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Autore: LuxITD    22/10/2017    2 recensioni
Camilla e Gaetano sono separati da sette mesi, non si sono più incontrati se non in una serata piovosa in cui la donna è stata spettatrice del dolore dell'uomo a cui non era stata mai in grado di rivelare il proprio amore.
In un intreccio di amore, senso di colpa e lacrime, riusciranno i due a parlarsi di nuovo per poi ritrovarsi?
Ambientata tra la sesta e la settima stagione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A una goccia ho parlato di te. Lei non ha mantenuto il segreto. Ora tutta la pioggia, ripete il tuo nome.
 
Nessuno amava le giornate tetre e piovose come era in grado di fare lei, non che fosse un vero e proprio amore dato che non era certo la sua gioia più immensa uscire con il cielo che decide di rovesciarsi sul suolo rendendo i suoi impetuosi ricci elettrici e indomabili, due caratteristiche che erano il suo punto di forza ma che non la facevano scalpitare se attribuite alla sua chioma, e provocandole quel moto di rabbia mal celata che veniva smorzata nel momento in cui gli agenti atmosferici riuscivano ad innescare in lei una sorta di catarsi spirituale, il ritrovamento dell’equilibrio perso che i quattro elementi avrebbero favorito, riportandola nel suo spazio personale, quello in cui si sentiva pienamente se stessa.

Camilla si trovava in una di quelle giornate con la cara e tanto desiderabile luna storta che stava già iniziando a regalarle quel sentore che avrebbe rischiato di farle linciare ogni essere vivente sulla sua strada, inconsapevolmente ed inconsciamente ma non per questo le sue azioni avrebbero mietuto meno vittime, anzi, è proprio ciò che non interiorizzi volontariamente a scatenare le più grandi eruzioni, degli scoppi emotivi degni di nota che le avrebbero tolto la serenità per poco o molto tempo, a seconda del grado di importanza sulla sua personalissima scala.

Le coperte leggere non volevano saperne di liberare le sue gambe da quell’intreccio infernale che aveva finito con l'innervosirla ancor di più, nonostante il tepore avesse deciso di dare una tregua a quella cefalea insistente che sapeva fosse il preludio di uno scarico di nervi e tensioni che, sentiva, stava per giungere senza possibilità di fuga e, caso normale, non le dispiaceva affatto, avrebbe voluto limitarlo ma, in casi come quello, sarebbe stato impossibile, inutile ed anche controproducente.

La sensazione di caldo che le stava riscaldando le ossa e quel cuore infreddolito era diventata asfissiante, le mancava l’aria e ciò che era rimasto appoggiato sul suo corpo di quella incolpevole coltre la disturbava quasi come se fosse stata rivestita da pellicola trasparente, sentiva il suo organismo andare a fuoco, ogni cellula del suo corpo bramava ossigeno ma più ne cercava meno ne percepiva, in uno strano gioco di proporzionalità inversa che non voleva darle tregua.

Decise di alzarsi e di allontanare le coperte, sempre considerate grandi alleate, con un gesto di stizza aggressiva che non avrebbe mai riservato a nessuno, almeno non volontariamente e si risolse a dirigersi verso la finestra che non riusciva a far filtrare all’interno della stanza buia nemmeno quel filo di sole che, indifeso e coraggioso, aveva deciso di sfidare le nuvole e il cielo grigio, pronto a regalare una speranza a coloro che non sopportano quelle giornate bigie e tristi o ai metereopatici, insofferenti ai cambiamenti di clima come lei, anche se in modo astruso, che era in grado di sprizzare gioia anche con un diluvio, tratto che la distingueva e che provocava stupore in chi ne veniva a conoscenza, Camilla era in grado di soverchiare anche l’ordine delle cose, figurarsi una semplice metereopatia, si trattava di un gioco da ragazzi riuscire ad invertirne gli effetti.

