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Autore: MonicaX1974    23/10/2017    2 recensioni
Harry e Chloe.
Lui deluso dalla vita, lei con un immenso dolore nel cuore.
Lui pensa solo a divertirsi, lei cerca di ritrovare la speranza.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Almeno stasera, potevi mettere un vestito!" La voce di Kurt ha il suono del rimprovero, ma a me fa solo ridere.

"Chloe non c'è niente da ridere. È il tuo compleanno cavoli!" Anche Hazel mi sta rimproverando, ma non voglio dare retta ai miei due amici che sembrano troppo perfezionisti in questo momento. Stasera voglio solo divertirmi. La mia migliore amica ha ragione, è il mio compleanno e niente potrà rovinarlo.

"Kurt pensa a guidare questo catorcio, Dylan ci sta già aspettando." Mi ha mandato un messaggio cinque minuti fa dicendomi che lui è già arrivato. Rido ancora mentre cerco di ribattere alle battutine del mio amico castano sul mio abbigliamento.

"La mia macchina non è un catorcio, e immagino che Dylan sarà molto più elegante di te." Kurt ha questa fissa dei vestiti abbinati o alla moda, mentre io no, e Hazel gli dà sempre corda. Sono sempre coalizzati contro di me su questo argomento.

Seduta sul sedile posteriore dell'auto di Kurt, prendo in mano il cellulare cercando un po' di sostegno nel ragazzo che ci sta aspettando al locale.

Era meglio se passavi tu a prendermi

Voglio un bene dell'anima ai miei due migliori amici, ma stasera sembra vogliano farmi impazzire.

Kurt o Hazel?

Rido quando leggo la sua risposta. Starà sicuramente immaginando che uno dei due mi stia facendo la ramanzina su qualcosa di notevolmente importante.

Entrambi

Hanno organizzato loro questa serata, non so assolutamente cosa mi aspetta e sono curiosa e impaziente di scoprirlo. Spero solo che non serva davvero l'abito elegante, perché ero sicura che sarebbe stata una serata tra amici. È il mio compleanno, è vero, ma le uniche persone con cui voglio stare sono loro, nessun altro.

Metto di nuovo in tasca il cellulare mentre Kurt sta parcheggiando senza smettere di lamentarsi su quanto io sia di poca compagnia. Il telefono vibra ancora, ma ormai siamo arrivati. Il messaggio è sicuramente di Dylan, che vedo intento ad osservare il suo cellulare mentre entro nel pub seguita dai miei due amici. Lui alza lo sguardo su di me, come se si sentisse osservato, e il sorriso che gli compare sul viso mi riempie il cuore di gioia. Amo vederlo sorridere, soprattutto se sono io la causa del suo sorriso. Lo raggiungiamo al tavolo sul quale vedo già quattro bicchieri contenenti presumibilmente birra, o almeno lo spero, stasera voglio divertirmi.

Ci sediamo tutti, e quando lo guardo da vicino riesco a vedere quanto sia ancora più bello del solito stasera. I capelli tirati verso l'alto, la barba leggermente lunga e una luce diversa negli occhi mi fanno credere di aver fatto la scelta giusta. Lui è decisamente la scelta giusta. Lo è quando mi guarda, quando mi sorride, quando mi sostiene, quando mi sprona a migliorare, quando mi parla del futuro e lo è anche quando mi prende per mano, come adesso ed io non posso che essere più che felice di passare la serata del mio compleanno qui con loro.

"Ragazzi, questi li offre la casa." Ryan appoggia altri quattro bicchieri sul tavolo, poi rivolge il suo sguardo verso di me. "Ma non credere che vi permetterò di esagerare solo perché è il tuo compleanno." Poi si avvicina a me, mi dà un bacio in fronte e si allontana sorridendo. Ryan non è il nostro barista, Ryan è un amico.

La serata sta andando alla grande. Non ho mai riso così tanto. Era da tempo che non mi divertivo come oggi e sono contenta di aver lasciato loro a organizzare tutto perché io mi sto godendo solo i lati positivi.

Sentiamo poi arrivare la musica dal piano bar. Ryan sta suonando per me, ed io sto diventando rossa come un pomodoro. So che è per me perché sa quanto amo quella canzone, City of stars. Quando poi sento la sua voce e quella di Emma, le mie lacrime scendono ormai libere sul mio viso, l'emozione che provo in questo momento è incontenibile, e l'unico sollievo è stringere la mano di Dylan.

