Capitolo 17: Renaissance
I can say that I can change the world
But if you let me I
can change the world for us
Come with me and
Make this vision all brand
new
We can fight them
I can say that I can win it all
Come with me and
I will make my worst untold
Let me do this.
(“Renaissance” – Skin)
Come
aveva promesso, il mattino successivo al loro incontro a Parigi Elijah
accompagnò Tristan e Aurora a visitare la Reggia e i giardini di Versailles.
Voleva che fosse tutto perfetto anche per Tristan, il giovane amante che tanto
gli era mancato, perciò fu lui la loro guida durante la visita agli
appartamenti del palazzo reale e raccontò molti episodi storici e anche
aneddoti riguardanti i sovrani, le dame e i gentiluomini che avevano vissuto
lì.
Aurora
era completamente estasiata, ma anche Tristan, sebbene tentasse di controllare
il più possibile l’emozione, era particolarmente turbato dal fatto di avere,
finalmente, Elijah nel ruolo di guida e maestro, come tanto aveva desiderato
nel corso dei secoli. Elijah poteva avvertire ogni sentimento del giovane, il
battito accelerato del suo cuore ad ogni aneddoto, ad ogni spiegazione, e per
questo motivo fece in modo che la visita si protraesse il più a lungo
possibile. Era una gioia incommensurabile perdersi in quegli occhi azzurri
immensi, tondi e sgranati su di lui, come se ogni sua parola fosse Vangelo.
Più
tardi, il piccolo gruppo si recò nei meravigliosi giardini della Reggia. Lì,
dopo una breve spiegazione da parte di Elijah, Aurora si allontanò dai due per
ammirare tutto quello che di incantevole si trovava in quel parco famoso in
tutto il mondo, emozionata come una bambina e divertendosi a fingere di essere
una delle nobildonne che avevano passeggiato in quei giardini secoli prima.
Elijah
e Tristan rimasero indietro, camminando affiancati; il vampiro Originale notò
che il suo giovane compagno aveva perso la sua brillantezza e appariva
malinconico e pensieroso. Ora che la sorella non poteva vederlo, si era tolto
la maschera gaia e affabile che aveva indossato per non farla preoccupare e nel
suo viso si leggevano tensione e tristezza.
“Cosa
c’è, Tristan?”
Il
ragazzo scrollò le spalle, ma poi rispose.
“La
verità è che io non voglio tornare a
New Orleans. Adesso e qui sembra tutto perfetto, tu ti stai occupando di me
come non hai mai fatto prima e sei gentile con Aurora, ma cosa accadrà quando
torneremo a casa tua? La tua famiglia non crederà mai che Aurora sia cambiata,
la tormenteranno e magari alla fine la costringeranno a ricordare… e
rovineranno tutto. E di me cosa sarà? Tu sentirai nuovamente il richiamo dei
tuoi doveri verso la famiglia e Hope, poi ci sarà Hayley e tutto ricomincerà
esattamente come prima.”
Tristan
sospirò e concluse.
“Devo
ammettere di non avere affatto dei bei ricordi di casa Mikaelson, per me è stata
prima una prigione e poi una gabbia dorata” confessò. “Non voglio più sentirmi
frustrato, mortificato e angosciato come sono stato per tutto il tempo che ho
trascorso là.”
Elijah
aveva ascoltato lo sfogo del giovane Conte con molta serietà. Lo prese per un
braccio e lo condusse in un angolo appartato, uno dei tanti che si potevano
trovare in quei giardini labirintici. Gli prese il mento con due dita per
costringerlo a guardarlo in faccia mentre gli parlava.
“Non
sarà più così, Tristan, te l’ho già detto questa notte. Non posso prometterti
che non ci saranno più ostacoli, questo è vero, ma posso cercare di cambiare il
mio modo di comportarmi con te e, alla fine, è questo che conta, no?” gli disse
con dolcezza. “Sono venuto a cercarti perché, nonostante avessi la mia
famiglia, Hayley e Hope, continuavo a sentire un immenso vuoto dentro e la vita
che mi imponevo di volere non mi soddisfaceva. Non ho intenzione di perderti
ancora una volta e farò di tutto per impedirlo.”
