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Autore: heliodor    21/10/2017    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La torre

"Alil?" chiamò Faiza. "Alil?" aggiunse a voce più alta.
"Sveglierai tutti" disse Joyce.
"Dov'è Alil?"
"Era qui" disse Joyce indicando un punto della piazza.
"L'hai lasciato tutto da solo? È un bambino."
"Non potevo portarmelo dietro" disse Joyce.
"Dovevi badare a lui" disse Faiza con tono accusatore.
"Senti..." iniziò Joyce.
"Dobbiamo toglierci di qui" disse la matrona. "Le strade sono pattugliate dalle guardie. Se ci vedono qui fuori faranno delle domande. Strega rossa, sai dove andare?"
Strega rossa? "Il piano era di prendere Alil e andarcene" disse Joyce.
"Allora devi trovare un piano migliore" disse la matrona.
"Io devo trovare Alil" disse Faiza.
La matrona la prese per un braccio. "Non dire sciocchezze. Se ce ne andiamo in giro le guardie ci prenderanno subito. Dobbiamo nasconderci. La strega rossa cercherà il bambino."
Di nuovo quel nome. "Mi chiamo Sibyl" disse con tono seccato.
"Allora Sibyl cercherà Alil" disse la matrona. "C'è una casa abbandonata poco lontano da qui. Ci nasconderemo lì dentro e aspetteremo che Sibyl ritorni con Alil."
Le altre furono d'accordo. Persino a Joyce parve un buon piano. "Io vado."
"Trova Alil, per favore" disse Faiza.
"Tornerò con lui."
Si allontanò di corsa lasciando le donne a discutere tra di loro.
Ma dove si è cacciato?, si chiese.
Per prima cosa guardò nelle strade e nelle viuzze collegate alla piazza. Erano tutte vuote e buie, del bambino nessuna traccia.
"Alil?" chiese al buio senza ottenere risposta.
E adesso?
Se voleva trovarlo doveva correre qualche rischio. Recitò la formula di levitazione e si alzò in volo sopra i tetti della città.
Vista da lì sopra Mar Qwara era un intrico di casette color ocra intervallate da piazze e grandi residenze circondate da giardini recintati. Le magioni di altri albini?
Le torri erano gli unici edifici a svettare sopra tutti gli altri. Sopra una di esse sventolava una bandiera verde con sopra ricamato in oro un leone. Quasi dalla parte opposta della città una torre più imponente delle altre mostrava orgogliosa uno stendardo bianco e nero.
Joyce non aveva idea di cosa fossero quei posti e in quel momento non le interessava. Volò sopra la città eseguendo giri sempre più ampi, finché non vide ciò che le interessava.
Tre uomini in armatura e un quarto vestito con una tunica nera. In mezzo a loro una figura più piccola, forse quella di un bambino.
Joyce si abbassò e quando toccò il suolo divenne invisibile. Si mise a seguire il gruppo per le strade silenziose.
Anche a quella distanza poteva sentire le loro voci.
"Ho fatto bene a farvi seguire" stava dicendo l'uomo con la tunica nera. La sua pelle era pallida sotto la luce della luna, come i suoi capelli. "Ora mi dirai dove si trova la straniera dai capelli rossi."
Parlavano di lei?
Ora che lo guardava meglio, somigliava all'albino che li aveva presi in consegna all'ingresso in città. Li aveva fatti seguire? E perché?
"Sua grazia Dume vorrà sentire una bella confessione" disse l'albino trascinando Alil per un braccio. "Se sarai sincero forse avrà pietà di te e ti rimanderà nel deserto. Ma se proverai a mentirgli per te ci sarà la miniera."
"Lasciami" si lamentò Alil.
"Parla di nuovo e ti farò ancora più male" lo minacciò l'albino.
Joyce fu tentata di attaccarli subito, ma non aveva idea di cosa o chi stava per affrontare. Quella strada sembrava tranquilla, ma lì attorno c'erano sempre delle residenze degli albini. Se fosse stata troppo lenta le guardie avrebbero dato l'allarme e allora per lei e Alil sarebbero stati guai.
Decise di seguirli e scoprire dove erano diretti.
Dovette attraversare mezza città per scoprirlo.