Non avrei potuto desiderare di conoscere persone migliori di quelle che sono qui con me a festeggiare il mio compleanno. Questa sera la ricorderò per sempre.

"Vieni con me." Dylan mi tiene ancora per mano e mi tira in piedi con lui, costringendomi a seguirlo fino al piccolo palco dove fino a pochi minuti fa c'erano Emma e Ryan, e appena capisco quello che vuole fare, punto i piedi come una bambina piccola che fa i capricci.

"No." Lo guardo seria. "Non lo farò." Lui sorride con aria furba continuando a trascinarmi.

"Noi lo faremo, insieme. Ti voglio al mio fianco." Siamo ormai arrivati fino al microfono. Lo guardo scegliere con attenzione il brano da far partire, poi si volta verso di me tornando a stringere la mia mano che aveva lasciato poco fa, e quando la musica parte sento che tutto sparisce, tranne io e lui.

So lately, been wondering

Who will be there to take my place.

When I'm gone, you'll need love

To light the shadows on your face.

If a great wave shall fall and fall upon us all,

Then between the sand and stone,

Could you make it on your own?

Sto facendo fatica a respirare, sento gli occhi lucidi. Dylan non ha smesso un secondo di guardarmi negli occhi ed io mi sento su un altro pianeta. Non riesco nemmeno ad immaginare la vita senza di lui.

If I could, then I would,

I'll go wherever you will go,

Way up high or down low,

I'll go wherever you will go.

La sua voce continua a risuonare in tutto il locale arrivando dritta dritta al mio cuore.

And maybe, I'll find out

A way to make it back someday,

To watch you, to guide you

Through the darkest of your days.

If a great wave shall fall and fall upon us all

Then I hope there's someone out there

Who can bring me back to you.

Non per quanto ancora reggerò. La mano destra è stretta nella sua, la sinistra davanti alla mia bocca come se così facendo riuscissi a trattenermi dal piangere, ma non so per quanto ancora riuscirò a farlo.

Run away with my heart,

Run away with my hope,

Run away with my love.

I know now, just quite how,

My life and love might still go on.

In your heart, in your mind.

I'll stay with you for all of time.

Improvvisamente mi alzo di scatto ritrovandomi seduta sul mio letto, completamente sudata, con il cuore che batte troppo forte nel mio petto. Sto piangendo. Sto singhiozzando senza riuscire a fermarmi. D'improvviso si apre la porta della mia stanza e vedo Rebekah raggiungermi di corsa, sedendosi sul letto accanto a me con un'aria davvero preoccupata.

"Chloe che succede?" Mia sorella è spaventata, ma io non riesco a parlare. Il pianto non si ferma. "Vado a prenderti dell'acqua." Si alza ed io continuo a piangere, fissando il vuoto con un dolore devastante al petto. Le immagini di quella sera continuano a passarmi davanti, ed io non riesco a fermarle.

Rebekah è tornata nella mia camera con passi cauti senza smettere di guardarmi. Posa l'acqua sul mio comodino, poi mi prende tra le sue braccia e a quel punto il pianto esplode in disperazione. Mi lascio andare tra le sue braccia come non ho mai fatto prima. Mia sorella continua ad accarezzarmi teneramente la testa mentre io sto buttando fuori il mio dolore.

"Sfogati Chloe, ci sono io con te." Le mie lacrime seguono le sue parole e continuano a scendere inarrestabili. Continuo a piangere tra le braccia di Rebekah che mi accarezza la schiena per confortarmi. Tutto questo per un tempo che non so quantificare, ma dev'essere stato molto a lungo, perché mi sto risvegliando da sola nel mio letto. Non c'è traccia di mia sorella, mi volto, e il bicchiere d'acqua è ancora sul mio comodino, e vedo un biglietto appoggiato contro il bicchiere.

Sono andata al lavoro, 
chiamami quando ti svegli.

Devo averla fatta spaventare stanotte. Quel sogno sembrava così reale. Mi sentivo come se stessi rivivendo quella sera. Riuscivo a sentire le risate dei miei amici, la voce di Ryan che cantava, e tutte le sensazioni che provavo insieme a Dylan. Il mio Dylan.

