Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: Shichan    21/10/2017    3 recensioni
La prima volta che tiene per mano Midoriya è in un pomeriggio dall’aria pungente, con il cambio di stagione alle porte, e le sue dita tremano.
[Partecipa alla challenge Boku no Hero Academia: fanfiction challenge; prompt: "5 prime volte + 1 seconda volta"]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

N/A: ci voleva una challenge su bokuhero (Boku no Hero Academia: Fanfiction Challenge!, organizzata su fb da Qwerty from Wilde) per farmi scrivere di nuovo in italiano. Non lo faccio da più di un anno e si vede, ma spero comunque possa essere una lettura godibile <3
Non si colloca in un momento precisissimo del manga, se non post festival sportivo, ma il resto è di vaga collocazione. Si è capito che sono una sucker per l’holding hands visto che potrei tranquillamente chiamare questa fic “le trecentosei volte che ho fatto toccare le mani/tenere le mani/fare cose con le mani a questi due sfigati”. Abbiate pazienza.

 

 

 

È durante un pranzo in mensa che Todoroki si accorge di guardare Midoriya in un modo diverso da quello che credeva. Siede al tavolo con Iida, Uraraka e Izuku ascoltando distrattamente quello di cui stanno parlando – le ultime news riguardo un salvataggio avvenuto in città –, alternando lo sguardo tra i tre e il proprio piatto di riso al curry. A volte è ancora strano pensare a Midoriya come un amico, lui che il giorno del proprio esame d'ingresso (e molti a seguire, a dire il vero) era interessato solo dall'idea di perseguire il suo obiettivo. Ancora più incredibile gli sembra la capacità dell'altro di aver ampliato di così tanto il suo mondo: dopo il festival sportivo è stato come ritrovarsi all'improvviso alla mercé di un mare calmo solo in superficie e che nasconde una corrente sempre in movimento. Midoriya Izuku è questo, una persona placida e che appare poco sicura, ma incapace di non immischiarsi negli affari altrui e trascinarli con sé in un modo o nell'altro. È così che Todoroki si è ritrovato circondato da molte più persone di quante ne avesse messe in conto; anche lo stare seduto al tavolo con quei tre, lì in mensa, a gustare un semplice pasto è molto più di quanto pensava avrebbe avuto – molto più di quanto credeva si sarebbe concesso.

Todoroki non è una persona eloquente, lo sa. Per molto tempo è stato chiuso, piegato su se stesso come un albero cresciuto male in direzione di un’unica fonte di luce, e ci vogliono tempo e cura perché una cosa come quella possa cambiare. Un passo alla volta, sa di starsi muovendo nella direzione giusta, tuttavia è anche conscio di ciò che può diventare tanto quanto lo è riguardo ciò che non sarà mai. Non gli pesa essere il silenzio di quello strano gruppo, bilanciarne il chiacchiericcio animato. I suoi spazi nella conversazione rispecchiano quelli che desidera; però, a volte, una piccola parte di lui ancora si sorprende nel sentirsi rivolgere una domanda, quasi dimentico del modo naturale con cui quei tre sanno farlo sentire parte di qualcosa.
«Todoroki-kun?» lo richiama la voce di Midoriya, portandolo d’istinto ad alzare gli occhi su di lui, un vago sentore di confusione nella sua espressione, senza che lui ne sia davvero consapevole. Midoriya abbozza un sorriso, di quelli che Todoroki (non sa quando) ha imparato a riconoscere come un insieme di insicurezza e accondiscendenza, quasi. La mano tiene ancora il cucchiaio per metà pieno di curry, quando Midoriya porta il proprio indice all’altezza della guancia, quasi indicasse le lentiggini diffuse sul suo viso. Todoroki inarca un sopracciglio, confuso, fin quando l’altro non pronuncia un: «Hai un po’ di...» quasi si sentisse in colpa per quell’affermazione.
La mano libera di Shouto recupera il tovagliolo e, veloce, va a pulire la propria guancia; uno sbuffo divertito appena accennato sfugge tra le labbra di Midoriya, prima che un «L’altra guancia» quasi soffiato, come un segreto, raggiunga Todoroki.
Uraraka e Iida, presi dalla loro conversazione, non prestano loro alcuna attenzione.
La prima volta che Todoroki sente il viso accalorarsi non è all’idea di essersi fatto notare in un momento di involontaria goffaggine, ma a causa di quello sbuffo divertito; occhieggia la propria mano sinistra, temendo quasi che quel calore sia dovuto alle fiamme che sono parte di lui.