Il gruppo raggiunse la torre dove sventolava la bandiera bianca e nera. Ora che la guardava più da vicino, Joyce notò che vi era ricamato in oro il simbolo di un triangolo.
La base della torre era lunga almeno duecento passi, ma c'era un solo ingresso sorvegliato da una dozzina di guardie e tre albini.
Quando videro arrivare il gruppo si spostarono per farli entrare.
Joyce li osservò a lungo, sperando di trovare un modo per passare. Forse poteva volare in cima alla torre e cercare un'entrata. C'erano molte feritoie nelle mura, ma nessuna sembrava abbastanza ampia da farla passare.
Decise di rinunciare a entrare e stava per andarsene, quando voltandosi quasi inciampò in una figura umana che era proprio dietro di lei.
Sussultò alla vista del viso pallido e gli occhi scintillanti che la fissavano.
Sono persa, pensò.
Poi riconobbe il viso di Chare, il suo naso aquilino e gli zigomi alti, le labbra sottili e il taglio obliquo degli occhi.
"Se te ne stai qui fuori sei un bersaglio troppo facile" disse l'albina. "Vieni, andiamo in un posto più sicuro."
Joyce la seguì fino a un vicolo buio, dove la donna si guardò attorno prima di dire: "Cosa volevi fare? Non sperare di poter entrare nella torre."
"Che posto è?" chiese Joyce.
"È la sede del circolo di Mar Qwara" disse Chare.
"Hanno portato Alil lì dentro."
"L'ho visto anche io."
"Dovevo attaccarli prima."
"E avresti fatto male" disse Chare con tono di rimprovero. "Ekow è uno stupido, ma è abile. E le guardie sono addestrate a combattere contro la stregoneria. Inoltre avresti rischiato di ferire Alil."
Era vero, non ci aveva pensato. Per fortuna non era stata così cieca di affrontarli. "Che cosa facciamo adesso?"
"Per ora ce ne andiamo."
"Ma Alil..."
"Non possiamo fare niente per lui."
"Non puoi entrare nella torre? Tu sei una di loro."
"Sono dei loro, ma non sono con loro" disse Chare. "Potrei entrare, ma desterei dei sospetti. Tutti sanno che vivo con Obasi e se mi vedessero andare alla torre in piena notte solleverei delle domande a cui non so rispondere."
Joyce si maledì per la sua stupidità. Era solo colpa sua se avevano preso il bambino.
"Alil starà bene, per il momento. Dume starà riposando e non lo interrogherà prima di domani mattina. Nel frattempo io andrò alla torre e mi accerterò che sia trattato bene. E cercherò il modo di farlo uscire."
"Grazie Chare."
"Non ringraziarmi. Non lo faccio per te."
"Allora per chi lo fai?"
Chare distolse lo sguardo. "Non sono affari che ti riguardano" disse con tono brusco. "Scusa, non ce l'ho con te. È solo che noi albini non siamo tutti uguali. Alcuni di noi, anche se pochi, non accettiamo che i diversi siano trattati in questo modo. Quelli come Ekow e Obasi mi ripugnano."
"Allora perché l'hai sposato se non lo ami?"
"Noi albini ci uniamo solo per conservare la purezza del sangue. Non c'è amore nelle nostre unioni."
"È per questo che dormivate in stanze separate?"
Chare annuì. "Nemmeno Obasi mi sopporta. Non mi ha mai sopportato per la verità. È stato il caso a unirci e lui ne ha sofferto quanto me. Questo però non lo giustifica per come tratta gli altri."
Joyce lo aveva visto al villaggio. "Ci darai una mano?"
"Farò quello che posso. Ora torna da Faiza e dalle altre. Quando sorgerà il sole Obasi si accorgerà che sono sparite e le farà cercare. Deve dire loro che non possono lasciare il nascondiglio per nessun motivo."
"E come ci terremo in contatto?"
"Mi farò viva io. Ora trova un posto sicuro dove nasconderti. È probabile che Ekow faccia cercare anche te."
"Non ho paura" disse. Invece ne aveva, ma era anche decisa ad aiutare Alil e Faiza. Sentiva che era suo dovere.
Chare sorrise. "Dovresti averne invece. Ora vai."
Joyce ubbidì e andò via. Quando si voltò vide che l'albina era sparita.