Mi strofino entrambe le mani sul viso rimanendo sdraiata a pancia in su nel letto. Poi mi giro verso l'altro comodino, prendo il cellulare per guardare l'ora.

8:27 a.m.

Aspetterò ancora un po' a chiamare Rebekah, non è uscita da molto di casa. Quando mi metto in piedi sento la stanchezza tutta in una volta, poi decido di andare in bagno per darmi una rinfrescata. Mi sento spossata e senza forze. Trascino i piedi fino al lavandino e, una volta davanti allo specchio, riesco a vedere i miei occhi esageratamente gonfi. Devo essermi addormentata mentre piangevo, perché non ricordo che mia sorella se ne sia andata.

È stata la prima volta che mi sono lasciata andare in quel modo. Appoggio entrambe le mani ai bordi del lavandino e continuo a fissarmi allo specchio ripensando al sogno di stanotte. Guardo la catenina penzolare dal mio collo e penso che, forse, se non fosse stato per il mio compleanno, Dylan sarebbe ancora qui.

Era tanto tempo che non sognavo di lui, forse quel sogno è ritornato a causa di Dylan numero due. Gli somiglia come se fosse suo fratello gemello, e la cosa più assurda è che ha il suo stesso nome. Io non so se sia un brutto scherzo del destino, se sia una prova a cui qualche forza misteriosa mi sta sottoponendo, o se sia lui che, come ha detto nella canzone che mi ha cantato quella sera, sarà sempre con me.

Asciugo un'altra lacrima che scende solitaria sul mio viso, apro poi l'acqua fredda per sciacquarmi e fermare un'altra crisi di pianto che sento sta per arrivare. Non voglio piangere, non voglio pensare, devo concentrarmi su qualcos'altro perché non so se sono in grado di far affiorare questo dolore e affrontarlo. Fra poco più di un'ora ho il colloquio all'agenzia di lavoro e voglio affrontarlo nel migliore dei modi.

Mi lavo e mi vesto con attenzione, una volta pronta scendo in cucina per il mio caffè. Mangerò qualcosa per strada, ora come ora ho lo stomaco completamente chiuso e non riuscirei a mandare giù niente. Recupero la borsa, il telefono e le chiavi di casa per poi uscire e recarmi al mio colloquio di lavoro. Prendo la metro anche se sono un paio di fermate perché non voglio rischiare di perdermi o fare tardi. Ho bisogno di questo lavoro, e non voglio che qualcosa possa andare storto.

Una volta arrivata a destinazione, mando un messaggio a mia sorella, dicendole che la chiamerò appena avrò finito, poi stringo per un attimo il piccolo cigno appeso al collo e varco la soglia dell'ufficio in cui sono stata inviata dalla signora dai capelli rossi alla reception. L'ambiente è piccolo ed essenziale. Una libreria alla mia destra, due sedie posizionate di fronte alla scrivania situata alle spalle di una piccola finestra. Alla mia sinistra una piccola pianta ornamentale che ho l'impressione sia finta, ma non faccio in tempo ad appurarlo perché l'uomo dai capelli castani, vestito con un elegante completo grigio, seduto di fronte a me, si alza venendomi incontro.

"Buongiorno signorina Stewart, mi chiamo Harvey Specter." Allunga una mano nella mia direzione e mi affretto a stringerla. La sua stretta è forte e decisa, ed è, senza ombra di dubbio, un gran bell'uomo. "Si sieda." 
Mi fa cenno di prendere posto in una delle due sedie e lui fa lo stesso, sedendosi accanto a me e non dietro alla sua scrivania. Lo guardo con attenzione. La stessa attenzione che lui sta usando per leggere quella che credo sia la mia scheda personale. "Che cosa l'ha spinta a decidere di intraprendere la carriera di traduttrice?"

La sua domanda mi coglie un po' di sorpresa. Solitamente, come prima cosa, chiedono i titoli di studio, quella che mi ha appena fatto, è una delle ultime domande durante un colloquio.

