferiorità e si stava abbassando a chiedere il suo aiuto. L'orgoglio da detective di Ranpo non ne poteva che esserne sollecitato,
- No - fu però la lapidaria risposta che il rosso ricevette da parte sua.
- Che..? - sussultò visibilmente stupito, la mano ancora stesa a cercare la sua,
- Bhé, normalmente non avrei problemi a condividere le mie informazioni con i poliziotti - alzò le spalle Ranpo, sospirando amaro, quasi ne fosse realmente dispiaciuto. - Ma sono stato assunto dall'ospedale, non ho quindi nessun obbligo a rivelarvi il risultato delle mie indagini - diede un paio di amichevoli pacche in cima alla testa del rosso, tanto per evidenziare la, seppur minima, differenza d'altezza.
- Tu brutto...- fu sul punto di imprecargli contro Chuuya, stringendo la mano tesa a pugno quasi fosse pronto a colpirlo, sembrò faticare non poco a trattenersi.
"Che gentile, ricorda che sono pur sempre un paziente" si divertì ancor di più al suo atteggiamento Ranpo, sogghignando fra se e se,
- Bene, ora che abbiamo chiarito la questione...- gli rivolse un cenno per chiudere la conversazione, - Possiamo entrambi tornare ad investigare - cominciò ad allontanarsi prendendo il corridoio. - Ah, per la cronaca: ovviamente ha ragione, conosco già l'identità del assassino; però non sono disposto a condividerla in cambio di nulla - proclamò con fare strafottente, voltandosi solo per fargli un'infantile linguaccia, tanto per irritarlo ancora di più.
- Guarda che potrei accusarti di intralcio alle indagini!! - proruppe rabbioso Chuuya, senza riuscire a controllare il volume di voce dalla rabbia e finendo per urlare,
- Lo faccia, ed io dirò che è un incompetente che non riesce ad concentrarsi sul caso perché troppo impegnato a pensare al proprio appuntamento galante andato in fumo - rimbeccò senza il minimo cenno di fastidio Ranpo, rimanendo sempre con quel suo fare infantile e strafottente.
- Co.. come fa a sapere del mio appuntamento? - sbianco l'ispettore irrigidendosi di colpo, colto in fallo, eppure neppure la sua squadra avrebbe dovuto saperlo, nessuno poteva averglielo rivelato.
- Perché, a differenza sua, io sono un "buon detective" -  lo lasciò così Ranpo, tornando alla propria stanza, gongolando fra se e se, giocarsi di lui stava diventando un bel passatempo.

Ranpo tornò nella propria stanza e, da quel punto, si mise in attesa. Sapeva che la discussione fra lui e l'ispettore avrebbe fatto presto il giro dell'intero piano e, con essa, l'informazione che fosse a conoscenza dell'identità del colpevole sarebbe trapelata, arrivando all'orecchio della persona a cui era interessato. Difatti, il dottor Usami non si fece attendere troppo, arrivando alla sua porta poco più di una mezz'ora dopo l'accaduto. Pareva irritato e sovreccitato, ma lo si poteva capire visti i brutti affari in cui era capitato. Nervoso, si torturava l'interno guancia con i denti,
- Allora, i risultati delle sue indagini? - proruppe chiudendosi la porta della stanza alle spalle, trovando Ranpo comodamente disteso sul proprio letto con le ginocchia alzate, ai suoi occhi, impegnato solo a perdere tempo. Era entrato senza bussare, preso da una certa foga, - Il primario sarà qui tra poco meno di due ore, mi dica che ha scoperto qualcosa - lo supplicò. D'improvviso, quel detective assunto quasi per scherzo sembrava essere divenuto estremamente importante per lui.
- I risultati del sangue? Sono già pronti? - chiese invece Ranpo, ignorandone il tono assillante delle domande, raddrizzandosi seduto sul materasso mettendosi a gambe incrociate.
