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Autore: shiningreeneyes    21/10/2017    2 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
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CAPITOLO 37.

Sei mio.

 

 

Sabato, 8 Maggio

Trentasette settimane e sei giorni

 

 

Sotto normali circostanze non pensavo a situazioni stressanti. Infatti, a volte, nella mia testa si innescava un meccanismo che mi faceva compiere più velocemente e in modo migliore quello che stavo facendo. In quella situazione, però, non mi preoccupavo dello stress, in particolare perché non c'era molto da fare, tranne che stare lì ed ansimare, gemere, piangere e imprecare.

 

Dopo minuti passati a dare di matto, Harry raccolse abbastanza lucidità e prese il suo telefono per chiamare la dottoressa Hayes che sembrava gli avesse detto di chiamare un'ambulanza dato che improvvisamente urlò "quale diavolo è il numero dell'ambulanza?" per poi procedere imprecando verso il suo telefono per non avere il numero registrato.

 

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dal momento in cui caddi sul pavimento a quando arrivò l'ambulanza; tutto quello che sapevo era che non avevo mai provato tanta sofferenza in vita mia e che capivo tutte le donne nei reality show che urlavano e imprecavano come marinai quando entravano in travaglio, a dire il vero, era piuttosto simile a quello che stavo passando io in quel momento. Non riuscivo nemmeno ad urlare, però, quindi tutte le imprecazioni uscivano come singhiozzi e gemiti agonizzanti.

 

Sembrava che Harry fosse spaventato quanto me, ma mi teneva la mano e continuava a mormorarmi gentili e tranquilli "andrà tutto bene." Non riuscivo a trovare l'energia e la volontà di dire o fare nulla per indicargli che lo sentivo, ma apprezzai comunque la sua presenza. Molto di più di quanto avrei apprezzato quella di altri.

 

Ad un certo punto, dopo essere stato sollevato e posato su una barella da alcuni ragazzi, svenni. Che fosse per la sofferenza o il dolore o per qualche sedativo che mi avevano iniettato senza accorgermene, non lo sapevo; tutto ciò che sapevo era che quando mi svegliai, mi trovavo coricato in una stanza molto luminosa.

 

Le pareti erano bianche, il soffitto era bianco, le lenzuola che mi coprivano erano bianche e la giovane infermiera che era in piedi nel lato destro del letto era bianca. Beh, era vestita di bianco. Etnicamente parlando era un po' troppo abbronzata e aveva gli occhi troppo scuri per essere bianca. Forse era messicana. O spagnola.

 

Sbattei le palpebre un paio di volte per lasciare che i miei occhi si adattassero alla luce improvvisa, ma fu tutto ciò che feci in tempo a fare prima di gridare e afferrarmi lo stomaco con le mani, mentre una violenta serie di contrazioni mi colpì. Non erano finite ancora quando qualcuno alla mia sinistra mi strinse la mano con delicatezza e mi accarezzò il polso con il pollice. Mi voltai, debole per qualche ragione, e vidi Harry seduto su una sedia, con la schiena curva e il viso pallido. Non ero del tutto sorpreso, ad essere sincero.

 

"Ehi," disse piano, offrendomi un debole sorriso e un'altra stretta alla mano, "va tutto bene?"

 

"Fa male," mormorai con una smorfia. Il mio fascino stava raggiungendo limiti sconosciuti quel giorno, senza dubbio.

 

"Si, l'ho capito," disse, "hai urlato parecchio mentre dormivi. Sembrava che stessi morendo."

 

"Credo di star morendo," dissi. Come un segnale, un'altra contrazione mi colpì in quel momento facendomi emettere un imbarazzante  singhiozzo. Continuarono per circa mezzo minuto prima che si fermassero, nelle stesso momento in cui le lacrime iniziarono a cadere dai miei occhi.

 

"È tutto okay, non stai per morire," disse Harry rassicurante una volta che mi rilassai nuovamente. L'effetto delle sue parole era un po' indebolito a causa del suo sguardo terrorizzato e dal fatto che la sua pelle era ancora pallida. Il pallore iniziava a sembrare come l'interno di una mela verde.

 

"Odio la mia vita," dissi asciugandomi rapidamente le guance bagnate con il palmo della mia mano.

 

Il suo sorriso vacillò un po'. "Finirà presto, non preoccuparti."

 

"Non ti è permesso dirmi di non preoccuparmi, di calmarmi o rilassarmi o qualsiasi altra cosa fino a quando non l'avrai provato," scattai. Passò un momento di silenzio e lui alzò un sopracciglio. Sembrava quasi divertito, bastardo arrogante. "Mi dispiace," aggiunsi.