"Fin da bambina, avevo una grande passione per le lingue. Ho sempre chiesto ai miei genitori di farmi frequentare corsi di lingua straniera extra scolastici. Negli anni, quella passione non ha fatto altro che aumentare, e per poter mettere in pratica tutto quello per cui ho studiato, ho pensato che la traduzione fosse la scelta ideale." Segue con attenzione ogni mia parola mentre accavalla le gambe.

"E perché dovrei assumerla?" Posa la cartellina che teneva in mano, sulla scrivania, senza quasi guardarla, e mi scruta con attenzione. Sento che dalla mia risposta dipenderà l'esito del colloquio.

"Mi dia un incarico, e lo svolgerò al meglio in breve tempo." Mi mostro decisa e sicura del fatto mio.

"¿Cómo trabaja usted bajo presión?" Non so se dare priorità al significato letterale della sua domanda, o alla domanda stessa, ma poi ho un'idea.

"Arbeiten hart." Lui si alza in piedi, abbottonando il primo bottone della sua giacca e sorridendomi. Poi fa il giro della scrivania, prende un piccolo fascicolo e lo fa scivolare verso di me.

"Qui non si fanno prove. Le cose si fanno e basta. Questo è il suo primo lavoro, lo voglio sulla mia scrivania entro una settimana." Mi guarda serio, ma sento che dietro questo suo aspetto da burbero, ci sia molto di più. "E lasci tutti i suoi recapiti alla mia segretaria." La sua espressione conferma ciò che ho appena pensato.

Prendo il fascicolo e lo saluto prima di uscire dal suo ufficio. Ho ottenuto il lavoro e non vedo l'ora di dirlo a mia sorella. Una volta fuori dall'edificio la chiamo subito sperando di non disturbarla.

"Ehi, ciao." Risponde al primo squillo, come se non aspettasse altro che la mia chiamata.

"Ciao." Il suo tono di voce sembra ancora preoccupato.

"Com'è andato il colloquio?" Sorrido anche se non può vedermi mentre cammino sul marciapiede senza una meta.

"Ho il mio primo lavoro di traduzione proprio in borsa." Sento un piccolo urlo provenire dall'altro capo del telefono.

"Chloe è magnifico! Dobbiamo festeggiare!" Non ne ho alcuna intenzione, non mi sento dell'umore adatto, ma non voglio dirle no, soprattutto dopo stanotte, e la lascio continuare senza interromperla. "Passa da me che pranziamo insieme." Mi fermo per un attimo riflettendo su quello che mi ha appena detto.

Se vado da lei rischio di incontrarlo di nuovo, se non ci vado lei capisce che non sto bene e si preoccuperà ancora di più. A questo punto ho una sola possibilità di scelta. "Per che ora?" Sento che sta sorridendo, lo capisco dal modo in cui mi risponde.

"Facciamo tra un paio d'ore." È evidentemente contenta di vedermi. Stanotte dev'essere stata dura per lei vedermi in quelle condizione e non poter fare niente. L'ultima immagine che ha nella testa di noi due insieme, sono io che piango fino ad esserne esausta. Non proprio qualcosa che la rende tranquilla.

"D'accordo, faccio un giro e arrivo." Mi saluta con entusiasmo prima di riagganciare, mentre io mi dedico a passare questo tempo nel modo più leggero possibile, senza pensieri che possano riportarmi indietro.

Trovo una panchina posizionata in una zona abbastanza tranquilla, e decido di sedermi per dare uno sguardo al lavoro che dovrò svolgere in questi giorni. Si tratta di un libro per bambini, sono piccole storie. L'appunto sul post-it dietro la prima pagina dice tradurre da inglese a spagnolo. Sono un centinaio di pagine, su alcune ci sono dei disegni che raffigurano la storia, quindi non dovrei avere problemi a finirlo in tempo.

Sfogliando queste pagine, mi sono talmente concentrata su quello che dovrò fare, che non mi sono accorta di quanto tempo sia già passato. È già ora di andare da mia sorella se non voglio arrivare in ritardo. Qualche fermata di metro, e dopo un breve tragitto a piedi, sono sotto l'edificio che ospita la HS Financial Services. Mando un messaggio a Rebekah, la quale mi risponde che sta finendo un lavoro, e che dovrei salire da lei.