- No, ci vorrà ancora un'altra mezzora come minimo - rispose il medico, trovandosi confuso dalla sua domanda,
- Atsu... l'infermiere come sta? - dovette correggersi poiché Atsushi non era il vero nome del infermiere ma solo un sopranome che gli aveva dato lui.
- Al momento i suoi valori sono stabili, il battito però rimane debole e ancora non ha ripreso conoscenza -
- E se il veleno finisce di agire su di lui non la riprenderà, non è così? Avrà una crisi respiratoria, il cuore si fermerà e non ci saranno più problemi, giusto? - domandò a bruciapelo, provocando così un eccesso di rabbia al medico, il quale strinse i pugni dal nervosismo.
- Non ci sono ancora prove che il ragazzo sia stato avvelenato, al momento è solo una sua teoria. Non sono state neppure rinvenute tracce di aghi o punture sul suo corpo - spiegò freddamente, pareva voler rimanere convinto che Atsushi fosse il colpevole e si fosse impiccato da solo.
- Perché non è stato cercato bene - replicò Ranpo convinto, e l'irritazione del dottor Usami parve aumentare ancora,
- Mi porti le prove che ha ragione! E allora comincerò a crederle - sbottò, le cose gli erano sfuggite di mano e non pareva piacergli affatto.
- Cosa è successo al signor Inamura? - cambiò discorso,
- E adesso lui che c'entra? Vuole forse dirmi che è stato un ex-paziente ad avvelenare la capo reparto e l'infermiere? Cos'è non era contento del trattamento che aveva ricevuto qui in ospedale? - sembrò recuperare un po' d'autocontrollo, per quanto l'atteggiamento di quel detective continuasse ad irritarlo. Era venuto a chiedergli cosa avesse scoperto, perché ora finiva per rispondere alle sue domande?
- Oh, sarebbe una teoria interessante, se il signor Inamura non fosse morto questo pomeriggio - convenne Ranpo, l'aria tranquilla di chi stesse parlando del tempo atmosferico.
- Che sta dicendo, quel paziente è stato dimesso, non è deceduto - lo corresse Usami, ma il detective non demordette,
- Così è scritto nella sua cartella, ma le assicuro che, quando è stato messo in quel sacco per cadaveri e portato al piano di sotto, il signor Inamura era di certo morto - lo sguardo del dottore si allargò dallo stupore mentre la sua mascella si irrigidiva per un movimento involontario.
- Lei ha visto la scena? - domandò serio,
- Assolutamente no, ma penso sia andata più o meno così. E sono abbastanza sicuro che ora, il signor Inamura, sia ancora in obitorio ma con una targhetta con un nome differente dal suo -
- Come ne può essere così sicuro se non ha la minima prova a riguardo? -
- Oh, ma le avrò. Non appena convincerò il signor ispettore ad indagare al riguardo - socchiuse lo sguardo per incrociare quello del dottore, il quale comprese che non si trattava di una minaccia a vuoto.
- Ma questo comunque cosa centra? Perché la presunta morte di questo paziente dovrebbe centrare con ciò che è accaduto, oggi? - volle informarsi il dottore, poiché non vi vedeva alcun collegamento, purtroppo i pazienti in ospedale morivano ogni giorno, era un realtà appurata.  
- Forse perché il signor Inamura non è il primo - spiegò Ranpo, l'espressione seria nel parlare, - Probabilmente ce ne sono stati altri, prima di lui. Pazienti morti per l'incompetenza dell'ospedale e segnati come "dimessi", i cui corpi poi sono stati fatti sparire -
- Sta accusando l'ospedale di negligenza? - si mise sulla difensiva il dottor Usami, sempre più furente, urtato nell'orgoglio da simili accuse.
- No, sto accusando l'ospedale di rivendere gli organi di quei pazienti che fa "sparire", approfittando di quelli soli, senza parenti o amici, di cui si è certi che nessuno farà domande -
- Non voglio ascoltare oltre simili scempiaggini! - fece per andarsene il dottore, il volto livido di rabbia e il corpo rigido, pareva sul punto d'esplodere.