 

"Vorrei dirti di non preoccuparti, ma non mi è permesso farlo," commentò asciutto e io sorrisi. Lui aprì la bocca per dire qualcosa, ma solo allora gridai di dolore e sorpresa, e scavai le mie dita nella mano mentre un'altra serie di contrazioni mi colpì. Ansimai e piansi fino a quando non terminarono dopo quaranta secondi circa, e la smorfia di disperazione e tristezza di Harry mi fece capire che era molto turbato di non poter essere in grado di aiutarmi in alcun modo. La realizzazione mi diede una strana sensazione di conforto.

 

"Cazzo," rantolai, la mia mascella tremante, "per quanto tempo dovrò vivere tutto questo?"

 

"Non per molto, Signor Tomlinson," disse una voce femminile alla mia destra, e sobbalzai un po' voltandomi a destra; avevo completamente dimenticato l'infermiera che era in camera. Lei mi sorrise dolcemente. Almeno non sembrava il tipo di persona che giudicava, e se anche fosse, lo nascondeva bene. Mi piaceva.

 

"Andrò a chiamare il dottore, quindi aspetta qui per qualche istante, torno subito."

 

"Come se potessi andare da qualche parte," dissi quando uscì dalla stanza e chiuse la porta.

 

"È carina," disse con una scrollata di spalle, "le ho parlato un po' prima che ti svegliassi."

 

"Si? E di cosa?"

 

"Riguardo il fatto che... a mezzanotte, sarò papà."

 

Mi morsi l'interno della guancia e annuii lentamente, metabolizzando le notizie. "Quindi sono davvero in...?"

 

"Si, sei in travaglio," disse e quello confermò la mia domanda. "Non sono del tutto sicuri in quel fase tu sia, beh, è un po' difficile dire se le acque si sono rotto o no, ma faranno comunque un cesareo. Non vogliono rischiare."

 

"Bene," dissi distrattamente. Ci fu un momento di silenzio che venne bruscamente spezzato da un gemito, un grido e un "CAZZO!" da parte mia, mentre altre contrazioni iniziarono.

 

"Odio vederti in questo modo," Harry sospirò dopo altri pianti, singhiozzi, urla e maledizioni. "Stai soffrendo, e io... mi sento impotente."

 

"Va tutto bene," dissi con voce roca, "non credo che tu sia in grado di aiutarmi in questa situazione, in ogni caso."

 

"Non significa che non vorrei farlo," brontolò, incredibilmente scoraggiato.

 

"Sai, non dovrei essere quello che ti conforta, ma mi sento di doverlo fare," dissi con un sorriso sordo.

 

Ricambiò il sorriso, ma che non raggiunse gli occhi. "Scusa."

 

Sospirai e gli strinsi la mano gentilmente. "Starò bene, Harry. Nessuno si farà del male o... morirà."

 

"Non è quello," disse, mordendosi il labbro inferiore, "è solo... non abbiamo ancora deciso niente. Riguardo al bambino e all'adozione e a tutto. Dovevamo avere ancora un paio di settimane, ma noi ora non le abbiamo più e io- è troppo presto. E se il bambino non è pronto? Non sono ancora passati nove mesi, è troppo piccolo, no?"

 

Non l'avrei detto a voce alta, ma un Harry preoccupato era, ai miei occhi, un Harry molto carino e attraente. "Non è troppo piccolo," dissi, "non avrebbero deciso di tirarlo fuori se lo fosse stato. E decideremo le cose per l'adozione, solo- lasciamo passare questo giorno, okay?"

 

Sembrava dubbioso, ancora preoccupato, e per un attimo sembrò voler protestare. Ma poi strinse le labbra e fece un breve cenno. "Si, va bene," disse.

 

"Grazie," esitai per un attimo e mi mordicchiai il labbro inferiore prima di inclinare il mento verso l'alto.

 

"Cosa?" fu la reazione che ricevetti.

 

Sorrisi con esitazione, sperando avesse capito quello che stavo cercando di dirgli. A giudicare dal suo sguardo confuso, non sembrava.

 

"Harry, dai," dissi, il rossore che si diffondeva sul mio viso perché, okay, era imbarazzante; non volevo dirgli che volevo che mi baciasse.

 

"Oh." E c'era uno sguardo di comprensione insieme ad un sorriso compiaciuto. "Vuoi un bacetto, Lou? Vero?"

 

"Non sei divertente," dichiarai con cautela, "hai le palle, però, giocare con- oh cazzo, quando cazzo finirà questa cazzo di merda?"