Faccio un gran sospiro prima di entrare, poi mi avvicino all'ascensore passando inosservata alla signorina bionda alla reception, e aspetto dato che è occupato. Quando le porte si aprono, salgo dopo che sono scesi due uomini nei loro completi eleganti, e premo il pulsante rimanendo ferma immobile vicino alle porte. Durante tutta la salita non faccio altro che sperare di non incontrarlo, continuando a ripetermi mentalmente che non è detto che accada per forza.

Il ding dell'ascensore, mi avvisa che sono arrivata al piano, e quando si aprono le porte, ogni mia speranza viene spazzata via in un attimo.

Dylan è proprio qui, davanti a me, e quando alza lo sguardo nella mia direzione, mi si ferma il respiro. Le immagini del sogno di stanotte sono ancora troppo vivide nella mia mente. Quelle immagini che fanno riaffiorare i ricordi ancora troppo dolorosi per poter essere affrontati davanti a chiunque, ma soprattutto davanti a lui.

"Ciao Chloe." È sempre così sorridente e allegro, mentre io fatico a guardarlo in faccia.

"Ciao... sai dove posso trovare Rebekah?" Non appena esco dall'ascensore, lo supero dirigendomi verso il corridoio.

"La trovi alla sua scrivania, da quella parte." Mi indica la direzione da prendere. "Va tutto bene?" Sento il suo sguardo su di me, mentre io guardo ovunque tranne che lui.

"Sì, tutto bene... scusa, ma ora devo andare." Sono stata fredda e scortese. Mi allontano lasciandolo lì senza nemmeno salutarlo. Non meritava questo comportamento da parte mia, ma oggi proprio non riesco a stargli vicino.

Harry's P.o.V.

Sono in piedi nell'ufficio di Bart, o Alan, o Alfred, o come diavolo si chiama, mentre lui continua a parlare, e parlare, e parlare da un tempo infinito, mentre la mia testa  ciondola per la noia che mi sta frantumando il cervello. Se non fosse che mio padre mi obbliga ad ascoltare i problemi dei dipendenti, a quest'ora me ne sarei già andato, ma ad un tratto noto dei movimenti vicino agli ascensori. Mi volto del tutto in quella direzione mentre il riccio biondo continua il suo monologo, e osservo quello che sta succedendo.

Dall'ascensore è appena uscita Chloe e sta parlando con Dylan, ma lei sembra infastidita dalla sua presenza, e lui sembra rimanerci male quando lei si allontana. A quanto pare non fa l'antipatica solo con me. Voglio scoprire cosa è appena successo tra loro ed esco dall'ufficio in cui mi trovo, in tutta fretta.

"Ma signor Styles, non ho ancora finito." Il tono lamentoso di Alan mi infastidisce.

"Io credo di sì Alfred." Mi incammino nella direzione in cui è andata Chloe mentre sento ancora parlare dietro di me.

"Mi chiamo Albert!" Urla ancora quando sono ormai lontano per rispondergli.

Cammino a passo svelto lungo il corridoio chiedendomi perché mai mi interessi tanto sapere quello che è appena successo davanti agli ascensori, ma subito vengo interrotto da... Merda, non so come si chiama nemmeno quest'altro!

"Signor Styles buongiorno, volevo chiederle se c'è qualcosa che posso fare per lei." È un ragazzo giovane che ovviamente non conosco e di cui ovviamente non ricordo il nome.

"Beh Alan..." Ma lui mi interrompe subito.

"Veramente mi chiamo Aaron." Lo guardo serio per qualche secondo.

"Credo che questo dica tutto." Mi allontano lasciandolo fermo a guardarmi. Non ho tempo per lui in questo momento, credo di non avere tempo per lui mai.

Continuo a camminare. Non mi era mai sembrato così lungo questo corridoio, e quando arrivo alla scrivania di Rebekah non trovo nessuno, né lei né Chloe. Mi guardo intorno e imbocco l'altro corridoio, forse l'acidina si è persa.

Rido a quel pensiero, e rido ancora di più quando la vedo che sta per bussare ad una porta chiusa, e quando le sono vicino scoppio a ridere senza riuscire a trattenermi.

"Che diavolo hai da ridere?" Lei si volta a guardarmi senza capire cosa stia succedendo.

"La scrivania di tua sorella non la troverai nello sgabuzzino." Lei mi guarda con aria confusa poi torna a guardare la porta e di nuovo me. A quel punto mi avvicino, apro la porta per mostrarle che all'interno ci sono solamente gli attrezzi per le pulizie.