- Poi però alla capo infermiera è venuto qualche dubbio, non è così? - insistette Ranpo e Usami di bloccò lì, con la mano sulla maniglia della porta. - Forse ha cominciato ad insospettirsi, o forse qualcuno ha commesso qualche errore. Comunque ha iniziato ad intuire gli affari marci che venivano gestiti qui, ed è diventata un potenziale pericolo quindi, come tale, è stata eliminata -  il medico tornò a voltarsi verso il detective, e a Ranpo non sfuggì il rumore provocato dallo scatto della serratura che si chiudeva. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra, proprio come si aspettava. - Infondo era un piano che poteva funzionare, c'era quel ragazzo, quel infermiere con cui la donna litigava di continuo, in più si trattava di un disadattato, povero e senza famiglia. Era un capro espiatorio perfetto. Come poteva fallire? - continuò a parlare fingendo di non aver notato come l'atteggiamento dell'altro fosse mutato. Se un momento prima pareva colmo di rabbia, ora era del tutto calmo, quasi rilassato. E come poteva non esserlo, aveva già trovato un modo per sistemare tutti i propri problemi. - Ah, l'aggiunta del cianuro poi, un bel modo per sviare le indagini - bastava eliminare anche quel seccatore e l'ospedale ne sarebbe uscito pulito. - Mettendo un veleno così in bella vista chi avrebbe pensato a cercarne un altro? Viste anche le condizioni della vittima, che corrispondevano ai sintomi d'avvelenamento da cianuro, chi non avrebbe creduto fosse stata avvelenata con quello? -
- Non ho idea di dove voglia arrivare dicendomi tutto questo, signor Edogawa - si era avvicinato ad un lato del letto, mentre Ranpo non si perdeva un suo singolo movimento, come il fatto che avesse nascosto entrambe le mani nelle larghe tasche del camice.
- Ma come, non voleva che le confidassi il risultato della mie indagini, dottor Usami? - il sorriso arrogante e strafottente gli arricciò le labbra, non poteva fingere di non starsi divertendo un mondo. - E' quello che sto facendo, e alla fine ho scoperto che, alla base di tutti questi incresciosi crimini che le ho elencato, non c'è altro che lei -
- Oh, davvero? E come avrei potuto farla franca sino a questo punto se davvero tenessi uno smercio illegale di organi? - rise l'uomo senza però alcuna allegria, lo sguardo freddo e sottile, tagliente come la lama del bisturi che ora stava puntando al collo di Ranpo.
- Ovviamente il primario è coinvolto in tutto questo, altrimenti perché sarebbe assente proprio in un momento simile? Si stava creando un alibi mentre lasciava a lei, il suo secondo, il lavoro sporco - ignorò la lama che gli veniva puntata alla gola, sfidando senza una velo di timore, con la solita arroganza che lo caratterizzava, lo sguardo del medico-assassino. - E di certo una rapida ricerca sul passato di alcuni dei membri dell'equipe medica farà probabilmente scoprire che una buona parte è stata espulsa dall'albo dei medici - avvertì la punta della lama cominciare ad incidergli la carne, fino a fargli scivolare lungo il collo un rivolo sottile di sangue. -... anche lei è uno tra quelli, vero signor Usami? E' stato attirato dal primario di questo ospedale con una proposta di lavoro dopo che aveva perso il senso della propria vita, ovvero la sua professione, il suo orgoglio. Era disposto a tutto pur di tornare ad operare, ed ha finito con l'accettare una simile proposta - rise, prendendosi gioco di lui, - E' sempre stato marcio dentro, non è così? -
