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Autore: Koori_chan    23/10/2017    0 recensioni
"Si dice che gli amici siano la famiglia che ti scegli, in questo caso le scelte di entrambi sono più che discutibili."
Shackleton e Gwendolynn sono amici da sempre, e non che questo sia un gran vanto. Per Lynn, più che altro, perchè lui dovrebbe baciare il suolo su cui cammina.
Alistair si è portato dall'isola di Lewis un terribile accento scozzese e la speranza che la vita universitaria in una grande città possa finalmente realizzare i suoi sogni accademici. A volte è così ingenuo da far quasi tenerezza.
Ben per lo più sonnecchia, tanto agli esami riesce bene comunque. E si prende cura degli altri tre, ovviamente, perché qualcuno con la testa sulle spalle all'interno del gruppo ci vuole. Anche se non è del tutto certo di essere lui, quel qualcuno.
Il punto è che quando vai ancora al Liceo la vita da universitario fuori sede sembra sempre un gran figata.
Quando vai all'Università, fra affitti da pagare, take-away cinese dell'ultimo minuto e il più bizzarro assortimento di amici che potesse capitarti, vorresti solo tornare indietro nel tempo al giorno dell'iscrizione e prenderti a ceffoni finché non cambi idea.
O forse no.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Wind
- 2° ANNO -
 
 



I pomeriggi si erano fatti più corti, schiacciati dalle nuvole grigie e appesantiti dall’umidità in arrivo dalla costa. Il tempo fino ad allora sembrava aver retto, ma era solo questione di giorni prima che la città venisse fagocitata dal diluvio autunnale.
La lezione di Istologia era saltata, e Ben si era ritrovato con due ore buche da riempire in qualche modo prima di tornare a casa. In effetti avrebbe semplicemente potuto trascinarsi verso il suo monolocale allo studentato e schiacciare un pisolino prima di incontrarsi con Shackles, ma qualcosa aveva deviato i suoi passi verso il parco e si era ritrovato a percorrere il lungo viale alberato calciando con noncuranza le foglie secche.
Di tanto in tanto incrociava qualcuno che portava a spasso il cane o qualche nonnina con le borse della spesa, ma fatta eccezione per quei pochi temerari nessun altro aveva osato avventurarsi al parco.
Quella mattina aveva fatto colazione con Alistair alla caffetteria dell’Università, e già a quell’ora del mattino il vento fuori dalle grandi vetrate del locale fischiava furioso.
Il suo vecchio compagno di corsi era arrivato all’appuntamento con qualche minuto di ritardo, una vera novità, ma le occhiaie spaventose sul suo volto avevano chiarito immediatamente lo stato delle cose.
- Tutto bene? – gli aveva chiesto, conoscendo già la risposta.
Il ragazzo si era tolto gli occhiali e si era sfregato gli occhi con entrambe le mani, incapace di trattenere un mugolio disperato.
- Scusa per il ritardo, Cook ha detto che si sarebbe fatto una doccia e gli ho ceduto il bagno. – aveva spiegato mentre recuperava dal tascone della giacca la tessera della caffetteria.
Ben aveva inarcato un sopracciglio e gli aveva offerto un sorriso sbieco.
- Sempre usare il bagno prima di Shackles. Regola numero uno della buona convivenza! – aveva citato in maniera saccente alzando l’indice e ridacchiando sotto i baffi del desiderio di uccidere negli occhi chiari dell’amico.
- Tre quarti d’ora, Ben. Tre quarti d’ora! Pensavo ci fosse annegato in quella stramaledetta doccia! – aveva sibilato, giusto perché se si fosse lasciato andare e avesse urlato tutto il suo disappunto alle otto del mattino gli altri studenti in caffetteria lo avrebbero linciato senza nemmeno passare dal via.
- E la ragazza! – aveva aggiunto, oltraggiato.
