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Autore: Walking_Disaster    22/10/2017    4 recensioni
{Storia scritta per la Boku no Hero Academia: Fanfiction Challenge!, col prompt "dormire nello stesso letto (senza fare sesso)"}
KiriBaku da collocare a seguito dell'arc dello scontro con Overhaul (parlando di numeri, siamo intorno al capitolo 150).
Kirishima se l'è vista brutta, contro quel Rappa, ed ora, a missione conclusa, è in ospedale. Bakugou non ha intenzione di lasciarlo da solo.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: All Might, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aperta parentesi





Erano due giorni che Kirishima era chiuso in quella stanza d'ospedale e che non lo facevano entrare. Bakugou aveva litigato con chiunque gli si fosse parato davanti: compagni di classe, professori, personale medico, perfino Recovery Girl. Un paio di volte aveva alzato talmente tanto i toni che era stato scortato fuori dalla struttura ed era stato riammesso solo grazie agli interventi di All Might.
Era fuori pericolo ed era sveglio, gli avevano detto. E allora perché cazzo lo tenevano chiuso in quel posto come un fottuto ratto?!
“Giovane Bakugou...”, esordì All Might. Erano ormai passate le nove di sera, e in quel corridoio bianco ed asettico c'erano solo loro due, su quelle tristi sedie di plastica verde marcio. Kaminari era stato l'ultimo a rivolgergli parola, chiedendo di andare a casa ed assicurandogli di tornare l'indomani mattina. Bakugou aveva rifiutato in modo sdegnato.
“Dovresti andare a casa. Ti posso accompagnare io, ma hai bisogno di riposarti.”, disse gentilmente l'eroe, affacciandosi e cercando di entrare nel campo visivo del suo allievo, che teneva il volto ostinatamente fisso verso il pavimento.
“Col cazzo.”, tagliò corto Bakugou. Non aveva spazio per neanche un briciolo della rabbia cieca che solitamente lo animava, ma la caparbietà era rimasta. Erano circa undici ore di fila ormai che passava su quella seggiola, alternando momenti di silenzio cupo a scatti d'ira dove rischiava di far esplodere qualche infermiere.
Il ronzio del neon di quel ridicolo giallo seppia gli aveva fatto venire il mal di testa ed ormai il moscone che aveva sbattuto per tutto il pomeriggio contro il vetro della finestra davanti a lui agonizzava sul davanzale.
Il ragazzo si tirò le gambe al petto e le abbracciò, appoggiando il mento sopra di esse.
All Might sospirò, passandosi stancamente una mano sul retro della nuca. I tratti spigolosi e sgraziati del viso erano inquietanti sotto quella luce sgradevole.
“Potremmo almeno mangiare. Ti va bene del ramen istantaneo? Dovrebbero esserci dei distributori al piano di sotto.” e mentre lo diceva, Toshinori si era alzato e si frugava in una delle tasche dei pantaloni troppo larghi in cerca di qualche moneta. Bakugou, neanche a dirlo, non rispose.


Non sei obbligato a stare qui”, soffiò d'un tratto il ragazzino. Teneva tra le mani la ciotola di quel triste ramen che alla fine aveva accettato. All Might si fece sparire un noodle tra le labbra con un risucchio, prima di rispondergli: “Neanche tu, eppure...”
Bakugou gli lanciò un'occhiata furiosa, ma restò in silenzio. Dopodiché bevve un paio di sorsi di brodo dalla ciotola e si pulì le labbra con il dorso della mano.
“Io sì. Lo sono.”
All Might lasciò cadere le spalle e smise per un attimo di mangiare. Osservò il profilo di quel teppistello casinista, il volto pallido e le occhiaie profonde sotto gli occhi. Mostrava tutto il suo essere un bambino cresciuto, in quel momento.
“No, giovane Bakugou. Tu ti senti obbligato – non lo sei.
Il giovane Kirishima – Red Riot – ha fatto quel che un eroe fa: rischia la vita per fare del bene. Fatgum mi ha raccontato com'è accaduto e--”
Bakugou lo interruppe bruscamente, con le nocche sbiancate attorno alla ciotola di ramen: “Fatgum! Tsk! È tutta colpa di quello stronzo se Kirishima è quasi morto!”