- Piantala! - gli ordinò il dottor Usami, lasciando che la pressione del bisturi si facesse un poco più pesante sulla sua carne, - Feccia come voi non può capire, io ero il migliore e quei bastardi dei miei colleghi mi hanno tagliato fuori. Nulla di tutto questo sarebbe successo se loro mi avessero lasciato fare quel che volevo. Se si tratta della vita di un pezzente che importa che ce ne sia uno in più o uno in meno per strada? Simile immondizia non dovrebbe neppure esistere - Ranpo non reagì al suo improvviso sbottò, se lo aspettava e continuava a guardarlo dritto negli occhi, in una muta sfida, seppur un leggero strato di sudore freddo gli stesse ora coprendo la fronte. - Ah, fingi che non sia così, ma hai paura, eh? - non gli sfuggì il suo disagio, - Fammi indovinare: "non voglio morire", oppure, "devo andare ad avvertire la polizia di questo pazzo"; bhé, non te ne lascerò la possibilità - rise, - E' stato stupido da parte tua non confidare subito i tuoi sospetti a quel ispettore inetto, cos'è pensavi di ricattarmi? Volevi usare quello che avevi scoperto per rubare soldi all'ospedale? - lo accusò con violenza crescente, la mano perfettamente ferma, senza esitazione o tremito, nello spingere il bisturi sulla giugulare del grande detective. - Hai detto che sono marcio? Se queste erano le tue intenzioni non sei certo meglio di me -
- Allora ammette che tutto quello che ho detto è vero? - gli domandò Ranpo, una leggere serie di brividi lungo la pelle,
- Ancora insisti? Cos'è il tuo ultimo desiderio? Bhé, se è così allora ti accontento: sì, sono stato io ad uccidere la capo infermiera e a far in modo che quell'infermiere finisse sospettato -
- Ed è sempre stato lei a simularne il suicidio? - il medico sbuffò, probabilmente stanco delle sue domande,
- Cos'è ti eri affezionato a quel idiota che non sa neppure far decentemente il suo lavoro? - fu sprezzante lui, - E va bene, ammetto anche questo, non era nei piani inizialmente. Ma quel piccolo bastardo stava frugando nella mia roba e aveva trovato il veleno che avevo usato per sistemare la capo sala. Ho dovuto un po' improvvisare, ma era una messa in scena ben fatta, no? - parve orgoglioso del proprio operato. Come tutti i malviventi che si rispettano aveva un bisogno narcisistico di vantarsi delle proprie malefatte, così da dimostrare quanto fosse geniale e migliore di tutti gli altri.
- E il cianuro? - Ranpo tentò di deglutire, avvertendo un eccesso di saliva in bocca, ma la pressione della lama glielo impedì,
- Quello? Glielo ho messo addosso mentre fingevo di vedere se fosse ancora viva e, per sicurezza, ne ho nascosto un po' tra gli oggetti personali di quell'infermiere ficcanaso. Così anche lo stupido ispettore dovrebbe riuscire a fare 2+2, o almeno lo spero - rise, - Bhé, dovrà pur essercene uno intelligente nella sua squadra per arrivarci - si calmò di colpo, come svuotandosi di quell'eccesso d'emozioni che l'aveva riempito sino a quel punto. - Ora però finiamola, mi sono stancato di questa storia - fece con aria annoiata, estraendo una siringa dall'altra tasca del camice, - Sai queste le uso per i miei "pazienti speciali", sì quelli assegnati allo spaccio degli organi. Non lascia tracce ad un'analisi sommaria del sangue ed anche in piccole quantità è sempre letale -
- Mi stavo chiedendo quando lo avrebbe tirato fuori - ammise Ranpo, l'espressione che adesso tradiva una sincera preoccupazione.
- A seconda delle dosi agisce in maniera differente, la capo infermiera è morta dopo cinque ore da che glielo aveva somministrato; a quel infermiere probabilmente rimangano ancora tre ore. A te toccherà una dose ben superiore a quella che ho usato per loro. Poi farò in modo che nei tuoi esami risulti che l'infermiere ti abbia avvelenato prima di tentare il suicidio -
- Capisco, visto il mio genio devo essere eliminato in fretta - ironizzò Ranpo,
- Riesci a scherzare anche in un momento simile? -
- Essendo un grande detective il fatto di aver appena incastrato il colpevole mi porta ad un'euforia tale che riesco anche ad ignorare la situazione in cui mi trovo - sorrise inclinando il capo da una parte, non c'era più alcuna traccia di timore sul suo volto.
