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Autore: shirupandasarunekotenshi    21/10/2017    1 recensioni
"Finché il sole sorgerà e tramonterà,
finché ci saranno il giorno e la notte".
Primavera 1992.
Così poco tempo è passato dalle ultime battaglie. Non sembra mai abbastanza
-
Due divinità si incontrano in un luogo fuori dal tempo, il futuro della terra è incerto. Un'altra dea, per l'ennesima volta, si troverà a dover proteggere questo futuro e giovani guerrieri dovranno di nuovo mettere le proprie vite al servizio di un destino al quale non potranno sottrarsi.
Crossover Saint Seiya e Yoroiden Samurai Troopers
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 10

 

Verso l'alba Shu era solito spalmarsi letteralmente addosso a Shin, inducendo questi a spalmarsi altrettanto contro Ryo – più che durante la notte, insomma.

Quando faceva freddo questo poteva essere un buon modo per godersi ogni calore possibile, anche senza le coperte, ma d'estate il povero Shin rischiava spesso di squagliarsi in mezzo ai punti di fuoco tra cui si ritrovava.

Quella mattina, intorno all'alba, immancabilmente il corpo di Shu si mosse verso quello di Shin, o verso il luogo dove Shin avrebbe dovuto giacere profondamente addormentato. Purtroppo, a frapporsi tra lui e il vuoto non trovò nessuno.

Per quanto quel movimento ormai meccanico fosse compiuto in preda ai fumi dei sogni, il risveglio di Shu al tocco delle lenzuola quasi gelide fu immediato.

“Shin...? Ryo...?” mormorò confuso, la bocca ancora impastata dal sonno.

Ma che ore erano?

I led rossi della sveglia segnavano le cinque e dieci, eppure nessuno dei nakama era a letto.

Capitava che Shin si svegliasse, preda dell'insonnia che spesso lo assaliva, soprattutto in periodi di forte stress, come quello degli esami ormai imminenti.

Ryo invece, a volte, si svegliava per andare a passare le ultime ore addosso a Byakuen, in attesa di poter contemplare l'alba.

Shu si sfregò gli occhi e vide che, oltre il vetro della finestra, la luce era fin troppo debole per quell'ora; doveva aver piovuto e ancora le nubi non si erano levate per far spazio alla luce dell'alba. Forse Ryo si era semplicemente addormentato sperando che spiovesse.

Forse...

Qualcosa, però, fece muovere il corpo di Shu che, scivolato fuori dal letto, giunse alla soglia della camera.

A quel punto sentì la voce di Shin chiamare Ryo.

Shu aggrottò le sopracciglia, dapprima confuso; poi, quando la voce di Shin diede sfogo a tutta la sua angoscia, trasalì e si precipitò giù dalle scale.

Non si accorse nemmeno di avere alle calcagna un silenzioso e pallido Seiji, svegliato anch'esso da un qualche presentimento... o dalla voce di Shin?

Lo chiamò, con voce ancora ferma, eppure così incerta nel tono.

“Shin? Che succede?”.

Perché urlava il nome di Ryo? Non era da lui alzare la voce, non di certo nel cuore della notte.

E dove diavolo era Ryo?!

Lui che rispondeva al pesciolino ancora prima che questi finisse di chiamarlo... dove si era cacciato?

La casa era silenziosa, fatta eccezione per i richiami di Shin e i loro respiri. La luce dell'alba ancora non arrivava e il freddo portato dal temporale rendeva quell'oscurità ancora più gelida, nonostante la primavera ormai giunta.

Il lento e rumoroso gorgogliare di Byakuen...

Dov'era Byakuen?

Lui arrivava sempre a salutare ognuno di loro appena svegli, era come un rito irrinunciabile per il felino. Eppure non si sentiva nemmeno il dolce rumore dei suoi passi felpati.

Ryo...

Forse si era nascosto per fargli uno scherzo...

Ma no, non avrebbe permesso che la voce di Shin si colorasse di una tale angoscia.