Lo
prese tra le braccia e lo baciò a lungo, ancora incredulo del fatto che Tristan
fosse realmente lì con lui e che potesse sentire il suo sapore, riconoscere la
morbidezza delle sue labbra e il calore della sua lingua; non si staccò dal
ragazzo finché non ebbe memorizzato ogni minimo particolare di quel dolce,
intimo e appassionato contatto.
“Ci
saranno dei cambiamenti, Tristan” gli disse poi, guardandolo negli occhi, “e
non devi preoccuparti per Aurora. Lei potrà vivere alla Davilla Estate dove i
membri della Strix si prenderanno cura di lei e nessuno le farà del male.”
Tristan
non sembrava del tutto convinto dalle parole di Elijah, ma quel bacio lo aveva
quasi stordito e si lasciò condurre dall’uomo fino a riprendere il viale che
percorreva in lungo e in largo i giardini della Reggia. Poco dopo, quasi
evocata dai pensieri e dalle preoccupazioni del fratello, Aurora ritornò
correndo leggera verso i due, illuminata da un sorriso felice.
“Questi
giardini sono magnifici” sospirò, incantata. “E anche la Reggia… Tristan, il
posto in cui vivevamo noi quando eravamo giovani nobili umani era bello come
questo? Perché non andiamo a visitarlo?”
“Mia
dolce sorella, temo che dovrò darti una grande delusione” rispose il giovane,
cercando di riprendere un certo contegno dopo quegli attimi di debolezza. “La corte
di Marsiglia in cui vivevamo non esiste più da secoli e purtroppo non possiamo
visitarla. Ad ogni modo, si trattava di un castello fortificato piuttosto che
di una reggia come questa e attorno si stendevano boschi e prati, non certo dei
giardini ben curati. Era l’anno Mille, del resto, e anche i castelli reali non
erano certo più lussuosi del nostro.”
La
ragazza parve delusa, ma durò poco. Lo sguardo le brillò per una nuova idea che
le era venuta in mente.
“Va
bene, ma non potremmo andare comunque a Marsiglia? Perlomeno vedremmo il mare…
mi piacerebbe moltissimo” riprese. “Mi hai mostrato tante città, monumenti e
panorami splendidi, ma non siamo andati al mare neppure una volta, nemmeno
quando siamo stati in Grecia!”
Elijah
fu l’unico a notare la tensione che attraversò il corpo del giovane Conte a
quelle parole. Tristan strinse le labbra e poi si sforzò di ritrovare il tono
leggero e colloquiale con cui si rivolgeva sempre alla sorella.
“Non
abbiamo tempo di visitare Marsiglia. Hai espresso il desiderio di tornare a New
Orleans per incontrare Rebekah Mikaelson e Elijah ci ha messo a disposizione un
jet privato per questo” replicò. “E’ già stato tanto gentile da consentirci di
visitare Versailles, mentre la sua intenzione era quella di partire questa mattina
stessa. Abbiamo visto ciò che volevamo vedere e adesso credo che dovremo
prendere quel jet… non è così, Elijah?”
Il
vampiro Originale comprese benissimo che la ritrosia di Tristan non era certo
dovuta a un riguardo nei suoi confronti né, tanto meno, al desiderio di tornare
presto a New Orleans. Il giovane non voleva avvicinarsi al mare, questo era
risultato chiaro anche dalle parole di Aurora. Elijah poteva capirne benissimo
la ragione ma, allo stesso tempo, provava un acuto dolore e senso di colpa al pensiero
che questa fobia del mare fosse nata in Tristan a causa dell’atroce punizione
che lui stesso gli aveva inflitto…
Non
poteva permetterlo.
Sfoderò
un sorriso galante rivolto alla Contessa De Martel, ma il suo intento era fare
qualcosa di bello per Tristan.
“La
bellezza di avere un jet privato è proprio quella di non dover sottostare ad
orari” disse. “Potremo fare una fermata sulla costa marsigliese e mostrare il
mare a Lady Aurora, per poi ripartire nel pomeriggio.”