 

"Questo è molto affascinante, soprattutto i tuoi vari utilizzi della parola 'cazzo'."

 

Non ero in grado di fare molto, oltre che lamentarmi e grugnire in risposta, ma promisi di rompergli la testa contro il muro una volta che quell'incubo fosse finito. Grugnii internamente. Come se avessi il coraggio di fare del male al suo viso. Era troppo carino.

 

"Stai bene?" chiese quando furono passati una quarantina di secondi.

 

"Adorabilmente," mormorai.

 

Sospirò e alzò una mano per asciugarmi le lacrime appena cadute sulle mie guance. "Stai piangendo."

 

Come sottolineare l'ovvio. "Si, beh, sto soffrendo leggermente," scattai, "penso di avere il permesso di piangere senza che tu mi derida."

 

"Non ti sto deridendo," disse con una risatina.

 

"Si, lo stai facendo," dissi con aria scontrosa e allontanai la sua mano con un gesto duro, "mi stai deridendo e non è giusto, perché non è colpa mia se il tuo bambino ha deciso all'improvviso che era stanco di aspettare lì nell'oscurità e che allora vuole uscire, quindi apprezzerei se chiudessi la bocca e mi lasciassi- hmpfh."

 

Quando avevo detto che volevo che mi baciasse, non intendevo che premesse le labbra quasi violentemente contro le mie infilando la sua lingua nella mia bocca, ma okay. Non mi stavo lamentando. Non avevo abbastanza energia per fare molto, oltre a sollevare una mano per coprire la sua guancia mentre restituivo il bacio il meglio che potevo. Se qualcuno fosse entrato dentro, il bacio probabilmente non sarebbe apparso così impressionante. Il fervore iniziale si affievolì abbastanza presto, e il bacio si ridusse ad un processo lento e dolce - ovviamente con la lingua - che mi fece dimenticare per un po' tutto quello che stava succedendo.

 

Si tirò indietro troppo presto, per i miei gusti, e glielo lasciai intendere con un leggero piagnucolio, cercando di sporgermi in avanti per reclamare le sue labbra.

 

"Inizierai a gridare nuovamente tra poco, e preferirei se tu non mi mordessi la lingua," fu la spiegazione che mi offrì. Con un sorriso provocante ovviamente.

 

Aveva ragione sulla parte delle urla.

 

Fu solo dopo un secondo essere tornato al mio stato di quasi-non-dolore che la porta si aprì, e l'infermiera entrò con la dottoressa Hayes.

 

"Beh, non è una sorpresa questa?" disse retoricamente, un sorriso sul viso, "mi stavo preparando per andare a cena fuori e poi ho ricevuto una telefonata da un collega che mi diceva che il Signor Tomlinson era stato portato qui e che era al cento per cento in travaglio."

 

Le restituii il sorriso. "Le cose... capitano," fu la mia patetica risposta.

 

 

"A quanto pare," disse mentre si toglieva la giacca e la appendeva ad un piolo sul muro. "Qualcuno ti ha informato su cosa succederà?" aggiunse poi, e io scossi la testa. "Beh, per farla breve, ti faremo l'anestesia totale in modo che tu non veda, senta e percepisca nulla, e poi eseguiremo un cesareo per assicurarmi che tu e il bambino stiate bene."

 

"Mi drogherete?" chiesi con esitazione, mordendomi ansiosamente una pellicina sul mio labbro, "non sarà pericoloso per il bambino?"

 

"È perfettamente sicuro, non preoccuparti," disse con un sorriso rassicurante, "di solito facciamo un'anestesia locale, in modo da essere svegli durante l'intervento chirurgico, ma date le circostanze insolite, non sappiamo esattamente quanto tempo durerà il processo. Tenendo questo in considerazione, dormire è un'opzione migliore che quella di essere sveglio." Fece una pausa. "A meno che tu non abbia qualcosa in contrario, naturalmente."

 

"No, no, va bene," dissi in fretta. Tuttavia, un nodo di nervosa malinconia cominciò a crescermi in gola, e girai il mio sguardo verso le lenzuola dove la mia mano stava riposando insieme a quella di Harry. Mi colpì quanto la mia mano fosse molto più piccola della sua.

 

"Molto bene," disse decisa, "ti porteremo subito in sala operatoria e ti prepareremo, e poi saremo in grado di iniziare tra circa quaranta minuti, okay?"

 

"Okay," dissi, la voce piccola.

 

Subito dopo lasciò la stanza, dopo aver mormorato un paio di parole rapide all'infermiera, che poi la seguì fuori.

 

"Cazzo," gemetti appena la porta si chiuse dietro di loro.