- Come incastrato, tu...- parve confuso il dottor Usami, ma probabilmente tutto gli fu chiaro un momento dopo, quando "lo stupido ispettore" sfondò con un calcio la porta della stanza, scardinandone la serratura, entrando all'interno ben armato con la propria squadra alle spalle, anch'essi con le pistole alla mano.
"Saranno almeno una dozzina" li contò Ranpo non molto colpito, mentre, in un inutile tentativo, il dottor Usami tentava di gettare la siringa colma di veleno fuori dalla finestra.
- Anche se la distruggi, so già dove tieni la tua scorta - gli disse il detective, il quale, mentre avveniva l'arresto, non si mosse di un millimetro dal letto sul quale sedeva, osservando la scena con aria annoiata.

- Da quello che mi hanno detto, ora che hanno la tossina, dovrebbero essere in grado di salvare la vita a quel ragazzo - gli disse l'ispettore, avvicinandolo mentre un infermiere finiva di applicargli una fasciatura al collo, a coprire dove il bisturi l'aveva tagliato. - Lo hai scagionato e gli hai pure salvato la vita, quando si sveglierà dovrà proprio ringraziarti - aggiunse cominciando a grattarsi nervosamente la nuca, probabilmente cominciava a provare un certo imbarazzo a confrontarsi ora con lui. - Forse non serve che te lo dica...- sbuffò evitando il suo sguardo, fissando con ostinazione crescente il pavimento,
- Ma me lo dica lo stesso - sogghignò Ranpo, godendosi la scena, gongolando del suo disagio.
- Avevi ragione su tutto. I pazienti scomparsi, lo smercio illegale di organi. Abbiamo appena grattato sotto la superficie e subito tutto è saltato fuori...- era in evidente imbarazzo, e questo pareva irritarlo, ma d'altronde sembrava irritarsi per ogni cosa. Probabilmente se ne sentiva umiliato, poiché, era bastato seguire le direttive di Ranpo, lasciare che i suoi uomini andassero a sbirciare dove lui gli aveva indicato perché fossero investiti dal marciume che riempiva quell'ospedale. - Quindi, insomma, non credo che quel infermiere sia l'unico a doverti ringraziare -
- E..? - insistette Ranpo, come se avesse potuto lasciarlo andare con così poco,
- E mi dispiace di aver dubito che tu fossi "il grande detective" che declamavi essere - sbuffò.
- Ovviamente mi aspetto una ricompensa per le mie indagini, non lavoro gratis - sogghignò Ranpo, provocando l'ennesimo moto di stizza al rosso, il quale dovette frenare l'ennesimo istinto di colpirlo.
- Cosa vorresti, sentiamo? - incrociò le braccia al petto, aveva bisogno di una sigaretta, ma era pur sempre in un'ospedale.
- Come ho già detto, sono senza un soldo, quindi ho bisogno di qualcuno che saldi la mia parcella medica..- iniziò con le proprie pretese,
- Okay, è fattibile - acconsentì il sosia di Chuuya, il quale trovava che comunque era una spesa meno gravosa che ad assoldare un vero detective.
- Secondo, ora questo ospedale verrà probabilmente chiuso, o comunque vi sarà un indagine generale su coloro che lavorano qui e avverranno una serie di licenziamenti... - incrociò lo sguardo del rosso, il quale gli parve piuttosto confuso, poiché non sapeva dove volesse andare a parare. - Dovete trovare un lavoro a quel infermiere che è finito coinvolto nelle indagini. Infondo ha rischiato la vita per trovare le prove che servivano ad incastrare il colpevole -
- Non è stata la polizia a mandarlo nella tana del lupo - ringhiò Chuuya, sospirando però subito dopo, - E va bene, dovrebbe essere libero un posto da segretario alla centrale, è qualcosa che anche un tipo come lui potrebbe fare - acconsentì iniziando a parlare fra se e se pensieroso. - Certo che però ti sei dato un gran da fare per questo tipo - aggiunse, - E' un modo per ripagarlo di averlo messo in pericolo? -
- No, è il suo compenso per aver accettato di farmi d'assistente - negò Ranpo prendendo la solita espressione infantile e strafottente. - E poi, per quanto ingenuo, idiota, imbranato e lento che sia, è comunque un bravo ragazzo -
- Ohohoh!! E' un complimento quello che sento? Credevo fossi un tipo tanto narcisista da non essere in grado di riconoscere i meriti degli altri - lo pizzicò il rosso, dandogli una forte pacca al centro della schiena, che fece piegare in due l'altro.