“Ma
è magnifico!” esclamò Aurora. “Allora possiamo andarci subito?”
Il
volto di Tristan non riusciva più a celare la tensione che lo pervadeva.
“Potresti
rimanere delusa da questa visita, sorella cara” le disse, tentando di mantenere
ferma la voce. “Marsiglia non è più quella di un tempo e di ciò che ci
apparteneva non è rimasto niente. Io non mi sono più recato là proprio per
questo motivo…”
“Ma
io voglio soltanto vedere il mare” replicò la giovane Contessa.
“Dunque
seguitemi” intervenne Elijah, prendendo sottobraccio sia Tristan sia Aurora.
“Vi condurrò ad ammirare un magnifico tramonto sulla costa di Marsiglia, dopo
di che potremo partire per New Orleans.”
Tristan
era nervoso e agitato, ma non poté protestare oltre. Farlo avrebbe significato
rivelare la sua fobia per il mare, svelarne le motivazioni, narrare una storia
che Aurora non doveva ricordare mai più. A testa bassa, si lasciò condurre dal
suo Sire.
Poco
più di un’ora dopo, il jet atterrò in una piccola pista privata presso
Marsiglia e in pochi minuti Elijah si spostò con i suoi accompagnatori su una
delle spiagge che si stendevano nelle vicinanze: era la Plage
de la Pointe Rouge, una suggestiva spiaggia di sabbia
che, a quell’ora e in quel periodo dell’anno, era quasi deserta. Sulla battigia
passava soltanto qualche amante del jogging o qualcuno che portava il suo cane
a fare una passeggiata.
Aurora,
emozionata e felice, si tolse subito le scarpe e si sollevò il vestito per
correre a immergere i piedi nell’acqua. I suoi nuovi ricordi, nati dalle
esperienze avute con il fratello, non l’avevano preparata ad un simile
spettacolo e non era riuscita a trattenersi.
“Sulla
spiaggia a fine ottobre… che razza di idea” mormorò contrariato Tristan. Il suo
volto era atteggiato a un’altera indignazione, ma Elijah sapeva bene che non
era quello il suo vero problema.
Sapeva
bene che Tristan si comportava così per mascherare la paura.
Sorpreso
da se stesso, il vampiro Originale si tolse anche lui scarpe e calze e arrotolò
l’orlo dei pantaloni, un gesto che non avrebbe fatto per nessun altro al mondo…
ma si trattava di Tristan. Fece anche lui qualche passo sulla sabbia,
avvicinandosi al mare che tanto aveva affascinato Aurora, poi si rivolse al
giovane Conte con un sorriso incoraggiante.
“Avanti,
vieni anche tu. Fai come ho fatto io e raggiungiamo tua sorella” lo invitò.
“Dovrei
rovinare un paio di pantaloni per un capriccio infantile? Non ci penso nemmeno,
e poi odio la sabbia! Me la ritroverò
dappertutto!”
Elijah
rise. In fondo l’idea di Aurora non era stata così male e anche lui provava un
insolito senso di libertà nel trovarsi a piedi nudi sulla sabbia.
“Come
hai potuto verificare, il jet che abbiamo a disposizione è molto grande e
comprende camere e bagni. Potrai tranquillamente farti una doccia non appena
saremo di nuovo a bordo e per i pantaloni… beh, non sei esattamente un
senzatetto, no? Se si rovineranno, potrai acquistarne di nuovi” insisté,
allungando la mano verso il ragazzo in un affettuoso gesto di richiamo.
Tristan
scrollò il capo, innervosito, ma non poteva continuare a rifiutare, altrimenti
Aurora avrebbe potuto insospettirsi. Lentamente e con riluttanza si sfilò
scarpe e calze e con un’espressione di sincero disgusto si arrotolò i pantaloni
fino a scoprire i polpacci. Poi, molto perplesso, fece qualche passo sulla
sabbia e prese la mano del suo Sire.
