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Autore: zellnh    23/10/2017    2 recensioni
Chris ha quasi trent'anni, una lunga lista di conquiste alle spalle, e una vita che pare gli vada più che bene.
Un passato di più di dieci anni prima non sembra pensarla allo stesso modo.
[Pinto • dad!Zach • homophobic contents • 15.7k]
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Chris Pine, Karl Urban, Nuovo personaggio, Zachary Quinto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Scusarmi è troppo poco, lo so.

Dato che l'ultima minaccia risale a ieri (da una pericolosissima gangster stile anni '20, vorrei precisare), ho deciso che era davvero il caso di mettere le mani su quest'ultima parte e postarla una volta per tutte. A mia discolpa posso dire che non credevo fosse passato già un mese e più. Che ci volete fare.

Ovviamente il capitolo farà schifo per le prime settimane, ossia finché MartaSaru (che non solo è una bravissima beta ma disegna pure e ha una bellissima calligrafia - sul serio, smettila di essere così perfetta) non lo beterà. Lei è puntualissima, poverina. Sono io che faccio ritardo cronico. Argh.

Anyway, ciancio alle bande e ci si becca sotto.

 

 

 

II

 

Eravamo insieme;

tutto il resto del tempo l'ho scordato.

― Walt Whitman

 

Disclaimer!

 


« Il Pi greco è un numero irrazionale, ossia non può essere scritto come quoziente di due interi. Era stato dimostrato nel 1761 da Johann Heinrich Lambert… »

Chris stava cercando di ascoltare, davvero, ma forse si era perso tra il Teorema di Pitagora -o di chiunque fosse- e quello che Zachary stava dicendo in quel momento, chi lo sa.

Sta di fatto che era sicuro che a fine spiegazione, quando inevitabilmente Zach gli avrebbe chiesto se aveva capito, lui avrebbe piagnucolato irritato qualche scusa e gli avrebbe pregato di ripetere daccapo, e Zach l'avrebbe rifatto, perché erano alla terza settimana e lui l'aveva fatto ogni singolo giorno, senza mai arrabbiarsi.

Be', non tanto.

« ... e non è un numero algebrico, quindi è un numero trascendentale che- Chris »

Oh, forse stavolta si era arrabbiato.

Chris cacciò immediatamente indietro lo sbadiglio che era sull'orlo di uscire e si raddrizzò sulla sedia, mantenendo un'arIa composta. « Dimmi »

Zachary inarcò un sopracciglio: « Qual è il Pi greco? »

« Che cosa usi per far stare dritti i tuoi capelli? »

« Chris! Non ci stai nemmeno provando! Finirai per non passare, se continui così »

Chris sentì il peso di quell'affermazione dritto come un macigno nello stomaco, e emise un suono strozzato, buttandosi nel letto a faccia in giù e coprendosi la testa nel cuscino.

Sentì un sospiro e una sedia spostarsi, e all'improvviso il materasso si abbassò, segno che Zach si era intenerito un'altra volta. Il cuscino sparì velocemente da sopra la sua testa, e al suo posto si posò una mano, le dita che si facevano strada tra i capelli.

Chris trattenne un mugugno soddisfatto, ma sospirò contento.

« Non credere che sia finita così! » lo avvertì Zachary, senza smettere però di pettinarlo. « Abbiamo ancora un altro capitolo da fare, ma non è nemmeno così lontanamente noioso come il Pi greco » lo rassicurò, scendendo con le dita verso la nuca e le spalle.

« Ma per te il Pi greco non è noioso, quindi non puoi determinare tu quanto un altro capitolo lo sia- oh, cazzo » gemette, non appena Zachary premette un punto vicino alla scapola.

« Ti fa male? » mormorò Zachary, e un cenno di affermazione da parte dell'altro, gli alzò la maglietta fino alla zona interessata e massaggiò più forte, scatenandogli una serie di imprecazioni.

« Vuoi uccidermi? » sibilò Chris, cercando di trattenere le lacrime.

« È inutile che prem dove non ti fa male. I massaggi non sono sempre piacevoli. E tu dovresti andare a fartene fare uno, dato che hai la schiena che sembra una tavoletta di legno » lo rimproverò Zachary. « La tensione muscolare causa anche disattenzione dallo studio e dal lavoro, lo sai? »

« Non credo che la tensione muscolare c'entri qualcosa con la mia distrazione in matematica, Zachary » ridacchiò, bloccandosi di nuovo quando l'altro premette nel punto dolente, ma-

« Non ti fa più così male, vero? »

Chris boccheggiò, allibito. « A cosa mi serve andare da uno esperto se ci sei tu? Cristo, siano benedette le tue mani » sospirò, per poi rimanere in silenzio e godersi il momento. Almeno finché Zachary non rallentò i movimenti fino a fermarsi del tutto, alzandosi malvolentieri e abbassandosi la maglietta, non potendo fare a meno di arrossire leggermente nel notare lo sguardo di Zachary fisso in un punto che-

« Oh. Oddio, scusa, io- »

« Non importa. Le erezioni sono sintomo di benessere, sono contento che tu ne possa avere una per così poco »

Chris si trattese dal nascondersi la faccia sotto le mani, indeciso se ridere, piangere, o ritenerlo un insulto alla sua resistenza.

« Scusa » ripeté alla fine, ma Zachary scosse la testa con fare indifferente. « Non importa. Se mi metto a parlare dei numeri trascendentali ti sparisce in meno di tre minuti, vedrai »

« Oddio, no » sbuffò, lasciandosi andare nella sedia e sentendo la noia risalire pericolosamente.

« Questo progetto va finito prima del ballo, Chris. A proposito, con chi ci vai? »

Chris fece una smorfia: « Non lo so. Contavo di andarci con Susan, ma dopo quello che è successo non penso voglia più vedermi. E io non credo di essere interessato a nessuna che- »

« Potresti venire con me» buttò lì Zachary, e Chris rimase spaesato per un attimo. « Non ho voglia di invitare nessuno, odio i balli » continuò l'altro, « ma è una giornata diversa. Perciò possiamo andarci insieme, e non dobbiamo metterci nemmeno l'abito ».

« Oh. Certo, perché no? Mi sembra... mi sembra una buona idea » annuì Chris, sorridendo debolmente, cercando di mascherare eccitazione, sollievo e delusione che gli stavano salendo sino alla bocca dello stomaco.

Zachary scrollò le spalle: « Buona? È una mia idea, non tua; è ottima ».



*



« Dobbiamo tornare indietro »

« Cosa?! Nemmeno per sogno! »

« Chris! Ho dimenticato i fiori nell’andito! »

Chris sogghignò leggermente: « Non importa, Zach. Ti amo ugualmente. Ma grazie del pensiero »

Zachary accennò a una smorfia con il labbro: « Molto divertente, Whitelaw »

« Ehi » ringhiò Chris, cambiando bruscamente direzione, « ti ho detto mille volte che odio quel nome »

Zachary alzò il volume dello stereo: « Scusa, che hai detto? Non sento nulla, c’è la musica troppo alta ».

Chris sbuffò tra l’infastidito e l’esasperato, con l’intenzione di rimanere zitto finché non fossero arrivati a destinazione – senza fiori, comunque.

Almeno sinché Ben non spuntò in mezzo ai loro sedili con un sorrisone: « Whitelaw è il tuo secondo nome? »

« No! » sbottò Chris.

« Sì che lo è » ridacchiò Zachary.

« Ti avverto- » cominciò Chris, ma l’altro scosse la testa, alzando le mani in segno di resa.

« Okay, okay, basta. Non svelerò altri tuoi segreti. Nessuno » sottolineò, poi, e Chris sentì le guance accendersi.

« Io non ho nessun segreto » disse, ed era la verità. O forse no, ma ciò che contava era che Zachary aveva avuto una parte importante nella sua vita, e sapeva cose su di lui che non aveva mai detto a nessun altro. Il ricordo non gli scatenava nulla di piacevole, tuttavia, perciò decise di zittirsi ancora una volta.

« Tranquillo, non li dirò a nessuno » fece Zachary, e il tono amaro che ne uscì appesantì di botto l’aria nell’abitacolo.

Chris lo guardò per un attimo: « Mi fido di te. L’ho sempre fatto »

« È lo stesso per me » annuì Zachary, ma non lo guardò mentre lo disse, e Chris si chiese quanto fosse il suo modo di raccontare una bugia senza tradirsi.

Da dietro arrivò un colpo di tosse: « È una di quelle conversazioni per cui devo tapparmi le orecchie così potete parlare in un modo che non sia in codice? ».

Zachary gli scoccò un’occhiataccia: « Zitto, tu. E allacciati la cintura ».

Chris ebbe come l’impressione che sarebbe stato un viaggio molto lungo.



Aprire il pesante portone ed entrare nel lungo corridoio fu una boccata di infanzia.

Chris avanzò cauto, notando che -come sempre- tutto era tirato a lucido e ordinatamente disposto secondo i piani della madre, tranne per degli scatoloni sotto un tavolo in cristallo.

« Non dirmi che la mamma sta già decorando la casa per Natale! » esclamò più che altro a se stesso, ma fu qualcun altro a rispondergli.