Toshinori lo osservò: quel ragazzo tremava, in modo nervoso e quasi impercettibile. Sembrava stesse facendo uno sforzo immane per mantenere per sé tutto ciò che stava provando, ma se aveva capito qualcosa di lui in quell'anno di lavoro svolto insieme, non sarebbe servito a niente invitarlo a sfogarsi e lasciarsi andare. Così, seppur esitante per un attimo, gli posò con delicatezza una mano sulla spalla. Fu strano non vederlo scostarsi anche quando Toshinori si azzardò a stringere leggermente la presa: “Non ho necessità di convincerti che non è colpa di Fatgum, perché lo sai già. Io so che Kirishima è un compagno molto importante per te e so che saresti voluto essere con lui in quella missione. Però probabilmente non avresti fatto la differenza, anche se tu fossi stato lì.”
Bakugou emise come un basso ringhio e si alzò bruscamente in piedi, tanto da far rovesciare a terra il poco brodo rimasto all'interno della ciotola.
“Ma forse sì! Se fossi stato lì forse avrei potuto proteggerlo e a quest'ora non sarebbe stato in queste condizioni del cazzo e l'avrei potuto vedere e lui non sarebbe dovuto restare chiuso in questo buco per giorni e giorni! Si starà sicuramente annoiando e – e vorrà allenarsi, ma non può farlo, perché lo tengono lì dentro! Poi – cazzo – vorrà vedermi. E non può fare neanche questo perché sembra ai fottuti domiciliari!”, sbottò, le mani che crepitavano piano del quirk che aveva trovato espressione in quell'eccesso di rabbia.
All Might fissava il corpo piccolo e tremante di quell'adolescente – e all'improvviso capì: quando aveva detto che Red Riot era un compagno importante per lui, non aveva capito quanto importante. In effetti i professori avevano trovato quanto meno singolare il fatto che proprio Bakugou Katsuki si fosse preso tanto a cuore la questione. Forse peccando e con leggera cattiveria, ma la rabbia e la voglia di primeggiare erano le uniche cose che quel ragazzo offriva, in genere. Osservandoli, avevano notato che Kirishima era stato uno dei pochi a riuscire ad avvicinarlo, ma forse avevano travisato tragicamente la natura e la profondità del legame che vi era tra quei due ragazzi.
Paradossalmente, ad All Might venne da sorridere. Fece attenzione a non farsi vedere da Bakugou, che ora stringeva i pugni e respirava con furia, ma sorrise, intenerito. Non avrebbe chiesto una conferma dei suoi sospetti e non avrebbe detto niente al corpo docenti, ma se aveva ragione, comprese che era necessario dare una svolta alla situazione, perché Bakugou non si sarebbe mosso di lì neanche se gli fosse crollato il terreno sotto ai piedi.
“Giovane Bakugou, aspetta qui. E pulisci il brodo che hai rovesciato. Io vado a parlare con una persona.”


All Might si osservò l'orologio da polso, che ormai segnava le dieci di sera passate. Sospirò, coprendo il suono dell'ascensore che gli segnalava che aveva raggiunto il piano e decidendo che dopo quella discussione avuta col medico che aveva in cura Kirishima avrebbe finito di fare l'eroe, almeno per quella giornata. Anche il simbolo della pace, specie in quella forma, aveva i suoi limiti. E lui, dopo aver passato sei ore in ospedale ed aver preso sotto la sua ala quel ragazzino, li aveva ampiamente superati.
Nel corridoio era da solo. Giusto le rotelle di qualche carrello spinto in lontananza tradivano il fatto che ci fosse qualcuno, lì dentro. Le porte delle stanze alla sua destra si avvicendavano, tutte uguali l'una all'altra. Sperò che tra i pazienti solo il giovane Kirishima fosse poco più di un bambino.
Poi svoltò l'angolo e la desolazione di quell'immagine lo prese allo stomaco: Bakugou si era steso sulle scomode seggiole che avevano occupato per tutto quel tempo ed usava lo zaino che si era portato dietro come cuscino. Aveva le braccia conserte e sembrava scomodo e precario, in quello stato. All Might ebbe voglia di prenderlo per la collottola e obbligarlo ad addormentarsi nel suo letto, ma senza la muscle form non era uno scenario realizzabile.
