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Autore: Vanya Imyarek    22/10/2017    8 recensioni
Italia, 2016 d.C: in una piccola cittadina di provincia, la sedicenne Corinna Saltieri scompare senza lasciare alcuna traccia di sé. Nello stesso giorno, si ritrova uno strano campo energetico nella città, che causa guasti e disguidi di lieve entità prima di sparire del tutto.
Tahuantinsuyu, 1594 f.A: dopo millenni di accordo e devozione, gli dei negano all'umanità la capacità di usare la loro magia, rifiutando di far sentire di nuovo la propria voce ai loro fedeli e sacerdoti. L'Impero deve riorganizzarsi da capo, imparando a usare il proprio ingegno sulla natura invece di richiedere la facoltà di esserne assecondati. Gli unici a saperne davvero il motivo sono la giovanissima coppia imperiale, un sacerdote straniero, e un albero.
Tahuantinsuyu, 1896 f.A: una giovane nobildonna, dopo aver infranto un'importante tabù in un'impeto di rabbia, scopre casualmente un manoscritto di cui tutti ignoravano l'esistenza, e si troverà alla ricerca di una storia un tempo fatta dimenticare.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Tahuantinsuyu'
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                                 CAPITOLO 9

DOVE  SI  IMPARA  DEL  PASSATO  E  SI  DECIDE  DEL  FUTURO                    

 

                                                             Dal Manoscritto di Simay

 

'Mio signore, non odiatemi per la mia fuga.

 Dovessi obbedire solo al mio cuore, resterei al vostro fianco qualunque fosse il prezzo da pagare; ma io devo preoccuparmi della vita di vostro figlio. Oh, so bene che voi lo considerereste alla stregua di un figlio legittimo, ma sul trono siede ancora vostro padre. Non sono sicura che permetterà una simile infrazione alle leggi divine, anche se ad opera del suo figlio prediletto.

 Ancor più di lui temo vostra madre: lei sa di noi, e mi detesta. Vuole che la vostra sposa sia la principessa Llyra, e ha personalmente dichiarato che non tollererà intromissioni da parte mia. Se restassi a corte, non sono certa che nostro figlio potrà mai nascere; ma certamente non gli sarà permesso di rappresentare una minaccia per il trono. E anche se dovesse sopravvivere ai vostri genitori, mi intimorisce la somiglianza che la vostra promessa sposa, pur così giovane, dimostra con la madre. Un vostro figlio avuto da me non vivrà mai davvero al sicuro.

 Per questo ho preso una decisione: il mondo non lo conoscerà come figlio mio. Una volta che sarà nato, lo lascerò alla porta di Etahuepa di Dumaya: vostro cugino è un uomo buono, e non è ancora stato benedetto dalla nascita di figli suoi: confido che vorrà adottarlo. Nostro figlio sarà per tutti un fortunato trovatello, crescerà in un agio che io, sprovvista di mezzi come sono ora, non potrei mai garantirgli, e sarà comunque destinato a una posizione altolocata, sebbene non quella che desiderate voi.

 Ciò, a meno che non vi serviate di questa lettera per riconoscerlo; in tal caso, vi prego di aspettare che sia abbastanza cresciuto da sapersi difendere da minacce alla sua vita. Sapete di cos'è capace la vostra famiglia, pur di mantenere intatta la tradizione. Non ho mai sofferto tanto come nell'abbandonarvi e nel causarvi questo dolore; ma sarò presto una madre. È il mio dovere naturale mettere mio figlio davanti a tutto, anche se ciò dovesse significare abbandonarvi entrambi.

Non intendo tornare mai più ad Alcanta, la capitale è troppo pericolosa per me. Non sarò neppure nel territorio di Dumaya. Vi prego di non fare ricerche: temo troppo per la vita di nostro figlio, e per la mia.

 Non riesco a capacitarmi che queste siano le ultime parole che vi rivolgo. Mai vorrei che lo fossero. Posso solo giurarvi che fino al momento della mia morte, non vi sarà giorno in cui non ricorderò il sentimento che mi ha legata a voi. Se posso osare un'ultima, umile richiesta, sarebbe che voi faceste lo stesso.

Augurandovi di trovare ogni felicità, vostra

 Tibisay Quiznei'

 

Cosa stavo leggendo? Non poteva essere vero. Non … non esisteva. I miei genitori biologici erano chissà chi, povera gente che non poteva permettersi una bocca in più da sfamare e avevano confidato nella pietà del loro governatore. Era quello che avevo sempre immaginato quando mi era capitato di interrogarmi su di loro. Non era possibile che mio padre fosse l’Imperatore.

Guardai la schiava che mi aveva portato la lettera, che mi fissava a braccia conserte, in attesa di una mia reazione.

 “E’ uno scherzo?” fu tutto quello che riuscii a dire.

Le caddero le braccia lungo i fianchi. “Uno scherzo? Uno scherzo? Ma sei scemo? Perché accidenti dovrei farti uno scherzo del genere, si può sapere? Che cazzo … rubo le cose dell’Imperatrice, rischio di farmi ammazzare, passo un’ora a raggiungere questo dannato posto … uno scherzo … ma va’ un po’ a –“

Preferisco non tramandare ai posteri le espressioni seguenti nei loro dettagli. Non avevo mai sentito un linguaggio simile, anche se capivo perfettamente il senso, e mi trovai a guardare a terra imbarazzatissimo senza sapere come rispondere, ma dovevo ammettere che la schiava aveva ragione.

 Se questo fosse stato uno scherzo, sarebbe stato uno scherzo molto grave, perché scatenava illazioni su praticamente l’intera famiglia imperiale e, se fossi stato una persona diversa, avrebbe potuto provocare una crisi dinastica per nulla. Nessuno che fosse sano di mente avrebbe ideato e messo in pratica uno scherzo simile. E io ero derubato della mia misera speranza di potermi aggrappare alle mie convinzioni d’infanzia di non fare involontariamente parte di qualcosa più grande di me.

 “Hai ragione. Scusa” mormorai.

Feci un respiro profondo. Non aveva senso agitarmi tanto. Ciò che avevo appena scoperto non cambiava assolutamente nulla. Il fatto che l’Imperatore Manco fosse mio padre non toglieva il fatto che fosse la seconda autorità più alta a cui dovessi fare riferimento, dopo la dea e i suoi ministri. Io ero un novizio sacerdote, avevo deciso di votare la mia esistenza al servizio di Achesay; anche se avessi avuto un qualsivoglia reclamo sul trono, non l’avrei raccolto. Avrei fatto il mio dovere a prescindere dalle tentazioni che avrei incontrato.

Tornai a guardare quella schiava dritto negli occhi. “Ascoltami … qual è il tuo nome?”

 “Corinna” Solo Corinna …? No, se la ragazza non sapeva chi fosse suo padre, non era affar mio. Fino a pochi minuti prima, non ero stato in una situazione migliore.