 

"Ehi, ehi, non dare di matto ora," disse Harry, la sua voce sommessa, mentre stringeva la mia mano in un gesto che era sicuramente confortante.

 

"Non- io- solo- quaranta minuti, Harry, cazzo," spostai le gambe e deglutii, "non sono pronto per questo, non- non doveva succedere ora," tirai su con il naso e spazzolai via una lacrima dalla guancia, "sono spaventato."

 

"Lo so," disse sospirando pesantemente, "ma non abbiamo molta scelta, no?"

 

La mia mascella tremava e scossi la testa prima di soffocare un 'no'.

 

Calò il silenzio tra noi per qualche secondo, ma poi urlai e mi aggrappai violentemente alla mano di Harry mentre i miei interni si contraevano ancora una volta, lasciandomi nient'altro se non lacrime e maledizioni. E il bambino.

 

Appena finì, meno di un secondo dopo, Harry riprese a parlare. Non con me. "Sei grande e pronto ad uscire ora, piccolo," mormorò con attenzione. Asciugai le lacrime dai miei occhi e dalle guance, e poi spostai lo sguardo per guardare Harry, i cui occhi erano fissi sul mio stomaco. Sorrisi debolmente alla vista. "Un paio di settimane in anticipo, si, ma abbastanza grande da poter venire fuori," continuò, "ti vedremo finalmente, e probabilmente ti sentiremo se quello che ho imparato sui bambini negli ultimi mesi sarà vero anche per te. Mi mancherà parlare con te in questo modo, mi mancherà il tuo papà con il pancione enorme." Lui mi guardò e fece un sorriso in risposta al mio sguardo contrariato. "Okay, non così enorme, ma mi mancherà averti lì dentro quando sarai fuori."

 

Un piccolo peso di malinconia si adagiò nel mio petto e sbattei le palpebre rapidamente un paio di volte per impedirmi di versare più lacrime. "Si, anche a me," sussurrai, ma così piano che dubitai Harry lo avesse sentito.

 

Rimanemmo così per qualche minuto, Harry pronunciando sciocchezze senza senso e io che lo guardavo, prima che due infermiere e un medico entrassero senza alcun avviso. Harry alzò immediatamente la testa e sospirai mentalmente; era troppo chiedere un momento di tranquillità.

 

"Allora, come va qui?" chiese il dottore mentre si avvicinava al letto. Senza aspettare una risposta, continuò. "Siamo pronti per iniziare, Signor Tomlinson, quindi se potresti sdraiarti, preparerò l'attrezzatura."

 

Sbattei le palpebre, cercando di elaborare le informazioni appena ricevute. Quel ragazzo parlava troppo velocemente. "Attrezzatura? L-lo farete- adesso?"

 

"Oh, no, no, non preoccuparti," disse rassicurante, anche se la sua mente sembrava essere altrove e quello aveva rovinato un po' l'effetto, "no, ti farò l'anestesia."

 

Vidi Harry mandarmi uno sguardo nervoso, che ricambiai. "Per quanto... sarà sotto l'effetto dell'anestesia?" chiese.

 

"Circa tre ore, prendere o lasciare," rispose il medico mentre stava trafficando con una serie di tubi, un grande macchinario, quella che sembrava essere una piccola maschera antigas e alcuni fili che messi insieme sembravano creare uno strumento di tortura.

 

"Tre ore?" chiese Harry, "pensavo che la procedura richiedesse solo un'ora."

 

"Normalmente si, ma non possiamo esserne certi dato che il Signor Tomlinson non è certamente una donna." Sembrava totalmente professionale con quella situazione, e non ero sicuro se esserne sollevato o spaventato.

 

Harry sembrava nervoso come sempre, ma non disse altro. Invece tenne gli occhi su di me e mi accarezzò dolcemente la mano con il pollice. Io stavo facendo del mio meglio per non irrompere in violenti singhiozzi perché tutto stava succedendo troppo velocemente e non mi sentivo pronto a niente di tutto quello, quindi-

 

"Qualcuno potrebbe portare questo fottuto bambino fuori da me prima che uccida qualcuno?" gridai, mentre un'altra ondata di dolore mi travolgeva. Notai Harry mandarmi un sorriso, e gli ringhiai contro. "Non guardarmi fottutamente così, stronzo! Io- CAZZO! Ti ucciderò appena tutto questo sarà finito, lo giuro cazzo!"

 

Ci fu silenzio per alcuni secondi dopo che tutto finì, tranne il suono del mio respiro che si calmava. Poi il dottore aprì la bocca, e se mezzo minuto prima volevo uccidere Harry, non era niente in confronto a quanto volessi uccidere in quel momento lui.