I passi portarono Shu all'ingresso che, dalla sala, dava sul giardino e lì lo inchiodarono per un tempo indefinito.

La figura di Shin, pallida come uno spettro, simile quasi a un fantasma del teatro noh che vagava in preda a incubi provocati da qualche yokai, fece gelare il sangue a Shu.

Il ricordo di un sogno che l'aveva tormentato appena un anno prima si ripropose alla sua memoria con violenza, provocandogli un moto di nausea inaspettato: il suo Shin vagava solitario in un deserto privo di colore e calore e, col volto rigato di lacrime, lanciava grida mute e angoscianti.

L'aveva dimenticato, nonostante il suo ripetersi, e l'aveva seppellito là dove non voleva più ricordare.

Eppure si ripresentava ora, come allora, per perseguitarlo.

Seiji lo precedette nell'avvicinarsi al nakama, i suoi piedi rimanevano incollati al pavimento gelido. Il freddo di quella mattina senza sole prese possesso delle sue ossa.

Rabbrividì.

E quando l'urlo di Shin si alzò, roco e disperante, davanti agli occhi stupiti di Seiji e Shu, quest'ultimo capì che il sogno non era stato altro che una beffarda premonizione.

Beffarda e terribile.

L'incubo... Shin che soffriva e ora... ora sentiva la sua voce.

Un altro brivido e Shu credette di essere sul punto di spezzarsi in minuscoli pezzi, quando vide gli occhi di Shin guardare prima Seiji e poi lui, come se cercassero un appiglio.

No, quegli occhi... quegli occhi erano un abisso, il punto di non ritorno di un incubo.

Cos'era successo? Cosa?!

“Sei solo, Shin? Dove sono Ryo e Byakuen?”.

Non riuscì a non chiedere, a non cercare sicurezza, conferma, ne aveva bisogno.

“Sono... spariti...”.

Spariti... come?!

Non era possibile che fossero scomparsi, avrebbero percepito qualcosa, anzi, Ryo li avrebbe avvertiti. E se non ci fosse riuscito lui, allora Byakuen sarebbe rimasto per avvisarli.

Quei due non se ne andavano in silenzio, senza nemmeno lasciare un biglietto.

“Forse... sono usciti” si sentì dire.

Usciti... certo... perché mai?

Vagare con questo freddo, in balia di questo tempo che nessuno desiderava?

Era successo qualcosa.

Qualcosa... qualcuno... aveva trascinato via Ryo e Byakuen.

Non se ne sarebbero mai andati così.

Era casa loro. Era il loro nido.

Amavano quel luogo, così come i suoi abitanti.

Non se ne sarebbero mai andati così, abbandonando tutto.

Era successo qualcosa.

Poi Shin crollò a terra e a Shu parve un fiore morente che si dissolveva a terra.

Urlò il suo nome, con una disperazione che conosceva fin troppo bene e Shin rispose; Seiji lo aiutò a rialzarsi.

“Scusatemi... non so cosa mi sia preso”.

Le gambe di Shu si mossero a fatica, sembravano incollate alla terra, quella Terra che era sua compagna, ma che si stava sgretolando sotto i suoi piedi. Mosse le mani sulla schiena, sulle braccia di Shin. Tremavano, ansiose e spaventate, come i suoi occhi che sapeva fin troppo lucidi.

“Forse... forse hai preso troppo freddo”.

Freddo...

Nemmeno il gelo della Siberia avrebbe potuto causare tanto danno. Tanto dolore.

Gli occhi di Shin lo fissarono, amorevoli in quel profondo smarrimento, in quell'infinita sofferenza. Sapeva che era una menzogna, eppure riusciva a guardarlo così solo per rincuorarlo.

Doveva essere lui, lui e non Shin a rincuorare. Era il suo dovere, glielo aveva promesso.

“Rientriamo in casa e mettiamoci tranquilli a riflettere lucidamente”.

Seiji...

Seiji aveva parlato con logica e freddezza. Ne avevano bisogno.