 “Corinna. Per favore, vai a dire a chiunque ti abbia mandata qui che apprezzo i suoi sforzi di avermi informato, ma questo non cambia nulla. Non intendo avanzare alcuna pretesa sul trono, che ne abbia il diritto o meno. E’ il mio obbligo assoluto di servire la dea, ora, e intendo tenervi fede fino alla morte”

 Lei mi fissò a bocca aperta per un istante, poi mi fulminò con lo sguardo. “Tu stammi bene a sentire. Innanzitutto non mi ha mandata nessuno qui, è stata una mia idea, purtroppo. E sai perché mi è passato in testa di rischiare a consegnarti questa lettera? Perché ho scoperto della sua esistenza quando ho origliato l’Imperatrice discuterne con una sua amica, parlando di come tu fossi un nemico suo e dei suoi figli e di come andassi eliminato. Non me ne frega niente di cosa vuoi farci con la tua vita, mi frega che tu non la perda proprio, idiota che non sei altro!”

 Cosa, ma … non aveva senso! Io non avevo mai fatto nulla di male, non avevo minacciato in alcun modo i diritti al trono del mio fratellastro legittimo, l’Imperatrice non avrebbe avuto motivo di volere la mia morte!

 Al contrario, ribatté la mia parte più cinica, aveva perfettamente senso. Non importavano le mie azioni, io ero una minaccia vivente per il trono di Quisquis.

 Ma la sovrana era una donna saggia e giusta, colei che gestiva gli affari interni del marito mentre lui era in guerra; di sicuro una persona simile non avrebbe visto alcun senso nell’uccidere qualcuno che non costituiva una minaccia … sì, come se le persone pensassero sempre alla giustizia e alla saggezza, quando c’erano da difendere degli interessi personali.

Ma no, non avrei dovuto pensare in quel modo di Llyra! Certo, non era tanto che lo pensassi io, era piuttosto il fatto concreto che questa Corinna avesse sentito tutta la conversazione sulla possibilità di eliminarmi. A meno che …

“Sei sicura di aver capito bene?”

La schiava alzò gli occhi al cielo. “Oh, non saprei. Hanno detto che bisognava evitare che tu avessi la lettera, ma che purtroppo non potevano ancora sbarazzarsene, non prima che tu fossi ‘contaminato’. Decidi tu cosa fartene di quella parola”

 No, davvero non suonava bene. E adesso? Non potevo fare nulla contro Llyra. Il mio dovere come suo suddito sarebbe stato quello di essere disposto anche a morire, qualora mi fosse ordinato; ma il mio dovere di sacerdote era di offrire alla dea una vita di servizio, e non avrei potuto farlo se l’avessi gettata via in questo modo.

E poi c’erano i miei altri doveri: verso i miei genitori, che mi avevano accolto e mi avevano sempre trattato come un figlio vero e proprio, non potevo dar loro un dolore e una delusione così grande. Verso la mia sorellina, che avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la guidasse e la sostenesse anche quando i nostri genitori sarebbero morti. Verso Pacha e Capac, partecipi del segreto dell’Incendiario, che confidavano nel mio aiuto per trovare l’incarnazione di Sulema prima che perpetrasse il suo male.

 Ironico … per decidere cosa fare, avevo sempre fatto riferimento a quale fosse il mio dovere; ora avevo doveri da tutte le parti. Cosa fare?

 Non dare all’Imperatrice motivo di perseverare nel suo desiderio di eliminarmi. Trovare una via per comunicarle che non intendevo reclamare il trono, che la mia dedizione alla dea era assoluta. Forse avrei dovuto parlarne con Pacha? Era il suo fratellastro, del resto. In un qualche momento, doveva essersi trovato in una posizione analoga alla mia.

 Corinna mi fissava ancora torva, in attesa di una mia risposta. Poveretta … stava correndo un grosso rischio, solo per avvertirmi, e di propria iniziativa. Perché? Non aveva espresso interesse in alcun tornaconto, sembrava voler solo che io sopravvivessi.

 Questa ragazza molto chiaramente non aveva alcuna stima o rispetto per me, per la cultura che sostenevo, eppure aveva messo a rischio la propria vita per avvisarmi del pericolo. Quando, l’ultima volta che l’avevo vista, avevo pensato che fosse una folle, blasfema e irrispettosa, avevo certo capito solo una parte della verità su di lei.

“Ti ringrazio davvero” le risposi. “Non mi aspettavo che qualcuno fosse disposto a correre un rischio simile per me, dopo avermi incontrato una volta sola. Saprò io a chi rivolgermi per aiuto, ma senza di te, non avrei neppure saputo del pericolo, e di questo non potrò mai esserti abbastanza grato”

 “Ma per favore, non c’è bisogno di essere così formali” sbuffò lei. “Piuttosto, non ho ancora finito di dirti tutto quello che so. C’è qualcun altro che ha letto quel messaggio”

 “Cosa?!”

 “Ecco, appunto. Llyra e la sua amica sospettavano che fosse stato tuo padre, Etahuepa, ma non hanno nessuna prova, e vedo dalla tua reazione che tu non ne sapevi proprio niente”

“No, io … mio padre non mi ha detto nulla, se è stato davvero lui”

 “In effetti lo dubitavano anche loro perché i tempi in cui avrebbe potuto leggere la lettera non convincevano, ma era l’unico sospettato che avevano. Finora, l’unico che lo sa è la persona stessa, e non ho la più pallida idea di cosa voglia farci”

Annuii, chiedendomi se davvero, era tutto lì, o doveva piombarmi addosso qualche altra rivelazione. “Grazie …ti ringrazio infinitamente per avermi detto tutto questo”

 “Di niente. Vedi solo di tenerti la pelle attaccata addosso, dopo tutti i rischi che mi sono presa”

 Se ne andò subito dopo, senza un saluto: evidentemente aveva molta fretta di tornare a palazzo. Da aggiungere ai doveri che mi tenevano ancorato alla vita, c’era adesso anche la gratitudine a questa schiava, e il non rendere il suo rischio vano.

Io non potei fare a meno di restare lì, ad assimilare davvero le rivelazioni che avevo ricevuto. Nel giro di neppure mezz’ora, avevo scoperto chi fossero i miei veri genitori, qualcosa che mi ero domandato da sempre, e avevo imparato che l’Imperatrice Llyra, per la quale nutrivo il rispetto e la venerazione che da ogni suddito le era dovuto, voleva uccidermi. Non volevo il trono, ma Llyra mi avrebbe creduto? Se anche l’avesse fatto, non avrebbe voluto correre il rischio che mentissi. Come avrei potuto risolvere questa situazione?

 Avevo già pensato a chiedere aiuto a Pacha, ma ripensandoci, non ero sicuro che fosse la scelta migliore. Anche se ero sicuro, da quel che avevo capito di lui, che il Sommo Sacerdote avrebbe compreso la situazione e si sarebbe impegnato per aiutarmi, non volevo distogliere la sua attenzione dalla faccende più gravi che la sua carica comportava, primo tra tutti il problema dell’Incendiario. Inoltre, immischiarsi avrebbe portato solo al rischio di rovinare le relazioni con del Tempio con la sovrana, e poi non volevo infastidirlo, mi sentivo a disagio ad essere di peso a chicchessia.

Qualunque cosa un giovane sacerdote possa aver bisogno da un laico, mi impegnerò a provvedertela … era qualche giorno che non ripensavo più al mio incontro con Sayre, ma dovevo ammettere che in quel momento le sue parole suonavano allettanti. Lui si era preso questo impegno, sembrava avere simpatia nei miei confronti … ma onestamente, cosa avrebbe potuto fare l’orafo imperiale – una persona rispettata per la sua abilità, ma pur sempre un artigiano – in una situazione del genere? Qui avrebbe potuto servirmi solo una persona davvero importante e influente. E di nuovo, il pensiero di pesare a qualcuno non mi piaceva affatto, soprattutto se di per sé questa persona non mi doveva nulla.

