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Autore: nikita82roma    22/10/2017    4 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Quello che Castle aveva temuto, alla fine, era accaduto veramente, Alexis aveva contagiato Beckett. Niente di grave, s’intende, ma tanto bastava, viste le condizioni di Joy, a tenerla lontana da sua figlia per più di una settimana, così mentre Joy migliorava, Kate seguiva i suoi progressi in un primo momento solo dai resoconti di Castle che la aggiornava quotidianamente, poi anche dalla stessa che approfittava della presenza di Rick per telefonarle. Connor si faceva vedere sempre meno in ospedale quando c’era lui e l’unica presenza costante era quella di Margaret, decisamente più accomodante del figlio, soprattutto dopo le ultime rivelazioni.

Alexis si sentiva mortificata per aver obbligato Kate a stare a casa lontana da Joy, ma la detective le aveva più volte spiegato che lei non aveva alcuna colpa. Le due usarono quei giorni in cui trascorsero molto tempo a casa insieme, tra cure ed esperimenti in cucina, per conoscersi meglio e parlare come poche volte avevano fatto. Kate così potè scoprire che dietro quell’aspetto di giovane adulta, si nascondeva un’adolescente con tutti i problemi tipici della sua età a cominciare dalla voglia di avere uno scooter per muoversi più autonomamente, nonostante suo padre non le facesse mai mancare i soldi per prendere il taxi ogni volta che ne aveva bisogno. Kate sapeva quanto Rick avesse paura che sua figlia si facesse male, ma non poteva dimenticare che era poco più grande di lei quando cominciò a lavorare per comprarsi quella moto che ancora giaceva nella cantina di suo padre, che era stato il suo orgoglio ed il suo vanto e solo ripensarci la faceva sorridere nostalgica. Era in quelle occasioni che si scopriva ancora troppo figlia per riuscire ad immaginarsi madre. La ascoltò sfogarsi e sentì tutte le sue ragioni, quindi promise che avrebbe provato a mettere una buona parola con suo padre, ma senza assicurarle niente. Un collante, questo si sentiva per Alexis, tra il suo mondo e quello di suo padre. Lei non era sua madre e non lo sarebbe mai stata, Alexis ne aveva già una e lei non voleva prendere il posto di nessuna. Però sarebbe potuta essere per lei una figura femminile di riferimento se avesse avuto bisogno di qualcosa, di un consiglio, di fugare qualche dubbio o anche solo confidarsi. Un’amica, una sorella maggiore o una zia, ma non aveva bisogno di una definizione. Sarebbe stata qualsiasi cosa di cui lei avesse avuto bisogno, semplicemente Kate.

Aveva deciso di stare al piano superiore e dormire nella stanza di Joy per non contagiare anche Rick, nonostante le proteste di lui perché voleva averla vicina e non concepiva che lei si infliggesse anche quella lontananza dopo quella da Joy che lui sapeva le pesasse più di quanto voleva far vedere. Aveva così passato lunghe giornate per oltre una settimana, nelle quali si faceva fare resoconti precisi da Rick sulle reali condizioni di sua figlia, facendo con lei solo lunghe telefonate ogni volta che Castle andava a trovarla.  Seguì alla lettera quanto le aveva prescritto il dottor Thompson ed alla fine per togliersi ogni dubbio, andò in ospedale a fare tutti gli accertamenti per essere sicura di essere perfettamente sana, prima di poter tornare da Joy.

 

- Cosa vorresti per Natale? - Le chiese Kate in una delle sue prime visite dopo essersi rimessa in forma.

- Tornare a casa nostra. - Rispose senza esitazioni.

- Sai che temo che questo non sarà possibile. Non dipende da noi. - Le disse accarezzandole la fronte. Felice che stesse finalmente meglio.

- Non tornare da Connor allora. - Era risoluta e determinata, Kate sorrise nel vederla così, in quella settimana nella quale non si erano viste si era ripresa velocemente ed era sempre strano per lei trovare piccole parti di sè in sua figlia.

- Joy anche questo… - Stava per dirle che non potevano farlo, quando una voce alle sue spalle la interruppe.

- Questo credo che si possa fare. Ma non posso prometterti nulla. - Il dottor Thompson doveva essere entrato qualche istante prima senza che se ne accorgessero. - Scusate se vi ho interrotto, ma volevo darvi questa notizia, ho già avvisato telefonicamente anche il signor Castle. Come medico che si occupa di Joy, ho chiesto all’ufficio del giudice dei minori, di lasciarla presso la nostra struttura fino a quando non ci sarà una decisione definitiva sulla sua posizione. Ho spiegato la sua difficile situazione clinica e che il padre con negligenza e superficialità ha messo in pericolo la sua salute. Mi daranno una risposta nei prossimi giorni, ma credo che sarà positiva.