Lui ne aveva bisogno, per riprendere il controllo.

Doveva fermarsi, respirare profondamente, cogliere le priorità.

Calmare Shin.

Capire cosa fosse successo.

Andare alla ricerca di Ryo e Byakuen.

Trovarli. Trovarli.

E mettere fine a quel dannato incubo.

“Ora arrivo, cominciate a entrare” sussurrò Shin.

“Rientra anche tu... fa freddo”.

Non doveva rimanere lì fuori. Faceva freddo...

E freddo già c'era, dentro il cuore.

Doveva rientrare con loro.

Ti prego, Shin. Ti prego...

Ma Shin gli sorrise, con una strana quiete sulle labbra.

“Certo che entro, datemi solo un attimo. Perché non cominciate a preparare qualcosa per la colazione? A stomaco pieno si ragiona meglio”.

Colazione? Mangiare? Davvero, lo stomaco di Shu era talmente chiuso, serrato su se stesso che il cibo ora... ora...

Guardò intensamente Shin, le parole rimanevano sulla lingua senza poter uscire. Voleva trascinarlo in casa con sé e Seiji, proteggerlo, proteggerlo da... cosa?

Qualcosa di sconosciuto.

Qualcuno... che...

L'avrebbe portato via da lui?

“Vieni subito” riuscì infine a sussurrare.

Non poteva trascinare nessuno.

No, non sarebbe successo nulla.

Loro erano lì, a due passi da lui.

Lui sarebbe rientrato da loro, da lui.

Lentamente, Shu girò su se stesso e mosse i passi sull'erba bagnata, non voltandosi mai, entrando in casa e lasciando la portafinestra socchiusa, per Shin.

Vieni, vieni presto!

 

***

 

Arrivò in cucina e Seiji gli voltava le spalle, il volto fisso sui fornelli vuoti.

Poteva essere la mente fredda e razionale, ma nessuno poteva rimanere inerme davanti a un evento come la sparizione di un nakama e... l'inizio di una nuova battaglia?

“Seiji...?”.

“Scommetto che anche tu non hai fame” gli rispose Korin senza voltarsi, “e probabilmente neanche Shin”.

“Già...” mormorò Kongo, sguardo fisso al pavimento, spalle contro lo stipite della porta della cucina. La luce del lampadario pareva più pallida del solito, lasciando che i colori attorno a loro si mostrassero slavati, freddi.

“Che... come...”. Le parole nella mente di Shu erano confuse, sovrapposte le une sopra le altre. Il suo cuore parlava, urlava e metteva tutto il resto a tacere.

“Aspettiamo Shin, poi ne parliamo”.

Seiji non era tranquillo, lo si percepiva dal tono così calmo da risultare gelido, da quel testardo rifiuto di voltarsi, forse nel vano tentativo di non lasciar trasparire a Shu quanto grave gli apparisse la situazione e quanto si sentisse inquieto.

“Non mi andava di lasciare Shin fuori, ma l'ho fatto. Io non lo so cosa mi prenda, ma ho paura” buttò fuori Shu, gli occhi spalancati nel vuoto. “Ho paura che... che tutto sparirà. Che dopo Ryo e Byakuen anche lui, anche Shin sparirà e poi...”.

Si bloccò, prima di pronunciare altre parole.

e poi, poi... anche noi...

A quel punto Seiji si voltò, due occhi d'ametista quasi feroci immobilizzarono Kongo sul posto:

“Shu, ho bisogno di te!”.

Ed era vero, perché anche Seiji aveva paura dell'inspiegabile di nuovo piombato nelle loro vite così, da un giorno all'altro e aveva paura della reazione di Shu.

Perché quello Shu che aveva davanti era troppo simile a un altro Shu, lo Shu pazzo di rabbia, paura e terrore che si era gettato a peso morto nella trappola di Suzunagi.

Si portò di fronte a lui e gli strinse le spalle tra le dita, con forza e foga, per essere certo che sentisse la sua presenza fino in fondo.