Ma non vedevo altre soluzioni al momento … cosa fare, cosa fare?

Tornare a lezione, intanto, non volevo mostrarmi svogliato, se poi avessi cercato di chiedere aiuto ai Sacerdoti. Confesso che la mia presenza in quel momento fu solo fisica, perché non riuscii a concentrarmi sulle lezioni su tutto il giorno: credo di essere la persona che ha imparato meno cose sulle erbe dannose, quel giorno. Waray fortunatamente non se ne accorse, a volte pareva dormisse e parlasse nel sonno per l’attenzione che prestava a quel che succedeva in classe – ma sicuramente aveva i suoi buoni motivi per farlo.

Almeno non dimenticai dell’incontro progettato per la famiglia di Qillalla per quella sera: il mio spettacolare ritardo fu dovuto al fatto che continuavo a distrarmi pensando alla mia situazione, e anche se chiedevo indicazioni ai passanti per quella locanda, finivo per perdermi e andare avanti verso chissà dove. Per volontà degli dei alla fine arrivai a una locanda dall’aria piuttosto lussuosa, uno dei pochi edifici con un piano superiore, e chiesi al locandiere dove alloggiasse la famiglia di Huarcay, e mi diressi in cerca della stanza.

 “Oh!” trillò Qillalla con un gran sorriso, quando aprii la porta. “Iniziavo a pensare che ti fossi scordato, o che avessi deciso di rimangiarti la parola”

 “Ti chiedo scusa. Ma dove sono i tuoi familiari?”

 Nella stanza c’eravamo solo noi due. C’erano tre stuoie sul pavimento, ma curiosamente solo una sembrava essere stata usata.

“Sono a un banchetto a casa di un amico” spiegò lei. “E’ imbarazzante, ma quando ho cercato di parlare loro dell’incontro con te, non hanno voluto sentir ragioni. Sembra quasi che abbiano paura che tu possa convincerli. Quando ho protestato che io avevo già preso accordi, e che sarebbe stato incredibilmente sgarbato licenziarti così, mi hanno detto di rimanere qui per poterti avvertire. E infatti, eccoci”

 “Oh, grandioso. E tu non potevi venire al Tempio per avvertirmi e non farmi perdere la serata?”

 “Non volevo disturbarti nelle tue lezioni” replicò lei. “L’ho già fatto ieri, del resto”

 Sospirai. “Ascolta, se proprio non posso parlare con i tuoi genitori, è inutile che io rimanga qui. Forse potremo organizzare per un'altra volta, magari li accompagnerai tu stessa al Tempio o io tenderò loro un imboscata, ma adesso non posso proprio …”

 “Sei turbato per qualcosa?” interloquì Qillalla.

“Non mi distrarrò dall’aiutarti, stanne sicura. Ma adesso davvero …”

 “Cos’è?” chiese lei in tono accorato. “Potresti parlarmene. Io farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti. Tu hai fatto lo stesso con me, è solo giusto”

 “Aiutarti è il mio dovere” ribattei. “Tu non hai alcun obbligo di ricambiare. E non ve…”

 “Quindi mi hai aiutata solo perché non potevi fare altrimenti?” chiese lei, guardando a terra e aggrottando la fronte. “Ti chiedo scusa, mi eri sembrato così determinato ad aiutarmi che avevo pensato … oh, non importa!”

 La guardai battendo le palpebre. “Scusa, ma cosa c’entrano i miei motivi? E’ ovvio che io voglia impegnarmi a fare il mio dovere, no?”

 Lei scosse la testa. “Ecco i risultati di vivere da sacerdote: perdi del tutto il contatto con il mondo dei laici”

 “Sono stato iniziato da nemmeno due settimane!”

 “Per l’appunto. Alla gente fa piacere sentirsi considerata per sé stessa, non come sacro dovere, questo te l’ha mai detto nessuno?”

 Credo di essere arrossito. Ma perché insisteva, dannazione? Non volevo mancarle di rispetto o sminuirla, ma volevo solo andarmene di lì, cercare un modo di liberarmi dal peso che mi era appena stato scaricato addosso, che era anche qualcosa di più pressante di una situazione di matrimonio in cui c’erano tre scelte disponibili!

 “Sì, scusami se ti ho urtata. Ma davvero, sono sorte altre complicazioni, e non ho tempo per …”

 “Certo, capisco benissimo di non valere il tuo preziosissimo tempo” ribatté lei. “Suppongo che una misera miscredente come me non sarebbe mai in grado di aiutare in qualsiasi modo il favorito della dea, nonostante desideri davvero aiutare e, data la sua posizione, potrebbe benissimo farlo. Di sicuro, il suo aiuto non vale la metà di quello di una dea mezza disinteressata”

 L’avevo ferita così tanto? Ma che bisogno aveva di criticare la dea? No, non dovevo mettermi a sputare giudizi, non sarebbe servito con una persona che avevo offeso e – dannazione, non sapevo più che pesci pigliare!

 “Non volevo offenderti. Voglio dire, è solo una faccenda molto personale, quindi non …”

 “Questo l’avevo già capito” rispose lei in tono più dolce. “E mi stavo riferendo proprio a quello. Ti ricordi cosa ti ho detto delle ingratitudini della vita sacerdotale? Questa è solo un’altra: tu devi aiutare e confortare tutti, ma nessuno deve aiutare e confortare te. Io non voglio che sia così. Se ricevo aiuto da qualcuno, intendo restituirlo”

 Un discorso abbastanza impressionante: malgrado non si fosse lasciata scappare l’occasione di criticare la mia vita, Qillalla sembrava sinceramente intenzionata ad aiutarmi. Come la schiava Corinna, sembrava che avesse un animo molto più generoso di quanto appariva a prima vista. Ma per quanto mi facesse piacere ricevere una simile offerta d’aiuto, era qualcosa che non potevo accettare.

“Si tratta di una faccenda estremamente delicata. Non credo che tu possa fare molto, e non perché non sei una sacerdotessa, proprio perché pochissimi potrebbero fare qualcosa”

 “Mettimi alla prova” ribatté lei. “La mia famiglia non è nobile, ma è ricca. Siamo coinvolti in affari con alcuni tra i vertici più alti dell’Impero, la maggior parte delle trattazioni più importanti non potrebbe essere risolta senza di noi. E non fare quella faccia, non sto suggerendo di corrompere nessuno. Solo, metterci una buona parola, esattamente come tu avresti fatto con i miei genitori se fossero stati qui”

 Potevo confidare in lei? Certo, le stesse situazioni inerenti alla mia nascita sarebbero dovute restare nella conoscenza dei soli diretti interessati, ma se lei avesse davvero potuto influenzare in qualche modo i propri familiari?

 Sì, ma la parola di persone ricche e potenti sarebbe davvero stata sufficiente a far desistere Llyra dall’eliminare una minaccia all’eredità dei suoi figli? Ero abbastanza sicuro che non avrebbe voluto correre rischi, ma allo stesso tempo, sapevo che lei mi aveva lasciato crescere indisturbato a Dumaya, pur sapendo benissimo della mia identità. Forse Llyra aveva preso la sua decisione quando avevo raggiunto la maggiore età, perché sarei stato una minaccia più consistente; o forse non le ero interessato finché ero rimasto a Dumaya, lontano dagli affari della corte.