Senza voltarsi indietro di allontanò.
 
"Dov'è Alil?" chiese Faiza preoccupata vedendola entrare.
La casa abbandonata aveva un solo ingresso sbarrato dalle assi. Faiza e le altre donne ne avevano divelto un paio per entrare e poi le avevano rimesse a posto come meglio potevano.
"Avevi detto che saresti tornata con lui" la incalzò Faiza.
"Lo so, ma l'hanno portato alla torre."
"Padri miei" esclamò Faiza. "Lo uccideranno."
"No" disse Joyce. "Chare lo impedirà."
"La signora non può fare tutto" disse la matrona.
"Ha detto che ci aiuterà" disse Joyce. "Voi la conoscete meglio di me."
La matrona annuì. "La signora è buona con noi. Non ci ha mai maltrattate e ci lasciava libere quanto il marito non era presente. Non ci chiudeva nella stanza."
"Devo andare da lui" disse Faiza dirigendosi alla porta.
Le altre ragazze la bloccarono.
"Non fare pazzie" disse la matrona. "Tu non li conosci bene come me. Gli albini sono spietati con gli schiavi che scappano."
Faiza si calmò dopo molti minuti.
"Non so nemmeno come ti chiami" disse Joyce alla matrona.
"Il mio nome è Afua" disse la donna.
Sedettero sul pavimento polveroso. Joyce voleva sapere il più possibile sugli albini e Mar Qwara. La prossima volte che si fosse misurata con loro voleva partire da una posizione di vantaggio. "Sei qui da molti anni?"
"Ero più giovane di te quando gli albini mi rapirono dal mio villaggio" disse Afua. "Da allora ho sempre servito nella magione di lordo Obasi."
"È così vecchio?"
"Ho iniziato quando suo padre era ancora vivo. Lui era un brav'uomo, ma il figlio..." scosse la testa. "È come sua madre."
Le altre ragazze annuirono.
"Lady Dafina ora è una decana del circolo e vive nella torre" continuò Afua. "Ma all'epoca abitava ancora con il marito. Ci rendeva la vita impossibile con i suoi continui capricci. Era così terribile che fece ammalare il marito e lo condusse alla morte."
"Che persona orribile."
"Tutti gli albini sono così" disse Faiza. "Tranne alcuni."
"Chare mi ha detto che ce ne sono altri come lei che non approvano come vi trattano" disse Joyce. "Mi chiedo se possiamo usarli come alleati."
"Per cosa? Una rivolta?" chiese Afua. "Molti ci hanno provato, ma gli albini stroncano sul nascere ogni tentativo di ribellione. Hanno spie dappertutto e quelli che osano lamentarsi in pubblico spariscono."
"Li uccidono?" chiese Joyce sgomenta.
"Peggio. Li mandano alla montagna."
"È quella che si vede da qui?" chiese Joyce.
Afua annuì. "Loro la chiamiamo Nehanda Sela, la montagna sacra."
"Cos'ha di così speciale?"
"Fino a pochi anni fa niente, ma un giorno gli albini hanno cominciato a scavare nelle vecchie gallerie."
"Quindi è una miniera?"
Afua scosse la testa. "Lo era, forse. Quello che sappiamo è che una volta era abitata dal piccolo popolo."
Stava parlando dei nani che vivevano nel sottosuolo? Joyce aveva sentito parlare spesso di quella leggenda. Glielo chiese.
"Non so come li chiamate voi, ma è possibile che si tratti delle stesse creature. Nelle nostre leggende il piccolo popolo vive in schiavitù nelle gallerie che essi stessi hanno scavato, costretti a lavorare a causa di un sortilegio scagliato da una creatura potente e misteriosa. Un giorno però un guerriero armato di spada e scudo si presentò per liberarli e sconfisse la creatura, annullando l'incantesimo. Da allora il piccolo popolo ha sigillato ogni entrata al suo regno e vive in pace venerando quell'eroe senza nome."
"È una leggenda bellissima" disse Joyce cercando di immaginare la vita dentro quelle gallerie.
"Che ne direste di dormire un po'? domani dobbiamo essere ben riposate."
Le ragazze si rannicchiarono sul pavimento cercando di addormentarsi.