Non aggiunse altro, lasciando parlare lo sguardo.

 

Bisogno?

Shu si portò una mano agli occhi e li chiuse con forza.

Doveva... doveva ritrovare se stesso.

Stabilità.

Era la Terra.

La Terra che accoglieva l'Acqua, che la guidava verso porti sicuri.

La mano abbandonata sul fianco si strinse a pugno, il ragazzo prese un lungo respiro, come prima di compiere un grande salto e rialzò, lentamente, lo sguardo lucido sul nakama.

Doveva essere forte. La Terra non poteva mostrare cedimenti.

“Scu... sa”.

Seiji annuì rassicurante e aggiunse:

“Diciamo a Shin di rientrare subito, preferisco che sia vicino a noi... tu no?”.

Shu non se lo fece ripetere, uscì dalla cucina e giunse in poche falcate alla portafinestra della sala.

Il vento aveva smesso di soffiare, la pioggia era solo un ricordo. A tratti i raggi del sole penetravano nel giardino, accarezzando le foglie ancora giovani delle piante e l'erbetta ancora intirizzita dalla neve dell'inverno.

Ma Shin, lui... lui non c'era.

Il cuore di Shu mancò più di un battito, gli occhi si fecero enormi, mentre vagavano lungo giardino. Uscì sul prato a piedi nudi, a piccoli passi si avvicinò al punto dove aveva visto per l'ultima volta Shin: vedeva l'orma abbandonata dal corpo di Shin, senza il segno dei passi che si allontanavano da essa, come se Shin si fosse alzato in volo per andarsene.

Andarsene? Non sarebbe mai scomparso. Mai, senza di loro.

Allora era vero.

Qualcuno... qualcosa... aveva portato via il suo Shin.

Il corpo di Shu crollò su quell'impronta inconsistente.

Che strano, sentiva ancora il suo calore.

“Shin...” sussurrò finalmente la sua bocca. “Shin... Ryo...”.

Non c'erano più.

Li aveva persi.

Un'altra volta.

Non un'altra volta...

“No... ancora... no... ti prego”.

I suoi mormorii piano piano divennero sempre più alti, sempre più terribili.

E angosciosi.

“Shin... Shin... Ryo...”.

Perdere il senno...

C'era andato vicino una volta e ora... ora...

Il corpo di Shu si richiuse su se stesso, gli occhi sbarrati sul buio, sull'erba.

I pensieri erano un turbinio, una piccola ruota che girava su se stessa, i pensieri che si rincorrevano, ripetendosi all'infinito:

“Shin... Ryo... scomparsi. Non li vedrò. Dove sono... dove... non li sento”.

 

I pensieri di Shu, così pesanti e cupi, raggiunsero Seiji.

Arrivò fino a lui trascinato dall'ansia, dalla consapevolezza che qualcos'altro era accaduto; Shu era solo, maledettamente solo in quel giardino, non c'era chi avrebbe dovuto esserci.

Un sapore amaro risalì dalle viscere di Seiji, il sapore della paura e dell'angoscia; se non avesse avuto più autocontrollo probabilmente si sarebbe lasciato andare alla nausea e avrebbe liberato lo stomaco, pieno unicamente di sofferenza, proprio lì, dove si trovava.

Invece apparve razionale, fermo, mentre si chinò accanto al nakama.

“Shu...”.

“Non ci sono, non li sento più, non... dove... dove sono finiti? Chi è stato? Cosa... cosa dobbiamo fare?”.

Lo sguardo fisso di Shu si alzò finalmente verso Seiji, ma era confuso, non lo vedeva davvero.

Cosa dovevano fare? E come poteva saperlo?

Imprecò tra sé, perché a volte gli pesava doversi dimostrare forte, lasciare che gli altri fossero più fragili, che avessero il diritto di appoggiarsi a lui, mentre lui...

Subito dopo si odiò per quei pensieri, non era giusto.

Ma cosa c'era di giusto in ciò che stava nuovamente accadendo?

Come doveva comportarsi? Mentire e rassicurare o...