« Nemmeno le gambe fuori uso la fanno star ferma. Dovresti saperlo bene, tu »

Si voltarono tutti, e Katherine Pine era ancora nelle scale, avvolta in un abito color cipria -troppo corto, notò il fratello- e sopra dei tacchi pericolosamente alti, che non le impedirono tuttavia di correre giù per i gradini e saltare addosso a suo fratello.

« Sei venuto davvero » sbottò incredula, la voce ancora soffocata nel suo maglione. « Nessuna ragazza che all’improvviso ha avuto un malore? » aggiunse poi, slegandolo dalla presa e sorridendo furbamente.

« Ci hai provato » commentò Chris. « Giuro che mi sei mancata un sacco. Dov’è la mamma? »

Katherine alzò gli occhi al cielo: « In cucina, a finire di preparare l’impasto per non so cosa. No, non dire nulla » anticipò, di fronte alla faccia interdetta di Chris, « perché ho provato a dirle che avremmo potuto ordinare tutto al Providence, ma- »

A Zachary andò di traverso la saliva, e Chris non poté biasimarlo: « Riesci a fare qualcosa senza spendere migliaia di dollari? » chiese esasperato, ma Katie alzò di spalle.

« Conosco bene il proprietario, e mi avrebbe fatto un pranzo completo per cinquemila dollari al massimo. Come li spendo altrimenti i soldi? » sospirò, senza badare allo sguardo allibito di Zachary. « Comunque, salgo di sopra a fare una chiamata a un mio paziente per annullare la seduta di domani, visto che ho un convegno noiosissimo »

Scrollò le spalle, poi abbassò lo sguardo verso Ben, che la stava osservando evidentemente estasiato:« Vuoi venire con me? Ho un bellissimo cubo di Rubik » gli chiese.

« Non è il caso che ti disturbi- » cominciò Zachary, ma Katie lo fermò con una mano.

« Nessun disturbo, amo i bambini. Perdonami se non mi trattengo, ma sono sicura che avremo occasione di parlare meglio a tavola » disse con un sorriso, poi fece l’occhiolino e risalì le scale, con Ben appresso.

Zachary rimase ammutolito con lo sguardo fisso dove Katie e suo figlio erano appena spariti, e Chris gli concesse dieci secondi per riprendersi dall’immancabile uragano che arrivava quando appariva sua sorella.

« È fantastica » commentò alla fine, quasi distratto, e Chris non poté fare a meno di sentire orgoglio e fastidio allo stesso tempo.

« È mia sorella » si vantò, allungando la mano per prendergli il cappotto, e Zachary gli diede anche la giacca, emettendo un suono che somigliò a un come no.

Poco dopo si ritrovarono in cucina, dove Chris lasciò Zachary alla porta e andò silenziosamente ad abbracciare la madre, che sobbalzò per lo spavento.

« Chris! Vuoi per caso farmi venire un infar- Zachary! » esclamò, stampando un bacio sulla guancia del figlio per poi dirigersi lentamente verso l’altro.

Zachary le andò incontro, squittendo nel sentire la presa della donna su di sé. « Salve, signora. Avevo comprato dei fiori, ma temo siano rimasti a casa » si scusò, e Chris ridacchiò.

« Signora? » s’indignò lei, dandogli una pacca nel braccio. « Guarda che ti ho preparato la merenda un sacco di volte, giovanotto, e ho dovuto combattere un sacco per farmi chiamare per nome. Non farmi ricominciare, per favore, dato che ora ho nemmeno un terzo delle forze che avevo al tempo »

Erano passati quasi quindici anni, e Chris all’improvviso si sentì troppo grande.

Osservò il volto di sua madre, sempre incredibilmente bello ma con qualche ruga, e Zachary… Zachary aveva un bambino. Un bambino che ora stava giocando con sua sorella, che ormai faceva la psicologa.

« Cazzo » esalò, e gli arrivò un colpo sulla nuca.

« Non dire parolacce, specialmente davanti a tua madre » lo rimproverò suo padre, ma lui scrollò le spalle e lo abbracciò, facendogli spazio così che potesse salutare anche Zachary.

« Quanto tempo! Come stai? » chiese Robert, stringendogli la mano. « Vieni, andiamo in cantina a scegliere il vino, e lasciamo chioccia e pulcino a parlare da soli » rise poi, e senza dargli nemmeno il tempo di rispondere, lo trascinò via dalla cucina. « Sai, eravamo convinti che non l’avremmo più rivisto entro i prossimi dieci anni… »

Chris riuscì a intravedere la faccia intimorita di Zachary e scoppiò a ridere, lasciandosi andare sulle mattonelle fresche delle pareti.

« Che entusiasmo » notò Gwynne, tornando alla sua postazione e controllando il forno. « Non ti vedevo così felice dalla volta in cui ti comprai il motorino »

« Sì, ero davvero felice, allora » ricordò Chris.

« Così felice che facesti incidente il giorno stesso. È stata una bella botta » ribatté sua madre, evidentemente cercando di rimanere seria ma senza troppi risultati.

« Una costola incrinata, due dita delle mani rotte, e un taglio nel polpaccio » elencò Chris, nell’esatto ordine in cui la madre glielo aveva detto anni prima. Poi si batté una mano in fronte: « Oh! Presi in pieno il cane del vicino. Quello con cui non andavamo d’accordo » sospirò, facendo ridere la madre ancora più forte.

« Già; non sei mai stato un portento nel guidare qualunque cosa che non fosse un bicicletta. Ma io non devo dire nulla, no? » convenne, indicandosi le gambe.

Calò un silenzio di qualche secondo, riempito solamente dai mestoli contro l’acciaio delle pentole e padelle.

« Mamma- » cominciò Chris, ma Gwynne scosse la testa, bloccandolo.

« So che ti senti in colpa. Lo so perché ogni volta che ne si parla abbassi la testa e ti chiudi in te stesso. Ma non è colpa tua. È capitato. Non è colpa tua » ribadì con forza, avvicinandosi a lui e stringendogli il viso forte.

Chris si perse nel calore delle sue mani e sentì un groppo alla gola crescere a dismisura.

« Se non fossi stato così stupido… » mormorò, respirando a fatica, e sua madre sbuffò.

« Che senso ha continuare a ricordare un incidente? È stato solo questo; un incidente, e starci male per anni non ha senso. Io sto benissimo, Christopher. Sto benissimo, e voglio che anche tu stia bene »

Ma non era così semplice.

Aveva causato danni a più di una persona, e a distanza di anni si chiedeva se la vita degli altri sarebbe stata migliore se lui non ci si fosse messo in mezzo.

Avrebbe voluto una macchina del tempo, per rimediare a tutto ciò che era riuscito a distruggere in qualche attimo, per tornare indietro e mettere apposto le cose che lo avevano reso felice. Tutto quello che contava davvero.



*



Un’ora dopo, si ritrovarono tutti a tavola. O perlomeno, vicini.

Gwynne aveva dichiarato che le due famiglie dovessero assolutamente mischiarsi (frase che aveva scatenato l’ilarità di qualche presente e che per qualche motivo fece arrossire Chris), perciò seguirono ben dieci minuti di discussioni su chi dovesse sedersi vicino a chi. Alla fine Chris si assicurò un posto tra Zachary e Ben, e lì in mezzo si sentì più al sicuro del dovuto.

« Smetti di fissare mia madre. Finirà per lanciarti un coltello » disse piano Zachary, facendolo sussultare.

« Non la sto fissando! Piuttosto, smetti di fissare tu a me » lo rimbeccò, ma sapeva che l’amico aveva ragione.

La signora Quinto era arrivata a casa insieme al figlio, e nonostante le basse aspettative che Chris aveva dell’incontro, lei le aveva riservato un lungo abbraccio. Se con questo pensava di calmarsi, ovviamente si sbagliava di grosso.

Chris si ritrovò a guardarla ogni secondo possibile, in attesa che succedesse un pandemonio e lo accusasse di qualsiasi cosa, per ora invano.

Era snervante.

« Ti fisso perché sei evidente » sbuffò Zachary, allungando la mano e sorridendo a Robert che gli aveva dato uno dei piatti degli antipasti. « E comunque non ha intenzione di dirti nulla, dato che gliel’ho impedito io »

« C-cosa? » balbettò Chris. « Glielo hai impedito? » si sforzò di dire, ignorando il sorriso di Zachary.

« Be’, lei voleva dirti cose belle, ma io le ho detto che non te le meritavi »

« Ehi! » si lamentò lui, dandogli una gomitata.

Zachary alzò solamente un sopracciglio, ma entrambi si offrirono un segno di pace e cominciarono a dedicarsi al cibo e alle altre conversazioni.

« … di cosa ti occupi, Joe? » stava dicendo Gwynne, particolarmente interessata al ragazzo, e Chris non faticava a capire perché; come Zachary aveva ribadito più volte, lui e Joe erano fratelli solo di sangue. Aveva avuto sempre aspirazioni molto meno ambiziose e decisamente più fantasiose del fratello, e Chris lo ricordava come un ribelle pieno di amici che sguazzava tra le ragazze. E mentre lui lo riteneva un idolo da cui prendere esempio, Zachary non smetteva mai di dire quanto fosse un pallone gonfiato. Ridacchiò tra sé e sé al ricordo.