Aprendo la finestra gli aliti del vento le scompigliarono i capelli naturalmente in disordine e le sferzarono il viso, risvegliandola dal sonno che non l’aveva colta nel corso della notte ma che aveva deciso di investirla alle prime luci dell’alba, quasi come se avesse voluto ristorarla dopo il fiume di lacrime silenzioso e prolungato che la donna aveva insonorizzato, spaventata dalla possibilità desiderata ma totalmente infondata che Gaetano, dall’altro lato del pianerottolo, avrebbe potuto sentirla per poi bussare alla sua porta per sapere cosa stesse succedendo o per poi decidere di ignorarla e non era ancora riuscita a comprendere quale dei scenari sarebbe stato più doloroso per i suoi poveri neuroni e il suo martoriato cuore.

Non potè fare altro che ricordare quel dannato giorno piovoso in cui tutte le sue aspettative e i suoi desideri si erano infranti come cristallo al suolo senza il beneplacito della volontà, in una presa di realtà talmente violenta e brusca da impedirle di vietare al cuore di accelerare e alla buste della spesa di districarsi dalle sue dita e al povero Potty di ritrovarsi senza guinzaglio e libero di girovagare senza il controllo della sua padrona al centro di quella piazza e nei pressi di quella fontana che era stata spettatrice muta di uno dei loro momenti migliori, nel periodo in cui tutto sembrava perfetto ed idilliaco, in cui si cullavano nella calma anticipatrice della tempesta che aveva stravolto le loro vite e i loro sentimenti, divenuti troppo difficili da controllare e dannatamente impossibili da nascondere con il passare del tempo.
 
Mi chiedo: “Che cos’è l’Inferno?”. Ed è così che lo definisco: ”La sofferenza di non poter più amare”.
F. Dostoevskij

 
Gaetano aveva aspettato poco più di sette mesi prima di provare ancora il desiderio di uscire con altre donne, prima di cercare di dimenticare l’unica donna per cui fosse mai valsa la pena di combattere e resistere, quell’unica e sola donna che era stata capace di spezzare il suo cuore più volte nel corso di quei lunghi dieci anni e di frantumarlo completamente riducendo il suo ruolo a quello di un amico di famiglia, una specie di cagnolino senza padrone che avevano deciso di adottare per puro spirito di fratellanza e generosità, come se niente fosse intercorso tra quelle due esistenze, come non avessero fatto l’amore così tante volte da non riuscire a contarle, da non volerlo fare perché solo l’uno tra le braccia dell’altra erano in grado di annullarsi e di non percepire altro al di fuori di loro stessi, nient’altro se non i loro sospiri e quel loro modo di respirarsi fin dentro l’anima capace di farli tremare e scindersi dal tempo e dallo spazio, come se niente fosse indispensabile in quel momento oltre al loro intreccio di corpi e gemiti che li annullava per farli rinascere ancora ed ancora.

Quei mesi erano trascorsi lentamente e con lo stesso comune denominatore, la sua solitudine, quella sensazione di essere solo al mondo, con un figlio lontano, una matrimonio fallito alla spalle e il suo grande amore che aveva deciso di dedicarsi esclusivamente alla sua nipotina, rinnegando il loro amore per paura, era giunto a quella consapevolezza dopo ore impiegate a fissare il soffitto della sua stanza piena di scatoloni che non aveva avuto il coraggio di svuotare per non aver voluto permettere alla sua mente e al suo cuore di focalizzare la realtà delle cose: cedere al suo amore per Camilla insieme a lei era stata una ovvia conseguenza di tutti i loro trascorsi ma dopo aver capito cosa significasse averla con sé, non era stato più in grado di rinunciare alle sue abitudini, all’odore della sua pelle, al luccichio dei suoi occhi, al suo sbirciare mentre le loro labbra non riuscivano a stare lontane, ai suoi baci intensi e passionali che non lasciavano spazio a nessun altro tipo di pensiero, allo stringersi smanioso di quel corpo contro il suo nel bel mezzo di un abbraccio, a quelle mani che lo stringevano all’altezza delle spalle o della vita quasi per sentire la sua presenza e per convincersi di essere lì con lui e di non far scoppiare quella specie di bolla magica che li aveva racchiusi nella propria fragilità cieca e testarda, ai coinvolgimenti illegali nelle sue indagini che comportavano in lui un alto tasso di adrenalina e di manie protettive impossibili da trattenere. Qualcuno avrebbe dovuto avvertirlo, dopo Camilla non ci sarebbe stato più posto per nessun’altra nella sua vita, non avrebbe potuto assaporare la consistenza di altre labbra, accarezzare un tipo di pelle di una tonalità più chiara o scura, con lentiggini o nei, meno morbida o liscia, intrecciare capelli biondi, rossi, lisci o meno ricci, stringere un corpo con più forme, forme che non gli sarebbero interessate a prescindere perché la sua Camilla era perfetta nella sua imperfezione, amava con la stessa intensità sia il suo corpo che il suo carattere, non preferiva altri pozzi marroni, non desiderava altre litigate, non anelava invecchiare con altre se non con lei.