 Qualunque delle due possibilità fosse quella più corretta, sembrava indicare che la sovrana era una persona pratica, che non amava prendere soluzioni drastiche, o comunque esporsi troppo, a meno che non sembrasse davvero necessario. Ma non sarebbe stato come minacciarla, o cercare di ricattarla? No, se avessi dato la garanzia che dal canto mio non intendevo avvicinarmi al trono. Ma potevo rovesciare una responsabilità simile addosso a Qillalla? Normalmente mi sarei fatto scrupoli, ma in quel caso, era lei stessa a chiedermelo. Forse rifiutare il suo aiuto sarebbe stato anche più scortese.

 E così le raccontai tutto, o meglio, una versione stringata di quello che Corinna mi aveva riferito. Fu come togliersi un peso dalle spalle: mi sorprese moltissimo rendermi conto di quanto stessi meglio semplicemente dopo aver parlato con qualcuno. Qillalla, da canto suo, assumeva un’espressione sempre più esterrefatta man mano che proseguivo con il mio racconto, e alla fine si portò una mano alla testa.

 “Che Achemay mi sostenga, non mi aspettavo qualcosa del genere …” mormorò lei.

Ecco, lo sapevo. Che idiota a raccontarle tutto: chiaramente l’avevo turbata, e lei non avrebbe potuto farci niente, magari si sarebbe anche sentita in colpa …

“Non hai niente di che scusarti” interruppe lei quando iniziai ad esprimere a voce il mio rincrescimento. “Ho già detto che intendo aiutare. Ora che so di cosa si tratta, non credo che la mia famiglia sia tanto potente, ma questo vuol dire solo che interverrò di persona, o che perlomeno cercherò di darti dei buoni consigli”

 “Ti ringrazio davvero …”

 “Prima di tutto, datti una calmata. Questa cosa va pensata bene e a mente lucida. Innanzitutto, quella ragazza schiava che ti ha portato la lettera … Corinna, hai detto? Sembra davvero una brava persona, e coraggiosa. Se ho capito bene la situazione, l’Imperatrice non si farebbe remore a giustiziare anche lei se scoprisse di un simile tradimento, ma lo stesso quella schiava è arrivata a rubare una lettera dalle tue stanze personali e ad allontanarsi da palazzo senza autorizzazione solo per portartela e avvertirti del pericolo, quando non sei nemmeno una persona che conosce bene. Questo mi suggerisce che potrebbe essere disposta a fare anche di più: ad esempio, approfittando della sua posizione di ancella per controllare Llyra per conto tuo”

 “Vuoi che faccia spiare l’Imperatrice?!”

“Lei vuole ucciderti” obiettò Qillalla. “E poi, tu non vuoi fare nulla che la danneggi, solo cercare di capire cos’abbia in mente, che tipo di donna sia, come sia solita gestire minacce verso il suo trono … una ragazza di lavori umili ha molte più possibilità di imparare queste cose rispetto a un nobile o a un sacerdote, fidati di me”

 “Ma sarebbe irrispettoso …” obiettai, anche se potevo effettivamente vedere la sensatezza del suo ragionamento.

“Così come non si confà a un giusto sovrano l’ordinare la morte di un suddito leale. In tal caso, il suddito dovrebbe pensare a un modo di proteggersi”

 “In tal caso, avresti ragione” concessi. “Ma non sarebbe giusto nei confronti di Corinna. Ha già corso un rischio enorme sottraendo quella lettera, se seguissi il tuo suggerimento dovrebbe farlo di continuo, e se venisse scoperta, le accuse si farebbero solo più gravi”

 “Quella ragazza ha già dimostrato di tenere a te, in un modo o nell’altro … ho il forte sospetto che tu le piaccia, sai?”

“Cosa?!”

 “Che altro motivo avrebbe avuto per aiutare una persona che conosce così poco? In tal caso, basterebbe che tu le prestassi determinate attenzioni per convincerla”

“Ma … tu lo sai che un sacerdote ha il voto di …?” dei, che imbarazzo. Era necessario tirare in ballo proprio quello? E se fosse stato davvero il motivo per cui Corinna l’aveva fatto?

 “Oh, ma sei un vero devoto, neppure per ricompensare chi ha rischiato la vita per te … non fare quella faccia, ho capito, cambio tattica. Hai detto di aver parlato con questa ragazza nel tuo viaggio di arrivo ad Alcanta: non sai proprio nulla di cosa potrebbe volere, in cambio di una cooperazione?”

 “Come molti schiavi, mi è sembrata accarezzare l’idea di consacrarsi a Pachtu, ma …”

 “Ho capito adesso!” Qillalla scoppiò in una breve risata. “Che malpensanti siamo, tutti e due. Quella ragazza non è né innamorata, né intenzionata ad approfittare del culto per liberarsi. Venera il dio della vita, è logico che non vorrebbe veder morire inutilmente nessuno. Sono sicura che una persona simile vorrà aiutarti ancora, per semplice ricompensa morale. Ma se proprio volessi esprimerle gratitudine, potresti aiutarla a contattare qualche sacerdotessa di Pachtu, non credi? Per lei, sarebbe il punto di partenza perfetto per avvicinarsi alla consacrazione al dio che venera”

 “Non saprei” risposi. “Non conosceva la nostra religione. Ho dovuto spiegarle io chi fosse Pachtu e come funzionasse il suo culto”

 “Non sei mai stato nei villaggi isolati, o in quelli delle zone recentemente conquistate, vero? I loro dei sono in sostanza i nostri, ma con nomi e genealogie diverse. Per quello che ne sappiamo noi, forse la ragazza era devota a qualunque equivalente di Pachtu vigesse nella sua terra natale, prima di essere catturata come schiava”

 Corinna non mi aveva mai dato l’impressione di essere una persona devota agli dei, anzi si era quasi presa gioco del modo in cui onoravo Achesay; ma forse il suo modo di pregare era diverso, e percepiva il mio come irrispettoso dei suoi dei. Se Qillalla avesse avuto ragione, non coinvolgendola le avrei quasi fatto una scortesia.

 Ma non sembrava una giustificazione troppo facile per mettere in pericolo qualcuno? Già non mi piaceva il fatto che Qillalla si dimostrasse tanto coinvolta, nella mia speranza di un aiuto dai suoi genitori non avevo considerato i rischi che avrebbe potuto correre …

“Chiediglielo” sbottò la ragazza, interrompendo le mie riflessioni. “Quella schiava non è obbligata a fare nulla. Se ha troppa paura per un incarico continuato, rifiuterà. Se invece sarà disposta ad assumersi il rischio, farà esattamente quello, e la responsabilità delle conseguenze sarebbe solo sua”

“Ma se io non le chiedessi mai nulla, non dovrebbe nemmeno scegliere qualcosa che la metterebbe in pericolo” replicai.

 “Quindi vuoi privare qualcuno del suo diritto di scegliere?”

Non avevo considerato la questione in simili termini. Sembrava davvero un modo facile per esimersi dalle responsabilità, ma se Qillalla avesse avuto ragione? Se davvero la cosa più rispettosa verso Corinna fosse permetterle una scelta? Del resto, era una schiava, che le si chiedesse cosa preferisse fare non era qualcosa che le capitasse spesso, immaginai.

“Va bene” conclusi.