Toshinori lo raggiunse e constatò che il brodo era ancora rovesciato a terra. Strinse i denti e sollevò gli occhi piccoli su quel ragazzino.
“Avrei da dirti qualcosa, ma non ho intenzione di farlo se non pulisci prima.”
Bakugou aprì un solo occhio, e l'eroe vide che la rabbia, seppur stanca, era tornata per l'ennesima volta a macchiare il volto del suo alunno. Sembrava che si spegnesse, si ricaricasse e mostrasse nuovamente di essere infuriato col mondo non appena in grado di farlo.
“Guarda che non mi verranno a rapire. Ti ho detto che puoi andartene.”
Toshinori sorrise. In modo estremamente sereno e cordiale, quasi sul punto di perdere la pazienza con quello stupido di un adolescente.
“Va bene. Immagino che non ti interessa neanche se sono cose che riguardano Kirishima. A questo punto, giovane Bakugou, io torno a casa. Sii puntuale domani in classe, perché non accetterò giustificazioni.” e così dicendo, All Might raccolse la giacca che aveva lasciato per tutto quel tempo sulla spalliera della sedia che aveva occupato fino a quel momento. Diede le spalle all'alunno, curioso di scoprire se l'avrebbe fermato o se il suo ridicolo orgoglio avrebbe avuto la meglio ancora una volta. Il tempo di fare (contati) otto passi, che la voce di Bakugou lo bloccò: “Fermati. Dimmi che ti hanno detto.”, bofonchiò malvolentieri il biondo. All Might rimase ostinatamente rivolto verso l'uscita del reparto. Sospirò un paio di volte e poi si voltò per tre quarti, osservandolo con la coda dell'occhio: “Pulisci, giovane Bakugou.”
Ormai era diventata una questione di principio. Da professore non era tenuto solo a formare i ragazzi per diventare futuri grandi eroi, ma anche per insegnare loro il rispetto. Se anche fosse diventato il futuro numero uno, Bakugou Katsuki doveva ricordarsi sempre che l'educazione e il rispetto non erano valori di cui un eroe potesse fare a meno. E fu soddisfatto nel sentire le scarpe di Bakugou che si schiantarono a terra con un tonfo, un'imprecazione a mezza bocca e una corsa verso i bagni.
All Might l'aspettò con le braccia conserte, imperscrutabile. Il ragazzino neanche lo guardò: si gettò a capofitto sulla macchia ormai rappresa delle mattonelle bianche, mentre passava con furia della carta che era riuscito a rimediare. Scattò in piedi, puntandogli un dito contro, l'ira chiara in fondo ai suoi occhi: “Ora dimmi che cazzo ti hanno detto su Kirishima, All Might!”
Quest'ultimo non si scompose. Districò le braccia e le sistemò dietro la schiena, prendendosi qualche istante di troppo prima di rispondergli: “Tanto per cominciare, un eroe deve sempre ricordarsi che è una persona come tutti gli altri. E le persone qualunque utili alla società puliscono dove sporcano. Secondo: il dottore ha deciso che potrai entrare in camera del giovane Kirishima. Potrai passarci la notte, ma domattina devi andartene prima della colazione. Io invece aggiungo che a quel punto dovrai venire a scuola e seguire le lezioni; dopodiché rimarrai nei dormitori almeno fino all'ora di cena e ti riposerai. Non ci sono discussioni e controllerò personalmente. Accetti?”
Gli occhi di Bakugou passarono dalla rabbia cocente all'incredulità. E nel momento in cui decise che mostrarsi in certi modi era troppo, distolse lo sguardo e lo fissò sulle punte delle sue stesse scarpe. Annuì una sola volta, le labbra strette tra loro.
All Might non disse niente: girò sui tacchi e si avviò con calma verso l'uscita, lasciando solo il giovane Bakugou, sperando che riflettesse e che si godesse quelle ore con il suo compagno.