“Non lo so, Shu, non... non lo so. Ma per ora dobbiamo solo stare calmi e non separarci e dovremmo...".

Cosa? Dire a Touma di tornare subito? Trasformare in un incubo il suo viaggio di ritorno?

“Vorrei che Touma fosse qui” sospirò chinando il capo.

 

 

 

***

 

Com'era tornato in casa?

Non ricordava.

Aveva forse toccato del cibo?

Forse...

Forse Seiji gli aveva messo in mano qualcosa e qualcosa nello stomaco era andato.

Che cos'era successo poi?

Non riusciva a ricordarsene.

Ricordava solo i pensieri che, come violenti scrosci di pioggia, tempestavano la mente e il cuore.

Shin... Ryo... Byakuen...

La sua realtà, il suo fuoco, la sua acqua, la loro guida felina.

In una sola notte gli avevano strappato ogni cosa.

Shin, sempre timoroso che un nuovo pericolo giungesse a strappare ognuno di loro da lui, era stato strappato, portato via da chissà chi... o cosa.

Erano vivi?

Il cuore di Shu era certo, la loro salvezza era certa, ancora.

Ma le sue paure erano quelle che guidavano ogni pensiero, ogni suo atto. Per le sue paure, loro non erano più.

Non li sentiva.

Come con Suzunagi non riusciva a sentirli.

Come se fossero... morti.

Il corpo di Shu fermo sul divano, simile a una statua di marmo, rabbrividì visibilmente, attirando su di sé lo sguardo preoccupato e vigile di Seiji.

Il guerriero della luce era in piedi, appoggiato al tavolo, le braccia incrociate sul petto. La sua tentazione era quella di avvicinarsi a Shu, stringerlo tra le proprie braccia e cullarlo come un bambino. L'altra tentazione irresistibile era quella di mettersi mentalmente in contatto con Touma, aveva un disperato bisogno di averlo al suo fianco.

Invece non fece né una cosa né l'altra e si limitò a parlare:

“Shu, ho bisogno che tu rimanga lucido”.

Aveva bisogno anche di lui, dovevano pensare... insieme.

 

Lucidità?

Come?

Come poteva pensare?

Forse un tempo, prima che...

Prima che le sue sicurezze si sgretolassero sotto il peso della menzogna.

Prima che si rendesse conto che i suoi nakama, loro, erano tutto.

Per proteggere loro poteva trovare la forza più grande, un'energia infinita.

Ma se proteggerli era... inutile...

Dove stava la forza? Dove l'energia?

La Terra non aveva protetto il Fuoco. La Terra non aveva protetto l'Acqua.

Che senso aveva la Terra, ora?

L'unica risposta che Seiji ricevette fu un suo movimento del capo, privo di senso.

A quel punto Seiji andò accanto a lui sul divano, il volto basso e le mani tra le ginocchia.

“Non lasciarmi solo”.

Non lasciarmi solo...

Quelle erano parole di Shin. Quante volte gliele aveva dette? Quante notti aveva passato tenendolo stretto, cercando di tranquillizzarlo, giurando che lui ci sarebbe stato sempre?

Un brivido scosse nuovamente Shu, negli occhi corse un bagliore di lucidità.

“Seiji... scusa”.

Strinse le mani l'una all'altra, tanto forte da risvegliarsi almeno un poco.

Non poteva abbandonare Seiji, non poteva perdere anche la Luce.

“Non ti devi scusare, devi solo restare presente a te stesso. Dobbiamo stare entrambi all'erta e cogliere ogni segnale”.

Il capo di Shu si mosse lentamente in assenso.

Non poteva pensare di perdere anche lui. Rimanere solo...

E poi?

Lui da solo non era capace di... nulla.

“Presto arriverà anche Touma” mormorò.

Si ritrovò la mano di Seiji sulla sua, in un tocco delicato.

“Capiremo cosa sta succedendo... e lo risolveremo”.

Era necessario crederci, dovevano imporsi di crederci.