Non riusciva più ad alzarsi dal divano, si era ritrovato a lavorare solo ed esclusivamente da casa per i primi tre mesi, favorito dal fatto che a Torino i criminali avessero deciso di prendersi una pausa e di lasciare in pace un povero vice questore con il cuore infranto, incapace di decidere come continuare la propria vita, se trasferirsi per l’ennesima volta o restare in quella città che gli aveva fatto capire, per l’ennesima volta e ancora più fortemente, cosa volesse dire amare davvero qualcuno. Il povero Torre si presentava alla sua porta quotidianamente per offrirgli supporto morale e trascinava con sé, a giorni alterni, anche la moglie che cercava di dare un senso a quella casa sconclusionata che non vedeva la luce, oscurata da quelle spesse tende nere che Gaetano aveva deciso di aggiungere nell’unico momento in cui si era deciso ad uscire per prendere aria, e per cercare di nutrire quel corpo che stava sparendo sotto il giogo del dolore e della delusione, nessuno era mai stato spettatore di un tale distacco dalla realtà, quell’uomo non si rasava più, non cucinava, non permetteva a quelle stanze di ricevere ossigeno e al suo cuore di essere ricevente di attenzioni, si stringeva nella sua tuta che tante volte era stata il caldo appoggio e il compagno del sonno della sua Camilla e non voleva saperne di accendere il cellulare, non riusciva a cambiare il blocco schermo, l’immagine o il nome in rubrica di quella che sarebbe dovuta essere sua moglie entro breve, quella per cui avrebbe giocato carte false, avrebbe dato qualunque cosa affinchè quel sogno si trasformasse in realtà e non ci era riuscito, l’aveva persa dopo averla avuta e non poteva capacitarsene, continuava a colpevolizzarsi nonostante non dipendesse da lui.

E così, dopo novanti giorni di prigionia decise di ritornare al lavoro e di provare a riprendersi la sua vita non con poche sofferenze, aveva riaperto le finestre e svecchiato quella casa ignorando il suo povero cuore che si stava atrofizzando senza la donna che davvero desiderava al suo fianco e una sera, dopo il lavoro, i suoi piedi stanchi lo portarono davanti a quella fontana che era un vero e proprio memorandum di ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato, di tutto quel potenziale che era scoppiato in tante piccole particelle che non erano più riuscite a riunirsi.

Si era fermato, quasi ancorato al suolo in grado di trascinarlo nella profondità di sabbie mobili inesistenti e tenaci che l’avevano riportato nel vortice della solitudine e della desolazione che non l’avevano mai definitivamente abbandonato. Un dejavu riuscì a fargli perdere l’equilibrio e fece appena in tempo ad aggrapparsi a quel muretto non prima di essere finito con la testa nell’acqua fredda che comunque non fu in grado di risvegliarlo da quel torpore statico che gli aveva annebbiato la mente impedendogli di rendere più immediati i suoi riflessi già compromessi dall’inerzia prolungata.
Camilla non immaginava di incontrarlo a quell’ora ed in quella zona della città ma ciò che provocò il suo stupore si rivelò ancora più insolito della sua presenza lì, non riuscì a fare a meno di rimanere aggrappata al muro alle sue spalle e di lasciare che i suoi occhi sfogassero tutto ciò che il suo cuore non era più in grado di trattenere, non riusciva a credere a ciò che vedeva, quello non poteva essere il suo Gaetano ma, a meno che non avesse iniziato a soffrire di allucinazioni, non avrebbe potuto confondere il suo istinto.