La
sabbia sotto i suoi piedi era fresca, morbida e piacevole e la stretta di
Elijah salda e sicura. Uno strano calore invase il giovane Conte che, quasi
senza accorgersene, si fece condurre dal vampiro Originale fin sulla battigia,
dove piccole onde si infrangevano con un delicato sussurro.
Non
appena l’acqua del mare gli bagnò i piedi, però, trasalì e si immobilizzò,
impallidendo paurosamente. Elijah sentì la sua mano che tremava e, guardandolo
negli occhi immensi e sgranati, vide tutto quello che stava pensando: l’acqua
fredda che gli lambiva i piedi non era più quella della spiaggia marsigliese,
bensì quella dell’oceano che si riversava dentro il container…
“Tristan”
lo richiamò l’uomo con affetto ma anche con fermezza, per risvegliarlo da quel
ricordo atroce, “non sta accadendo. Sei qui a Marsiglia con me e con tua
sorella Aurora, non ti succederà niente di male, sei al sicuro, Tristan.”
Come
uscendo da una trance, il giovane si
riprese, si guardò attorno, restò ancora per un attimo stordito e poi guardò
Elijah. Il suo sguardo pareva tornato quello di sempre, il momento di panico
sembrava superato.
L’Originale
sorrise.
“Tua
sorella si sta divertendo moltissimo e credo che non si preoccupi di rovinarsi
il vestito. Coraggio, vai da lei” gli disse, in tono incoraggiante.
Tristan
lo guardò ancora, annuì, un grazie
non detto rimase sospeso tra loro ancora per qualche istante, poi il ragazzo si
avvicinò alla sorella che camminava nell’acqua sollevando schizzi e spruzzi,
come una bambina. Elijah, invece, uscì dall’acqua e andò a sedersi sulla
sabbia, allontanandosi un poco.
“Ah,
eccoti qui, finalmente! Perché non mi avevi mai portato al mare? E’
bellissimo!” esclamò Aurora, vedendo il fratello al suo fianco.
“Sì,
devo ammettere che non è così male” replicò lui. “In realtà ero soprattutto
preoccupato di rovinarmi il vestito e… no, Aurora, sorella cara, non lo farai,
non puoi farlo… noi ci vogliamo bene, no? Non puoi farmi questo… no!”
La
ragazza si stava avvicinando per spruzzarlo da capo a piedi, con un sorriso
malizioso e divertito dipinto sulle labbra.
“Non
oserai farlo… dopo tutto quello che ho fatto per te!” protestò Tristan,
indietreggiando, ma inciampò e ricadde all’indietro, ritrovandosi seduto,
completamente inzuppato d’acqua e con Aurora che, ridendo, lo schizzava senza
pietà.
Sconfitto,
Tristan buttò indietro la testa e rise, una risata allegra e spensierata come
non faceva più forse da secoli. In quel momento era come se anche lui fosse
tornato bambino insieme alla sorella.
Elijah
assisté alla scena sentendo il cuore colmarsi di tenerezza da un lato e di
dolore dall’altro. Tristan pareva essersi riappacificato con il mare e, forse,
d’ora in poi questo ricordo felice avrebbe sostituito l’esperienza terribile
del container, ma… il vampiro Originale non poteva dimenticare che era stato
lui a causargli tanta sofferenza, tanta paura. Adesso lo vedeva così giovane e
indifeso e si domandava come avesse potuto fare tanto male a quel ragazzo.
Certo, Tristan De Martel era anche un pericoloso criminale e il suo aspetto non
doveva trarre in inganno, ma lui lo aveva condannato senza appello, senza
verificare quanto davvero fosse coinvolto nelle trame di Lucien Castle.
Aveva
voluto crederlo colpevole e aveva
ignorato qualsiasi altra opzione.
Ma,
in realtà, lo aveva condannato per condannare se stesso.
Era
la sua parte oscura, il suo lato bestiale, ciò che stava dietro la porta rossa che avrebbe voluto
inabissare nell’oceano insieme a Tristan.
In
preda ai rimorsi, Elijah continuava a guardare i due De Martel che scherzavano
e ridevano e cominciava a pensare di aver sbagliato ancora una volta, di aver
seguito soltanto il suo egoismo nell’andare a riprendere Tristan fino a Parigi.