- Veramente dottore? - Chiese Beckett decisamente felice per quella possibilità.

- Sì. Credo che ci siano buone possibilità. Joy adesso sta bene e non vi nego che se fosse dovuta tornare a casa con Castle avrei dato il benestare per le sue dimissioni in un paio di giorni, ma da medico non me la sento di lasciarla andare con Cooper dopo quando accaduto in precedenza.

Il dottore le salutò lasciandole sole di nuovo, e Joy aveva una nuova luce negli occhi. Sperava che quello fosse il primo passo, che poi potesse tornare nell’unica casa che poteva considerare casa sua, con sua mamma e con Rick.

Quando Kate uscì da lì, però, trovò una brutta sorpresa ad attenderla. Connor era fuori dalla stanza con sua madre ed il suo avvocato ed il suo atteggiamento era decisamente diverso da quello degli ultimi giorni. La guardava con aria di sfida ed il suo sguardo era furente.

- Con voi non si può mai essere concilianti, vero Beckett? Tu ed il suo amico scrittore volete solo che le cose siano fatte a modo vostro, pretendete di avere sempre ragione, beh, ti avviso che i miei avvocati si sono già categoricamente opposti circa la possibilità di far rimanere Joy in ospedale invece che nella sua casa e comunque ti ricordo che è affidata a me, quindi sono sempre io a decidere chi può vederla e chi no e se fino ad ora siamo stati comprensivi e vi siamo venuti incontro, da ora in poi non sarà più così.

- Cosa vuoi fare, allontanare Joy dalle persone che le vogliono bene? È così che dimostri ancora una volta di volerti occupare di lei?

- Di certo non voglio lasciarla con le prime persone che dicono di essere la sua famiglia senza alcun diritto, come hai fatto tu dieci anni fa.

Cooper fece appena in tempo a finire quella frase che come risposta da Beckett ottenne un sonoro schiaffo che rimbombò nei corridoi dell’ospedale. Kate poi gli si fece sotto, senza farsi intimidire né da lui né dagli altri che erano lì e la guardavano duramente.

- Non ti permettere Connor. Non ti permettere mai più di parlare di quello che è stato dieci anni fa, quando tu non c’eri perché non ti è mai importato nulla di lei e se non fosse per la tua eredità continuerebbe a non importarti nulla. Ma ti assicuro che non l’avrai. Joy non diventerà una tua proprietà da esporre per completare il quadro della tua bella famiglia. - Così dicendo se ne andò, aveva bisogno di sfogarsi e di calmarsi. Le parole di Connor le avevano fatto male, perché lei in fondo sapeva che erano vere, che quella colpa non sarebbe mai riuscita a perdonarsela. Le accuse di Cooper erano uguali a quelle che lei rivolgeva a se stessa, ma sentirle così facevano ancora più male, la riportavano, ogni volta, faccia a faccia con le sue mancanze e le sue scelte sbagliate. Camminò a lungo, fino al loft, senza sentire né il freddo né la stanchezza, ignorando anche la neve che aveva cominciato a scendere lenta coprendo piano la città. Quel mantello bianco sembrava attutire il rumore, le luci e la frenesia delle persone che le scorrevano accanto veloci occupate a vivere la loro vita piena di cose da fare. Chissà se qualcuno di loro nascondeva, come aveva sempre fatto lei in passato, ricordi che non voleva far riaffiorare tenendosi occupata a fare tutt’altro, per non pensare. Si chiedeva se qualcuno, come lei, avesse nascosto nelle pieghe della quotidianità dolori e rimorsi e faceva finta di niente e si trascinava avanti impegnandosi in cose futili per riempire le giornate. Si chiedeva, mentre stava attenta a non cadere in quei marciapiedi che diventavano sempre più una trappola scivolosa, come fosse riuscita per così tanto tempo a non voler ricordare e soffocare quei sentimenti per sua figlia che ora le sembrava impossibile riuscire a nascondere dopo che erano tornati prepotentemente a galla, dopo aver conosciuto sua figlia, dopo essersi scoperta mamma e, nonostante il più delle volte si sentisse ancora incapace di ricoprire quel ruolo, non sapeva più vedersi in altro modo, tanto che il pensiero di allontanarsi ancora da sua figlia le sembrava insopportabile.