“Non è da persone come tutti gli altri poter passare la notte in ospedale con un paziente.”, disse la voce di Bakugou ad un certo punto. All Might si voltò verso di lui – e sorrise, ma stavolta raggiante come al suo solito. Gli mostrò il pollice della mano destra, prima di parlare: “L'ha deciso il dottore, giovane Bakugou. Io ho solo chiesto, ma è meglio se rimane un segreto tra noi.”
Era ovvio e cristallino che Toshinori avesse fatto pesare il suo nome e avesse chiesto come simbolo della pace e non come “persona normale”. Quelle, tuttavia, erano piccole sfumature che il giovane Bakugou, che mormorava un “grazie per il ramen” imbarazzato, avrebbe imparato col tempo. Non c'era bisogno di affrettare le cose.


Bakugou stette lunghi minuti fermo, in mezzo al corridoio. Osservava nella direzione in cui l'eroe era andato, profondamente colpito, suo malgrado, dal gesto di All Might. Non era affatto dovuto, specie per Bakugou, consapevole di essere una delle persone più sgradevoli su tutto il globo terracqueo. Si chiese perché, e la voce che gli rispose suonò quasi sciocca: perché è un eroe, è buono e tiene a te.
Sbuffò, irritato: ovvio che era per quelle ragioni. Però non era tempo di starci a rimuginare: poteva finalmente andare da Kirishima e vederlo ed assicurarsi coi suoi occhi che tutto andava bene, che sarebbe tornato in breve ad essere il suo compagno di squadra. Avrebbero dovuto lavorare insieme, una volta diventati professionisti. Ne avevano già parlato. Kirishima non poteva finire al tappeto in quel modo. E lui non poteva stare a pensare ad All Might.
Bakugou prese il suo zaino rosso, rimasto abbandonato sulla sedia, e si piazzò la cinghia sulla spalla destra. Poi avanzò, fino a trovarsi, per l'ennesima volta, faccia a faccia con quella porta. Soli alcuni centimetri di legno a dividerlo dall'altro. Stavolta però strinse saldamente la maniglia e l'abbassò, senza preoccuparsi di bussare.
Nell'entrare trattenne il fiato, senza sapere cosa aspettarsi. Forse Kirishima era completamente ingessato dalla testa ai piedi come in quei film comici? Eppure Recovery Girl l'aveva curato, per cui non doveva essere così tanto malridotto, no?
La stanza era rischiarata esclusivamente dalla luce debole emessa dalla televisione accesa, il cui audio era solo un brusio di sottofondo. Mostrava la televendita di alcuni coltelli – e capì perché era lasciata a quel canale solo individuando finalmente la figura di Kirishima. Aveva la testa scomodamente piegata sulla spalla destra, le labbra appena dischiuse nel sonno che doveva averlo colto mentre passava quel paio d'ore alla tv.
Bakugou chiuse cautamente la porta alle sue spalle, attento a non fare rumore, e si fece bastare la luce che aveva per raggiungere il letto del suo compagno. Osservò il suo volto e quasi – merda – gli venne da piangere. Si sentì riempire di sollievo e rilasciò un respiro che non sapeva di aver trattenuto. Aveva i capelli abbassati sulla testa ed un grande cerotto su una guancia. Dormendo, sembrava estremamente vulnerabile – e tutto il mondo avrebbe potuto prenderlo in un palmo e stritolarlo come un pettirosso, in quel momento, non importava che possedesse un'armatura quasi impenetrabile naturale. Tuttavia, non c'era di che preoccuparsi: ci avrebbe pensato Bakugou, a proteggerlo.
Per qualche istante si limitò a fissarlo, indugiando sulla piccola cicatrice sopra l'occhio, sulla guancia ferita e sulle labbra socchiuse. Cercò di convincersi a non svegliarlo, perché sembrava così beato e tranquillo che interromperlo sarebbe stato molto crudele. Però – si raccontò – la posizione che aveva assunto era molto scomoda. Si sarebbe sicuramente svegliato con un gran mal di collo, se non avesse rimediato. E allora non ci mise molto a perdonarsi il posargli una mano sulla spalla e scrollarlo appena, chiamandolo in un sussurro nel frattempo.