- Oh, la ragazza… - gli aveva dato corda Ben annuendo compunto, mentre in cuor suo stava morendo dal ridere.
- Se l’è portata in casa senza nemmeno avvisare, ti rendi conto?! Io ero lì sul divano a leggermi l’ultimo numero di National Geographic e sbam! La porta si spalanca ed entrano quei due avvinghiati come polpi! – aveva sbottato, questa volta senza curarsi di mantenere basso il tono di voce.
- Tutta la notte sono andati avanti! Ho dovuto mettermi le cuffie! –
Ben non ce l’aveva più fatta ed era scoppiato a ridere davanti all’espressione oltraggiata di Alistair.
- Caro mio, ma è così semplice! L’anno scorso, la prima volta che ho trovato un calzino sulla maniglia, ho aspettato il momento più propizio, mi sono intrufolato in camera, e ho rubato tutti i vestiti di Shackles eccetto l’accappatoio. E li ho nascosti. Per due giorni. –
Missione compiuta, l’amico era scoppiato a ridere assieme a lui, il nervoso sbollito alla luce di quel racconto.
Ancora ridendo era andato a recuperare il suo cappuccino e il caffè di Ben, per poi sedersi nuovamente al tavolo e passarsi una mano fra i capelli.
- Spero di non dover ricorrere a misure così drastiche… - aveva commentato, e per un momento Ben aveva avuto l’impressione che l’avesse creduta solamente una battuta.
Aveva scrollato le spalle, consapevole che non avrebbe certo avuto bisogno di provare la veridicità di quella vicenda quando la vita stessa si sarebbe prodigata affinchè Alistair si rendesse conto da solo della situazione.
- Shackles potrà non sembrare il migliore dei coinquilini, e in effetti non sono certo nemmeno io che lo sia, ma è un bravo ragazzo e gli affiderei la mia vita se fosse necessario. –
- Hai una bassissima opinione della tua vita, Ben. – aveva replicato Alistair con aria cupa.
- Vedrai, è solo questione di conoscerlo meglio. E’ una di quelle persone a cui non si può non volere bene. – lo aveva rassicurato con una pacca sulla spalla e un sorso al caffè, Alistair che roteava gli occhi.
In realtà, se fosse stata una persona caritatevole, sarebbe andato lui a vivere con il suo vecchio compagno di corsi e avrebbe ceduto a Shackleton il suo posto in studentato, ma si dava il caso che Ben non fosse una persona caritatevole. “Sono un medico, non un buon samaritano” era stata la sua presa di posizione quando l’ipotesi del sacrificio aveva fatto capolino alla sua coscienza. Era bastato quello per mettere a tacere il rimorso, e poi aveva come la sensazione che con un po’ di abitudine sulle spalle Alistair e Shackles si sarebbero scoperti ottimi coinquilini. Dopotutto entrambi avevano bisogno di prospettive diverse nelle loro vite.
- In ogni caso per stasera puoi stare tranquillo, andiamo a bere qualcosa insieme dopo cena, vuole presentarmi una sua amica. Starò attento che non torni a casa con sorprese. – lo aveva rasserenato con un ghigno.
- Una sua “amica”… - Alistair aveva mimato le virgolette con le dita, come se la sua espressione scettica non fosse stata già sufficientemente eloquente.
Apparentemente in quella settimana scarsa aveva inquadrato Shackleton alla perfezione.
Ma stranamente quello non era il caso, e Ben si era ritrovato a scuotere la testa e a buttare il peso all’indietro, lo schienale della seggiola a sorreggerlo e le mani incrociate dietro la nuca.
- No, non questa volta! Pare che la tipa sia una sua amica d’infanzia. Come una sorella o robe del genere, off-limits, insomma. –
L’amico l’aveva guardato a lungo, una sottile ruga fra le sopracciglia ad indicare che non credeva davvero che potesse esistere qualcosa di off-limits per Cook.