“E un primo passo l’abbiamo compiuto!” sorrise la mia interlocutrice. “Andrò io a parlare con quella ragazza, desterò molti meno sospetti di te. Ora, tu hai altre idee sul da farsi? Un piano d’azione? Un protettore, oltre che una spia?”

Fui esitante a dirle di Pacha. Lui era senz’altro qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi, ma a differenza della schiava, oltre che a correre rischi personali avrebbe anche dovuto sottrarre tempo a questioni molto più importanti di me.

 “E perché queste ‘questioni’ dovrebbero essere più importanti della vita di un novizio?” protestò Qillalla – non le avevo detto dell’Incendiario, chiaramente. “Lui è letteralmente la persona designata ad assicurarsi che tu resti in vita. E’ il suo dovere”

 “Ma il Tempio si sta attualmente occupando di faccende di importanza nettamente superiore a me” su questo non potevo transigere. “E non è nulla che possa essere rivelato a profani. Ti ringrazio per la tua preoccupazione, ma non potrei mai impormi in questo modo, in un momento così delicato”

Qillalla non fece domande, una cosa ammirevole dato il modo in cui l’avevo ammonita. “E non hai nessun altro che possa aiutarti? La tua famiglia adottiva? Mi ricordo di quello che si diceva a Dumaya, mi risulta che ti trattassero come un figlio loro”

 “Appunto per questo, non posso metterli in pericolo” mi affrettai a replicare. Mi resi conto in quel momento che, proprio per quel motivo, non li avevo neppure presi in considerazione come possibile fonte di aiuto. “Hanno già fatto fin troppo nel crescermi come loro figlio. Non potrei mai imporre loro qualcosa. Devo restituire con una vita corretta, non pretendere altro”

 “Ti hanno lavorato proprio per benino, eh?” commentò la ragazza. Notai una punta di incredibile amarezza nella sua voce, qualcosa che non avevo mai sentito prima. “Sì, chiunque metta al mondo un figlio, o prenda un bimbo per crescerlo come tale, sembra avere una dote naturale per questo. Insistono su come tu non saresti niente senza di loro, su come abbiano già fatto questo sacrificio immane a crescerti – che tu non gli hai mai chiesto – e che per questo, tu dovresti essere legato a loro peggio che uno schiavo …”

“Ma cosa stai dicendo?!” la interruppi.

 Lei si ritrasse, uno sguardo spaventato negli occhi. Che immenso idiota … avevo dimenticato la sua situazione. Lei senz’altro non aveva avuto la mia fortuna, quella di avere genitori di animo così nobile. Generalizzava: io stesso avevo generalizzato quando avevo reagito contro di lei, non potendo capire, nell’immediato, come qualcuno potesse avere meno che rispetto e devozione verso i propri familiari.

 “Scusami, volevo di …”

 “No, scusami tu” mormorò lei. “Sicuramente ho sbagliato. Sicuramente è un limite solo mio, non sono capace di comprendere l’affetto con familiare. Scusa ancora”

 Feci per protestare contro le sue autoaccuse, ma lei mi prevenne. “Allora, non dirai niente ai tuoi genitori. Giusto. Questo ti lascia solo con me e forse la schiava?”

 Annuii. Sayre non lo menzionai nemmeno: se persone influenti come sembravano essere i parenti di Qillalla non potevano fare nulla, un artigiano era completamente fuori discussione. Ma posta così, sembrava che io avessi davvero poco a mio favore … ironico, visto che, dati i rischi coinvolti, avrei quasi preferito non avere nessuno dalla mia parte.

 “Abbastanza triste, ma faremo del nostro meglio. Intendo farti arrivare alla fine di questa vicenda con la pelle attaccata addosso, e sarà esattamente quello che farò. E a questo proposito” guardò fuori dalla piccola finestra. “Non ti consiglio di tornare al Tempio a quest’ora. E’ già buio, non si può mai sapere chi giri in strada in queste ore”

 Devo tornare al Tempio” obiettai. “Non posso certo dormire qui”

“A me non dispiacerebbe” interloquì lei, con un sorriso.

 La fissai per un paio di secondi, poi decisi che nella sua ospitalità non aveva notato le implicazioni. “Ho chiesto al maestro il permesso di assentarmi solo per poche ore. Si accorgeranno tutti se non torno per dormire, e probabilmente giungeranno alla conclusione che qualcuno mi ha aggredito”

 “Quindi vuoi farlo succedere davvero, così che non si preoccupino per nulla?”

 “Non hanno motivo di attaccare un novizio che chiaramente non ha una sacca con sé. Non preoccuparti, sarò al sicuro”

 “Se lo dici tu … ma continuo a pensare che staresti molto meglio qui”

 “Ti ringrazio per l’offerta. E per tutto l’aiuto che mi hai dato”

 Su quelle parole, per quella sera mi congedai da Qillalla

 

 

A Choqo, Qillalla non piaceva nemmeno un po’. L’Imperatrice Llyra arrangiava perché un’assassina seducesse e poi ‘contaminasse’ il ragazzo, qualunque cosa volesse dire con quello; e subito dopo compariva quella ragazza, con una storia tanto triste, opinioni molto forti su come Simay sarebbe stato sprecato come sacerdote, e l’invito a condividere una stanza.

 Quello che non era chiaro, era perché la ragazza si fosse offerta di aiutarlo, e anzi avesse proposto buone idee. Che benefici ne avrebbe tratto?

 Forse Corinna, sul punto di essere avvicinata con una singolare offerta di lavoro, avrebbe potuto fornire qualche illuminazione in merito.

 

 

                                                      Dal Manoscritto di Corinna

 

 

Il resto di quel pomeriggio e quella serata furono semplicemente un incubo.

 Non appena rimisi piede nei giardini del palazzo, Dylla mi corse subito incontro, prendendo fiato per una sfuriata.

 “Devo riconsegnare una missiva” sbottai, guardandola malissimo. “Non posso farci molto, se un libero non la smette di blaterare. Poi torno subito a fare tutto quello che vuoi. Contenta?”

 La donna grugnì, scontenta di non avere nulla con cui accusarmi, e io filai verso le stanze dell’Imperatrice. Che ore erano? Llyra stava ancora lavorando? Probabilmente sì, c’era ancora luce. Ma chi mi diceva che nel frattempo non fosse tornata a controllare, e avesse scoperto la lettera mancante?

 Non avevo alcuna garanzia. Rimasi qualche istante ad ascoltare fuori prima di entrare nella sua camera, per accertarmi che non ci fosse nessuno dentro; poi misi la testa dentro per sbirciare. Nessuno, come pensavo. Infilai la lettera sotto i gioielli, dove l’avevo trovata, imboccai la porta e filai via.

 Scoprii quel pomeriggio che Dylla non tollerava alterazioni troppo prolungate ai turni di servizio da lei organizzati: dovetti pulire da cima a fondo le latrine di tutto il palazzo. Come logica conseguenza, quella sera ero stanca morta, complice anche la scarica di nervosismo che mi aveva accompagnata per tutta la mia improvvisata missione.

 Ma forse proprio perché ero troppo stanca, oppure perché continuavo a tornare col pensiero a Simay e a cosa gli stesse succedendo in quel momento – sarebbe riuscito a salvarsi? Avrebbe trovato qualcuno disposto ad aiutarlo? Non erano fatti miei, ma dopo essermi esposta tanto per salvargli il collo, avrei gradito almeno una conferma di successo! – fatto sta che dormii poco e male, e mi svegliai molto più presto del solito, mentre gli altri schiavi dormivano ancora. Feci del mio meglio per riaddormentarmi (già avevamo poco tempo per dormire, quel poco lo sprecavo anche?), ma dopo quelle che mi parvero ore di immobilità al buio, mi alzai e uscii dalla capanna.