Kirishima mugugnò, biascicò qualcosa, e poi spalancò gli occhi di scatto e saltò su. Sibilò, mentre si premeva forte una mano sul fianco e ringhiava un “merda” a mezza bocca. Bakugou, allarmato da quella reazione, gli prese il viso tra le mani e lo obbligò a guardarlo in faccia, attirando la sua attenzione: “Tranquillo, idiota. Sono solo io.”
Un lampo di confusione passò sul volto di Kirishima, ma venne rapidamente rimpiazzato dall'entusiasmo e da una contentezza genuina.
“Bakugou?! Oooh, ti prego, stai scherzando! Che ci fai qui?! Non t--”
“Sssh!”, lo zittì il biondo, posando la fronte contro quella dell'altro e socchiudendo le palpebre. “Stai zitto. È stato All Might – credo. Mi hanno dato il permesso di passare la notte qui, anche se dovrò andarmene all'alba.”
A Kirishima sembrava di star galleggiando in una bolla felice. Per la persona attiva ed estroversa che era, stare chiuso anche solo due giorni in quella stanza lo stava uccidendo. Poter vedere e parlare solo coi dottori, Recovery Girl, il preside ed ogni tanto Fatgum... era una tortura vera e propria. Anche considerato il fatto che, tutto sommato, non si sentiva male; la ferita era più nello spirito, per essere crollato troppo presto contro quel Rappa, ma sapeva d'aver dato il massimo. Fisicamente, invece, a parte un indolenzimento generale ed una bella contusione al fianco, non se la stava passando male. Per questi motivi, non avere compagnia lo stava decisamente abbattendo, ma ora – ora oltre al fatto che non era più solo, aveva Bakugou. Ricordava d'aver pensato a quel ragazzo, prima di perdere conoscenza. Ed aveva compreso che quella sarebbe stata una bella immagine, per andarsene.
“Bakugou... mi dispiace di averti messo in questa situazione. E so che tu non puoi sap--”, aveva cominciato il rosso, prendendo tra le mani una di quelle dell'altro, ancora sul suo viso, e stringendogliela affettuosamente. Tuttavia, Bakugou non sembrava troppo intenzionato a lasciarlo finire, perché aveva fatto scontrare le loro labbra con il suo solito fare rude. Sembrava spazientito, mentre approfondiva già quel contatto; fu da subito un bacio profondo e bagnato, che urlava di paura, mancanza e rimproveri reciproci a cui non sarebbero mai stati in grado di dare voce a parole. C'erano solo Bakugou, in piedi al lato del letto, e Kirishima, scomodamente proteso verso di lui. Entrambi impauriti di venire divisi da quella vita fin troppo adulta, per due adolescenti.
“Basta.”, sancì il biondo, staccandosi dall'altro. Non si riferiva al bacio, quanto piuttosto alle parole superflue del compagno, che sembrava desideroso di giustificarsi quando non c'era niente da dire né da fare oltre a
quello. Kirishima capì – ed annuì con un piccolo sorriso. Bakugou, così, allungò la mano sul comodino del rosso e premette l'interruttore per accendere la piccola luce da lettura, che illuminava sufficientemente per quel che doveva fare.
“Sono due giorni che aspetto di vederti. Stavolta è andata, ma chissà quando sarà la prossima... così, siccome immagino che senza di me ti annoierai, sono passato da casa tua. Ti ho portato il game boy, alcuni fumetti e il mio Ipad. C'è qualche film e ci sono anche – uhm – alcuni episodi di anime, forse.”, e così dicendo, posò tutto sul comodino, sotto gli occhi estasiati di Kirishima. Sapeva che nessuno avrebbe mai pensato che Bakugou fosse il tipo di persona in grado di avere certe premure per qualcun altro, così attento da dimostrare con inaspettata attenzione e gentilezza quanto gli avesse pensato. Eppure, lui era stato benedetto, per qualche ragione. L'unico a cui era stato permesso di vedere Bakugou esporsi e quindi vulnerabile. Non importava che fosse ruvido, confusionario e totalmente inabile ad esprimere a parole certe emozioni. Erano i gesti ad avere voce e Kirishima aveva orecchie per sentire.