Si erano salutati così, Ben che era andato a sonnecchiare sulle prime due ore di Chimica 2 e Alistair che si era chiuso in biblioteca per lavorare a chissà quale tesina con due mesi di anticipo sulla consegna, mentre fuori il vento continuava a fischiare.
Ben infilò le mani in tasca e alzò lo sguardo sul cielo plumbeo mentre attorno a lui le foglie secche si alzavano in mulinelli colorati di rosso e di giallo.
Anche se Shackleton gli aveva promesso di offrirgli la birra non aveva tutta quella voglia di uscire con lui, quella sera. Dopotutto nulla gli assicurava che Alistair non avesse ragione: il suo migliore amico aveva trascorso l’ultimo mese in casa di quella fantomatica Lynn di cui non faceva che parlare da quando si era iscritto in facoltà, probabilmente, amica d’infanzia o meno, avrebbero finito per limonare dando la colpa all’alcool e lui sarebbe stato il solito reggimoccolo.
Fu con quel pensiero poco piacevole che le prime gocce di pioggia presero a precipitargli sulla fronte, seguite da altre sempre più violente al punto che in pochi secondi il maglione era già completamente bagnato.
- Fantastico. – commentò a mezza voce, correndo lungo il sentiero fino al gazebo neoclassico che si specchiava sul lago. Avrebbe atteso lì qualche minuto e se il temporale non avesse accennato a diminuire avrebbe telefonato a Shackles e si sarebbe fatto venire a prendere con un ombrello. Dopotutto era in debito con lui di tremila cose, glielo doveva.
Fu a quel punto, entrando finalmente nel cono d’ombra del gazebo e alzando lo sguardo, che la vide.
Non si era accorto della sua presenza, troppo impegnato a imprecare mentalmente contro la pioggia, ma nemmeno lei sembrava averlo notato, appoggiata alla balaustra con gli avambracci e tutta intenta a scrutare qualcosa di cui non colse la natura.
Era senza dubbio la creatura più bella che Ben avesse mai visto, elegante come un giunco, i fini capelli neri sciolti sulle spalle e l’aria assorta. Nonostante venisse spesso al parco non l’aveva mai incontrata prima e quando finalmente la ragazza si accorse della sua presenza, gli occhi neri spalancati e le guance rosse d’imbarazzo, non riuscì a dire nulla, completamente spiazzato.
- Ehm… buongiorno. – balbettò solamente, spostando il peso da un piede all’altro come un perfetto imbecille.
- Non volevo spaventarti, mi… mi dispiace. – continuò, gli occhi della sconosciuta ancora fissi su di lui.
Si vergognò del suo aspetto, della barba di due giorni, della camicia a quadri che gli usciva dai jeans e delle scarpe vecchie e logore. Lei sembrava appena uscita da un film, gli abiti abbinati e il trucco impercettibile ma curato, e lui aveva l’aria di un barbone fuggito dalla mensa dei poveri.
Forse incolpare sempre Shackles della sua scarsa fortuna con le donne non era completamente onesto, si ritrovò a pensare.
- Tranquillo! Ero sovrappensiero! –
La ragazza gli sorrise, la voce dolce eppure percorsa da un fremito di lieve eccitazione.
- E’ la prima volta che vengo in questo parco, è molto bello. – aggiunse, quasi si fosse sentita in dovere di intrattenere un minimo di conversazione di cortesia.
Ben annuì e mosse qualche passo avanti, affiancandola alla balaustra.
- Già. E’ per questo che non ti ho mai vista! – ma come ebbe terminato la frase se ne pentì. Ci mancava solo che sembrasse uno stalker…
La sconosciuta non parve farvi caso e tornò a guardare il cielo, come se la sua presenza non la disturbasse affatto.
Rimase in silenzio qualche istante, poi parlò ancora.