 

"Potresti non essere una donna, ma sicuro che urli come una di loro," disse felicemente.

 

Non ci furono altri scambi di parole dopo quello, solo un paio di sguardi acidi diretti al medico da parte mia e alcuni piuttosto furiosi da parte di Harry. Fu dopo un altro paio di contrazioni e un forte "ouch!" da parte di Harry quando artigliai le mie unghie sul suo braccio, che il dottore - non poteva presentarsi dato che era uno di quelli che mi avrebbe drogato? - finalmente raggiunse il lato del mio letto e mi guardò. 

 

"Ho parlato con la tua ostetrica e mi ha detto che non hai allergie e che non prendi farmaci prescritti, giusto?" chiese.

 

Annuii.

 

"E non hai mai avuto tumori, ictus, malattie renali o emorragie, giusto?"

 

Annuii di nuovo, ma stavo cominciando a sentirmi a disagio. Beh, più a disagio di quanto già non fossi. "Perché me lo sta chiedendo?"

 

"È una procedura standard, solo per assicurarmi che le informazioni che ho ottenuto siano del tutto corrette," rispose. Poi batté le mani in un modo che trovai fin troppo allegro. "Beh, penso che sia tutto allora," disse. "Dovremmo iniziare?"

 

Una sensazione di nausea mi formicolò in gola, ma la inghiottii e annuii in fretta. "Si, certo," squittii. Un modo per apparire ancora più virile. 

 

Comunque, probabilmente era una causa persa a quel punto.

 

"Ottimo!" Da dove veniva tutto quell'entusiasmo? Si voltò verso Harry e sorrise un po'. "Dovresti salutare il tuo compagno allora, lo vedrai tra un paio di ore."

 

"Salutarlo?" Disse Harry esitante. "Non posso entrare con lui?"

 

Lui scosse la testa. "Non lo permettiamo quando il paziente è in anestesia totale, mi dispiace."

 

Non mi era mai piaciuta l'idea di farmi vedere da Harry mentre mi tagliavano, dovevo ammetterlo, ma quando il dottore ci disse che non sarebbe venuto con me, mi sentii incredibilmente solo e impotente. Il mio labbro tremò un po' mentre guardavo Harry negli occhi, vedendo la stessa tristezza dei miei.

 

"Immagino che ci vedremo più tardi," dissi tremante, nemmeno tentando un sorriso.

 

Mi guardò preoccupato per un altro secondo prima di alzarsi in piedi. "Si," si morse il labbro, "andrà bene, ti aspetto, promesso."

 

"Lo so, va bene," dissi frettolosamente; l'ultima cosa che volevo in quel momento era che Harry si sentisse colpevole per qualcosa di cui non aveva colpe.

 

Con un sorriso leggermente tremante, alzò la mano e spostò la mia frangia prima che si sporgesse e premesse le labbra dolcemente sulla mia fronte. "Ci vediamo presto," disse quando si ritrasse. Guardò il mio stomaco per un attimo, "entrambi."

 

Mi lanciò un piccolo sorriso e lasciò la mia mano, pronto ad andarsene, e mi sporsi dal letto per cercare di riafferrarla. "Aspetta che mi addormenti, per favore?" dissi con voce supplichevole, tendendo la mano affinché la afferrasse.

 

Per un secondo giurai di aver visto il suo mento tremare leggermente, ma durò solo un attimo prima che il suo volto tornò normale. Fece un passo più vicino al letto e intrecciò le nostre dita. "Certo," disse con un sorriso minuscolo. 

 

A quanto pareva quello era il tempo concessosi dal dottore, perché tossì un po' e io girai la testa per guardarlo. Stava lì in piedi con la mascherina in mano, che voleva che indossassi.

 

"Ho bisogno che ti sdrai," disse con calma.

 

Feci come mi era stato detto di fare con l'aiuto di Harry e parecchi grugniti infastiditi. Sarebbe stato triste non avere più il bambino in grembo, si, ma sarebbe stato anche un grandissimo e dannato sollievo. Mi guardai lo stomaco e usai la mano che non era avvolta da quella di Harry per accarezzare il rigonfiamento. Non volevo iniziare a mormorare sciocchezze al bambino non ancora nato con nella stanza degli sconosciuti, perciò mi limitai ad una carezza e ad un sorriso affettuoso.

 

"Okay, sdraiati in modo che la tua testa sia ben appoggiata, solleva un po' il mento," spiegò il dottore, "e assicurati che il tuo corpo sia rilassato, nessun muscolo teso, va bene?"