« Faccio il fotografo » rispose semplicemente Joe, sorridendo. « È un lavoro che non paga tanto in denaro, ma restituisce tanto in libertà »

Il grugnito che provenne dal naso di Zachary fu chiaramente udibile a tutti, e Chris si voltò incerto, guardandolo con tanto d’occhi.

« Scusate » disse Zachary con la voce soffocata dal tovagliolo, « continuate pure. Mi è andato qualcosa di traverso »

« Zachary! » sbottò sua madre, ma Joe scosse la testa e il suo sorriso si allargò.

« Ovviamente non è un lavoro che può essere paragonato a quello dello psicologo, o dell’avvocato » disse, accennando al fratello, « ma a me piace, e sono contento di dove sono ora »

« Immagino » rispose Zachary, ormai serio. « Mi piace tutta questa metafora, e sono sicura che quando il tuo padrone di casa ti chiederà il mese, tu potrai pagarlo con due o tre sacchi di libertà »

« A me piace il lavoro dello zio » intervenne Ben. « Incontra un sacco di gente famosa, come Angelina Jolie! »

« Ah, già. La Jolie » ripeté Zachary, enfatizzando le parole del figlio.

Chris si guardò attorno spaesato, incastrato tra lo sguardo disinteressato di Joe e quello pieno di sarcasmo di Zachary. « Cosa mi sono perso? » tentò, ma evidentemente fu un errore, perché sia Margo che Ben alzarono gli occhi al cielo.

« Preparati, Chris » lo avvertì Ben, e Chris aggrottò le sopracciglia confuso.

« Continua a dire di aver incontrato la Jolie… »

« Cosa più che vera, dato che ci sono le foto… »

« … e invece l’ha praticamente solo intravista in un red carpet »

« … non ho mai detto di averci parlato »

« Non riesce nemmeno a pagarsi l’affitto… »

« Non mi pare di aver chiesto soldi a te »

« Infatti li chiedi a mamma »

Chris non ebbe il coraggio di interromperli. Joe sembrava aver perso quel poco di corazza di sicurezza che aveva all’inizio della conversazione, e non ricordava uno Zachary così stizzito da tempo.

« Ti dà fastidio, per caso? » chiese Joe alla fine, posando coltello e forchetta.

Zachary emise un tsk piuttosto forte: « Dovrebbe dare fastidio a te, in realtà. Che a più di trent’anni ti fai campare da tua madre, quando stai investendo da anni i tuoi soldi in qualcosa che è evidentemente un fallimento… »

« Zach- » inspirò forte Chris, afferrandogli un polso.

« Solo perché hai una vita noiosa e un palo nel cu- »

« Ora basta! » esclamò Margo, alzandosi in piedi, tremante di rabbia e delusione.

Chris la imitò in silenzio, tirando la manica della camicia dell’amico e facendogli cenno di seguirlo. Poi guardò Ben: « Rimani un attimo con la nonna, okay? » mormorò, e senza aspettare risposta, partì spedito per il balcone.

« Ma che diavolo ti prende? » sbottò immediatamente dopo aver chiuso la porta. « Davanti a tua madre, e Ben! »

Zachary non rispose e prese posto su di una poltroncina, ma non si mise comodo. Passò una mano sul viso e sospirò. Per un attimo, a Chris parve stesse piangendo, ma quando alzò lo sguardo, l’espressione era dura ma asciutta.

« Mi dispiace. Ho perso totalmente il controllo »

« Ho notato » sorrise incerto Chris, ma il suo tono tradì tutto il nervosismo, e Zachary se ne accorse.

« Dovrai pensare che io sia una persona orribile » disse infatti, ma Chris emise un verso di ironia.

« Non credo di essere la persona più adatta per giudicare. Specialmente te » aggiunse, quasi incredulo. Decise di sedersi di fronte a lui, e gli si chiuse lo stomaco. « Ho rovinato così tante cose, nella mia vita, che ormai non ci faccio caso » cominciò. « E alcune cose me le sono quasi perdonate, altre… non riesco quasi a guardarmi allo specchio » mormorò con un filo di voce.

Avvertì lo sguardo di Zachary addosso, ma preferì ignorarlo e dare la colpa dei suoi occhi lucidi al sole.

« Chris, non- »

« Ti ho perso » continuò Chris. « Ti ho perso, e sappiamo entrambi che niente tornerà come prima » e stavolta, non provò nemmeno a fingere che non facesse terribilmente male.

Sentì le lacrime scendere prima di accorgersi di star davvero piangendo, ma non importava, perché se lo meritava. Meritava quello e anche di più, e se Zachary fosse stato un po’ più cattivo, gliel’avrebbe fatta pagare.

« Chris, basta » sussurrò invece, allungando la mano e sfiorandogli il ginocchio.

« P- perché fai così » chiese Chris, incredulo. « Non hai mosso un dito, non hai detto nulla, e chiunque altro mi avrebbe- »

Zachary sorrise senza allegria: « E a cosa sarebbe servito? Un tempo ti immaginavo così, sofferente e pieno di rimorsi, e credevo che sarebbe stata la cosa più bella del mondo; ora come ora, non penso lo sia per davvero »

Chris rimase in silenzio, tastandosi piano le tasche per cercare un fazzoletto, almeno sinché non vide la mano di Zachary davanti ai suoi occhi.

« Grazie» mormorò, facendo per prenderlo, ma Zachary gli bloccò la mano nella sua.

« Sono andato avanti, Chris. Non ti posso dire che sia stato facile, ma- andiamo; non puoi rimanere così tutto il tempo. Fallo per me, o per Ben. Ci tiene a te, sai. Non rovinare tutto »

Di nuovo.

Zachary non l’aveva detto, ma Chris lo sentì rimbombare nel petto.

Annuì comunque piano, liberandosi delicatamente dalla presa dell’altro e rannicchiandosi nel divanetto.

« Sto andando dentro, non vieni? »

Chris fece per rispondere, ma la gola gli si era seccata. Così si schiarì la voce, e gracchiante rispose: « Tra poco. Ho bisogno di- » tentennò, ma dopo qualche secondo richiuse la bocca, senza sapere come continuare.

Zachary annuì comunque, e gli passò una mano tra i capelli: « Siamo tutti dentro. Non tardare troppo; c’è il dolce, e quell’idiota di mio fratello è capace di non lasciartene »

« Va bene » mormorò, senza girarsi. Sentì un sospiro e la mano di Zachary allontanarsi dalla nuca, perciò si voltò per un attimo, in tempo per scorgere l’amico chiudersi dietro la porta.

A un tratto, si sentì ancora più solo.



*



Chris non capiva perché aveva il fiatone.

Okay, forse l’abito era un po’ stretto, e forse nel giro di due settimane aveva preso qualche etto in più – tutta colpa della signora Quinto, che gli dava gelato ogni ora e mezza e al gelato non si dice mai no.

Ma, il fatto era questo: per quanto la cintura fosse effettivamente un po’ più stretta del dovuto, c’era qualcos’altro che non andava. E il fatto che non sapesse cos’era, lo faceva innervosire.

Il suo cellulare squillò, e controllò subito l’orologio per assicurarsi di non essere in ritardo, ma quello segnava che mancava ancora mezz’ora, quindi-

« Karl, che diavolo vuoi? Sono piuttosto impegnato, qui » sibilò, infilandosi la camicia dentro i pantaloni e imprecando per via di una piega che aveva dietro.

« Ciao Chris, è sempre bello sentirti » rispose quello, sarcastico. « Qual è il problema? »

« Il problema è che la camicia non si vuole infilare bene dentro il pantalone e giuro... che potrei… uccidermi » ruggì, saltellando sul posto e sperando che la gravità fosse utile a qualcosa.

Ci fu un attimo di silenzio dall’altra parte della linea, ma Chris era troppo occupato per preoccuparsi che la chiamata fosse ancora attiva.

« Camicia? Avevo capito che tu e Zachary andaste a bere qualcosa al bar…? »

« Infatti ci andiamo. Subito dopo il ballo. Tanto quella roba dura due ore al massimo, e lui sembrava tenerci, alla fine » borbottò, per poi esultare rumorosamente dopo essere riuscito a stirarsi per bene le pieghe. Grazie al cielo le scarpe le aveva infilate prima.

« Lui ci teneva? »

Chris riuscì a percepire un tono troppo sarcastico perché potesse gestirlo in quel momento, perciò decise di finirla lì: « Ci vediamo dopo, coglione » disse velocemente, per poi buttare il cellulare nel letto e guardarsi allo specchio. Si accorse che mancava la cravatta.

Non era del tutto sicuro che Zachary volesse davvero andare al ballo, comunque. Insomma, era piuttosto sicuro di volerci andare lui, in qualunque caso, quindi il problema non si poneva proprio.

E non c’era affatto bisogno di far scoprire certi dettagli al suo migliore amico. Certe cose era meglio tenersele per sé.

« Cristo santo, come dovrebbe annodarsi questa cosa? » si esasperò a un tratto, strappandosi la cravatta dal collo e sbattendo ripetutamente la testa contro lo specchio.

