Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Voglioungufo    22/10/2017    6 recensioni
Hogwarts!AU | SakuHina | NaruSasu | SaiIno
Sakura, brillante studentessa della Casa di Corvonero, non si sarebbe mai aspettata di prendersi una cotta mostruosa per la timida Tassorosso Hinata Hyuuga, di certo non si sarebbe mai aspetta di trovarsi a invidiare Naruto Uzumaki, scapestrato Grifondoro. Per questo non bisogna sorprendersi se quando si ritrova in mano una fiala di pozione polisucco il suo primo pensiero è quello di prendere le sembianze del ragazzo per conquistare Hinata.
Genere: Commedia, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Hinata Hyuuga, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Sai/Ino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonadomenica, biscottini!
Ancora, mi scuso per l’attesa, ma questo capitolo è stato molto difficile da scrivere, per un motivo che capirete subito anche voi c_c ci sarà un argomento che temo di non aver trattato nel giusto modo, quindi attendo un vostro giudizio!
Per il resto, oggi si riderà poco, anche se avremo un’entrata di scena di Sakura molto, ma molto teatrale, che Sasuke può solo nascondersi.
Spero vi piaccia^^
Hatta
 
 
 
Cap. 7
La vita non è una sarta e l’abito non fa il monaco.
 
 
Aiko Shimura non aveva molti ricordi della sua infanzia, per qualche motivo quegli anni le apparivano sempre tremuli e inconsistenti come se fossero sogni. Ogni tanto qualche ricordo si faceva più forte, ad esempio il giorno del suo sesto compleanno, ma per la maggior parte del tempo restavano qualcosa di lontano a cui non pensare mai. Così, finì per dimenticare la maggior parte delle cose.
C’era però una sensazione che veniva a galla ogni volta che si sforzava di pensare alla sua infanzia, una sensazione sgradevole che avrebbe provato per molti anni ancora. Una sensazione che può essere paragonata a quella di indossare un abito di molte taglie più piccole, che tirava in più punti del suo corpo, scatenandole un prurito che non riusciva mai a scacciare. Un fastidio che la metteva profondamente a disagio, ma che, soprattutto, non sapeva come fermare.
Quell’abito non poteva essere tolto, gli era stato cucito sulla pelle e non poteva fare assolutamente nulla per toglierlo, se non strapparsi la pelle. Tutto quello che aveva potuto fare era stato adeguarsi a quell’errore sartoriale, convivendo con quel difetto – perché era così che da un lato lo considerava.
Quindi, Aiko non ha mai potuto dire di averlo sempre saputo, perché non è così. Ma può dire che qualcosa c’era sempre stato, solo che non sapeva ancora come spiegarlo e non sapeva nemmeno dire quale fosse il problema effettivo, che cosa non andasse.
Per arrivare a capirlo, ci mise molto tempo.
Arrivò a una sorta di prima illuminazione quando a tredici anni prese un libro di università del fratello maggiore, Shin, iniziando a leggerlo con curiosità. Lì, aveva conosciuto per la prima volta lo studio sui generi, con la relativa differenza fra sesso e identità di genere. E quando aveva capito quel concetto, che inizialmente le era risultato totalmente strano, il brusio nella sua testa, il prurito per tutto il suo corpo, si era intensificato.
Più leggeva su quei studi, su come si potesse nascere nel corpo sbagliato e non identificarsi nel proprio, più si rendeva conto che non era l’unica al mondo a provare quel senso di fastidio, più capiva quello che non aveva mai compreso. Fu come una illuminazione, una lampadina che si accendeva improvvisamente.
Ma non fu per nulla semplice. Ora comprendeva la probabile natura di quel suo disagio con il proprio corpo, capiva perché indossasse un vestito che non le calzava.
Eppure, ormai lo indossava, che cosa doveva fare?
Nonostante fosse giunta a quella illuminazione, continuò per anni ad accettare quella definizione che gli altri le davano, continuò a considerarsi una donna. Tutti la etichettavano in quel modo e non aveva mai sufficientemente coraggio per correggerli. Che poi, cosa avrebbe potuto chiedere? Di usare il pronome maschile? Nonostante fosse fin troppo visibile il suo essere una donna?
Quelli erano anche gli anni della pubertà, del suo corpo che si modella da solo, senza che potesse avere una minima voce in capitolo. Faceva quello che voleva, si ingrossava dove non voleva, ma si snelliva in altri punti, dandole l’aspetto di un qualcosa pieno di curve.
Un qualcosa che era il corpo femminile.
Infondo, quello era il corpo che la natura aveva scelto, che diritto aveva di protestare? A molti sarebbe piaciuto avere gli occhi di un colore diverso, ma non per questo pretendevano che gli altri fingessero di vederli di un colore che in realtà non erano. Era la stessa identica cosa.
No?