“Grazie.”, soffiò, evidentemente colpito e grato di quei pensieri. E l'altro, che doveva chiaramente ristabilire l'ordine, sbuffò, ostentando il suo essere poco impressionato: “Prego. E ne avevi proprio bisogno, dato che ti riduci a guardare questi idioti che vendono cazzate in tv.”
Kirishima ridacchiò, prendendo l'ipad di Bakugou e accendendolo, mentre quest'ultimo scalciava via le scarpe senza slacciarsi le stringhe e si arrampicava sul letto, sdraiandosi al suo fianco. Entrambi ignorarono volutamente il fatto che quel materasso fosse da una piazza e che fossero praticamente sovrapposti: stare vicini era tutto, meno che un dispiacere.
“Mi dici di preciso cosa ti sei fatto?”, chiese il biondo, le braccia conserte sul petto. Kirishima, mentre se ne andava alla ricerca dei film che gli erano stati promessi, sospirò e arricciò le labbra: “Mi sono reso conto che il mio quirk non mi rende completamente impenetrabile. C'era questo tizio, che picchiava molto duro. Non so di preciso di che quirk si trattasse, ma era come affrontare una mitragliatrice. Mi ha colpito principalmente sull'addome, sul petto, in faccia e sulle braccia, dato che mantenevo la posizione di difesa. Non riuscivo a fare niente se non subire. Ho lividi un po' ovunque, ma il peggio è stato per il fianco sinistro. Recovery Girl ha parlato di un'emorragia interna, ma – i dottori mi hanno operato e l'hanno bloccata. Poi lei mi ha curato ed è per questo che sto già così bene. Senza il suo quirk probabilmente sarei intubato in terapia intensiva.”, spiegò brevemente Kirishima, senza nessuna particolare inclinazione nella voce.
Bakugou si prese qualche istante per metabolizzare. Se questo tipo aveva ridotto in quelle condizioni quel ragazzo, in grado perfino di tener testa alle sue esplosioni, doveva essere davvero un carrarmato. Non aveva visto Fatgum, ma aveva sentito vociferare che avesse perso quasi tutto il grasso protettivo, in quella missione. Immaginava fosse per opera dello stesso stronzo che aveva ridotto così il rosso. Come
osava far quasi morire Kirishima?
Bakugou deglutì, sospirò e si sporse per frugare nello zaino che aveva abbandonato a terra. Prese cinque piccoli pacchetti, e uno lo posò all'altezza dello stomaco di Kirishima. Il resto si aggiunse alla roba già presente sul comodino.
“Ti ho portato anche dei Pocky* e dei mochi* da mangiare. Chissà che schifo ti danno, in questo tugurio.”, soffiò Bakugou, evitando di proferire anche solo una parola sulla faccenda della missione. Kirishima gliene fu grato e sorrise in modo raggiante, lasciando un attimo l'ipad (aveva scelto Capitan America – The First Avenger, come film) per aprire la confezione di Pocky che gli era stata offerta. Prese uno di quei bastoncini e lo offrì al ragazzo, che lo raccolse direttamente tra le labbra per cominciare a sgranocchiarlo in modo distratto. Kirishima ne mangiò subito due, prendendone in mano un terzo.
“Sei un uomo da sposare, Bakugou Katsuki.”, lo provocò, sforzandosi di rimanere serio. La reazione fu immediata: si sentì uno scoppiettio vago, prima della voce del biondo, che sbottò: “Se non fossi sicuro che l'apprezzeresti, il prossimo Pocky te lo infilerei nel culo, idiota. Smettila di dire stronzate e premi play, forza.”
E Kirishima, ridacchiando, obbedì.