 

Respirai a fondo e feci come mi aveva detto, sollevai il mio mento in modo che i miei occhi fossero diretti al soffitto, e mi forzai di prendere respiri profondi per rilassare le spalle e mandare via la sensazione di nausea dal mio petto. Non riuscivo a vedere Harry, non nel modo in cui ero sdraiato, e quello mi spaventò, cosa che era probabilmente ridicola visto che avevo ancora la sua mano attorno alla mia come rassicurazione.

 

"Metterò questa maschera sulla bocca e sul naso ora," disse il dottore mentre entrava nella mia visuale, "e quando lo farò, ho bisogno che tu respiri profondamente e cominci a contare fino a dieci, okay?"

 

'Okay?' esattamente che cosa si aspettava che rispondessi? 'No, non è okay, potrebbe fermare tutto?' Non espressi il mio fastidio, ma annuii brevemente e in silenzio, preparandomi mentalmente a... beh, qualunque cosa avrei potuto sentire. Probabilmente non molto se le poche conoscenze che avevo su quelle cose erano esatte.

 

Era una sensazione estremamente fastidiosa stare lì sdraiato, fissando il viso di uno sconosciuto mentre abbassava una maschera di plastica verso il mio volto. Una maschera di plastica che ancora consideravo uno strumento di tortura.

 

Per ovvi motivi, tutto divenne piuttosto offuscato, e fu non molto tempo dopo - avevo contato fino a sei - che la mia vista si offuscò del tutto e la mia mente fu annebbiata da un velo di incoscienza.

 

Forse stavo immaginando le cose - non sarebbe stato così strano, no? - ma proprio prima di addormentarmi, pensai di aver sentito la voce profonda e gentile di Harry, in quel momento leggermente intrisa di ansia, dire, in un mormorio: "andrà bene, amore."

 

Sorrisi dentro di me. Forse il sorriso arrivò anche al mio viso, ma non ne ero sicuro.

 

Amore?

 

Amore.

 

Mi piaceva.

 

Mi piaceva davvero.

 

 

*

 

 

Ci sono molte persone in tutto il mondo che possono ricordare un momento, un giorno, una fase o uno scenario della loro vita e dire: "ecco quando tutto è cambiato, in meglio o in peggio." Per alcuni si tratta di un'esperienza religiosa, per alcuni il raggiungimento di un obbiettivo personale a cui si ambiva da tempo, per altri di cogliere l'occasione di fare qualcosa di cui si ha paura, per altri di trovare l'amore della loro vita, per altri ancora di scoprire un lato sconosciuto di se stessi, per alcuni si tratta della morte di una persona amata, per altri ottenere la fama e la popolarità. 

 

Per alcuni si tratta della nascita di una nuova vita.

 

Dire che il processo di risveglio fu piacevole sarebbe stata una menzogna.

 

Fuori dalla completa incoscienza e oscurità, iniziarono ad apparirmi piccoli luccichii, suoni e luci. Non avevano nessun senso, erano lì, inutili, che non facevano altro se non dirmi che ero vivo. Passò un po' di tempo - non sapevo esattamente quanto e non ci pensai, perché davvero, a chi importava? - prima che mi venisse in mente che effettivamente non c'erano dei suoni, solo un leggero rumore di voci e passi lontani che provenivano da qualche parte.

 

Non aprii gli occhi, non ne trovai il motivo e l'energia. E avevo paura di quello che avrei potuto vedere. Non avevo subìto nessuna perdita di memoria, e ne fui grato, ma quello non significava che il peso totale di quello che era successo mi avesse già colpito. Mi ricordai di essere entrato in travaglio, mi ricordai di aver parlato con Harry nella stanza dell'ospedale, mi ricordai di aver parlato con il medico troppo felice e mi ricordai di aver respirato attraverso la maschera.

 

Dieci, nove, otto, sette, sei.

 

Ero cosciente in quel momento, almeno a metà strada dall'esserlo, il che significava che l'intervento non era andato male. O forse si. Forse erano passati parecchi giorni e mi stavo risvegliando da un coma. Beh, in quel caso, mi stavo svegliando, quindi cosa poteva esserci di male?

 

Il bambino, ecco cosa. E se qualcosa fosse andato storto e il bambino era morto? E se tutti stessero aspettando che mi svegliassi in modo da potermi dire che io sarei stato bene, ma che non avevano potuto salvare il bambino. Un consumante e schiacciante sentimento di vuoto e di perdita mi colmò, e se avessi avuto l'energia per farlo, avrei cominciato a piangere.