Il fatto che Midoriya Izuku sia una delle persone meno prevedibili tra quelle che conosce non smetterà mai di stupire Todoroki. Midoriya, una persona a cui è sufficiente lanciare un’occhiata per rendersi conto della sua semplicità, nei momenti più insospettabili è riuscito a coglierlo di sorpresa: lo ha fatto al festival sportivo, ma anche in occasioni meno particolari. Todoroki è consapevole di essere più un osservatore che un oratore – e quindi fa la cosa in cui riesce meglio delle due, prendendosi il suo tempo per capire. Ci sono volte in cui è sicuro che nemmeno ore passate a chiedere spiegazioni sarebbero d’aiuto a spiegargli cosa, esattamente, si agita nella testa di Midoriya. Ma se potesse fargli una domanda, una sola con la certezza di ricevere una risposta chiara, Shouto immagina di sapere già cosa chiederebbe. Mentre guarda Izuku indietreggiare fisicamente di fronte all’ennesimo – breve, fine a se stesso – scontro verbale con Bakugo, quasi gli sembra di sentire la propria voce nella testa: perché non hai mai dubbi su come proseguire?

Sa di essere ingiusto, in un certo senso. Una parte di lui sa bene come non possa essere vera una cosa come quella – tutti esitano almeno una volta, e forse Midoriya lo fa più di chiunque altro. Eppure sembra sempre convinto di ogni sua decisione; sembra conscio di avere tutte le carte in regola per piegare il destino al suo volere. Shouto non sospetta nemmeno quanto sia in errore, mentre guarda l’altro sospirare sollevato, Bakugo ormai oltre la soglia di un’aula rimasta pressoché vuota.
«Scusa, Todoroki-kun.» arriva quasi subito la voce di Izuku, accompagnandosi a un sorriso accennato che gli piega le labbra come se ogni cosa brutta del mondo dipendesse da lui. Shouto scuote la testa, chiudendo la borsa e mettendola in spalla, pronto ad andare via; la sua non è stata un’attesa calcolata, né un tentativo discutibile di fingere di avere qualcosa da controllare per aspettarlo: è passato un po’ da quando sembrano aver deciso entrambi di tener fede al tacito accordo di andare via insieme.
Parte del loro tragitto è sempre accompagnata dal silenzio: dal varcare la soglia dell’aula e al camminare fino al cancello che mette fine al territorio scolastico, è rado ci siano parole tra di loro. Le prime volte il posto dei discorsi era occupato da un imbarazzo palpabile; con il tempo, è più come un godersi la presenza dell’altro senza elementi di disturbo. Todoroki non è sicuro che per Izuku sia la stessa cosa, ma non ha ancora trovato il modo giusto di chiederlo, a essere sincero. Così si limita a camminargli di fianco, lasciando che le loro braccia di tanto in tanto si sfiorino, lì a ricordargli che sono l’uno vicino all’altro – sembra sempre così incredibile, nella sua semplicità.
In quegli ultimi passi di silenzio quasi non se ne accorge, Todoroki, mentre il dorso di Midoriya sfiora il proprio, e le dita dell’altro si fanno strada timidamente tra le sue, prendendogli la mano in un gesto così delicato che Shouto si ritrova ad abbassare lo sguardo per essere sicuro che siano entrambe davvero lì.
La prima volta che tiene per mano Midoriya è in un pomeriggio dall’aria pungente, con il cambio di stagione alle porte, e le sue dita tremano.