« Hai bisogno di aiuto? »

Gwynne lo guardava dalla porta, e Chris scorse un’ombra di divertimento nel suo viso.

« No. Forse. Okay, fai tu » si arrese alla fine, consegnadogli l’accessiorio mortale con un’aria da condannato a morte.

La madre rise forte, scuotendo la testa e avvicinandolo a sé: « Non è poi così difficile, sai? Devi solo girarla un paio di volte al collo, e poi far entrare questo lembo- mi stai guardando? »

« No » rispose Chris onestamente, guardando ancora una volta l’orologio.

« Non sei in ritardo » lo rassicurò lei. « E visto che abbiamo ancora qualche minuto, ci terrei a dirti che sono davvero fiera di te »

« Di me? » ripeté Chris distrattamente, cercando le chiavi di casa. « E per cosa? »

« Per niente in particolare, e per tutto. Perché sei il figlio che ho sempre desiderato, e sei intelligente ed educato. E sono contenta che tu vada al ballo con qualcuno di altrettanto serio, per una volta » aggiunse, piegando la testa, soddisfatta.

Chris alzò gli occhi al cielo, poi sghignazzò: « Dopo Katherine, dovevi aspettarti qualcuno non perfetto »

« Ma io non ti ho mai voluto perfetto. Io ti ho voluto in salute, e felice. Al momento sei entrambe le cose, quindi va bene così »

Chris deglutì rumorosamente, e cercò di ignorare la sensazione di vuoto nello stomaco.

A un tratto si sentì il campanello squillare, e con un sobbalzo si riscosse.

« Devo andare » disse, semplicemente.

Gwynne annuì: « Divertiti. E saluta Zach da parte nostra ».



« Credevo che alla fine non saresti venuto, per un motivo o per un altro »

Chris alzò lo sguardo dal bicchiere e lo posò su Zachary, sorpreso: « E perché non avrei dovuto? ».

Zachary alzò le spalle ma non rispose, lo sguardo ostinatamente fisso in basso, probabilmente occupato a seguire il movimento del suo stesso pollice sul bordo del bicchiere.

Chris non insistette, ma si scolò il secondo drink in meno di due secondi, cercando disperatamente un argomento di conversazione.

Il ballo era finito dopo un’ora, e in quella folla Zachary gli era sembrato poco a proprio agio, perciò l’aveva tirato per il braccio e l’aveva trascinato via, finendo al bar a bere – forse un po’ troppo.

« Mi dispiace di averti portato via prima, senza nemmeno chiedertelo » disse quindi. « Mi sembravi leggermente spaesato » si giustificò, in imbarazzo.

Zachary sorrise divertito: « Lo ero. Non sono abituato a questo genere di cose, non sapevo che andare al ballo significasse bere e fumare spinelli sino a sentirsi male »

« Non sei mai stato a un ballo della scuola? » chiese Chris, meravigliato.

Zachary sbuffò: « E con chi? Con i miei amici immaginari? O con il mio fidanzato? ».

Chris sussultò: « Puoi andarci con chi vuoi, in realtà » mormorò. « Io ci sono sempre andato con qualche ragazza che in quel momento andava di moda, e nella seconda parte della serata solitamente la finisco a ubriacarmi con Karl »

« Non sarai con Karl, ma in quella parte ci stai riuscendo benissimo » ridacchiò Zachary. « Andiamo a prendere una boccata d’aria, che ne dici? »

Chris annuì lentamente, alzandosi barcollante dalla sedia.

« Woah! » esclamò Zachary, stavolta scoppiando a ridere senza potersi trattenere. « Aggrappati a me, okay? Andiamo a sederci in una panchina, magari vicino a un cestino della spazzatura »

« Non sono ubriaco! Ho bevuto solo due shot » protestò Chris, ma si mantenne a Zachary ugualmente, stringendo forte la presa sulla sua giacca.

« Lo so, lo so, ma non si sa mai. Per uno che vanta di bere così tanto, a reggere l’alcol fai davvero pena »



« Si sta bene qui » sospirò Chris.

Zachary emise solo un grugnito che però bastò all’amico.

Erano arrivati al parco da almeno venti minuti e nessuno dei due aveva ancora detto nulla, ma al momento per Chris non era un problema. Sistemò meglio la testa contro la spalla di Zachary e chiuse gli occhi, quasi sicuro che di lì a poco si sarebbe addormentato.

« Che piani hai per dopo? » chiese improvvisamente Zachary.

« Non lo so, ma quasi sicuramente andrò a letto e dormirò sino a domani pomeriggio » sbadigliò Chris.

« Dio, Chris; non intendevo quello. Parlavo del doposcuola »

« Oh »

Si morse il labbro, cercando una risposta che suonasse sicura o almeno familiare, ma-

« Non lo so » gli uscì. « Non ne ho la minima idea »

Ed era la verità. Chris non aveva mai fatto progetti che andassero oltre il weekend di bevute con Karl e qualche altro amico, e al momento ne sembrava incapace.

Poi, lentamente gli venne un pensiero.

« Non stai parlando di carriera, vero? »

Zachary arricciò le labbra in un gesto vago: « Non necessariamente ».

Matrimonio, figli… erano sempre stati tasti dolenti, anche se la madre aveva dato colpa all’adolescenza. A un certo punto però, non sembravano cose poi così brutte. Anzi, sembrava una cosa giusta, dopotutto.

« Vorrei concentrarmi sull’aspetto lavorativo, prima » disse onestamente. « Vorrei trovare un bel corso, entrare al college e laurearmi. Poi… non so, forse una famiglia…? » disse incerto, e non sapeva perché, ma il parere di Zachary era diventato importante.

« È una buona idea. Io vorrei riuscire a entrare a Harvard » ammise lui. « Poi magari, una famiglia » annuì, ripetendo le parole dell’altro.

« Abbiamo circa gli stessi piani » notò Chris, sorridendo. Si alzò lentamente da sopra Zachary, assicurandosi che le vertigini gli fossero passate, e lo guardò negli occhi.

Zachary non sembrava particolarmente felice, in realtà. « A tanti chilometri di distanza » disse infatti.

« Dio benedica Bell » rise Chris.

« È stato Meucci a inventare il telefono » lo corresse Zachary. « Bell lo ha solo brevettato »

Chris alzò gli occhi al cielo: « Dio benedica chiunque abbia inventato il telefono, che sia italiano o scozzese. Intanto noi possiamo rimanere in contatto, non baderei ai dettagli. E ogni tanto potremmo vederci, sai. Ci incontreremo a metà strada, e- »

« Perché dici tutte queste cose? »

Chris s’interruppe all’improvviso, confuso: « Cosa? ».

Zachary scosse la testa, torturando un filo d’erba raccolto da sotto i suoi piedi. « Ci sono delle cose che vorrei dirti, ma non sono sicuro che- »

« Guarda guarda chi abbiamo qui! Da quando te la fai con il frocio, Pine? »

Chris sentì qualcosa pizzicargli la nuca, e in un attimo si rese conto di non avere un singolo centrimetro di pelle senza la pelle d’oca.

Jake era davanti a loro, le braccia incrociate e in faccia un’aria leggermente fuori controllo.

« Jake- » provò a dire, rauco, ma lui alzò una mano e Chris si zittì.

« Chris... » sospirò l’altro, quasi dispiaciuto. Chris notò altri due ragazzi avvicinarsi, e sentì un suono indistinto che sembrava provenire dalla bocca di Zachary. « Tu mi piacevi, davvero. Come hai potuto mentirmi su una cosa del genere? Avresti dovuto dirmelo, che eri frocio come lui. Tutti quegli abbracci, quelle strette di mano… cosa dovrei pensare, ora? »

« Io non sono frocio »

Dirlo ad alta voce gli diede sollievo per un millesimo di secondo, prima di poter vedere la faccia di Zachary. Fece per dire qualcosa, ma Jake si illuminò: « Ah no? Bene, allora. Mi fido di te, ti credo. Ma… ma lui » scosse la testa, indicando Zachary, « lui non può negare. È un dato di fatto »

Chris sentì la disperazione salire di secondo in secondo. Si guardò attorno nella frenetica speranza che ci fosse qualcuno nelle vicinanze, ma il parco e la strada erano deserti a parte loro. Zachary sembrava totalmente paralizzato contro la panchina. Strinse i denti: « Non ti ha fatto nulla, lascialo in pace. Non puoi semplicemente lasciar andare? »

Jake piegò la testa da un lato e lo guardò curiosamente, poi sorrise: « Non difenderlo come se ne avesse diritto. Questo stronzetto arriva da un buco di culo e decide che è troppo figo per tutti i suoi compagni, no? Perché lui è intelligente, e non importa nient’altro. Vediamo se tra cinque minuti la penserai ancora così, uh? » ridacchiò, rivolgendosi a Zachary.

« Non è colpa sua se è diverso! » gli uscì detto, e capì di aver fatto un errore.

Perché all’improvviso Zachary aveva cambiato espressione, e anche colore. Lo stava guardando come se l’avesse tradito, e Chris fu sicuro che quell’espressione mostrasse disprezzo più di quanto volesse far trapelare. Cercò lentamente di afferrargli la mano, ma poi Jake parlò.