 

Non è che volevo stare incosciente e con gli occhi chiusi per sempre, ma in quel momento aprire gli occhi era meno allettante di avere un'altra gravidanza. 

 

E quello la diceva lunga. 

 

Ma poi ci fu un suono. Un suono minuscolo che sembrava provenisse da lontano, molto lontano, ma allo stesso tempo da qualche parte vicino a me. Non sapevo come classificarlo; un pianto? Un sussulto? Un lamento? Un singhiozzo? Un grido? Qualcosa del genere. Ma era un suono così... piccolo, sembrava quasi rotto, anche se non in modo doloroso, così totalmente indifeso e pieno di desidero di qualcosa.

 

Lentamente, così lentamente, ed esitante, sfarfallai le mie palpebre, guardando dalla piccola fessura, cercando di intravedere l'ambiente che mi circondava e riuscire a riconoscere qualcosa senza guardare attentamente. Tutto ciò che vidi, però, fu una stanza - non la stessa di prima - con pareti dipinte in una lieve tonalità di rosa, blu, verde e giallo. Non vidi nient'altro, e non ero sicuro se fosse una cosa negativa o positiva.

 

"Lou?"

 

Sollevai le palpebre, perché quella voce la riconobbi come la voce che avevo amato negli ultimi sette mesi.

 

"Lou? Piccolo? Riesci a sentirmi?"

 

Mi sentivo la testa pesante e avevo la nausea, ma quello non mi impedì di girare la testa di lato da cui proveniva la voce di Harry. Non ero sicuro se la mia voce avrebbe funzionato correttamente se avessi provato ad usarla, anche se avevo la sensazione che sarebbe stata rauca.

 

"Preferisco 'amore'," mormorai, e si, la mia voce era davvero rauca. I miei occhi dovevano ancora concentrarsi su qualcosa in particolare, ma vidi la sagoma della figura di Harry, seduto su una sedia accanto al letto.

 

"Oh Dio, sei sveglio? Sei qui? Riesci a sentirmi? Mi vedi? Ti senti bene?" sembrava quasi pronto a scoppiare di qualche emozione, e tentai un sorriso.

 

"Si, sono sveglio," risposi debolmente. Sbattei le palpebre lentamente, languidamente, e sollevai il mio sguardo più in alto, finalmente trovando il volto di Harry. La prima cosa che notai era che non c'erano lacrime sulle sue guance, né alti segni di tristezza, e sembrò che il mio cuore si fosse liberato di dieci chili di peso in più.

 

"Come ti senti?" chiese piano, avvicinandosi un po' di più.

 

"Nauseato," dissi rauco, "la gola dolorante."

 

"Vuoi un po' d'acqua?" annuii con gratitudine. Prese qualcosa dal comodino e un secondo dopo appoggiò un bicchiere sulle mie labbra. "Ecco, alza un po' la testa," disse mentre mise dolcemente una mano sulla mia fronte per spostarmi qualche ciocca. Mi ci vollero un paio di tentativi e versai metà contenuto nelle lenzuola, ma alla fine riuscii a ingurgitare qualche sorso di acqua.

 

Cercai di sorridere di nuovo, ma sembrava che i muscoli del mio viso dovessero lavorare il doppio del solito, e rinunciai, pronunciando invece un "grazie". Non disse niente, e entrambi rimanemmo in silenzio per qualche instante. Guardandolo, mi morsi il labbro; perché non stava dicendo qualcosa del bambino? Perché non lo stava tenendo? C'era qualcosa che era andato storto?

 

Inghiottii. "Harry?" provai.

 

Lui sorrise. "Si?"

 

"Come- io- dov'è- c'è- il- è- il bambino?" balbettai, le mie sopracciglia corrugate e le mie labbra tremanti di paura per la sua risposta.

 

Senza una parola o una qualche espressione che mi diceva cosa stesse pensando, si alzò dalla sedia e attraversò la stanza con passi veloci. Non avevo la forza di girare la testa per vedere cosa stava facendo e dove stesse andando, ma quello non mi impedì di cadere in uno stato di terrore per ciò che stava per succedere.

 

Ci vollero pochi secondi prima che Harry si avvicinasse, ma quella volta... teneva qualcosa tra le braccia.

 

O qualcuno. Un minuscolo fagotto di copertina blu.

 

I miei occhi si spalancarono e guardai Harry, che aveva un sorriso più luminoso di mille soli.

 

"Guarda chi ha deciso di svegliarsi finalmente, piccolo," mormorò, con gli occhi rivolti verso il basso, "è il tuo bellissimo papà." Si sedette sulla sedia e spostò il fagotto così che fosse steso sulle sue braccia piuttosto che appoggiato sul petto.