La prima mezz'ora del film la passarono in silenzio, mentre
casualmente Bakugou si era fatto un po' più piccolo e si era accoccolato su un fianco, la punta del naso che sfiorava di tanto in tanto l'orecchio dell'altro. Entrambi in effetti erano sinceramente presi dalla storia, ma questo non impediva a Kirishima di voltarsi di tanto in tanto per stampare piccoli baci sulla fronte del biondo, mentre la mano che non teneva l'ipad aveva trovato il suo posto sul fianco di Bakugou. Questi, dal canto suo, si godeva il calore del corpo dell'altro e delle coperte sotto cui si era infilato ad un certo punto. Si godeva quelle tenerezze e come il tempo avesse costruito due grandi parentesi in cui contenerli e dentro le quali proteggerli. Là dentro nessuno avrebbe chiesto loro di essere qualcosa in più di due sedicenni che sgranocchiavano Pocky, guardavano Captain America e si coccolavano reciprocamente in modo pigro. Era legittimo, quando due o tre giorni prima avevi rischiato di morire.
“Steve Rogers non ti ricorda un po' All Might?”, aveva chiesto ad un certo punto il rosso, guadagnandosi uno dei rari e sbilenchi sorrisi di Bakugou: “Considerato quant'è vecchio questo film non so se All Might lo prenderebbe come un complimento. Però in effetti sì: All Might fa molto eroe classico vecchio stampo dei primi decenni del 2000.”, concesse, senza guardarlo. Kirishima fece schioccare la lingua contro al palato e mugugnò: “Non è che quest'attore sia proprio da buttare...”
Bakugou sbuffò una mezza risata, prendendo a mangiucchiare un altro Pocky.
“Mi pare si chiami Chris Evans. Perfino All Might si farebbe montare come un barattolo di panna da lui.”
Kirishima ammiccò con le sopracciglia nonostante l'altro ragazzo non potesse vederlo: “Oh, quindi... ti andrebbe di essere montato come un barattolo di panna? Non sono così biondo, ma---”
“A parte che chi verrebbe sbattuto saresti tu, ma noto che quel tizio che ti ha picchiato non ti ha fatto diventare meno cretino. Peccato.”, sospirò Bakugou, ignorando la risatina giuliva di Kirishima.
Calò il silenzio tra loro due per qualche altro minuto, prima che fosse nuovamente il rosso a parlare. Stavolta, tuttavia, era serio: “Grazie.”, soffiò, abbassandosi sul volto del biondo per avere un altro bacio. Stavolta fu più lento e confortevole dell'altro, caldo e tranquillo. Bakugou infilò il volto nella nicchia tra il collo e la spalla di Kirishima e gli legò un braccio attorno alla vita, che strinse con fare protettivo. Era quella, la sua risposta.
Solamente molto dopo, quando ormai i titoli di coda del film scorrevano sullo schermo, Kirishima si sporse nuovamente sul viso di Bakugou. Fu sorpreso nel trovarlo addormentato, la linea dura dell'espressione che persisteva anche durante il sonno. Era il respiro pesante e regolare, a tradirlo.
Il ragazzo sorrise, spegnendo l'ipad e la televisione, che avevano precedentemente lasciato muta. Una volta posato tutto quel che il ragazzo gli aveva portato da casa, si infilò meglio sotto le coperte, crogiolandosi nella stretta di Bakugou e nell'enorme fortuna di averlo così, addormentato sulla sua spalla, evidentemente vulnerabile e nonostante ciò deciso a tenersi il corpo del compagno stretto contro. Come se Kirishima se ne sarebbe mai potuto andare.
Quando la piccola luce da lettura fu spenta e l'oscurità calò su di loro, il rosso posò un bacio premuroso e tenero sulla fronte di Bakugou, attento a non svegliarlo. Anche lui chiuse gli occhi, e non ci volle molto perché si addormentasse a sua volta.
Entrambi sapevano che in quel momento potevano essere solo ragazzi che vegliavano l'uno sull'altro, pronti ad accogliere le sfide del mondo. Nessuno li avrebbe mai sconfitti.




Walking_Disaster's corner:
*I pocky e i mochi sono tipici snack giapponesi.

Storia scritta per la Boku no Hero Academia: Fanfiction Challenge! con il prompt “dormire nello stesso letto (senza fare sesso)”.
Diciamo che mi sono molto lasciata prendere dall'ispirazione, per questa FF. E sono piuttosto soddisfatta del prodotto finale. Scrivere finalmente di loro due in questi termini così espliciti mi ha veramente riempito di soddisfazione.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!

Spero vi sia piaciuta,
WD

   
 
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