In più, avvertiva anche un fortissimo senso di colpa, una sorta di tradimento verso qualcosa che si sentiva in dovere di non abbandonare. Aveva paura di tradire le donne, di calpestare tutte le lotte che avevano fatto per raggiungere i loro diritti, la loro parità. Non doveva provare vergogna del suo corpo femminile, doveva accettarlo non solo perché parte di sé, ma per rivendicare tutti quegli altri corpi simili al suo che erano stati macchiati di negatività e presunta inferiorità.
Non voleva essere lei a tradirli.
Perciò, dall’altro lato Aiko cominciò a razionalizzare quegli impulsi maschili… quelle sensazioni che proprio sentiva nascere da dentro la sua pancia.
Si diceva che andava bene che certe cose le piacessero, anche se non erano convenzionali, poteva essere donna senza seguire lo stereotipo. Ci sono tanti modi di esser donna – cosa che continuò a pensare sempre – e perciò andava bene. Poteva essere una donna che sembrava un ragazzo.
Ma che non era un ragazzo.
In quegli anni, qualsiasi pensiero il suo subconscio le suggerisse, lei lo rivoltava completamente, trasformandola in una battaglia contro lo stereotipo e contro il sessismo. Quelle battaglie, in cui Aiko divenne molto attiva, la distrassero a lungo dal vero problema, dalla reale questione che continuava a tormentarla. Perché, per quante giustificazioni trovasse, il prurito non cessava e l’abito diventava sempre più stretto.
Ma in fondo, tutte le ragazze hanno un problema con il loro corpo, no? È raro che nel periodo adolescenziale ci si trovi a proprio agio con esso. Era una cosa normale il suo disagio.
No?
La cosa migliore che potesse fare era trovare un modo per imparare a sentirsi a proprio agio con quel corpo che non poteva cambiare.
Così passarono altri anni, dove qualsiasi cosa si dicesse il brusio non terminava. Anni dove fece di tutto per tenere il problema più lontano da lei, anche se si trovava proprio sotto la sua pelle, pronto a esplodere. Al massimo lo guardava come un problema da studiare, qualcosa da non relazionare minimamente a lei. Qualcosa che le era estraneo.
Poi un giorno, un pensiero sfuggì al suo controllo ferreo, presentandosi davanti come una voce  infastidita e ironica.
Senti, perché non guardiamo in faccia la realtà e ammettiamo che ci troveremmo di più a nostro agio con un corpo maschile?
Lo zittì, ovviamente, soffocandolo con tutte quelle giustificazioni create in anni di auto-convincimento. Ma ormai aveva preso a gridare troppo forte.
Quelle urla erano sempre più forti e insistenti, il prurito era diventato un martello pneumatico in funzione ventiquattro ore su ventiquattro. A quel punto capì che non lo poteva più ignorare a zittire, che aveva convissuto con quell’elefante nella stanza fin troppo a lungo. Così decise di ascoltarlo – di ascoltarsi – di cercare di accoglierlo e capirlo.
Ok, dimmi tutto, ti ascolto. Sono qui e senza armi, sono in pace. Spiegami, ti prego.
Fu uno dei momenti più brutti della vita di Aiko, fu orribile. Cercare di approcciarsi a quella cosa che la spaventava enormemente, che la confondeva fino a non riuscire nemmeno a capire chi fosse realmente. Ma se non lo avesse fatto, se non avesse avuto il coraggio sufficiente per lavorarci giorni, notti, mesi… non sarebbe mai riuscita a vivere davvero.
Le risposte le aveva già, le aveva solo occultate, e disseppellirle non era facile. Era faticoso, doloroso.
Capì che c’era posto per lei. Anzi, non per lei: per lui.
Era quella la semplice e banale verità. Aiko non era una ragazza che sembrava un ragazzo. Aiko era un ragazzo finito nel corpo sbagliato. Ma questo non tradiva minimamente il genere femminile in generale. Il sentirsi un maschio, non lo rinnegava.
Poteva lottare comunque nelle battaglie delle donne al loro fianco, senza esserlo per forza, una donna.
Il primo con cui ne parlò fu suo fratello. Era terrorizzato di farne parola con suo padre, Danzo Shimuro, uomo all’antica e conservatore su ogni cosa.
Piangendo, spiegò a Shin tutta quella situazione, del suo disagio di non riconoscersi come donna, nel sapere di essere un maschio e di voler cambiare quel corpo che tanto lo disturbava.
Shin reagì nel migliore dei modi: lo capì subito, assicurandogli che poteva contare su di lui in ogni caso, che fosse una sorellina o un fratellino non importava, restava comunque una delle persone più importanti della sua vita.
Senza di lui, sicuramente non avrebbe avuto il coraggio di affrontare tutto quello che venne dopo. Non suo padre che gridava, sua madre che piangeva chiedendosi dove avesse sbagliato.
Senza di lui, non avrebbe trovato così facilmente il coraggio di prendere in mano la propria per se stesso. Era stato lui ad accompagnalo fino a Londra, dove lì la magimagia era molto più avanzata rispetto al Giappone. Era stato lui a sostenerlo quando il dubbio lo aveva sommerso nuovamente. Era stato lui ad attenderlo fuori dalla porta ad ogni visita. Lui a portarlo a comprare vestiti nuovi, a scegliere una nuova casa lì in Inghilterra ed aiutarlo a cercare un lavoro.
E, alla fine, era stato lui a chiamarlo Sai per la prima volta.
 