- Non mi sta dando troppa confidenza, ora? - ebbe un moto di sospetto, trovandolo troppo amichevole nei propri confronti.
- Bhé... ho deciso che, nel caso ci trovassimo bloccati in altri casi complicati, potremmo affidarci al suo infallibile intuito, mio signor detective - gli propose Chuuya allungando la mano come aveva fatto qualche ora prima, quando gli aveva chiesto di collaborare. In quel momento Ranpo aveva finto di rifiutare, consapevole di essere sorvegliato dall'occhio lungo del dottor Usami, il quale però non aveva notato il biglietto che aveva lasciato al rosso mentre gli rivolgeva qualche pacca amichevole in cima alla testa. Era stato con esso che Ranpo gli aveva richiesto di sorvegliare la sua stanza e di nascondervi un registratore da qualche parte, poiché sarebbe riuscito a far confessare il colpevole.
- Mi dispiace, ma per quanto divertente sia stato, devo rifiutate - di nuovo non gli strinse la mano, negando al con tempo con la testa,
- Ma come? Un grande detective che rifiuta una proposta di lavoro simile? - si stupì Chuuya sussultando, ritirando la mano quasi ne fosse rimasto scottato. Era già la seconda volta in quel giorno che si trovava in una situazione simile.
- Ecco, è che io ce l'ho già un lavoro, ed intendo tornare a quello - alzò le spalle lui,
- Vuoi tornare a quell'agenzia di cui nessuno ha mai sentito nominare? -
- Ah, allora qualche indagine su di me l'ha fatta! - non gli sfuggì e ancora una volta Chuuya si trovò a capitolare,
- Ho solo ascoltato le voci che girano sul tuo conto qui in ospedale - ammise alzando le spalle, - Comunque, cos'ha quel posto di tanto speciale? - gli domandò incuriosito.
- Perché l'Agenzia è stata creata apposta per il mio illustre genio, e per l'appunto non potrebbe neppure esistere senza di me, il suo miglior (nonché unico) detective - proruppe orgoglioso, - E poi si parla di casa - aggiunse in tono meno prorompente e quasi timido.
- Oh, capisco - rise Chuuya, per una volta accondiscendente nei suoi confronti, - .. E quando conti di tornarci? -
- Anche adesso, se fosse possibile -


Al risveglio Ranpo si trovò di fronte al familiare soffitto dell'infermeria dell'agenzia. Non erano rare le volte in cui si era recato lì per prendersi una piccola pausa dal lavoro, quando i casi che gli venivano presentati si dimostravano uno più noioso dell'altro. Ancor più spesso aveva usato la scusa di un mal di stomaco per fare un po' il lavativo, ma presto quella tattica si era dimostrata controproducente, avendo sempre alle proprie spalle Akiko, pronta a curarlo con il proprio machete. Ranpo però non ricordava di essersi concesso una pennichella, e i ricordi che possedeva prima del proprio risveglio erano confusi, un groviglio grigiastro. Era stato in ospedale? Si tasto il collo e il ventre, non trovando le bende e i punti che, nel sogno, ricordava di possedere. Non ebbe però troppo tempo per studiare la propria situazione che un piagnucolio familiare gli giunse all'orecchio, un'anima in pena composta da una lunga figura scura sostava ai piedi del suo letto, dandogli le spalle.