 

Non vedevo niente se non la coperta blu, ma non ero stupido. Le lacrime si stavano rapidamente formando nei miei occhi mentre fissavo la piccola creatura, e le lasciai cadere, nemmeno cercando di fermarle quella volta. "Sta- sta bene?" sussurrai dopo un momento di silenzio.

 

"È perfetto," mormorò Harry mentre accarezzava su e giù con un dito la coperta, "assolutamente perfetto, nessun difetto, nessun problema, niente. È bello e sano."

 

"Bene," sospirai di sollievo; stava bene, il mio bambino stava bene, contro tutte le probabilità, stava bene. Tante cose sarebbero potute andare storte, c'erano tante cose che sarebbero potute succedere, ma non erano successe. Tutto era okay. Era okay. "P-posso tenerlo?" chiesi in modo affettuoso, "per favore? Ho bisogno di vederlo."

 

Lui non disse niente, ma il sorriso che mi mandò era colmo di affetto e felicità, e quello era quello che avevo davvero bisogno di sapere. Con un attento movimento, strinse il fagotto e lo sollevò un po'. "Ti lascerò ora, quindi fai da bravo, okay?" mormorò. La risposta venne sotto forma di un piccolo suono simile a quello che avevo sentito prima, e quasi singhiozzai.

 

"Harry, per favore," sussurrai, tendendo le braccia tremanti. Sembrò aver notato la mia disperazione perché non perse più tempo, ma si alzò in piedi e si avvicinò al letto. Sembrava avesse quasi paura di lasciare il piccolo, perché quando lo abbassò verso di me, aveva un'espressione concentrata sul viso e il naso arricciato.

 

Era incredibilmente strano, dopo aver parlato con quel bambino per sette mesi senza vederlo o sentirlo, tenerlo finalmente tra le mie braccia. Strano, ma allo stesso tempo incredibile. Letteralmente. Avevo difficoltà a credere che fosse reale. Io, Louis Tomlinson, quasi diciannove anni e molto maschio, avevo innanzitutto concepito e poi portato in grembo quel bambino per nove mesi. Ed era incredibile.

 

Chi non avrebbe difficoltà a crederci?

 

Un piccolo viso fu tutto ciò che i miei occhi videro, il resto del bambino era nascosto dalla coperta, ma era più che sufficiente. I suoi occhi erano chiusi, il naso raggrinzito e la pelle era rosa; un rosa chiaro che mi ricordava le notti primaverili e i baci e l'amore delirante e incondizionato. I sentimenti che scorrevano attraverso il mio corpo erano impossibili da descrivere; era come se mi fossi innamorato, anche se ad un altro livello rispetto a quello che sentivo per Harry, e allo stesso tempo molto più veloce del normale. 

 

Amore a prima vista poteva essere una descrizione appropriata. Era amore a prima vista, perché quel piccolo essere umano era mio; lo avevo portato dentro di me per nove mesi, gli avevo parlato, l'avevo sentito, avevamo passato tante cose insieme, ed ora era lì, tra le mie braccia, ed era mio.

 

"Ciao, piccolo," sussurrai mentre facevo scorrere un dito lungo il lato del suo viso, "ti ricordi di me? Sono il lunatico che ti ha parlato e si è lamentato per gli ultimi sette mesi." Non aprì gli occhi, ma lo sentii muoversi all'interno della coperta e la vista fece soffocare le mie parole. "È bello vederti e non solo sentire i tuoi calci tutto il tempo. Ed è bello vedere che sei così... perfetto, considerando tutto."

 

"È perfetto," disse debolmente Harry da dove era seduto nel bordo del letto.

 

Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime e annuii. "Si, lo è." Portai di nuovo lo sguardo verso il basso e tirai su con il naso, scuotendo un po' la testa. "Il mio piccolo bambino," sussurrai, la mia voce appena udibile, "sei così, così bello e sei mio," inghiottii, "sei mio."

 

"E mio," disse Harry, e prima di riuscire a vedere quello che stava facendo, gettò entrambe le gambe sul letto e si girò in modo da sdraiarsi accanto a me, appoggiandosi contro i cuscini. Mise attentamente un braccio sopra le mie spalle e premette un bacio veloce sul fianco della mia testa prima di sorridermi. "È anche mio."

 

Mi appoggiai a lui, posizionando la testa sulla sua spalla, attento a non disturbare il bambino addormentato tra le mie braccia, prima di rispondere. "Si, è anche tuo," dissi, "è nostro."

 

   
 
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