La pioggia iniziò a scendere copiosa ed incessante e Gaetano non dava cenni di volersi muovere da quel muretto, Camilla non poteva esserne certa ma tra le sue lacrime e quelle del cielo c’erano anche quelle di Gaetano e non avendolo mai visto piangere, non fu in grado di controllare le sue corde vocali e quel rantolo che uscì dalle sue labbra non passo inascoltato e si ritrovò affiancata da alcuni passanti che, allarmati dal quel suono ricco di sofferenza, decisero di interessarsi al suo stato e le chiesero se avesse bisogno di qualcosa, purtroppo era sorda a quelle voci, le uniche cose a cui riusciva a pensare erano gli occhi chiusi e il volto trasfigurato dalla sofferenza dell’uomo che amava.
 
Si avvicinò piano, cercando di far meno rumore possibile ma più la prossimità si accorciava più si rendeva conto di quanto stesse male l’uomo davanti a lei, di quanto fosse cambiato in quei mesi in cui aveva deciso di allontanarsi da lui e da tutto quello che aveva provato nel corso dei mesi in sua compagnia e non riuscì a sostenere il peso di quella colpa, di quel dolore e scappò via, incapace di resistere un minuto di più davanti allo spettacolo a cui non avrebbe mai voluto assistere, quell’uomo era distrutto a causa sua e non si sentiva di torturarlo ancor di più con la sua presenza che non gli avrebbe fatto bene, a meno che non avesse deciso, finalmente di dirgli che lo amava come non aveva mai amato nessuno ma, nemmeno quella volta, quelle parole uscirono dalla sua bocca perché si allontanò senza staccare gli occhi da quella sagoma che avrebbe voluto stringere tra le proprie braccia.

Il vetro della finestra della sua stanza ritornò ad essere solo un vetro e non uno schermo capace di riflettere in sequenza scene di un momento passato da mesi e che non aveva ancora smesso di tartassare il suo umore e quel muscolo al centro del suo petto che non batteva più per nessuno se non per sua figlia e sua nipote, la pioggia non dava cenno di volersi fermare e le fece prendere la decisione di scappare da quelle pareti che stavano rischiando di soffocarla ed incastrarla nel suo stesso corpo, si ritrovò in strada senza nemmeno rendersene conto, con il suo solito pigiama di seta leggero e a piedi nudi.

Non chiuse nemmeno la porta di casa che sbattè rovinosamente ridestando Potty che iniziò ad abbaiare furiosamente, spaventato dallo scatto della sua padrona che scappò da quella casa correndo senza preoccuparsi di niente e di nessuno se non di se stessa.
Si sedette su una panchina nel cortile del palazzo e decise di lasciarsi andare alle lacrime che, impetuose, non volevano darle tregua, erano lì che si mescolavano alle gocce di pioggia fredde rispetto alla temperatura corporea di una donna furiosa con se stessa e febbricitante, riusciva solo a ripetere il nome di Gaetano in una litania che non dava cenni di volersi arginare.

Ore dopo l’oggetto dei suoi desideri la ritrovò tremante e con le gambe strette al petto, il viso arrossato e gli occhi lucidi e sulle labbra un unico sussurrò velato di lacrime:
“E’ colpa mia”


Angolo autrice:
Questa ragazza torna in punta di piedi dopo un'assenza di quasi due anni perchè non riusciva più a stare lontana dal mondo dalla scrittura che aveva dovuto, forzatamente, abbandonare.
Sono tornata per restare e aspettatevi molte altre creature, in teoria questa OS ha un seguito ma vediamo come va.
Intanto dedico questa storia a tutti quelli che mi hanno lasciato messaggi nel corso di questo tempo, incitandomi a tornare e a tutti gli amanti della Prof e dei Gaudini che, finalmente, hanno avuto una gioia.
Ce l'abbiamo fatto, yeeeeeah.
A prestissimo.
<3 
  
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