È in evidente imbarazzo perché sulle sue guance compare una leggera sfumatura di rosso. La sua espressione confusa, per un attimo mi fa tenerezza perché per la prima volta la vedo in difficoltà. 

"Scusa, devo aver capito male le indicazioni che mi hanno dato." È successo qualcosa, ora ne sono sicuro perché non mi avrebbe mai chiesto scusa, e avrebbe usato qualche battutina per rispondere a tono.

"Vuoi che ti accompagni da tua sorella?" Lei annuisce senza dire niente e camminiamo entrambi in silenzio. Improvvisamente non ho più voglia di punzecchiarla.

Una volta arrivati alla scrivania di Rebekah, la troviamo intenta a rispondere al telefono, ma sembra non riuscire a gestirla.

"Mi scusi, ma proprio non riesco a capirla, io parlo solo inglese." Alza il suo sguardo su me e Chloe. Il suo sguardo è una chiara richiesta di aiuto.

"Che succede?" Le chiedo, mentre lei non fa che guardare sua sorella ancora al mio fianco.

"C'è questo tizio... ma io non lo capisco..." Cerco di interpretare lo sguardo che si stanno scambiando, ma proprio non ci riesco.

"Che lingua parla?" Bisbiglia Chloe verso sua sorella.

"Credo sia spagnolo." Chloe fa cenno a Rebekah di passarle la cornetta, mentre io resto in silenzio ad assistere alla scena.

"Con quién hablo?" Guardo Chloe mentre risponde al telefono e resto sorpreso del suo spagnolo. "Un momento, por favor." Posa la mano sulla cornetta e mi guarda. "Dice di essere il signor Hernandez, che aveva un appuntamento con te la settimana prossima, ma è costretto a rimandarlo." Alzo gli occhi al cielo per la seccatura, poi mi rivolgo a Rebekah.

"Puoi controllare gli impegni della settimana prossima?" Lei sfoglia l'agenda mentre io non riesco a non lanciare un'altra occhiata a sua sorella.

"Andrebbe bene giovedì nel pomeriggio." Annuisco nella sua direzione, e Chloe riprende a parlare.

"Jueves por la tarde... hasta luego." Riaggancia mostrando il suo sorriso soddisfatto verso sua sorella, la quale ricambia. "Il signor Hernandez ha confermato l'appuntamento per giovedì nel pomeriggio." Sentirla parlare spagnolo mi è piaciuto fin troppo. Mi chiedo se sappia parlare altre lingue.

"Chloe è stata una fortuna che fossi qui. La nostra interprete ha preso qualche giorno, e la telefonata di oggi del signor Hernandez, non era prevista. Grazie." Rebekah sorride sinceramente a sua sorella, ed entrambe si voltano a guardarmi, credo si aspettino un ringraziamento anche da parte mia.

"Sì, bene, io devo andare." Sento i loro occhi su di me mentre mi allontano. So che si aspettavano di più da me, ma io non sono così. Non ho chiesto io a Chloe di prendere quella chiamata, e non capisco perché mi stia sentendo così a disagio. Devo fare qualcosa per far sparire questa fastidiosa sensazione e so esattamente cosa mi serve.

Mi dirigo verso l'ascensore, una volta dentro premo il pulsante del piano terra. Arrivato fuori dall'edificio chiamo un taxi e do l'indirizzo della mia destinazione. Mentre sono seduto nel sedile posteriore, prendo il mio cellulare dalla tasca per avvisare Dylan che me ne sono andato.

"Dimmi." Risponde al secondo squillo.

"Ascolta sono dovuto uscire, coprimi tu." Sento un sospiro dall'altro capo del telefono.

"Che novità! Per quanto starai via?" Lo immagino mentre alza gli occhi al cielo.

"Domani mattina?" Ormai sono fuori e non ho voglia di rientrare.

"Fanculo Styles, mi devi un aumento!" Me lo dice sempre, ma non gliel'ho mai dato, anche se so che lo meriterebbe per tutto quello che fa.

"A domani." Chiudo la comunicazione senza dargli la possibilità di ribattere. Sono un pessimo capo e un pessimo amico.