« Di solito queste cose le faccio senza troppi problemi. Ma siccome sei uno a posto, ti do dieci secondi per allontanarti di qui e non guardare»

Chris sentì il cuore smettere di battere: « Jake, non- »

Jake alzò gli occhi al cielo, annoiato: « Adam, allontanalo. Ci pensiamo io e Nick. Mi dispiace toglierti il divertimento, amico » si scusò poi.

Chris non seppe come, ma nel giro di pochi secondi si ritrovò trascinato lontano. Lontano dal parco, lontano da Zach.

« Lasciami andare! » ansimò, cercando di prendere a pugni il ragazzo. Nick lo guardò quasi impietosito. « Lasciami andare, per favore. O picchiate me » supplicò disperato. « Picchiate me e lasciate lui. Non vi ha fatto nulla, vi prego. Ascoltami, cazzo! » urlò alla fine, sferrando un pugno che arrivò nel naso dell’altro.

Riuscì solo a vedere la sua faccia deformarsi dalla rabbia, poi il buio.



« Dov’è Zachary? »

« Dovrebbe stare fermo, devo medicarle- »

« Non ce n’è bisogno, sto benissimo. Dov’è Zachary? »

Chris guardò il ragazzo che gli stava disinfettando dei graffi nel braccio. Non si ricordava nemmeno come se li fosse fatti.

« Eri svenuto vicino a degli arbusti » lo informò quello, come se gli avesse letto nel pensiero. « L’uomo che ti ha trovato ci ha chiamati, ma non ti ha toccato per paura di peggiorare il tuo stato »

Chris chiuse gli occhi, cercando di ricordare la sequenza esatta dei fatti.

« Credo che il ragazzo che mi ha fatto svenire mi abbia dato un pugno. Ma non mi fa male nulla » disse dubbioso, tastandosi il corpo.

« Probabilmente è dovuto allo shock » convenne il medico. « Quando siamo arrivati non c’era nessuno, comunque. Ci è arrivata una segnalazione, e credo che il tuo amico abbia preso un bel po’ di botte » ammise, dispiaciuto. « Ma abbiamo sentito un ambulanza partire da qui, quindi immagino sia già all’ospedale. Sicuramente potrai vederlo, in qualunque caso. Dobbiamo portare anche te e farti dare una controllata, alcune cose non sono di nostra competenza. Rimani qui, tra un minuto partiamo »

Chris fece per dire qualcosa, forse ringraziare, ma la voce gli si spense in gola. Guardò la panchina dov’erano seduti, e sentì un pugno nello stomaco. Doveva dirgli un sacco di cose, anche se non aveva idea di dove cominciare.

Gli sembrava impossibile che fino a poco prima fossero così felici, e ora-

« Stiamo partendo » lo avvisò una ragazza. « Entriamo dentro, vedo se ho un fazzolettino. Hai un bel viso, non gonfiarlo di lacrime »

Chris si passò le mani nel viso, e si rese conto di star piangendo. Annuì in silenzio.

Poggiò una mano tremante su quella della ragazza, e per un attimo riuscì a vedere il proprio riflesso nel vetro dello sportello: aveva un occhio gonfio e un paio di tagli nel viso, e un ciuffo di capelli era sparito. Il labbro inferiore era spaccato.

Emise un gemito, lasciandosi guidare verso la barella, e si sedette lentamente.

« Sdraiati, ci vorrà qualche decina di minuti per arrivare. Intanto riposa » le consigliò la ragazza. « È possibile che all’ospedale troverai la polizia. Vorranno una dichiarazione per stilare il verbale »

Chris annuì per quella che sembrò la centesima volta negli ultimi dieci minuti, poi si sdraiò.

« Mi dispiace molto per quello che è successo. Troveranno quei bastardi, e ti prometto che appena saprò qualcosa sul tuo amico te lo dirò. Come si chiama? »

Chris esitò. « Zachary » disse alla fine. « Zachary Quinto »

« Okay. Non preoccuparti, andrà tutto bene »

Chris fece per rispondere, ma un tratto sentì davvero ogni parte del corpo dolere.

Pregò che fosse una notte breve, ma ebbe come l’impressione che nessuno lo avrebbe ascoltato.



*



Quando Chris si svegliò, si sentì osservato.

Aprì gli occhi e si voltò di scatto, trovandosi incastrato in una coperta.

« Che diavolo- Signora Quinto! » esclamò imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli e cercando di uscire da quella trappola che lo stava facendo sembrare un totale idiota.

Margo si limitò a sorridere, come se non fosse seduta in una sedia davanti a lui e lo stesse fissando – probabilmente da ore. Ebbe almeno la buona idea di non aiutarlo a liberarsi, perché la cosa sarebbe diventata oltremodo strana.

« Ha… ha bisogno di qualcosa? » chiese incerto.

« No, ma tua madre si è gentilmente congedata per riposare e tuo padre è andato con lei. Ben è con quel tesoro di tua sorella che gioca a Memory, e credo che Joe e Zachary siano insieme in giardino. L’ultima volta che li ho controllati non si stavano prendendo a pugni, perciò immagino che ci stiano davvero provando, stavolta »

Incrociò le dita con una smorfia divertita. « Comunque, ero sola e ho pensato di venire a godere un po’ della vista di questo posto. Mi dà l’impressione che un tramonto qui sia degno di una fotografia. Lo dirò a Joe, più tardi »

« Sono sicuro che ce la faranno » disse Chris fiducioso, stringendosi le ginocchia al petto e facendosi piccolo dentro la coperta. « Non conosco Joe, ma Zach… è una persona molto folto forte. Troppo, a tratti » si corresse, con una mezza risata.

« Ma non è stato sempre così » mormorò Margo. « Delle volte era così fragile che mi spaventava a morte. Tu lo hai aiutato molto »

Il tono di Margo non era accusatorio, e Chris sapeva tuttavia che non si stava riferendo all’ultimo periodo.

« No, non credo. L’ho solo illuso. Mi sono infilato nella sua vita, poi sono andato via, e gli ho fatto più male di prima » rispose, a fatica.

« Era quello che credevo anche io. O almeno, così ho cercato di dirmi. Per un periodo ne sono stata anche convinta »

Chris guardò la donna, e intravide un velo di vergogna nel suo viso. Fece per parlare, ma lei riprese: « Ti ho visto quel giorno, in ospedale. Eri nascosto dietro la finestra. Ero così… confusa. Volevo che entrassi, sai. Lo speravo con tutto il cuore, e invece- »

« Non ce l’ho fatta. Io non- volevo entrare, non pensavo ad altro che- non potevo. Mi dispiace, ma non potevo »

Chris scosse la testa, cercando di togliersi quella scena dalla mente. Era passato così tanto tempo, ma sembrava successo il giorno prima.

« Va bene così » disse Margo, dolcemente, ma a Chris sembrò solo di sprofondare nuovamente nel nulla.

« Non ho mai saputo cos’è successo. Poteva anche essere morto, e io… son stato così egoista » sussurrò. « Sono andato avanti, nemmeno l’ho riconosciuto quando l’ho rivisto »

« Anche Zachary è andato avanti, Chris. E ci son stati giorni sembrava non pensarci affatto. È andato al college, si è laureato, ha trovato un bellissimo lavoro. E ha Ben. Credevo che almeno quello lo facesse concentrare su altro, ma il giorno che sei tornato… » Margo sospirò, come se anche solo ricordarlo facesse male. « Era furioso. Ha lasciato Ben da me, e il giorno dopo è tornato a prenderselo con i postumi di una bella sbornia, totalmente sfatto. Mi disse che se provavi di nuovo a farti vedere ti avrebbe preso a pugni, ma figuriamoci. Detto tra noi, non riesce nemmeno a chiudere il pugno come si deve » ridacchiò, e Chris la imitò piano.

Sentiva il cuore un po’ più leggero. Niente che si aggiustasse così facilmente, ma il sapere che nella la vita di Zachary da quando lo aveva perso di vista c’era stato davvero qualcosa di buono, lo faceva stare meglio.

Nonostante tutto però, sentiva che qualcosa mancava.

« Ero davvero arrabbiata, con te. Come se servisse a qualcosa » sbuffò, alzando gli occhi al cielo. « Sono una madre, e non mi sono minimamente soffermata a pensare che anche tu avevi una famiglia preoccupata per te. Che dietro le bende che avevi in testa, c’era il motivo per cui non eri accanto a mio figlio.

E nonostante tutto, non gli ho mai detto nulla. Lui voleva dimenticarti a ogni costo, e io ho pensato che fosse giusto così. Mi dicevo che una volta fatta la terapia, una volta che avesse superato tutto, gliel’avrei detto. Poi quel momento è arrivato, e non ho avuto il coraggio; per una volta che stava bene, non potevo fargli crollare tutto il percorso che faticosamente aveva costruito. Farlo stare male per pulirmi la coscienza: quello sì che sarebbe stato egoista »

« È giusto così » disse semplicemente Chris, e lo pensava.

Non aveva nessun diritto sulla vita di Zachary. Quell’opportunità l’aveva persa molto tempo addietro.