Un altro cenno di assenso da parte di Shu, un poco più energico.

Voleva sperare. Doveva.

 

 

***

 

 

Avevano finito per andare a dormire nel letto matrimoniale che di solito occupavano Shin, Ryo e Shu. Era stata una scelta di Seiji, un tentativo per calmare un animo troppo in subbuglio, quello di Shu, ed anche il proprio, teso come una corda di violino.

Shu si era rifiutato di mangiare, diceva che il suo stomaco non avrebbe sopportato nemmeno un filo di pasta. Seiji, dal canto suo, riuscì solo a mettere tra i denti un onigiri, almeno per non perdere la lucidità.

Sotto le coperte Shu era rimasto in silenzio tutto il tempo, occhi spalancati nell'oscurità, a fissare apparentemente il soffitto, in realtà contemplando il nulla. Si udiva solo il suo respiro, le boccate lunghe e profonde, il leggero fruscio delle sue mani sulla coperta. Chissà dove andavano i suoi pensieri.

Non era difficile, per Seiji, comprendere dove andassero: in qualunque luogo si trovassero ora i nakama scomparsi. Così come i suoi d’altronde, ma diceva a se stesso che la sua coscienza doveva restare lì, insieme a Shu, senza smarrirsi, per impedire anche a lui di perdersi in se stesso.

“Lo so che sei sveglio…”.

Solo allora si sentì il rumore distinto di labbra che si bagnavano, di un respiro più irregolare.

“Fatico a prendere sonno”.

Dormire... e sognare.

Temeva il sogno.

“Credo sia normale”.

Dormire in una situazione simile…

Neanche Seiji ci riusciva, gli sarebbe sembrato assurdo solo il pensiero.

Non era solo l’angoscia, vi erano anche ragioni pratiche a convincere Seiji della necessità di rimanere svegli: ormai era chiaro che erano minacciati e potevano essere attaccati in qualunque momento.

Al solo rendersene conto, al solo confessare a se stesso una simile realtà, il cuore perse un colpo e lui si morse, nel buio, il labbro inferiore. Accettarlo era davvero difficile, era assurdo, inconcepibile che stesse accadendo di nuovo, uno scherzo del destino davvero crudele e terribilmente ingiusto.

“Chiunque tu sia, qualunque cosa tu voglia, se hai fatto o farai loro del male la pagherai!”.

Lo aveva pensato mentre i denti si stringevano in un ringhio feroce.

Una mano di Shu si allungò verso quella più vicina di Seiji, in un gesto quasi irreale tra loro: Shu non credeva di averla mai stretta a Seiji e Seiji, lui, aveva stretto timidamente poche mani.

“Ryo proteggerà Shin finché...”.

Fino a quando non sarebbero giunti loro.

Fino a quando non avrebbero capito.

Fino a quando...

 

La mano di Shu sulla propria lo sorprese, ma un calore intenso si impossessò del cuore di Seiji, che si ritrovò a ricambiare; le dita di Shu erano insicure e lui le afferrò, con molta più forza.

“Si proteggeranno a vicenda e ci sarà Byakuen per entrambi e…”.

E cosa?

Chi avrebbe protetto loro due e chi Touma, che era da solo?

Si portò la mano libera al viso.

“Touma… dovremmo avvisarlo, dirgli di fare attenzione, ma non voglio che il suo viaggio di ritorno si trasformi in angoscia”.

“Lui ha un legame speciale con Shin e secondo me ha capito che c'è qualcosa che non va... e...”. Non voleva angosciare il nakama. Non voleva essere negativo. Non voleva pensare che anche loro sarebbero scomparsi.

“L’abbiamo sempre saputo quando a qualcuno di noi accadeva qualcosa, anche a distanza”.

Gli venne spontaneo ricordare quante volte era accaduto a lui.

New York, poi l’incidente…

Erano sempre arrivati… tutti.

“Lo sa… Touma lo sa, ne sono sicuro”.

Touma sapeva. Touma era lontano. Poteva ancora salvarsi e allora...