Arrivò al loft dove Castle la aspettava dopo una giornata passata in una libreria per una presentazione promozionale del libro di Nikki Heat alla quale proprio non si era potuto sottrarre. Appena entrata si buttò letteralmente tra le sue braccia, facendosi sorreggere e bagnandolo con il suo cappotto.

- Non vorrai ammalarti di nuovo? - Le disse bonariamente baciandole le labbra gelide ed invitandola a togliersi quella giacca fradicia.

- Connor ha detto che non ci permetterà di vederla ancora. - Rispose lei quasi fregandosene del fatto che potesse ammalarsi.

- Non andrà così se il tribunale darà ragione al dottor Thompson. - Provò a rassicurarla. La spinse letteralmente in camera da letto dove lei sbuffando buttò via i vestiti bagnati con rabbia. Rick la abbracciò da dietro, scaldando con il suo corpo la pelle fredda di lei, circondandola con le sue braccia e tenendola stretta a sé.

- Non buttarti giù Beckett. Non adesso. Non far sì che Connor faccia breccia nelle tue paure con le sue minacce.

Kate sospirò abbandonandosi all’indietro contro di lui. Rimase così senza dire niente, godendosi quell’abbraccio che non riscaldava solo il suo corpo. Castle la baciò sul collo mentre le mani percorrevano le braccia nude di lei e poteva sentire sotto di esse i suoi brividi.

- Sarebbe meglio che ti mettessi qualcosa addosso. Stai tremando.

- Non è il freddo. - Disse lei voltandosi verso di lui, con gli occhi che tremavano più del suo corpo. - Ti amo Castle. Vorrei riuscire a dimostrartelo molto più di quanto sono capace di fare.

- Non ce n’è bisogno. Non devi dimostrarmi nulla. - La rassicurò ancora prendendole il mento, sollevandolo per guardarla negli occhi, quegli occhi che erano pieni di lui.

La osservò mentre cercava una tuta tra le sue cose, ammirandone la curva della schiena e le lunghe gambe. La vide coprire il suo corpo e gliene fu grato, non sapeva quanto sarebbe riuscito a resisterle ancora.

- Non vedo l’ora che tutto questo sia finito, che Connor sia solo un ricordo, che noi possiamo finalmente vivere in pace, tutti insieme, con Joy. - Si sfogò Kate cercando ancora l’abbraccio protettivo di Rick.

- Lo voglio anche io. Ma adesso ci vuole qualcosa che ti riscaldi e tiri su il tuo pessimo umore che ti fa vedere tutto nero. - Le sorrise

- E scommetto che tu hai proprio quello che mi serve, vero? - Sorrise a sua volta non resistendogli.

- Oh, io ho molte cose che potrebbero servirti, ma… - Le mise un indice sulle labbra prima che potesse fare qualche battuta sconveniente - … in questo caso ho una cosa in particolare.

- Sarebbe?

- Cioccolata calda. Con tanta, tanta panna. - Annunciò soddisfatto.

- Ne sei convinto?

- Convintissimo. Ti fidi?

La portò con sé in cucina dove seduta su uno sgabello lo guardò preparare attentamente due tazze di cioccolata densa e dal profumo intenso e poi prendere dal frigo la sua amata e immancabile panna spray ricoprendo le tazze fin oltre i bordi, creando due riccioli sopra il tutto. Beckett rise scuotendo la testa quando Rick se ne spruzzò una generosa dose direttamente in bocca impiastricciandosi tutto per mangiarla. Era peggio di un bambino quando voleva, ma trovava sempre il modo per farla ridere.

- Visto? Non l’hai ancora mangiata e già ti fa stare meglio! - Si vantò appena ripulitosi.

Poi presero le due tazze e andarono sul divano, dove si adagiarono abbracciati, coperti da un caldo plaid. Aveva ragione lui, pensò Kate appoggiata con la testa sulla spalla di Rick, quello era esattamente ciò di cui aveva bisogno quella sera. Bevve un po’ della sua cioccolata sporcandosi il bordo delle labbra con quella e con la panna. Guardò Castle ed era sporco proprio come lei. Si scambiarono un bacio dolce più degli altri ed ognuno pulì le labbra dell’altro a modo suo e passarono il resto della serata a bere cioccolata, scambiarsi baci e pulirsi le labbra.

   
 
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