Gli aveva fatto soltanto del male ed era consapevole che a New Orleans avrebbe
sofferto ancora per via di Hayley e della sua famiglia… forse sarebbe stato più
giusto lasciarlo libero, libero di scegliere come vivere la sua vita, libero di
dedicarsi alla sorella e a ciò che amava.
Pochi
minuti dopo, Tristan e Aurora lo raggiunsero, bagnati e con gli abiti
irrimediabilmente rovinati.
“Molto
bene, credo che adesso accetterò con piacere la doccia che mi avevi offerto”
disse il giovane Conte, con un sorrisetto divertito.
Tre
ore dopo, il piccolo gruppo era di nuovo nel jet privato, in volo verso New
Orleans. Tristan si era appena goduto una lunga doccia, ripulendosi dalla
sabbia e dall’acqua di mare e rilassandosi. Si sentiva stranamente bene. Quel
pomeriggio al mare era stato qualcosa di diverso, di unico: si era sentito
tornare ragazzino e, per qualche momento, aveva perfino dimenticato l’orribile
esperienza del container e le preoccupazioni che lo attanagliavano al pensiero
di far ritorno a New Orleans, a villa Mikaelson.
Era
appena uscito dalla doccia e si stava asciugando, avvolto in un morbido
accappatoio, quando nella sua stanza entrò Elijah.
“Tristan,
devo parlarti” gli disse in tono serio.
“Capisco,
ma non potevi trovare un momento… come dire… meno inopportuno di questo?” obiettò il giovane Conte. “Non sono solito
intrattenere ospiti in accappatoio.”
“Lo
spero bene” commentò Elijah, sentendosi in dovere di ribadire subito il diritto
di esclusiva sulla sua creatura. “Tuttavia non potevo attendere oltre. Volevo
che sapessi che… beh, che non sei costretto a tornare a New Orleans se non
vuoi. Mi sono comportato da egoista, ma sono ancora in tempo per riportare te e
tua sorella a Parigi o in qualsiasi altro posto tu desideri.”
“Cosa
sarebbe questa novità?” si stupì Tristan. “Sei venuto a cercarmi, hai detto che
mi volevi a casa con te…”
“Non
mi hai compreso” riprese Elijah, il cui volto appariva teso e contratto.
“Questo è ciò che voglio io, ma non è mia intenzione costringerti se non sei
anche tu a volerlo. Ti ho visto così sereno oggi, sulla spiaggia con tua
sorella e… hai ragione, a New Orleans ci aspettano difficoltà e sofferenze.
Hayley, Marcel, Vincent e la mia famiglia stanno cercando le ossa di Inadu per distruggerla definitivamente prima che possa
liberarsi e non c’è solo questo, non posso assicurarti che i miei fratelli e le
mie sorelle non ti saranno ostili e poi…”
“Insomma,
hai cambiato idea e non vuoi più che venga con te?” domandò il ragazzo,
spazientito.
“Interpretala
come preferisci, io desidero soltanto che tu sia libero di scegliere” tagliò
corto Elijah. Aveva la mano sulla maniglia della porta, ma non si decideva a
lasciare la stanza.
“Sei
stato tu a cercarmi e adesso vorresti dirmi che ti sei sbagliato?” Tristan era deluso, indignato e addolorato. Aveva
vissuto una giornata così perfetta al fianco di Elijah, lo aveva visto nel
ruolo che avrebbe sempre sognato, una guida, un mentore e un amante premuroso e
appassionato, ma adesso tutto tornava come prima. Evidentemente l’Originale ci
aveva ripensato, aveva deciso di fare un altro tentativo con la solita, perfettissima Hayley e…
Poi
lo guardò meglio. Vide la mano che esitava sulla maniglia della porta, gli
occhi pieni di una tristezza antica e troppo grande da esprimere.