 Non intendevo andare da nessuna parte, solo camminare per i cortili aspettando che qualcuno uscisse. Lo facevo spesso quando ancora vivevo a casa dei miei genitori, quando non riuscivo a dormire: avevamo un piccolo giardino. Mi avevano sempre affascinata quei momenti in cui non si vedeva o sentiva nessuno, in cui avrei potuto letteralmente fare qualunque cosa e nessuno se ne sarebbe accorto. Una sorta di garanzia di libertà, ferma lì, pronta da usufruire fino a quando non fosse sorto il sole. Mi calmava, camminare in quel modo e a quell’ora.

 Mi diressi verso i giardini imperiali, divertendomi a pensare che in quel momento una simile meraviglia fosse solo mia – senza alcun lavoro da svolgerci – osservando quegli strani fiori, le doline, che sbocciavano solo di notte, e quegli assurdi cigni fluorescenti (li avevo già visti diverse volte dopo il tramonto, ma non mi ci ero mai abituata del tutto). Curioso associare pensieri così poetici alla persona che ero allora? Un po’ me ne vergognavo, confesso, ma non abbastanza da smettere di farlo.

Un fruscio di fogliame, e una figura minuta piombò a pochi passi da me. Cacciai un urlo, saltando all’indietro.

 “E fu così che io diedi inizio alla leggenda di un Supay nei giardini” commentò la figura, alias Linca.

 “Ma che caz … sei tu. Scusa tanto, sono poco abituata alla gente che salta fuori dal nulla al buio, e che accidente sarebbe un Supay?”

 “Quando si è nel buio, è difficile non saltar fuori dal nulla. Un Supay è un mostro che vive nella Notte a torturare le anime dei peccatori, quindi immaginarselo a scorrazzare in mezzo a noi invece che all’inferno fa per affascinanti leggende urbane”

 “Leggende urbane?” battei le palpebre. Le leggende urbane erano cose che associavo al mio mondo, fatto di gente che aveva tutte le credenze scientifiche per emanciparsi dalla religione ma non per smettere di desiderare uno spavento facile. Mi faceva strano che le avesse anche questo mondo, così mistico, se vogliamo, dal mio punto di vista.

 “Sì, leggende urbane. I tuoi genitori non ti hanno mai detto che se ti fossi avvicinata troppo a un torrente pericoloso, un lilque malvagio ti avrebbe portata via? Nessun’amica ti ha mai detto che il cesso connetteva al regno di Qisna e quindi dovevi scappare appena finito di adempiere al suo scopo? O che se tuo marito ti avesse trattata troppo male, la Dama Azzurra l’avrebbe ucciso? Che vita noiosa …”

 “Scusa, hai detto ‘Dama Azzurra’?” Ero rimasta abbastanza affascinata da quello di cui andava blaterando Linca – tutti i mondi erano paese – ma quel nome era già stato fatto, in un contesto ben diverso.

 “Sì, ti sei mai chiesta da dove abbia tratto ispirazione l’assassina?”

 Quale assassina? Non era un’artigiana?”

 Linca inarcò un sopracciglio. “Te ne ha parlato il mio padrone, per caso?”

Annuii.

 “Lo sapevo. Poteva esserci solo una persona abbastanza stupida da far sì che il suo interlocutore confondesse un’assassina con una sarta o una ceramista. Hai da fare a quest’ora?”

 “Non riuscivo a dormire …”

 “Noi non dormiamo mai. Se ti va di fare una chiacchierata, la bottega è praticamente aperta”

Ma quanto erano mattinieri questi tizi? Mancava ancora molto all’alba, a quanto potevo capire dal cielo. Però la prospettiva di riprendere quella promessa chiacchierata non mi dispiaceva per niente, così come la prospettiva di piombare in casa a qualcuno nel bel mezzo della notte. Avrei dato fastidio a Sayre? Tanto meglio, era stato lui a invitarmi.

 Fui così ben contenta di associarmi a Linca. Certo, lo sapevo che in condizioni normali andare di notte a casa di un uomo non era tanto equivoco (non mi importava) quanto pericoloso, ma non riuscivo a immaginarmi Sayre come una persona pericolosa. E la presenza di Linca, acida e sarcastica ma pur sempre una ragazzina, era un’ulteriore sicurezza.

 “Ehi, mio signore! Dovrete pagare le conseguenze di invitare gente a caso”

 “Ahi! Ciao, Corinna” Sayre, a giudicare da come agitava la mano, si era appena scottato nell’accendere la sua fornace; nondimeno tornò immediatamente al suo solito atteggiamento mondano. “Non immaginavo che ti avrei rivista così presto. Non mi dà nessun fastidio, comunque”

 “Peccato. Hai detto che volevi chiacchierare di questa Dama Azzurra che sarebbe un’artigiana o un’assassina a seconda di chi la interpreti?” lo guardai sollevando un sopracciglio.

 “Un argomento di conversazione come un altro” fece un gesto vago con la mano. “Se sei interessata alle storie di delitti, s’intende”

 “Non prendermi per quelle ragazzine con lo stomaco debole. Allora?”

 “Linca, puoi preparare della chomwa? Grazie. Bene, Corinna, se proprio vuoi scoprire della Dama, partiamo dalla leggenda”

Si accomodò senza tanti fronzoli sul pavimento e io lo imitai. Cercai di reprimere al meglio delle mie capacità quei sentimenti di contentezza allo stare da sola a chiacchierare con lui.

“Un tempo imprecisato fa, un altrettanto imprecisato principe prese come concubina la figlia di un celebre scultore. Inizialmente, per lui era stato solo un capriccio …”

 “Che porco”

 “Con questi parametri, condanneresti alla Notte l’intera dinastia. Se questo può un po’ redimerlo ai tuoi occhi, il principe scoprì che la sua nuova amante, oltre che incredibilmente bella, era anche molto intelligente ed istruita. Cominciò a preferire la sua compagnia a quella delle altre concubine, a considerarla quasi come una sua pari, e infine, anche a innamorarsene sul serio. La ragazza, dal canto suo, rimase molto impressionata da come il principe non si fosse rivelato solo un buzzurro attento solo ai propri piaceri, ma anche un uomo in grado di rispettare l’intelligenza e la cultura, e di sorvolare sulle differenze di classe. Per farla breve, il loro rapporto evolse in una vera e propria storia d’amore”

 “E fammi indovinare, questo non piacque a nessuno?”

 “Hai già capito molte cose di questa corte, vedo” non poteva neanche immaginare quanto “Come dici tu, la cosa non fu vista di buon occhio, ma i sovrani e i loro consiglieri si misero il cuore in pace: era solo una follia di gioventù, poi le concubine servivano a quello, l’importante era che poi sposasse la sorella designata e mettesse al mondo eredi legittimi, in cui il sangue del Sole scorresse puro. E appunto qui sorse il problema. Il principe decise che non voleva tenere una donna simile solo come sua amante: doveva diventare la sua Imperatrice”

 Chissà perché questa storia iniziava a suonarmi familiare?