- Sono nuova in città. Non credevo bastasse così poco per sfuggire al caos della metropoli… - fece con un gesto della mano ad indicare il lago davanti a loro, la superficie increspata dal vento di tanto in tanto schiaffeggiata dai rami più bassi dei salici.
Ben sorrise, vagamente malinconico.
- E’ quello che mi ha colpito di qui quando sono arrivato. La vita universitaria è divertente, ma ogni tanto il silenzio manca… - commentò.
- E’ per questo che sei venuta qui da sola? – chiese poi. La ragazza inclinò appena la testa di lato e scoppiò a ridere.
- Questo sì che è un modo bizzarro di provarci! – esclamò.
Il giovane avvampò e incrociò le braccia al petto, distogliendo in fretta lo sguardo e grugnendo qualcosa di incomprensibile.
Che idiota, ma perché non riusciva ad essere padrone delle parole che lasciavano la sua bocca? Che fine aveva fatto il solito Ben dalla risposta pronta e dal cinismo proverbiale?
- Ammetterai che è altrettanto bizzarro trovare una bella ragazza completamente sola in un posto come questo. Di solito il gazebo è roba da coppiette. – riuscì finalmente a replicare, un po’ più se stesso di quanto non fosse stato negli ultimi minuti.
Fu il turno della ragazza di arrossire e di abbassare lo sguardo.
- Non c’è nulla di male a stare bene per conto proprio. – borbottò, e a Ben parve quasi che stesse cercando di giustificarsi.
Era un’ombra strana quella che si era acquattata in fondo ai suoi occhi, e per un attimo ebbe l’impulso di posarle una mano sulla spalla e dirle che non c’era nulla di male e lui stava solo scherzando.
Dopotutto era il primo a recarsi continuamente lì in cerca di solitudine. A lungo andare aveva imparato a farsela bastare.
- No, affatto. L’amor proprio è sottovalutato di questi tempi… - commentò invece, il pensiero immancabilmente rivolto a Shackleton.
La ragazza rise di nuovo, e in quella risata gli sembrò che si conoscessero da sempre.
- C’è chi avrebbe proprio bisogno di sentire queste parole! – rise ancora, nello sguardo un affetto che però mise Ben a disagio.
- Beh, insomma, siamo due eremiti, quindi! – continuò senza notarlo.
- Che ci vuoi fare, la società fa schifo! Il gazebo è decisamente meglio, anche se c’è il rischio di finire come un personaggio di Dostoevskij! –
Questa volta non rise alla sua battuta. Gli dedicò invece uno sguardo intenso e indagatore, come se quella sortita l’avesse di colpo risvegliata da uno stato di torpore, come se le avesse svelato una verità a cui non aveva prestato attenzione.
- Hai letto Dostoevskij? – domandò quasi in un soffio.
Ben si finse offeso da tanto stupore.
- Un uomo che sa leggere! Sacrilegio! – fece, alzando le braccia al cielo fintamente sconvolto.
La ragazza sbuffò cercando di frenare un sorriso e diede le spalle alla balaustra, i capelli imperlati dalla pioggia ora che il vento aveva cambiato direzione.
- Insolito ma affascinante. – gli concesse, criptica.
Poi recuperò l’ombrello dalla borsa e si mosse verso il diluvio.
- Temo che l’elogio al nichilismo debba attendere, mi aspettano altrove e devo rendermi presentabile. – spiegò con un piccolo inchino.
Ben non riuscì a capire se lo stesse facendo per simpatia o per burlarsi di lui.
- E assecondare le convenzioni? Mi deludete, signorina. Mi aspetterei da voi almeno un atto di rivolta! – decise di reggerle il gioco.
La sconosciuta assottigliò gli occhi, le lunghe ciglia ad adombrarle le guance e un ghigno quasi di sfida sulle labbra rosse.
Aprì l’ombrello e abbandonò il gazebo, facendogli cenno di seguirla.