« Forse. Però non mi sembri felice » constatò Margo, avvicinando piano la propria mano a quella di Chris. Lui non la strinse, ma si lasciò afferrare e si abbandonò al divanetto.

« Non lo sono. Quel giorno, non ho perso solamente un amico »

Calò il silenzio.

Chris sapeva che Margo lo stava guardando, ma non gli importò più di tanto. Sentì gli occhi bruciare, ma non si curò di trattenersi, perché faceva male, sì, ma mai quanto faceva male dentro.

« L’ho perso. Ho perso l’unica persona che io abbia mai amato veramente »



*



Quando Chris rientrò in casa, si accorse di aver perso la cognizione del tempo; la famiglia era riunita intorno al tavolo, davanti a un piatto con sopra una torta dalle dimensioni leggermente esagerate.

« Okay » esitò, « non credi che mamma abbia davvero esagerato? »

Katie scosse la testa, intenta a non farsi cadere dalle mani una scatola piuttosto impolverata. « Questa è colpa mia. L’ho fatta fare da Porto’s e le ho detto che l’aveva preparata una mia amica. Non me l’avrebbe mai lasciata comprare, altrimenti » si giustificò, arrendendosi e buttando la scatola tra le mani di Chris.

« Cos’è questa roba, comunque? » sospirò lui, passando un dito e intravedendo una scritta. « Dobbiamo davvero giocare a tombola? Il giorno del Ringraziamento? »

Katie alzò un sopracciglio: « Dobbiamo? Giochi anche tu? »

« Certo che gioca! » intervenne Zachary, prendendogli la scatola dalle mani e distribuendo le schedine. « È da un sacco di tempo che lo dice »

Be’, non era del tutto una bugia, ma neanche la totale verità; forse si era lasciato scappare che la tombola in famiglia era un qualcosa che ogni tanto gli mancava, ma-

« Ah sì? Carino » lo prese in giro la sorella, pinzandogli il naso. « Qualche volta ti desidero ancora stronzo. Stai diventando rammollito » scherzò.

« Io credo che Chris vada bene così com’è, invece » disse Gwynne, accarezzandogli la guancia.

Chris annuì, sbuffando: « Lo credo anche io »

« Siamo in tre »

Zachary lo stava guardando serio, poi fece un mezzo sorriso e un occhiolino, e Chris sentì lo stomaco fare qualche capriola e un qualcosa simile a del fuoco coprirgli ogni singola parte del corpo.

Si sedette al suo fianco, prendendo silenziosamente la schedina che gli era capitata, mentre Robert si apprestava a mischiare i numeri all’interno del sacchetto.

« Tutto bene? » chiese Zachary, interdetto.

« Certo » rispose Chris, con un filo di voce.

Sentì gli occhi di Zachary perforargli la nuca, ma lui continuò ostinatamente a guardare suo padre che annunciava il primo numero. Ben esultò.

« Certo » ripeté Zachary, e non proferì parola per tutto il tempo.





« È avanzato parecchio cibo; mi aspetto che ci aiutiate a terminarlo a cena » esordì Gwynne, trasferendo della carne in un piatto più piccolo.

Chris sapeva che non era esattamente una domanda, ma alzò comunque le spalle: « Non devi chiederlo a me. Non so che piani abbia Zachary per domani, e io devo seguire lui »

« Be’, vaglielo a chiedere! »

« Non vedo perché » borbottò Chris, grattandosi i palmi delle mani. Si chiese se a furia di stare con uno perennemente stressato stesse sviluppando dei tic nervosi anche lui.

Gwynne alzò lentamente lo sguardo: « Ho cercato di ignorare la cosa per tutta la giornata, ma... » esitò, accostando la porta, « è successo qualcosa tra voi due? »

« No, è tutto come sempre »

Era sincero, effettivamente; non era successo niente che fosse strano, a parte che non gli aveva più rivolto parola e forse Zachary stava cominciando a chiedersi cosa gli passava per la mente, ma Chris era tranquillo, perché tra le tante cose aveva studiato anche recitazione, e di certo non bastava una vecchia cotta per metterlo in difficoltà.

« Scusate- »

Chris sobbalzò, emmettendo un suono di cui si vergognò immediatamente dopo, e Zachary si grattò la nuca, imbarazzato: « Non volevo spaventarti, scusa »

Chris fece per aprire bocca, contrariato, ma Gwynne lo precedette: « No, anzi, ti stavamo per venire a cercare. Rimanete anche per la notte? »

« Cos- »

« Oh, non lo so… » mormorò Zachary. « Insomma, non vorrei disturbare… no? »

Cercò disperatamente lo sguardo di Chris, ma per ma per quella che sembrò la centesima volta lui lo evitò, impegnandosi scoccare un’occhiata contrariata alla madre, che lo ignorò esplicitamente. « La scelta non è mia » disse semplicemente. Zachary sospirò.

« Allora direi che va bene…? » esitò, ancora non del tutto convinto, ma Gwynne batté le mani forte, e Chris diede un’alzata di spalle.

Zachary sorrise alla donna, ma poi Chris notò il sorriso scivolargli dalla faccia. E ancora una volta, sembrava essere colpa sua.



*



Chris tirò un sospiro di sollievo.

Sembrava che quella cena fosse la più lunga di sempre - sì, più lunga di quella di Natale e Capodanno messe insieme -, ma a un certo punto, quando le mani di Zachary stavano toccando un po’ troppo spesso le sue, e gli occhi di sua sorella lo fissavano tanto da sentire un formicolio su tutto il corpo, finì.

« Cristo » esalò, borbottando, « finalmente. Quante portate erano, quindici? »

« Sei, come sempre » lo informò sua sorella. « Ma erano comunque più deliziose del tuo comportamento »

Katie non gli diede tempo di risponderle, ma segretamente la ringraziò, perché non c’era poi molto da ribattere.

Sospirò, buttandosi nel letto e guardando insistentemente il soffitto come se potesse dargli qualche risposta. Fu quasi sicuro di leggere un gran idiota lungo le crepe delle travi.

Rimase immobile in quella posizione per un bel po’ di tempo, e giusto quando sentì gli occhi farsi pesanti, alcuni colpetti alla porta lo risvegliarono.

Ben, pensò immediatamente, cercando a tentoni la luce per non rischiare di inciampare. Non lo aveva nemmeno salutato, e poteva avere bisogno di-

« Zachary? » mormorò confuso, soffocando uno sbadiglio. « È successo qualcosa? Ben sta bene? »

Zachary non rispose subito, ma spostò il peso del suo corpo da un piede all’altro, evidentemente imbarazzato. « Ben sta russando, a dir la verità. Sono io quello che non riesce a dormire »

« Oh. Mi dispiace, io- non ho portato i cerotti dietro, nella fretta… »

« Non è quello, non importa » lo interruppe l’altro. Sembrava avesse una certa fretta di parlare. « Anzi, in realtà mi aspettavo che mi chiedessi se volevo la ninna nanna »

Chris aggrottò le sopracciglia, interdetto: « Cosa? »

« Cosa? » ribatté Zachary, e tutti e due fecero per parlare, ma lui scosse la testa e gli mise una mano davanti alla bocca.

Chris perse qualche battito, ma tutto ciò che riuscì a fare fu osservarlo in silenzio, in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa che-

« Senti, posso entrare? La luce è forte e ho paura di svegliare Ben »

Non aspettò risposta, facendosi largo e ignorando le proteste di Chris, che alzò le braccia incredulo: « Wow, quale altra scusa userai per intrufolarti in camera mia? » sbottò, infastidito.

« Io non voglio- insomma, perché stai facendo così tanto lo stronzo? È un problema di soldi? O Ben ti dà più da fare del solito e non ti sta più bene? »

« Cosa- cosa stai blaterando? » chiese Chris, incredulo. « Sei fatto? » chiese poi sospettoso, avvicinandosi a lui e annusando l’aria.

« Non sono fatto e non cercare di cambiare discorso! » lo rimbeccò Zachary, spingendolo lontano da sé. « È da un po’ che sei silenzioso, e se hai dei problemi si risolvono, ma non voglio che ci passi anche Ben. Quel bambino ti ama, Chris! E io- » si bloccò, sbuffando frustrato.

Era tutto rosso, e nel viso aveva un’espressione di disappunto e… imbarazzo?

Chris trattenne il respiro: « “Tu” cosa? » chiese a mezza voce.

Zachary abbassò le spalle: « Non è importante » mormorò, ma i suoi occhi si appesantirono, e a un tratto sembrò troppo stanco.

Chris sentì una sensazione strana scendergli giù per lo stomaco. Tentò di avvicinarsi, ma Zachary indietreggiò automaticamente, e lui cercò di ripetersi che forse non era andato tutto a puttane, che forse c’era ancora qualcosa, qualcosa da salvare-

« Per me lo è » sussurrò allora, e sperò che bastasse. Sperò che Zachary capisse al volo, che non ci fosse bisogno di dirlo per davvero, perché dirlo ad alta voce lo avrebbe reso troppo reale, e non era sicuro di essere abbastanza pronto.