**

Quando finì di parlare, calò il silenzio. Sai teneva cocciutamente lo sguardo sul proprio bicchiere di burrobirra, ormai completamente vuoto.
Il racconto aveva scosso molto Ino, non tanto per il contenuto, ma perché aveva sentito subito un profondo senso di protezione dell’immaginare quel piccolo Sai pieno di dubbi su se stesso. Non comprendersi deve essere il peggiore dei mali, fortunatamente lei non aveva mai avuto questi problemi, forse causati dalla profonda schiettezza che manteneva anche con se stessa.
Voleva dire qualcosa, ma temeva che qualsiasi cosa fosse inadeguata. Però voleva fargli assolutamente capire che non lo trovava strano per quello, anzi trovava molto più preoccupante la scarsa igiene di Inuzuka che il fatto che prima Sai fosse intrappolato nel corpo di una donna.
Si schiarì la gola, perché non poteva restare in silenzio per sempre.
“Da quanto tempo hai fatto l’operazione?” chiese.
“Sono più di due anni, ormai”
“E puoi fare la pipì in piedi?” strabuzzò gli occhi appena lo disse e si tappò la mano con la bocca “Scusa, non volevo mancare di tatto”
“In realtà, è proprio quando le persone cercano di usare del tatto su questo argomento che mi sento a disagio. Mi fanno sentire davvero un alieno” accennò un sorriso “Comunque sì, la faccio in piedi”
Lo incoraggiò con un sorriso radioso. “Be’, sinceramente, questo non mi cambia molto. Cielo, ho avuto il terrore che non ti piacessero le donne” scoppiò a ridere.
“Perché?” domandò perplesso.
Scosse la testa, intenerita da quella ottusità. “Pensavo che ormai fosse abbastanza chiaro…” mormorò piano, allungando una mano a intrecciare le loro dita.
Sai fissò le loro mani unite, arrossendo vistosamente sugli zigomi, gli occhi neri brillarono di una scintilla piena di calore. Guardandolo meglio, effettivamente doveva ammettere che i suoi lineamenti erano davvero molto dolci e femminili, ma non le importava. Sai era bello e aveva un animo gentile e sincero, le bastava solo quello.
“Da dopo l’operazione ho avuto una sola relazione con una ragazza” bisbigliò “Ma finì appena le dissi che prima ero una femmina. Disse che era etero, quindi non poteva stare con me” aggiunse depresso.
Che mentecatta, pensò indignata.
“Mi dispiace, ma io no soffro del suo stesso problema di idiozia. Quindi non mi scrollerai di dosso così facilmente” assicurò ghignando.
Anche Sai ampliò il sorriso. “E chi ha detto che voglio mandarti via?”
 