- Ma certo! Rovescerò ogni aspettativa e sarò io a scortare voi all’asciutto! –
Lo studente scosse la testa e si passò una mano fra i capelli scuri e ancora gocciolanti.
Fecero la strada a ritroso stretti sotto l’ombrello azzurro della giovane, attenti a evitare le pozzanghere e accerchiando i cumuli di foglie portate dal vento.
Quando uscirono dal parco, proprio davanti alla fermata dell’autobus, la ragazza drizzò la schiena e si fece seria di colpo.
- Il mio bus, devo andare! –
Non aggiunse altro, non lo salutò nemmeno e si premurò solamente di correre verso il mezzo, balzando a bordo giusto in tempo.
Ben la guardò andare via, l’ombrello stretto in mano e il vento che, spirando in tutte le direzioni, lo stava di nuovo infradiciando dalla testa a piedi.
Un incontro surreale, decisamente surreale.
Fu solo quando l’autobus sparì svoltando oltre l’isolato e una folata più aggressiva delle altre rovesciò l’ombrello piegandone le stecche che Ben si accorse del vero disastro.
Non le aveva nemmeno chiesto il nome.
 




 
La pioggia non aveva cessato un istante di rovesciarsi sulla città, rendendo le strade dei fiumi in piena e i tombini delle paludi gorgoglianti.
Alla fine l’autunno aveva colpito in pieno l’Inghilterra, facendo abbandonare definitivamente ai suoi abitanti ogni speranza di luce e calore per i mesi successivi.
Lynn era arrivata a casa completamente zuppa, i calzini da strizzare e i capelli grondanti appiccicati alla faccia. Come aveva potuto dimenticarsi l’ombrello?!
Si era liberata dei vestiti alla velocità della luce e li aveva scaraventati nella cesta dei panni sporchi, per poi ficcarsi sotto il getto rovente della doccia.
In circostanze differenti quella giornata fredda e buia l’avrebbe messa di cattivo umore, ma qualcosa quel giorno continuava a riportarle sulle labbra un sorriso distratto nonostante gli sforzi, e fu con lo stesso sorriso che accolse Shackles alla porta.
- Dimmi che hai un ombrello di scorta. – fu il saluto del ragazzo.
Lynn percorse la sua figura da capo a piedi, per poi sussultare appena quando notò il cadavere accartocciato che l’amico teneva nella destra. Tese le labbra e scosse la testa, facendogli segno di entrare e andando a recuperare il cellulare.
- Facciamo che chiamo un taxi, ok? – propose.
Shackles si sedette sul divano e buttò il capo all’indietro, stanco morto.
- Grazie a dio sei ricca! – esalò, melodrammatico come sempre.
In tutta risposta gli lanciò in faccia un asciugamano per i capelli e si lasciò cadere accanto a lui, il vestitino di lana arrotolato fin sopra le cosce e le gambe incrociate sul divano.
- Sono solo dieci Sterline, Shackles, sei tu che sei un pezzente. – commentò mentre l’altro nascondeva la faccia nell’asciugamano.
- Ci credo che sono un pezzente, spendo tutti i miei soldi in ombrelli! Questo è già il terzo che faccio fuori questa settimana per colpa di questo maledetto vento! – sbraitò.
Lynn alzò gli occhi al cielo, di nuovo quello strano sorriso a illuminarle il volto.
- Un bel vento di cambiamento… - sussurrò.
Non si era resa conto di averlo pronunciato ad alta voce, perché in tal caso sarebbe stata consapevole che Shackles non l’avrebbe più lasciata in pace.
- Allora è vero! – esclamò infatti.
- E’ successo qualcosa! Qualcosa che non mi hai ancora raccontato! Lo sapevo che quel sorrisetto significava gossip in arrivo! Spara! – continuò alla sua espressione interrogativa.
Lynn si alzò in piedi, come se quel gesto avesse potuto aiutarla a fuggire dalle grinfie dell’amico, le dita che sbloccavano e ribloccavano la tastiera del cellulare spasmodicamente.