Todoroki è abbastanza sicuro che poche cose nella sua vita lo abbiano fatto sentire in imbarazzo, e ha la quasi totale certezza che siano tutte indissolubilmente legate a Midoriya. Chi, poi, sostiene l’utilità di avere fratelli o sorelle maggiori per poter avere consigli di un certo tipo deve di certo aver avuto una famiglia facile e – per questo – non aver pensato a chi non può vantare la stessa fortuna. Perché Shouto non vede come mai potrebbe recarsi da sua sorella maggiore, tanto per fare un esempio, e chiederle istruzioni su argomenti molto… privati. Quella di Shouto è una famiglia complessa: lui e sua sorella non hanno mai davvero parlato di molti argomenti, e ancora meno di quelli personali. Todoroki ha fallito così tante volte nei suoi tentativi di formulare un discorso nella propria testa, che non ha varcato nemmeno la soglia della propria stanza per provare a bussare alla porta di sua sorella; conscio che mai sarebbe riuscito a pronunciare la domanda cardine dei dubbi che gli affollano la mente, ha rinunciato in partenza.
Non era davvero sicuro di voler vedere l’espressione di Fuyumi farsi entusiasta al suo fatidico, tremendo, imbarazzante: “Quando due persone sono insieme da un po’...
Comunque, affidarsi ai testi di riferimento è stata la scelta peggiore della sua vita. Non può pensare altro, mentre gode della solitudine dell’aula in attesa di Midoriya e i suoi occhi si posano sulla copertina di un libro che non pensava avrebbe mai letto. Quale possa essere l’attrattiva di un racconto romantico sfugge alla sua comprensione ora tanto quanto faceva sessantacinque pagine fa, quando lo ha iniziato. Le uniche certezze che la lettura ha portato con sé sono tre: primo, è felice che Midoriya non sia complesso come il protagonista del libro; secondo, il ripostiglio non gli sembra affatto un grande luogo per un primo bacio; terzo, quel libro non dovrà mai vedere la luce in presenza dei suoi compagni di classe.
«Todoroki-kun?»
Incredibile come si possano mescolare velocità e nonchalance per nascondere prove discutibili.
«Scusami, Recovery Girl mi ha trattenuto più di quanto pensassi— ma è tutto a posto!» c’è quasi fretta nel tono in cui glielo dice, con un mezzo sorriso di scuse a incurvargli le labbra. Shouto lo osserva, gli occhi che con quanta più discrezione possibile si soffermano sulle mani dove qualche cicatrice è impossibile da nascondere anche con la divisa. Quasi non si accorge di come Midoriya sia conscio della cosa e di come si stringa nelle spalle, incerto sul da farsi. Lo nota solo quando le dita di Izuku si intrecciano tra loro con fare nervoso, e allora alza lo sguardo per incontrare il suo. Dovrebbe scusarsi? Lo ha messo a disagio? Todoroki non si ritiene ancora così bravo nell’interpretare gli altri – è un gesto intriso di una certa timidezza, quello con cui prende una mano di Midoriya nella propria, con delicatezza. Il fare timido appartiene più al non voler ferire accidentalmente che non alla scarsa conoscenza o condivisione tra loro; lì, mentre si domanda se il responso di Recovery Girl sia qualcosa di cui dovrebbe preoccuparsi o informarsi nel dettaglio, o se invece dovrebbe lasciar cadere l’argomento nella sicurezza (che non esiste davvero) che Izuku glielo direbbe, se ci fosse qualcosa che non va.
Non si accorge nemmeno di aver avvicinato la mano di Midoriya al proprio viso e di aver posato le labbra sul dorso. Non sa perché un gesto a lui così estraneo gli sembri, in un modo molto contorto, naturale.
La prima volta che bacia Izuku non è un romantico contatto tra le loro labbra in un posto perfetto; è un bacio leggero, devoto, e sa della risata imbarazzata di Midoriya.