**

Il giorno dopo, Naruto era estremamente nervoso. Nonostante fosse stato sveglio tutta lo notte con Hinata, non erano arrivati alla soluzione su chi potesse aver preso al suo posto, senza contare che quello era anche il giorno del duello.
Appena aveva fatto il suo ingresso in Sala Grande, con i capelli scompigliati, la sciarpa slacciata e la faccia assonnata, la sua Casa era esplosa in un boato di applausi e incoraggiamenti. Sembravano tutti emozionati ed esaltati dall’imminente duello, ormai la voce si era sparsa per tutta Hogwarts e tutta la scuola sembrava impaziente di assistervi.
La verità è che Naruto negli incantesimi non se l’era mai cavata davvero bene. Dentro di sé aveva così tanta magia che faticava ancora ad incanalarla perfettamente e quando si agitava la magia involontaria scoppiava ancora, facendo più danni di quella di un bambino. E in quel momento era così nervoso che si sentiva un fuoco d’artificio ambulante.
Se non fosse stato un Grifondoro sarebbe sicuramente scappato in Messico clandestinamente, ma purtroppo apparteneva a quella casa di scavezzacollo e pareva più che intenzionato ad andare contro il nemico a testa bassa.
Prima del duello, voleva assolutamente ribadire a Sasuke che non lo aveva tradito e che lo amava, ma il serpeverde sembrava essere sparito dalla scuola. Così dovette andare all’entrata, luogo dove si sarebbe tenuto lo scontro, senza potergli parlare – e magari digli addio, molto drammaticamente.
Al diavolo, vincerò io e darò una bella lezione a quell’idiota di Otsutsuki!
Pimpante e deciso si presentò nella stanza, dentro c’era già una grande folla di curiosi, e un angolo Hinata stava supplicando Toneri di cambiare idea.
“Solo se verrai via con me”
“Per favore, cerca di ragionare” balbettava timidamente.
“Allora, il duello si terrà!”
Quel tipo sembrava essere uscito da un drama coreano di serie B, aveva una vene melodrammatica peggiore di quella di Sasuke.
“Oh, sei qui” ribatté sprezzante Toneri appena lo vide.
Incrociò le braccia al petto, fissandolo con una faccia dura. “Sì, sono qui” sbottò “A farti il culo”
Lo disse solo perché sembrava una battuta molto figa da dire. Infatti Toneri scoppiò immediatamente a ridere.
“Divertente, Uzumaki” lo guardò sprezzante “D’altronde tu sei sempre stato un buffone”
A quelle parole sentì immediatamente il sangue andargli alla testa e le mani prudergli per prendere a pugni quella faccia pallida, la sua bacchetta mandò scintille rosse dalla punta.
Toneri si mise al centro dello spiazzo che era stato creato con fare superbo, tirando fuori la propria bacchetta come se fosse un grande lord.
“Devo ricordarti le regole, per il tuo cervellino?” lo schernì, facendo scoppiare a ridere alcuni dei suoi scagnozzi.
Digrignò i denti. “No, non serve” ringhiò fronteggiandolo. “Cominciamo?”
Anche Toneri sorrise. “Cinque passi a testa, poi ci voltiamo”
“Perfetto” lo fulminò con lo sguardo.
Ma non ebbero nemmeno il tempo di voltarsi che una voce leggermente stridula irruppe nell’aria, facendo sobbalzare tutti.
“FERMI!”
Era Sakura, all’imbocco delle scale, con la tracolla in spalla, i capelli elettrici e completamente trafelata.
“Fermi!” ripeté scendendo le scale “Non è lui il tuo avversario, Otsutsuki”
Quello fece una faccia infastidita. “Ah, no, Haruno?”
“No” confermò intromettendosi fra i due ragazzi e tirando indietro Naruto “Sono io il tuo avversario”
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Voglioungufo