- Cosa faccio se non si sveglia... cosa faccio se non si sveglia...- piangeva Poe mentre inconsciamente riversava la propria frustrazione sul Karl, afferrandogli il muso ed usandolo come antistress, al punto che l'animale si ribellò, finendo per graffiare il viso del padrone.
- Poe? - lo chiamò Ranpo, ridendo della scena esilarante provocata dall'orsetto lavatore, il quale ora andava ad acciambellarsi offeso in cima ad una mensola dell'armadio colmo di medicinali.
- RANPO!!!!!! - gridò a quel punto Poe, accorgendosi che l'altro aveva appena recuperato i sensi, afferrandosi per l'emozione agli infissi in ferro del letto, -Midispiacemidispiacemidispiace...- cominciò a proliferarsi in scuse infinite, arrivando a prostrarsi a terra, al punto che Ranpo dovette sporgersi in avanti per vederlo. - Sapevo che non era sicuro, ma l'ho fatto lo stesso. Volevo aiutarti, ma ho finito con provocare solo problemi - continuava a piagnucolare con fare penoso, ostinandosi a non alzare la fronte dal pavimento.
Fu a quel punto che Yosano entrò, riservando un bel calcio a quella sua figura tremolante e prona, il quale finì per rotolare di lato, andando a schiantarsi contro ad una parete.
- E' tutto il giorno che fa così - disse senza dare altre spiegazioni, avvicinandosi al letto a Ranpo, ignorando bellamente i lamenti di dolore prodotti dal povero Edgar. - Sei stato coinvolto in un'esplosione, dei detriti ti avevano perforato lo stomaco ed eri in condizioni critiche. Ho usato la mia abilità e fisicamente ora stai bene, ma comunque, come ti senti? -
- Se hai usato la tua abilità perché me lo chiedi? - mangiò subito la foglia Ranpo, che immediatamente, dall'atteggiamento della compagna di lavoro aveva compreso che qualcosa non andava. O per lo meno lei era convinta di ciò.
- Per quanto ti abbia apprestato le mie cure, sei rimasto svenuto più del dovuto - confessò Akiko, dedicando un'occhiata all'agglomerato indistinto di quell'ombra ambulante di Edgar Alan Poe. Il quale, per quanto paresse preoccupato per le condizioni del suo rivale/miglior amico, preferiva tenersi ad una certa distanza da quella donna spaventosa.
- Per potarti qui, Poe aveva usato la sua abilità per rinchiuderti in un libro - raccontò,
- Però si trattava di una storia incompleta - si aggiunse l'interessato, la cadenza ancora piagnucolante, l'espressione colpevole, per quanto la maggior parte del viso rimanesse nascosta dai capelli. - Era... era la prima volta che lo facevo. Non sapevo se avrebbe funzionato. Pensavo solo che, visto che la storia non poteva procedere, essendo composta solo da pagine bianche, il tempo di Ranpo si sarebbe fermato e io avrei potuto portarlo qui prima che fosse troppo tardi - chinò la testa, incapace di affrontare lo sguardo dell'amico. - Ti ho messo in pericolo - confesso,
- In realtà, più probabilmente ti ha salvato la vita - sospirò Akiko stanca della negatività di quel l'uomo e dei suoi continui piagnistei. Odiava gli uomini insicuri e Poe era l'insicurezza cronica fatta persona.
- Oh, allora devo ringraziarti per questo Poe! - esclamò Ranpo, allegro e vitale, pareva in ottima forma, senza ripercussioni a coglierlo, e con quella sua solita espressione infantile sul volto. A vederlo Yosano se ne sentì rassicurato, infondo-infondo forse un po' della negatività di Poe l'aveva influenzate, seminando nel petto il seme del dubbio.