La mano di Izuku stringe piano la sua, per infondergli coraggio. Todoroki sente il pollice dell’altro sfiorargli il dorso nel tentativo di tranquillizzarlo, anche, mentre gli lancia qualche occhiata di sfuggita. Shouto lo sa che Midoriya trova la situazione divertente, seppure non mosso dalla malizia mentre trattiene uno sbuffo nel vedere Todoroki lì, fermo di fronte alla porta di casa sua. La targhetta con il cognome “Midoriya” sembra già giudicarlo, mentre Izuku allunga una mano fino alla maniglia per aprire la porta e guidare entrambi all’interno.
La prima cosa che colpisce Shouto è il buon odore proveniente dalla cucina; dalla stessa direzione, in pochi secondi, li raggiunge dapprima una voce di donna e poi una figura che sarebbe impossibile non riconoscere come la signora Midoriya. Todoroki non può fare a meno di irrigidirsi lì sul posto, per quanto la sua espressione non cambi e gli risparmi, quindi, malintesi di qualsiasi tipo – non è mai stato così grato della sua scarsa espressività. Izuku lascia andare con un gesto gentile la sua mano per poter abbracciare sua madre, un modo di salutarsi che Shouto non può che trovare familiare, nostalgico ed estraneo al tempo stesso. Nemmeno tentare di immaginare suo padre rivolgergli quel gesto è esilarante abbastanza da fargli dimenticare quel che la sua mente si diverte a riportare a galla ogni cinque minuti da quando quell’invito a casa Midoriya gli è stato rivolto: stai andando a conoscere la famiglia di Izuku, ti vedranno per la prima volta, non sai come la prenderanno Shouto.
Ma la verità che gli si dispiega davanti agli occhi è ben diversa: la madre di Izuku, in primis, sa perfettamente chi lui sia. Ovvio, considerato che ha seguito ogni passo del figlio dalla sua ammissione alla U.A., eppure a Todoroki era quasi passata di mente quella consequenzialità, quel “se ha visto lui, deve aver visto anche me e tutto il resto della nostra classe”. In secondo luogo, guardare quella donna mentre con un sorriso mite lo invita ad accomodarsi e gli chiede, come prima cosa, se preferisca l’omelette dolce o salata – non “cosa hai fatto a mio figlio”, non accuse di qualsivoglia natura, no – toglie a Shouto ogni dubbio sul carattere di Izuku. Su chi lo abbia influenzato in quella gentilezza, nella fermezza, nel coraggio che sono parte della sua indole. Mentre guarda quella donna minuta, Shouto vede tutto con una chiarezza sconvolgente che lo destabilizza, quasi; mai quanto l’abbraccio affettuoso ma poco invadente, quasi cortese, che la donna gli rivolge. La sente stringerlo piano, brevemente, prima di scostarsi e guardarlo con una dolcezza che a Shouto ricorda sua madre. La signora Midoriya riesce, e Shouto non saprebbe davvero spiegare come, a farlo sentire non un ospite gradito, ma un figlio tornato a casa.
Quando dopo cena e dopo essersi trattenuti a parlare fino a darsi la buonanotte Shouto è steso a pancia in su, con Izuku che si sdraia al suo fianco, sente di non saper dare una definizione unica a quella prima volta ospite nella casa di una persona che con il tempo, passo dopo passo, è diventata così importante per lui.
«Mia madre ti adora.» è il modo in cui Izuku rompe il silenzio tra loro, girandosi su un fianco per poterlo guardare; Shouto non ha bisogno di voltarsi per riconoscere l’inflessione divertita e affettuosa nel tono dell’altro, ma lo fa lo stesso, cercando la totale attenzione di Midoriya. Ritrova sul suo viso un sorriso che ama e lo sguardo di chi lo ama a sua volta.
«Mi piace, tua madre.» bisbiglia come se fosse un segreto, leggendo negli occhi di Izuku un tacito “non avevo dubbi” che lo fa sentire prevedibile e, per questo, vulnerabile – immagina sia così che ci si sente, in una famiglia come quella di Midoriya: alla mercé della più piccola ferita e al tempo stesso invincibili.
«Mi ricorda te.» aggiunge, sentendo Izuku ridacchiare mentre pronuncia un assai ovvio «Semmai sono io che ti ricordo lei!»
Shouto non ribatte, mentre si avvicina per posare la fronte contro la sua.
La prima volta che è ospite in casa Midoriya pensa che no, Izuku sbaglia: ogni cosa di quell’abitazione e di chi la abita gli ricorda il modo in cui quel ragazzo ha scosso la sua convinzione più crudele e gli ha mostrato che poteva esserci molto più dell’odio e del rancore, per lui.