Ma se c’era una cosa di cui Chris era sicuro, era di non aver mai amato qualcuno come amava Zachary. La facilità con cui il suo cervello gli ripeteva la cosa, lo faceva quasi ridere.

« Ti ho riconosciuto » disse poi, Zachary.

Sembrò quasi una frase buttata sul vago, ma Chris aprì la bocca, e la richiuse immediatamente, cercando di processare ciò che l’altro aveva appena detto.

« Cosa? »

« Ti ho riconosciuto » ripeté Zachary, e quella confessione sembrò fargli perdere un po’ della disperazione che aveva addosso. Si sedette sul bordo del letto, dandogli quasi le spalle, e annuì distrattamente. « Quel giorno, nel mio ufficio. Credo che sapessi che eri tu »

« E non mi hai detto nulla? » chiese Chris, allibito, cercando un contatto visivo.

Zachary lo guardò, curioso: « E cosa avrei dovuto dirti? “Ehi ciao, ti ricordi di me? Sono il tizio con cui eri amico anni fa, no? Il tipo che poi hanno pestato, ma tu te ne sei andato-” »

« Non me ne sono andato. Mi hanno allontanato. Ho cercato di… fare qualcosa. Qualunque cosa » emise uno sbuffo quasi divertito dal naso. « Il tizio era il doppio di me. Nemmeno ricordo il suo nome. Mi sono risvegliato in ospedale. Sono venuto a trovarti, volevo spiegarti che quello che avevo detto… ma ho visto la tua famiglia lì, e… non so. Forse se fossi entrato, tua madre non avrebbe frainteso. Se non mi fossi comportato da colpevole… forse ti avrebbe raccontato. Ma io sono stato codardo, e lei è stata una mamma » alzò le spalle, lasciando andare il lembo della camicia che stava torturando.

Quando osò riposare lo sguardo su Zachary, quello lo stava guardando incredulo.

« Non lo sapevo »

« Zachary- »

« È passato così tanto » disse lui, alzandosi dal letto e passandosi una mano tra i capelli, sfinito.

Lo disse con tanta semplicità che Chris rimase senza parole; non era un lamento, era una constatazione. « Non so più cosa sto facendo. Né perché. Sono così stanco. »

« Zachary, guardami » disse, ma lui scosse la testa provando a sfuggire dalla presa, e Chris sentì la mano bagnata.

« Ho passato anni a odiarti, e invece… invece tu- »

« Zachary » ripeté Chris, in tono fermo, e stavolta non ci fu bisogno di altro, perché Zachary alzò lo sguardo, e altre lacrime si fecero strada sul suo viso.

Chris cercò di sciogliere il nodo che aveva in gola, e sospirò: « Non è colpa di nessuno, okay? Di nessuno »

Zachary non rispose, ma si lasciò andare contro il suo petto e rimase lì, immobile.

Chris fece per dire qualcosa, qualunque cosa, ma poi decise di lasciar perdere; Zachary era tra le sue braccia, e per ora sembrava bastare.



*



Quando Chris si svegliò, il mattino dopo, si ritrovò a sorridere senza un motivo preciso.

Tre secondi dopo, tuttavia, dopo essersi stiracchiato dolorosamente, lo trovò – ed era davvero un bel motivo: Zachary era accanto a lui, le gambe intrecciate con le proprie, e una mano che probabilmente era stata sul suo fianco tutta la notte, finché Chris non si era spostato.

Dormiva pesantemente, e per quanto la tentazione fosse forte, non ebbe cuore di svegliarlo.

Lo stomaco stava reclamando rumorosamente il suo cibo, ma si prese ugualmente qualche minuto per osservarlo, scostandogli una ciocca di capelli ribelle dal viso – la stessa che Chris gli ricordava di mettersi a posto ogni santo giorno.

Cristo, come poteva meritarsi qualcuno come lui?

Dopo ben venti minuti di totale adorazione, decise di alzarsi finalmente dal letto; la casa era ancora silenziosa, segno che con ogni probabilità avrebbe potuto godersi la sua colazione in santa pace.

Fu sul punto di mangiare un cucchiaio di cereali, quando sentì una voce: « Perché c’è Zachary nel tuo letto? ».

Chris sussultò, i cereali finirono all’aria, e sua sorella ridacchiò divertita: « Insomma, non che non me lo aspettassi; stavi sbavando per lui praticamente tutta la serata, ma non credevo che avresti davvero messo in dubbio la tua mascolinità solo per portarti a letto- »

« Abbiamo solo parlato! » protestò Chris, a bassa voce. Katie alzò le sopracciglia, evidentemente valutando se Chris stesse mentendo o meno, ma lui ne approfittò per inchinarsi a raccogliere i cereali dal pavimento, sperando fossero davvero tanti.

« Abbiamo… discusso, circa. Di, uhm, quello che è successo. Cioè, non so bene cosa sia cambiato. Era stanco, non mi andava di forzarlo troppo. Per lui è stato più difficile che per me » concluse, deciso.

Non aveva intenzione di bruciare le tappe, se per Zachary non andava bene.

Chris, d’altra parte, sembrava averle bruciate tutte insieme (una casa, un uomo e un bambino da gestire, anche se per lavoro, non erano cosa da poco), e a una velocità piuttosto elevata, perciò la parola “famiglia” non era più tanto spaventosa. Più o meno.

Katie, si accorse, lo stava guardando quasi con le lacrime agli occhi: « Il mio fratellino » esordì, allo sguardo perplesso di Chris. Poi gli tolse lo straccio dalle mani e lo abbracciò: « Stai crescendo, e stai mettendo la testa a posto; è così strano » piagnucolò, e Chris alzò gli occhi al cielo.

« Okay, okay » sbuffò, battendole una pacca sulla schiena, « non esagerare » l’avvertì, perché Katie era così emotiva che a volte Chris si sentiva in colpa anche senza aver fatto nulla.

Si chiese se fosse un maleficio degli psicologi.



Quando Katie andò al convegno, Chris si ritrovò di nuovo solo, perciò si sedette vicino alla finestra, intento a finirsi la sua colazione e a fissare il cielo, cercando di trovare qualche parola da poter mettere insieme per parlare con Zachary.

Il fatto era che non sapeva bene come ci si comportasse; non era sicuro che un uomo funzionasse diversamente da una donna, nell’aspetto relazione, ma-

Cristo, la cosa stava diventando più complicata del previsto.

Lui non era fatto per quelle cose, per nulla; fare sesso era bello, così bello che Chris non si era mai preoccupato di far entrare qualcos’altro nei suoi rapporti sociali, se non una solida amicizia, ma allo stesso tempo non era convinto di poter sopportare una cosa del genere.

Zachary non era mai stato solo un amico, e forse se se ne fosse accorto un po’ prima – anni, per dire -, non sarebbe arrivato a quel punto.

Per cui, forse-

« Cos’è successo a tua madre? »

Buongiorno, pensò Chris, roteando gli occhi.

Ormai riusciva quasi sempre a prevedere gli arrivi silenziosi di Zachary, ma non era sicuro di potersi abituare alle sue domande scomode.

« Dormito bene? » chiese infatti, sfoderando un sorriso.

Zachary rimase fermo nello stipite della porta, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia. Chris cercò di ignorare l’istinto che gli diceva di andare verso lui e baciarlo fino a fargli dimenticare il suo nome.

« Un incidente stradale » rispose, cercando di tagliare corto, ma Zachary annuì, in attesa, e Chris sbuffò, con l’improvviso bisogno di fare il caffè girandosi esattamente da dovergli dare le spalle.

« Una cazzata » disse allora. Cercò di ridere, ma gli uscì solo un verso mezzo strozzato. « Era il mio compleanno, voleva preparare una torta, ma mancava qualcosa. Non mi ricordo cosa fosse, ma lei… mi chiese di andare a comprarlo. E io non ci andai »

La mano gli tremò e l’imbuto della caffettiera cadde dentro il lavandino. Nel silenzio, sembrò un macigno. « Perché dovevo uscire con una ragazza. E quella torta nemmeno la volevo. Suona ridicolo, vero? »

Stavolta la risata uscì, ma troppo veloce perché potesse suonare normale.

All’improvviso, Zachary era dietro di lui, con una mano impegnata a recuperare l’imbuto e l’altra nella sua vita.

Non si aspettava che lo rincuorasse, né che gli dicesse che non era colpa sua. Chris sapeva che obbiettivamente era stato un caso. Se solo avesse saputo-

Ma c’era una parte di lui che non poteva fare a meno di incolparsi, esattamente come continuava a incolparsi per tutte le cose che erano accadute anni e anni prima.

Ma la tranquillità di Zachary lo rincuorava; non lo stava assecondando, la pensava realmente così.

Zachary riuscì a riempire la caffettiera e chiuderla con la mano libera, in un sacro silenzio, per poi accendere il fornello.

Chris lo osservò per tutto il tempo poi sospirò, poggiando la testa nell’incavo del suo collo.

« So cosa ti ho detto ieri » cominciò, tenendo la voce ferma, « e lo penso. Lo penso davvero »

« Ma…? » sorrise Zachary. Chris non poteva vederlo, ma ci fu qualcosa nel tono di Zachary che glielo fece capire.