- Comunque, potrei dare un'occhiata al libro? - domandò allungando il braccio verso Poe, il quale stringeva un piccolo taccuino fra le mani,
- Ce-certo...- balbettò lui, avvicinandosi per porgerglielo, - Ma come ti ho detto, non è finito, c'è solo qualche dettaglio del luogo in cui avviene il delitto e l'abbozzo dei personaggi, nulla più -
- Davvero?..- commentò con un senso di perplessità crescente Ranpo mentre ne sfogliava le pagine degli appunti, - Eppure a me sembra già finito -
- Come? - ne sembrò confuso Poe, il quale, quando l'amico gli porse di nuovo il racconto, ne prese la medesima espressione perplessa. - Ma queste cose non sono cose che ho scritte...- gli ci vollero meno di due secondi per comprendere l'accaduto, - Ranpo ti sei intromesso nella mia storia! - esclamò.
- Ahahah... a quanto pare - rise lui, grattandosi il retro della nuca con fare colpevole, sul volto un sorriso strafottente.
- I-io ero preoccupato e tu ti stavi divertendo a far quello che volevi del mio racconto?! - sbottò Poe mentre Akiko decideva fosse quello il momento migliore per allontanarsi, si trattava di una discussione in cui non voleva farsi coinvolgere, in più qualcuno doveva avvertire gli altri che Ranpo si era svegliato ed era in ottima forma.
- Non facevo quello che volevo, stavo risolvendo un caso - lo corresse,
- E' lo stesso! - replicò Poe, il quale si trovava a scoprire di aver affrontato ore di lacerante preoccupazione per nulla. - Si è perso a svolgere la sua indagine e si è completamente dimenticato della realtà, non è così? - si poteva notare che fosse arrabbiato non tanto dal suo tono di voce, il quale aveva il medesimo volume di quando parlava normalmente, ma per come passasse dal dargli del tu al lei senza alcun criterio preciso.
- Non puoi prendertela con me per questo, Poe - non aveva perso la sua espressione divertita Ranpo, nonostante intuisse di aver provocato l'irritazione dell'amico, la quale nasceva da un sincero senso di amicizia nei suoi confronti. - Infondo è stata solo colpa tua -
- Perché ho deciso arbitrariamente di inserirti nel libro? - si sgonfiò d'un colpo ricominciando a deprimersi, sentendo il bisogno di avere Karl tra le braccia per tirargli il pelo.
- Anche - convenne Ranpo, mettendosi seduto in ginocchio sul letto per sporgersi a prendere il taccuino che l'altro ancora teneva in mano, - Ma sopratutto perché riesci a scrivere storie tanto avvincenti che non riesco a smettere di leggerle finché non arrivo all'ultima pagina -
A quel complimento Poe gonfiò le guance mettendo su un broncio offeso, in quale nascondeva l'imbarazzo e la felicità provocata nel sentire l'amico ammettere quanto gli piacessero i suoi racconti.
- E comunque un peccato però...- sospirò Edgar, la rabbia provata fino a poco prima del tutto svanita, rabbonito dalle parole dell'altro - Questo libro doveva essere una sorpresa -
- Sorpresa? - ripetè Ranpo inclinando la testa di lato con fare curioso, quasi l'altro ne avesse appena messo i sensi in allerta.
- Pensavo di riuscire a finirlo in tempo per il tuo compleanno, però lo hai già concluso tu da solo, risolvendo il mistero - sembrava davvero abbattuto,
- Allora basta che tu me ne scriva un altro, no? - risolse anche il suo problema con una facilità disarmante Ranpo, facendo capitolare Poe con la sua schiettezza, il quale si trovò a dovergli promettere di scrivere un'altra storia in tempo per il 21 Ottobre, la data di nascita dell'altro. Certo che poteva farcela, lo aveva fomentato Ranpo, infondo era soltanto il 20 Ottobre, aveva tutto il tempo per creare un altro racconto partendo da zero.
Avvolte essere amico di quel grande detective era come trovarsi sotto ad una dittatura, sottostandone ai capricci e desideri, ma Poe era troppo buono per accorgersene o forse non gli dispiaceva ricevere un simile trattamento.




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BUON COMPLEANNO RANPO!!!!!
  
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