“E la sua promessa sposa fece ammazzare brutalmente la concubina. Fine?”

 “Da’ più credito a quella povera principessa. In realtà … grazie, Linca”

La schiava aveva porto a ognuno di noi una ciotola contenente uno strano liquido rosso cupo fumante.

 “Cos’è? Sangue, per intonarsi all’atmosfera?”

 “Se avessi voluto quello, avresti dovuto dirmelo in anticipo, al momento non ce l’ho. E’ chomwa

“Che roba è?”

 “L’unico vizio che possa ammettere di avere all’attivo. Praticamente sono petali di likri sminuzzati e fatti bollire nel latte di kutluqun. Costa un po’, però la trovo deliziosa”

 Assaggiai. Quella era probabilmente una delle cose più dolci che avessi mai provato. Per chi sta leggendo probabilmente sarà un gusto conosciuto, ma io, in termini del mio mondo, la classificai sul momento come una via di mezzo tra il sapore del cioccolato al latte e del caramello. Una cosa da distruggere i denti all’istante. Di sicuro non condividevo l’apprezzamento di Sayre per la bevanda, ma rimandai il sarcasmo a dopo: volevo sentirla, la fine di quella storia.

 “Dicevo, in realtà la principessa decise per prima cosa un approccio diplomatico. Andò a parlare con la concubina, le ricordò le leggi di Achemay: la sposa legittima dell’Imperatore poteva essere solo una sorella, perché il futuro erede al trono ricevesse più forte in sé il sangue del Sole”

 “Ma allora un figlio illegittimo dell’Imperatore …”

 “Può benissimo salire al trono, in realtà. Può essere perché la coppia imperiale non ha figli legittimi, o perché per un motivo o per l’altro si dimostra più adatto al trono di loro. Ci sono stati molti più casi in cui ciò è avvenuto di quanto piaccia ammettere ai Sacerdoti di Achemay, ma in ogni caso, un figlio legittimo è visto come l’ideale. E le leggi degli dei non sono qualcosa da prendere alla leggera. Se ne rese conto la concubina stessa, mostrando quella che potrebbe essere detta una grande saggezza, così tranquillizzò la principessa e, la successiva volta che il principe venne da lei, gli disse chiaro e tondo che rifiutava di sposarlo, esponendo i motivi. E questo fu ciò che al principe non garbò affatto”

 “Non dirmi che fece fuori la sorella per avere via libera …”

 “Probabilmente gli sarebbe piaciuto, ma si rendeva conto che i suoi genitori facevano ancora in tempo a ripensare a chi assegnare il trono. Non potendo sfogare la sua rabbia sulla principessa, la rivolse alla concubina. Addusse a pretesto che lei l’avesse tradito, e ordinò che fosse prima torturata e poi giustiziata”

 “Che?! Ma non ne era tanto innamorato?”

 “Evidentemente la amava troppo oppure non l’amava affatto, dipende da cosa tu preferisca dire in questi casi. Ma non aveva fatto i conti, ironicamente, con la stessa intelligenza e bellezza che tanto l’avevano affascinato. La donna riuscì a irretire l’uomo che la torturava, a confonderlo e, approfittando di un suo momento di distrazione, riuscì a liberarsi dalle sue corde, rubare un coltello e ucciderlo. Poi, piena d’odio e delusione verso l’uomo che credeva l’amasse, rubò le vesti di una schiava e, così travestita, si diresse verso la stanza dell’uomo per assassinarlo, vendicandosi del dolore subito”

 “Ottima pensata!” commentai. “Ma perché ho il sospetto che le sia andata malissimo?”

 “Infatti. Quando la donna fu arrivata alla stanza del principe, e se lo ritrovò davanti terrorizzato e disarmato, fu lei quella sopraffatta dai propri sentimenti. La sua presa sull’arma di indebolì e il principe, accortosene, ne approfittò per strappargliela di mano. A quel punto, non poté esserci una vera e propria lotta: per quanto astuta, la donna era stata educata alle arti e all’eleganza, il principe alla guerra. L’uomo impiegò pochissimo tempo per bloccarle i movimenti e, con la scusa di doversi difendere da un tentato assassinio, strangolarla personalmente”

 “Che pezzo di merda. Immagino che lui visse per sempre felice e contento, non è vero?”

 “Dunque credi che la dama avesse ragione a volerlo uccidere?”

 Ovvio. E’ stato lui il primo a volerla uccidere, e con molta meno ragione!” mi infiammai. “Solo perché lei era una donna non significa che lui avesse il diritto di disporre della sua vita!”

 “No, su questo hai ragione. Io, infatti, stavo solo cercando di capire se una logica di vendetta fosse giusta per te. Comunque sì, lui visse … relativamente felice e contento. E’ vero che sposò la principessa, divenne Imperatore, ebbe dei figli che gli succedettero, eccetera. Ma leggenda vuole che, durante il suo regno, iniziarono a verificarsi strani eventi. Proliferarono i casi di cadaveri ritrovati in mezzo alla strada, ma non mendicanti morti di fame o malattia come spesso capita: uomini in perfetta salute, massacrati a coltellate”

 “Ah, inizio a capire dove vada a parare la storia …”

 “E probabilmente hai ragione. Quando le guardie iniziarono le indagini, fecero in fretta a trovare un collegamento tra tutte queste morti. In primo luogo, tutte le vittime erano non solo uomini, ma uomini che avevano la reputazione di essere violenti e aggressivi sia verso le proprie mogli, che verso le donne in genere: pare che uno di loro fosse stato accusato, anni prima, di aver violentato una ragazza. E la seconda cosa scoperta dalle guardie fu che chi fosse passato in quei luoghi, negli orari in cui approssimativamente si erano svolti gli omicidi, avevano visto una persona molto singolare: una donna in abiti ricchi, da gran signora, ma con la pelle bianca come quella di un cadavere … tranne il viso, dalla colorazione bluastra di chi è morto soffocato”

“La Dama Azzurra” conclusi io.

 “Esatto. Ora, questi molto probabilmente erano delitti compiuti da delinquenti a scopo di rapina che poi sono stati romanzati, ma la leggenda è in circolo da molto tempo, a quanto ho sentito. E qui si arriva all’attualità, in cui i fatti sono molto più facili da dimostrare. Circa un anno fa, uno dei consiglieri dell’Imperatore è stato trovato morto nel suo letto, ucciso a coltellate. La prima sospettata è stata la moglie, perché l’uomo non faceva mistero di trattarla malissimo: la poveretta è stata rinchiusa in cella quasi senza processo, tanto sembrava banale il caso. Le uniche perplessità erano sul fatto che non si riuscisse a trovare l’arma del delitto, ma conclusero che fosse uno dei tanti coltelli in cucina che la donna aveva semplicemente ripulito. Però poi c’è stato un altro omicidio, esattamente identico, sempre con un nobile. Poi un altro, e poi un altro ancora. A questo punto, la gente ha iniziato a trovare strana questa improvvisa mania delle donne bistrattate di far fuori i propri aguzzini a coltellate, e ha iniziato a ripetere la vecchia leggenda. Dopo il quarto caso, poi, una guardia un po’ più solerte delle altre ha rimarcato sulla continua assenza dell’arma del delitto, e ha cercato di capire dalle ferite che tipo di coltello fosse stato usato. Ha insistito tanto che è riuscito perfino a far convocare un medico Kisnar, e quest’ultimo ha identificato l’arma come un tipo di coltello molto insolito, comunemente usato solo per operazioni di chirurgia di precisione. Non il genere di utensile che una donna di buona famiglia ha abitualmente in casa, per intenderci, figurarsi quattro. Le donne sono state scagionate, e la leggenda della Dama Azzurra è tornata sulla bocca di tutti”

 “Quindi, è passata da una semplice leggenda all’ispirazione di un’assassina vera”

 Sayre sorrise – ne fui molto felice-. “Dici bene, l’ispirazione. Troverai molti disposti a garantire che si tratti di un vero fantasma, ma concordo con te: la nostra assassina è in carne e ossa. E a quanto pare, perfettamente consapevole del mondo in cui viviamo, dato lo scalpore che ha fatto l’assassinio di quel fornaio”

 “Un fornaio? Ma non hai detto che uccideva solo nobili?”