Il taxi non impiega molto ad arrivare. Pago e scendo. Entro nell'ascensore dell'edificio, premo il pulsante dell'undicesimo piano sperando di trovarlo a casa, e continuo a cercare di pensare al motivo reale per cui sono venuto qui da lui, ma non riesco a tradurlo in parole.

Una volta arrivato al piano, busso alla porta del suo appartamento e mi ritrovo a contare i secondi fino a che non vedo la porta aprirsi.

"Non dovresti essere al lavoro?" Mi dice una volta che ha aperto la porta. Non gli rispondo ed entro in casa sua senza essere stato invitato a farlo.

"Anche tu, ma sei a casa..." Chiude la porta alzando gli occhi al cielo.

"Il mio permesso è autorizzato, puoi dire lo stesso del tuo?" Ascolto le sue parole mentre mi siedo poco educatamente sul suo divano.

"Perché non ti fai autorizzare anche una gita alla spa?" Alza gli occhi al cielo, poi si siede di fronte a me.

"Harry che succede?" Posa i gomiti sulle ginocchia mantenendo i suoi occhi verdi fissi nei miei.

"Cosa deve succedere? Non posso venire a trovare mio fratello?" Che scusa di merda che ho! E, per quanto mi sforzi, non riesco a trovarne di migliori.

"Le tue visite non sono mai disinteressate. Ogni volta che sei passato a trovarmi avevi bisogno di qualcosa." Oltre ad essere un pessimo capo e un pessimo amico, sono anche un pessimo fratello.

"Non stavolta Jordan." Continua a guardarmi e ovviamente non è convinto di quello che ho appena detto. Devo trovare qualcosa di convincente da dirgli.

"E quindi perché sei qui?"

"Jordan sono passato a trovarti, ma se vuoi continuare con quest'interrogatorio del cazzo me ne posso anche andare subito." Faccio per alzarmi, ma le sue parole mi bloccano.

"Lei chi è?" Sento di essere sbiancato.

"Cosa?" Improvvisamente mi sento a disagio su questo divano.

"È troppo presto perché tu sia passato per una birra e di sicuro non sei qui per parlare di lavoro, perché non lo fai nemmeno in ufficio, figuriamoci se vieni a casa mia per farlo. Non si tratta nemmeno di papà perché saresti entrato insultandolo e non ti vedo così agitato da... so che non posso nominarla, ma sai a chi mi riferisco." Su questo ha ragione, non voglio sentirla nominare mai più quella.

"Ti metti a fare lo psicologo ora? Non ti basta fare il vice presidente dell'azienda di famiglia?" Mi sento come se fossi seduto su un milione di spilli. Riesce sempre a farmi innervosire, ma è anche l'unico che sa come prendermi.

"Harry sono più grande di te, e ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso. Si tratta di una donna." Ora la sua non è più una domanda, ma un'affermazione.

"Non so di cosa tu stia parlando." Ero venuto da lui per far sparire quella stupida sensazione che mi aveva preso allo stomaco dopo la telefonata con quel cliente, e invece mi sento più nervoso di prima.

"Se non vuoi parlare, ci resta una sola cosa da fare." Mi guarda con il suo sorriso furbo. Alla fine sapevo di non sbagliare a venire da mio fratello.

Si alza dalla poltrona su cui è seduto, e lo guardo andare in camera sua. Ne esce un paio di minuti dopo con due borsoni. Uno dei due è mio, lo lascio sempre qui per le occasioni come questa.

"Andiamo?" Mi dice poi avvicinandosi alla porta.

"Andiamo." Mi alzo, lo seguo, e so che le cose andranno meglio adesso che sono con mio fratello.

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SPAZIO ME

In questo capitolo scopriamo qualcosa di più sul passato di Chloe,
qualcosa che l'ha sconvolta e continua a tormentarla. Sta cercando di reagire, ma ha ancora qualche difficoltà.

Harry ha i suoi momenti, che sono quasi sempre no.
Nello scambio di battute con suo fratello c'è una cosa in particolare a cui entrambi accennano
e che riguarda un particolare importante nel passato di Harry.

Nel prossimo capitolo Chloe e Harry avranno una nuova occasione per avvicinarsi, la sapranno sfruttare?

Eeeee niente, buona lettura.

 
   
 
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