Quasi se lo immagina, Todoroki: dieci anni nel futuro, durante una di quelle rimpatriate scolastiche di cui ha sentito parlare solo per sommi capi e che non ha ancora mai provato in prima persona, con qualcuno – Kaminari, probabilmente – che inizia la conversazione con un “ma ve la ricordate quella volta che…?”.
Ha ancora sulle labbra la sensazione di quelle di Midoriya, una mano sul fianco di Izuku e le dita dell’altra a contatto con sul lembo della camicia sotto cui le aveva insinuate, solo per sfiorare la pelle e niente di più. Izuku invece sta nascondendo il viso, sbirciando in sua direzione come a cercare un aiuto che a essere onesti Shouto non sa come dargli. Intravede il rossore sul suo viso e non sa se anche la sua faccia riflette quello stesso imbarazzo, ma è sicuro che sentirsi accalorato non dipenda né dal bacio che si stavano scambiando, né dal proprio quirk.
«Dovremmo scusarci.» riesce a borbottare dopo interminabili minuti di silenzio in cui la mente di Todoroki ha vagato fin troppo, ignorando l’improbabile ma minacciosa riunione futura in cui questo sarà un racconto divertente per tutti tranne che per lui. E Izuku. Sì, è abbastanza sicuro che Izuku potrebbe strozzarsi con una qualsiasi bevanda presente nel momento in cui Kaminari deciderà che è un modo divertente di intrattenersi sui ricordi di gioventù – quasi comincia a pensare, Shouto, che suo padre non abbia proprio tutti i torti a evitare le rimpatriate se non strettamente necessarie. Non che conti di dirlo al diretto interessato, comunque.
Il mugugnare di Izuku riempie piano l’aula, passando quasi inosservato in un primo momento, perché qualcosa di ormai familiare per Shouto; decide però di porvi fine, portando una delle mani a stringersi senza troppa forza attorno al polso di Midoriya, per guidarlo e far sì che scopra il proprio viso. Vi legge lo stesso imbarazzo che sente anche lui.
«Non penso che Hagakure sia arrabbiata.» commenta in un mormorio altrettanto basso, come se dopo essere stati colti in flagrante una volta sia d’obbligo impegnarsi per mantenere segreta qualsiasi cosa. Più che il bisogno di nascondere, è la necessità di una sfera privata inattaccabile, di una riservatezza inviolabile. Quanto a lui, Shouto non ha bisogno di chiedere, con Midoriya: ha imparato a riconoscere sul viso dell’altro l’agitazione, l’imbarazzo e buona parte delle emozioni che vede passare per le sue espressioni. Sa che Izuku non è turbato dalla cosa in sé, che probabilmente fosse ormai in procinto di parlarne almeno con Uraraka e Iida – che, a dire il vero, Shouto pensa abbiano già notato tutto da soli e da qualche tempo.
Forse a scombussolarlo è solo l’idea di essere stato sorpreso e che questo possa sembrare un suo atto di sfiducia nei confronti di quelli a cui voleva dirlo.
La mano stretta attorno al polso di Izuku lo lascia andare, e Todoroki porta entrambe le braccia a cingere la vita del ragazzo davanti a lui, attirandolo un poco verso di sé e posando con gentilezza le labbra sulla sua fronte: «Se ci sbrighiamo» suggerisce «penso che Uraraka e Iida siano ancora in mensa.»
La prima volta che qualcuno viene a sapere della loro relazione è una falsa crisi di cui Todoroki – quando in futuro Kaminari lo racconterà a una rimpatriata – ricorderà solo la pacca un po’ troppo formale di Iida contro la propria schiena e l’abbraccio di Uraraka sia per lui che per Izuku. Ah, e le scuse per Hagakure: non è stato carino non notarla solo per il suo quirk, quello è vero.