- Non è successo nulla, Shackles. – fece, più vaga di quanto non avesse voluto mostrarsi. Fu sufficiente, il ragazzo si alzò a sua volta e la raggiunse al tavolo, poggiandovi i gomiti e rivolgendole un sorriso terrificante.
- Quindi si tratta di un ragazzo. – cinguettò, consapevole di averla messa con le spalle al muro. La conosceva troppo bene per non capire cosa stesse nascondendo.
- Può darsi. – ribatté lei.
Non ebbe risposta se non gli occhi azzurri del giovane piantati nei suoi.
- D’accordo, d’accordo! Oggi ho conosciuto un ragazzo e abbiamo scambiato qualche parola ed è stato un incontro interessante! Tutto qui! Niente scandali di sorta! – sbottò lei, alzando le braccia al cielo e sbuffando sonoramente.
Il cellulare annunciò con un bip che il taxi era arrivato, e la giovane ringraziò ogni pantheon per quel diversivo. Era vero, nonostante il buon umore che le aveva messo addosso, l’incontro di quel giorno non significava niente. Dopotutto non sapeva nemmeno se si sarebbero mai rivisti, che senso aveva fantasticare oltre?
Salirono in taxi in silenzio, Shackles che ogni tanto si faceva sfuggire un risolino e le mollava qualche gomitata e lei che in tutta risposta gli piantava due dita fra le costole e a sua volta rideva dei suoi sibili di dolore.
Quando il tassista li mollò davanti al pub aveva momentaneamente smesso di piovere, cosa di cui l’individuo in piedi davanti alla porta non doveva essersi accorto, dal momento in cui se ne stava ancora al riparo del suo ombrello azzurro dalle stecche tutte scivertate.
- Ben! Piantala di arrivare in anticipo, altrimenti sembro sempre in ritardo! – esclamò Shackleton, marciando sicuro verso lo sconosciuto e battendogli un’affettuosa pacca sulla spalla.
- Tu sei sempre in ritardo, Shackles! – fu il commento di Lynn, ma la sua voce non fu l’unica a pronunciare quelle parole.
Il ragazzo, che aveva chiuso l’ombrello distrutto, aveva parlato esattamente in coro con lei.
Ma non fu quello a far spalancare a entrambi la bocca di stupore, piantati in mezzo alla strada come due ebeti mentre l’amico comune faceva guizzare lo sguardo da una all’altro in cerca di delucidazioni.
- Dostoevskij? – balbettò lei.
- Oddio, non ci credo. – fu la sua replica, prima che entrambi scoppiassero a ridere.
Shackleton incrociò le braccia al petto, mettendo su lo stesso broncio di un bambino a cui viene sottratto il gioco preferito per castigo.
- Aspetta, aspetta! Volete dirmi che vi conoscete già? – biascicò, offeso.
Lynn e Ben si scambiarono uno sguardo imbarazzato, indecisi su come rispondere a quella domanda. Si conoscevano? No di certo, eppure sembrava l’esatto contrario.
- Vabbè, non importa, basta che mi facciate credere di essere stato io a presentarvi, okay? – continuò Shackles nel suo bizzarro infantilismo, portandosi in mezzo a loro e conducendoli verso l’intero del locale.
Il caos del pub li accolse con allegria, circondandoli di caldo e di musica e chiudendo fuori dalla porta il vento impetuoso.
Bastò uno sguardo, un sorriso sfuggevole e un inchino appena accennato e Lynn capì che Shackles non sarebbe mai dovuto venire a sapere dell’incontro di quel pomeriggio, quello sarebbe stato il loro piccolo segreto, una delle tante sciocche e affettuose vendette ai danni dell’amico comune.
Si conoscevano? No di certo, ma avevano tutto il tempo del mondo per rimediare.
  
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