Joyce faticò a prendere sonno. Il pavimento era duro e sporco e rimpiangeva il suo comodo letto a Valonde. Persino un pagliericcio sarebbe stato meglio di quello.
Quella notte sognò di cavalieri in armatura e piccole creature che scavavano gallerie.
Quando si svegliò Afua e le altre ragazze erano già in piedi.
Chare si presentò nel tardo pomeriggio con due servitori. Portarono dei cesti pieni di frutta e pane e li distribuirono alle ragazze.
Joyce mangiò insieme a loro.
Mentre pranzavano l'albina li mise al corrente di che cosa stava succedendo. "Oggi sono andata alla torre e ho scoperto che Alil verrà portato alla montagna."
Faiza divenne pallida. "Mia signora... mio fratello è solo un bambino..."
Chare annuì. "Lo so, ma non posso farci niente. Dume ha ordinato di portare tutti quelli abili al lavoro nelle miniere. Sono vicini a qualche importante scoperta e stanno accelerando i tempi."
"Vi prego, fate qualcosa per salvarlo..."
"Farò tutto il possibile" disse Chare. "Finché è nella torre non posso arrivare a lui, ma quando lo porteranno alla miniera sarà più facile avvicinarlo per farlo scappare."
"Farete questo per lui?"
Chare sospirò. "Lo farò per tutti voi. E anche per quelli come me che non sono d'accordo con il consiglio. Ma siamo in pochi e dobbiamo muoverci con prudenza. Se commettiamo un passo falso ci distruggeranno. E voi con noi."
"Voglio aiutarvi anche io" disse Joyce.
Chare la fissò negli occhi. "Credi di potermi essere utile, strega rossa?"
Ancora quel nomignolo. Joyce cominciava a stancarsi. Sempre meglio di labbra-storte, comunque. "Potrei venire con te alla miniera."
"Ormai la tua faccia è nota. Ekow ha fatto in modo che tutti sapessero che una strega dai capelli rossi deve essere catturata e portata alla torre. Non appena lascerai questa casa sarai in pericolo. A meno che tu non abbia un'altra faccia di riserva."
Joyce mormorò la formula di trasfigurazione e divenne Sibyl.
Chare ghignò. "Sei una trasmutante?"
Joyce fece spallucce.
"C'è ancora un problema però. I tuoi capelli. Non passerai mai per una di noi."
"A quello posso pensarci io, signora" disse Afua. "Mi servono solo alcuni ingredienti."
"Te li farò avere" disse Chare.
Un ragazzo portò quello che serviva alla donna dopo che Chare se ne fu andata.
Afua e le donne cominciarono a versare composti e impastare in piccole ciotole di terracotta. Lavorarono per ore e quando ebbero finito dissero a Joyce di sedersi al centro della stanza.
"Quando avrò finito crederanno che tu sia una di loro."
Joyce sentì che le versavano qualcosa sui capelli, mentre un paio di donne le spalmavano un unguento sul viso. Cercò di protestare ma si disse che era per una buona causa.
Chare tornò nel pomeriggio. "Portano Alil alla montagna. Dobbiamo muoverci." Gli occhi le caddero su Joyce. "Però. È davvero un ottimo lavoro. Questo assurdo piano potrebbe anche avere successo."
Joyce moriva dalla voglia di guardarsi. Afua prese uno specchio che si era portata dietro e glielo diede.
Joyce non riusciva a credere ai suoi occhi. Vide riflessa l'immagine di una giovane albina che non somigliava affatto a Sibyl. I capelli e la pelle erano di un bianco pallido che faceva da contrasto con le labbra rosse. Solo gli occhi scuri tradivano la sua vera natura.
"Non ti preoccupare" disse Chare. "Molti di noi hanno gli occhi di quel colore. Nessuno ci farà caso."
Prima di uscire marchiò il pavimento della casa.
"Lasci un marchio di richiamo?" le chiese Chare.
"Mi ha salvato parecchie volte" disse Joyce.
"Sei pronta?"
Inspirò una boccata d'aria. "Sì."
"Allora andiamo" disse Chare. "Se non ci vedete tornare per domani, cercate un modo per fuggire dalla città" disse alle donne.
Ora si che mi sento più tranquilla, pensò Joyce.

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