Chi avrebbe potuto aiutarlo se loro... se anche loro...

Non poteva rimanere da solo, non avrebbe potuto. Nessuno di loro avrebbe potuto riuscire in qualcosa di simile... da solo.

Shu chiuse gli occhi, per evitare che le lacrime riuscissero a scendere.

Per un attimo, un solo breve istante, l'immagine del cavallo alato del suo sogno gli tornò in mente, per poi svanire come la memoria del sogno che era stato.

Tuttavia quell'immagine così forte, indomabile, così piena di speranza riuscì a calmarlo, inspiegabilmente.

E il sonno dato dalla tensione si appropriò di lui.

Non sognò Pegaso.

Non sognò nemmeno i suoi nakama.

Ciò che sognò fu il suo incubo le sue paure forse ormai tornate ad essere realtà.

Cominciò tutto con il buio, un buio totale, privo di fondo. A Shu sembrava di essere diventato cieco.

Poi, in quel nulla angosciante, giunse un flebile, leggerissimo rumore, che squarciò le tenebre di un rosso carminio.

Erano catene. Anelli di catene che battevano gli uni contro gli altri.

Pur senza vedere, Shu era certo di quello che sentiva.

Come fu certo di un gemito. Lungo, profondo, pieno di dolore.

Sembrava agonizzante, il dolore dell'umanità intera.

Shu percepì il proprio cuore gonfiarsi, pronto a scoppiare di quel medesimo dolore.

Il gemito si fece più forte, chiaro e anche la voce divenne chiara: Shu non poteva confonderla con altra.

“SHIIIIIIIIIIIN!”.

Era lui. Lui. Lui.

Ma ,on poteva essere lui. Non doveva!

Un nuovo gemito fu la terribile conferma.

Perché?! Perché soffriva?!

“SHIIIIIIN! DOVE SEI?! BASTARDO, NON FARE DEL MALE A SHIN!”.

Gridava e gridava e la voce tornava a lui, come un'eco.

Shin, come sordo ai suoi richiami, gemeva e piangeva.

E Shu non poteva muoversi.

Era come se non avesse corpo e non vi era spazio o dimensione attorno a lui.

Solo la voce era un'arma, ma un'arma priva di forza, di protezione.

“SHIIIIIIIIIIIN!”.

Ma cosa poteva la voce, se non chiamare quel nome amato all'infinito?

Lui era impotente.

Come sempre, come allora...

Cos'era servito avere quella nuova yoroi, quel nuovo ruolo se nulla era possibile?!

Non poteva salvare i suoi nakama, i suoi amori, il suo mondo intero.

Che senso aveva essere Kongo se la sua forza, la sua giustizia erano solo parole che si smarrivano al vento?

“SHIIIIIIIIIN!”.

Le sentiva, ora, le lacrime.

Non riusciva, non voleva fermarle. Erano tutto quello che gli rimaneva.

Solo quello poteva fare per Shin.

E chiamarlo, chiamarlo.

“Shu...” finalmente un sussurro, ma così debole, così triste, pieno di supplica. “a... aiuto... aiutami...”.

“SHIIIIIIIIIIIIIIIIIN!”.

Non c'era giustizia, non c'era forza, non c'era nulla.

Il dolore aveva cancellato tutto.

Anche la sua voce.

 

Nel sonno Seiji sentì per un attimo un respiro più profondo, come se la tensione si fosse allentata sul nakama. Fece un mezzo sorriso, chiudendo per un attimo gli occhi.

Il suo sonno era tranquillo, pensò.

Ma quel respiro, quella boccata d'aria così profonda, era stato solo un atto naturale, come quello che un tuffatore compie prima di gettarsi nell'abisso.

Accanto a un ignaro Seiji, la morbida e possente figura di Shu si dissolse in un'aria calda, simile al respiro del deserto. Il lenzuolo che lo copriva, lentamente, discese fino a toccare il materasso.

Di Shu era rimasto solo il tepore.

  
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