 Ha iniziato uccidendo nobili, i bersagli più scontati per posizione sociale …”

“In che senso, scusa?” intervenni io. “L’assassinio di un poveraccio fa più scalpore di quello di un nobile? Non dovrebbe essere al contrario?”

 “Da dove provieni, le cose funzionano così? Ho sottovalutato il viaggio che hai fatto, avete una logica completamente diversa. Qui nell’Impero, i nobili sono sì privilegiati, hanno gli incarichi più importanti, ricevono un trattamento deferenziale, ma proprio per questo, devono anche dimostrare di esserne degni, comportandosi in modo impeccabile per fungere da esempio alla plebaglia. Un delitto da loro commesso è considerato più grave di quello commesso da un artigiano o un contadino, proprio perché da gente di umile estrazione sociale ci si aspetta un comportamento rozzo e incivile. E di conseguenza, i nobili ricevono anche le punizioni più gravi”

 Credo di essere rimasta a bocca aperta da qualche parte in tutto questo discorso. “Ma … questo posto è una figata! Da noi è tutto il contrario: le persone più in alto nella casta pretendono deferenza e, come parte di questi privilegi, pene più leggere quando commettono crimini, se proprio gli vengono date pene del tutto”

 “Quindi preferisci un sistema che discrimina i ricchi invece di uno che discrimina i poveri, a parità di offesa?”

 “Ovviamente!”

 Sì, lo sapevo che a fare i buonisti la legge sarebbe dovuta essere uguale per tutti, ma se qualcuno riceveva più bonus degli altri, era più che giusto che ricevesse pari malus.

“Niente è ovvio, quando si parla di morale” filosofò lui. “E infatti la Dama Azzurra ne dimostra una ancora diversa. Con l’omicidio del fornaio, ha messo bene in chiaro che per lei la classe sociale non conta nulla: se qualcuno si mostra violento con una donna, lei si mostrerà a suo modo violenta con lui, a prescindere da tutte le circostanze esterne quali la classe sociale. E’ un concetto che molte persone non riescono a comprendere”

 “Immagino” commentai. Posai la mia ciotola ormai vuota. “Bene! E con questo, ho sentito una storia dell’orrore al buio mentre bevevo una roba dolciastra che sembrava sangue. Mi ricorda certe serate che facevo da bambina, e non lo dico come un complimento. E adesso levo il disturbo, che il cielo sembra appena chiaro e probabilmente Dylla è già in piedi a sbraitare”

 “Lieto di averti ricordato tutte le cose sgradevoli dell’infanzia! No, scherzi a parte, mi è piaciuto parlare con te. Buona giornata, e ricordati di non legarti alla persona sbagliata, che la Dama Azzurra potrebbe essere arrestata nel frattempo”

 “Non esattamente l’input di cui avevo più bisogno” commentai, lasciandomi la sua bottega alle spalle.

 

 

 

 

GLOSSARIO (e qualche trivia):

Mekilo: essere simile a uno scoiattolo, solo molto più grande, con zampe molto più lunghe e la coda in fiamme. Essendo un animale legato al fuoco, non è considerato sacro a nessun dio, ma sfruttabile da tutto il genere umano. Viene usato soprattutto per trasportare merci e persone.

Occlo: bovino ricoperto di squame e con protuberanze lunghe e sottili, simili a serpenti che stanno al posto delle corna e da cui esce fuoco. Anch’esso animale legato al fuoco, ma per la sua pericolosità e la capacità di controllare i loro getti di fuoco sono quasi esclusivamente cavalcature da battaglia.

Kutluqun: capre anfibie con alghe al posto della pelliccia. Sono considerate sacre al dio Tumbe, e per questo, per allevarle o catturarne di selvatiche, è necessaria l’autorizzazione di un sacerdote di quel dio.

Lymplis: pesci volanti, con le pinne coperte di piume. Sono sacri alla dea Chicosi, dunque è necessaria l’autorizzazione di un suo sacerdote per possederne uno. Malgrado ciò, sono popolari come animali da compagnia presso la nobiltà.

Kyllu: uccelli simili a cigni, fluorescenti. Sono sacri al dio Achemay, e allevati solo all’interno del palazzo imperiale. Il loro piumaggio è usato per decorare le corone dei sovrani.

Lilque: creature con corpi simili a quelli degli esseri umani, ma con code di serpente al posto delle gambe. Servitori del dio Thumbe, vivono presso il mare, i laghi e in qualche caso i fiumi, quasi mai in corsi d’acqua più piccoli.

 

Shillqui: piante in cui scorre un liquido per aspetto e consistenza simile al miele, che causa a tutto l’albero di agitarsi violentemente. Se bevuto, questo liquido dà gli stessi effetti agi esseri umani, ma è difficilissimo metterci le mani sopra. Pianta sacra a Pachtu, i suoi sacerdoti ne devono bere la linfa durante le cerimonie.

Likri: fiori simili a gigli rossi, dalle temperature bollenti, che esalano un fumo sottile. Se tuffati in acqua gelida e canditi, sono considerati ottimi per la pasticceria, ed essendo legati al fuoco, l’unico limite al coglierli è potersi permettere buoni guanti protettivi.

 

Qillori: cristalli di colore azzurro chiaro, molto usati in oreficeria.

Achemairi: cristalli di colore dorato, anch’essi comuni per l’oreficeria.

 

Notte: entità primordiale da cui tutto il mondo ha avuto origine.

Achemay: dio del sole, entità più importante del pantheon Soqar.

Achesay: dea della terra.

Chicosi: dea dell’aria.

Tumbe: dio del mare, dei fiumi e dei laghi.

Sulema: dea del fuoco.

Pachtu: dio dei fulmini e della vita.

Qisna: dea della morte e delle paludi.

Supay: esseri più collegati al folklore che alla religione vera e propria, sono creature della Notte,

 

incaricati di torturare le anime dei peccatori che lì vengono gettate.

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

avevo detto che gli aggiornamenti si sarebbero fatti relativamente brevi! Sto lavorando come una matta per mantenere questo ritmo.

Comunque, cosa ne pensate del capitolo vero e proprio? Vi è piaciuta la tanto attesa riunione di Simay e Corinna? E che ne pensate di Qillalla e dei suoi piani? E per concludere, spero che vi sia piaciuta la parte relativa alla Dama Azzurra, anche perché ci avviciniamo ad Halloween!

Ringrazio di nuovo tutti quelli che hanno letto finora, e un grazie speciale a chi vorrà recensire!

 

  
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