Elijah sta
soffrendo! La
rivelazione fu talmente improvvisa e inaspettata da schiacciare il giovane
Conte sotto il suo peso. Non aveva mai pensato ai sentimenti di Elijah, si era
preoccupato soltanto del proprio dolore, delle proprie delusioni e
mortificazioni, ma l’ombra negli occhi del suo Sire raccontava un passato pieno
di dolore e di colpe inconfessabili persino a se stesso. C’era qualcosa che
straziava Elijah e che lo avrebbe lacerato ancora di più se lo avesse lasciato
solo.
Non
era Tristan che voleva punire, allontanandosi da lui, bensì se stesso.
Tristan
comprese tutto questo e comprese anche che non poteva andare da Elijah e
parlargli, non sarebbe riuscito a farsi capire e avrebbe creato altri equivoci
e fraintendimenti. Le parole non erano mai state un mezzo per comunicare, tra
loro, ma soltanto strumenti per colpirsi, ferirsi, ingaggiare schermaglie
verbali.
Essi
avevano sempre comunicato nel profondo con gli sguardi e per mezzo dei loro
corpi.
Tristan
si avvicinò a Elijah e gli appoggiò una mano sul braccio, con un sorriso
malizioso e invitante e lasciando che l’accappatoio scoprisse quel tanto che
bastava.
“Non
crederai di potertela cavare tanto facilmente, vero?” esordì, in tono ironico e
provocante. Era quello ciò che sapeva fare meglio ed era così che avrebbe
potuto far sparire quel velo di dolore infinito dallo sguardo del suo Creatore.
“Non dimenticare che sei in debito con me da mille anni: mi hai trasformato per
poi abbandonarmi alla mercé di un pazzo cacciatore di vampiri, quando mi hai
rivisto mi hai trattato sempre in modo orribile, accusandomi, insultandomi e
perfino facendomi torturare e, alla fine, mi hai seppellito a marcire negli
abissi oceanici. Adesso basta, devi cominciare a ripagare il tuo debito e ti
assicuro che altri mille anni non basteranno…”
Elijah
si voltò verso Tristan, vide i suoi occhi e il suo sorriso invitante e la parte
della gola e del torace lasciati scoperti dall’accappatoio semiaperto. Nei suoi
occhi apparve un lampo di desiderio e la tristezza sembrò momentaneamente sconfitta.
Afferrò
Tristan tra le braccia, lo sollevò da terra e cominciò a baciarlo con
prepotenza, spingendolo verso il letto dove ricadde poi insieme a lui. L’accappatoio
del ragazzo restò a terra mentre Elijah continuava a baciarlo con foga, sempre
più insistentemente, liberandosi degli abiti e stringendosi sempre più a lui. Il
vampiro Originale si concesse di perdersi completamente in quegli attimi di
assoluto piacere, dimenticando tutto il resto. Il passato con tutti i suoi
dolori inconfessabili non esisteva più, il futuro fatto di insidie e pericoli
doveva ancora arrivare, esisteva solo il presente e il presente era Tristan caldo
e morbido tra le sue braccia, era il suo corpo delicato e perfetto, i suoi
capelli scompigliati e ancora umidi dopo la doccia, le sue guance arrossate
dall’emozione, i suoi occhi immensi, due specchi d’acqua limpida in cui Elijah
voleva annegare all’infinito. Lo baciò, lo divorò, lo possedette ripetutamente
e nell’estasi perse ogni cognizione dello spazio e del tempo.
Tristan
aveva consapevolmente e volontariamente provocato Elijah per spingerlo a
reagire e ad abbandonare malinconie e rimorsi, eppure restò stupito e travolto
dall’intensità del suo impeto e della sua passione. Si abbandonò a lui, confuso
e indifeso, accogliendolo e assecondandolo docilmente in tutto.
Baci,
morsi e amplessi infuocati si susseguirono per ore, dapprima frenetici e
irruenti sotto la spinta di un’insaziabile brama, poi sempre più languidi e
lenti, seppure appassionati; alla fine i due, stremati e disfatti, caddero
addormentati, con i corpi ancora allacciati insieme, come fusi in uno solo.
I
pericoli, le difficoltà e le sofferenze che li attendevano erano rimandati all’indomani.
Quella
notte era ancora tutta per loro.
FINE