La prima volta che escono insieme è un completo disastro, uno di quelli che non si dimentica e dove tutto, ma davvero tutto ciò che poteva andare storto lo fa.
Per questo Shouto non riesce a convincersi, al loro secondo appuntamento, che la cosa possa migliorare; se proprio, la sua unica certezza è che non possa andare peggio. Così quando si incontrano insieme fuori dai dormitori, pensa che dopotutto è già un grande passo avanti non aver incrociato Mineta intento a fuggire dagli attacchi di Ashido per aver rubato la biancheria delle ragazze, rischiando di finire colpito dall’acido – e facendo finire sulla traiettoria di tiro uno di loro, con il risultato di ritrovarsi con la camicia in parte distrutta per sempre. Todoroki guarda la maglia che indossa oggi, sana e salva per l’assenza di inseguimenti all’ingresso del dormitorio, e pensa che in fondo la giornata è iniziata bene.

Entrare nel cinema si rivela meno difficoltoso di quanto lo sia stato farlo la volta precedente. Oggi non ci sono allarmi antincendio che si attivano per errore, facendogli temere di aver dato fuoco a qualcosa e obbligandoli a una calca di persone che viaggiano nel senso opposto al loro e che li portano, per un principio di acerba deformazione professionale, a far muovere la folla più in ordine possibile, così da perdere un’ora del proprio tempo e con il risultato – sventato il falso allarme – di aver perso lo spettacolo e la voglia di vedere il film. Non che Shouto avesse tutta quell’aspettativa sulla pellicola di quella volta, ma preferisce di gran lunga la breve fila di persone che quel giorno li divide dal botteghino prima e dall’ingresso in sala poi. Mentre siedono al buio, con il grande schermo che proietta l’inizio del film, Shouto sente le dita di Midoriya intrecciarsi alle sue e pensa che forse perderà parte dello spettacolo anche stavolta, ma sarà per una buona causa.

Cenare si rivela così semplice che, a un certo punto, Shouto si chiede se non debba aspettarsi una catastrofe da un momento all’altro. Fin troppo memore di come l’ultima volta siano finiti seduti vicino a una famiglia dai figli particolarmente esuberanti, tanto da aver persino fatto finire un pezzo del loro cibo sul tavolo suo e di Midoriya, Todoroki non riuscirebbe davvero a stupirsi se un cameriere passandogli accanto inciampasse nel nulla rovesciandogli qualcosa addosso. Invece, contro ogni pronostico, il cibo è buono come gli avevano detto, lui e Midoriya riescono a godersi un pasto come si deve e l’atmosfera tra loro è così rilassata da far sembrare quell’appuntamento l’ennesimo di una lunga sfilza che in realtà non c’è mai stata.
Riescono a concordare senza problemi sul dividersi la spesa equamente, a uscire indenni dal locale, a piazzarsi tra le strade ancora piuttosto trafficate. Con le insegne luminose ad attirare gli sguardi, Shouto riesce a far scivolare con discrezione la mano lungo il fianco e a prendere quella di Izuku; le spalle a contatto tra loro, lo sente sussultare un poco per la sorpresa e ritrova sul suo viso – sbirciando – un rossore tenero. Punta lo sguardo davanti a sé, non meno timido di Midoriya in un certo senso, ma stringe la sua mano un po’ di più.
La seconda volta che escono insieme tutto va così liscio da sembrare surreale. Todoroki si muove in silenzio per il corridoio, fino alla stanza di Izuku, e quando sono davanti alla porta giusta esita a lasciar andare la sua mano. Di quell’appuntamento, che non è il primo ma è come se lo fosse, la cosa che ricorda meglio è la risata sommessa di Izuku mentre guarda le loro mani.
«Todoroki-kun, se non mi lasci non posso entrare in camera.»
Lo sa. Per quello la tiene ancora stretta nella sua, solo per un altro po’.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Shichan