« Ma » si sforzò di proseguire Chris, « non sono sicuro di riuscire a bruciare le tappe. Sono piuttosto sicuro di quello che mi fai provare, di quello che riesco a provare. Grazie a te » aggiunse, stringendo forte il braccio che lo stava circondando. « Sono anche sicuro che abbiamo perso un sacco di tempo, ma nel viaggio ci siamo dimenticati di dirci un tante cose. Non voglio che questo accada, prima di stare insieme. Ho bisogno di te interamente » cercò di chiarire, e sembrava facile ma allo stesso tempo così difficile.

Zachary stava rispettando il suo distacco visivo, ma lo stava fissando, ne era consapevole. Ma stavolta, non riuscì a capire che faccia avesse.

Perciò decise di smetterla di fare il codardo, e di alzare gli occhi.

Lo sguardo di Zachary era impenetrabile; non sembrava arrabbiato, né felice, né particolarmente turbato o scocciato. Sembrava lo stesse semplicemente studiando, forse per sapere se stava dicendo la verità o mettendo su una scusa per insicurezza.

Questo fece sì che Chris finisse il suo discorso.

« Non sono sicuro al 100% del mio orientamento sessuale. Sono sicuro al 150% di essere innamorato di te. E sono sicuro al 200% di aver provato qualcosa per te sin dal primo giorno che ti ho incontrato.

Sono anche sicuro di voler passare la mia vita con te e Ben, se per te va bene »

Dopo questo, Chris rimase in silenzio, in attesa. Sentì il piede battere in terra a un ritmo accelerato, ma non riuscì a bloccarlo.

Cercò di studiare l’espressione di Zachary, ma quello sospirò a fondo, guardando le frange del tappeto.

« Hai finito? » disse poi, guardandolo, e Chris ebbe appena il tempo di annuire, che si ritrovò le sue labbra contro le proprie.

Zachary lo spinse contro il bordo del lavello, bloccandolo tra il marmo e il suo bacino, e Chris gemette.

Era esattamente come lo aveva immaginato; Zach sapeva di caramello, o qualsiasi cosa fosse, ma era buono.

Fece scivolare la mano sul fianco, le dita che stringevano il maglione che Zachary usava spesso per dormire quando faceva freddo.

« Cazzo » esalò, perché era l’unica cosa che gli veniva in mente, e Zach sembrò prenderlo per un incentivo, circondandogli il viso con le mani e approfondendo il bacio, facendosi spazio nella sua bocca con forza, e Chris si chiese se fosse il caso di vergognarsi dei suoni indecenti che gli stavano uscendo.

« Sì? » sussurrò Zachary, aprendogli le gambe con una delle sue.

« Ricordati- » tentò Chris, tirandogli leggermente i capelli, « ricordati cosa ho- oh »

Zachary emise una risatina divertita ancora incollato alla sua bocca, sollevandolo da terra e portandolo sul ripiano della cucina.

« Cosa stavi dicendo? » chiese, casuale, e Chris sbuffò.

« Ti odio » s’imbronciò, ma Zachary lo zittì per l’ennesima volta, lasciandogli un bacio sul collo, le mani che s’infilavano nella maglietta del pigiama.

Chris rabbrividì, respirando velocemente, e Zachary si bloccò, sorridendo.

« Forse dovremmo davvero rallentare » convenne, e Chris annuì, facendo ondeggiare i piedi con imbarazzo.

« Ehi » fece Zachary, prendendogli il mento, « va bene così. Abbiamo aspettato per anni, possiamo aspettare ancora un po’. Ne abbiamo già parlato, no? »

Gli occhi di Zachary gli trasmisero sincerità e Chris mormorò qualcosa in assenso, dando uno sguardo desolato al caffè sparso per tutti i fornelli.

« Dobbiamo anche abituarci a cucinare al momento giusto; prima o dopo, non durante » scosse la testa, scendendo con un balzo dal mobile e premunendosi di pulire.

Era come certo che sua madre non sarebbe stata tanto felice di trovare caffè bollente persino sopra il legno.

Zachary lo abbracciò al di sopra delle spalle, appoggiandogli il mento sul collo ed emmettendo un verso contrariato: « Mi piacerebbe vederti ricoperto di cibo. Tipo, del miele? Così posso leccartelo da- »

Chris si liberò velocemente dalla presa: « Okay, io vado a chiamare Ben » squittì, e in pochi secondi era già scomparso su per le scale, cercando di smettere di sorridere prima di arrivare alla camera del bambino.




Due mesi dopo



« Dov’eri finito? Hai già visto Ben? Sei riuscito ad augurargli buona fortuna? »

Chris roteò gli occhi, lanciando le chiavi contro il petto del fidanzato, che le prese al volo lanciandogli un’occhiataccia.

« Dove avrei dovuto vederlo, nei parcheggi? Ho preso la videocamera, ma dubito che riusciremo a riprendere qualcosa » si lamentò, avvicinando il binocolo e cercando di scorgere qualsiasi movimento; come parenti di un giocatore avevano il posto in prima fila, ma non sembrava servire a molto.

« Quello è stato perché doveva essere una sorpresa per i genitori. E come vedi, Ben ha pensato a entrambi » chiarì Zachary, prendendogli di mano il binocolo e controllando il campo.

Chris sentì una stretta piacevole al petto; giorni prima Ben gli aveva detto che era fortunato ad averlo nella famiglia, e Chris aveva avuto l’improvviso bisogno di andare al bagno a frignare, chiamando poi la sorella per un quasi attacco di panico per via della totale presa di coscienza della piega che la sua vita stava assumendo.

La cosa non era ancora superata del tutto, e stava diventando sempre più snervante.

Zachary disse qualcosa, ma Chris non lo ascoltò, troppo impegnato a osservare un Ben sorridente entrare in campo e salutarli entusiasta con la mano.

Chris alzò la mano di rimando, e mentre i giocatori cominciarono a scaldarsi, Chris si sedette nel suo posto e si mise a fissare gli hot-dog che Zachary gli aveva passato poco prima.

« Va tutto bene? » chiese l’altro, sedendosi e poggiandogli la mano nella gamba.

Chris la strinse, guardò Ben che saltava sul posto, sistemandosi il casco e ruotando la mazza tra le mani.

« È diventato bravo » commentò, facendo un cenno verso il campo.

Zachary sorrise, sorseggiando la Coca-Cola: « Ha un padre meraviglioso da cui ha preso tutto il talento » scherzò, facendogli l’occhiolino.

Chris inclinò leggermente la testa, mentre l’arbitro fischiava l’inizio della partita, poi sorrise a sua volta: « Sì, è così ».



*



Zachary sfogliò distrattamente il libro di matematica, poi lo chiuse con un colpo secco e guardò Chris: « Hai mai pensato a come sarà la tua famiglia? ».

Chris smise di scrivere e alzò lo sguardo dal quaderno. Guardò il muro davanti a sé per un po’, poi si girò verso Zachary e sorrise: « Ogni tanto penso di averne un’idea ».


 

Note d'autore:


E nulla, finisce qui.

Ora, non so a quanti di voi sia effettivamente piaciuto, quanti avrebbero voluto un motivo di litigio o un finale diverso, o quanti si aspettavano più informazioni- insomma, son quasi sicura che ci sia qualcosa che non va a genio, ma ci tengo a precisare che tutto ciò è stato scritto quasi di getto, e trovare un qualcosa che mi soddisfasse è stato complicato.

Tanto.

Il finale è un qualcosa che volevo infilare per forza, ma avendo scritto le parti al passato in contemporanea con la storia e a sé, non trovavo un posto che fosse adatto per una frase del genere. Ho pensato che alla fine chiudesse il cerchio, perciò ritengo stia bene lì dov'è.

Comunque, vorrei chiarire che alcuni aspetti come l'incidente di Gwynne, il rapporto costruito tra Chris, Zachary e Ben nei quattro mesi mancanti nella storia e anche alcune cose dopo (la dinamica del lavoro di Zachary e il conflitto con la mancanza di tempo nei confronti di Ben, il lavoro di Chris che ovviamente non sarà più quello di baby-sitter, Karl che è importante se non nella storia, almeno nella vita di Chris) saranno chiarite in un progetto che seguirà questo, e che io avevo già incluso a prescindere.

Ora come ora non ho un minimo di tempo (è la storia della mia vita - e anche quella dei Pinto, a quanto pare), devo essere sincera, non so quando riuscirò effettivamente a mettermici. Tengo a questa storia e mi dispiacerebbe vederla rovinata per la fretta.

Per il resto, se avete delle domande o se ci sono delle incomprensioni vi prego di farmele presenti; aiuta me come scrittrice negata quale sono, e voi a leggere qualcosa di accettabile.

Vorrei ringraziare chiunque mi abbia sostenuta, anche solo leggendo (vedo le visualizzazioni, tranquilli) o mettendomi in qualsiasi sezione, a chi si è preso qualche minuto per recensire (potete farlo anche per questo capitolo, non siate timidi) , e MartaSaru che si è dovuta sorbire le mie lamentele sull'incapacità di EFP di funzionare bene.

Grazie, davvero.

A presto, spero, con un'altra storia.

   
 
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