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Autore: Ash Visconti    23/10/2017    3 recensioni
Un guerriero ed un mago. Due gemelli di una nobile casata. Due difensori della loro terra e del mondo dalle forze del Male.
Storia partecipante al contest "Tredici storie per tredici fratelli" indetto dal The XIII Order Forum.
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Teclis ricordava bene come il suo gemello si conquistò il titolo di “Difensore di Ulthuan”. Avvenne circa due secoli fa, durante la Grande Guerra contro il Caos.
Essa coinvolse due luoghi: il continente ad oriente di Ulthuan, abitato dagli umani, e la casa stessa degli Alti Elfi.
Era un periodo cupo per l’isola sacra dove dimoravano tutti gli Alti Elfi: orde di Elfi Oscuri, accompagnati da alleati del Caos guidati dal loro Re Stregone di Naggaroth, Malekith, avevano invaso la loro splendida casa, mettendola ferro e fuoco per la maggior parte.
Pareva che il sovrano degli Elfi Oscuri fosse sul punto di ottenere la sua vendetta sugli odiati Alti Elfi, vendetta che covava da millenni. E pensare che in origine gli Elfi Oscuri facevano parte anche loro del popolo degli Asur che viveva su quella splendida e grande isola chiamata Ulthuan!
Un popolo di Elfi unito e forte, ed ora diviso in tre stirpi, di cui una votata all’Oscurità, quale dolore per i fedeli del Dio Asuryan!
Ed era di nuovo guerra tra gli Asur, gli Alti Elfi, ed i Druchii, gli Elfi Oscuri. Ma più che in precedenza, Ulthuan era stata devastata da quella guerra eterna.
Teclis non aveva esitato ad agire per difendere la sua bella casa, mettendo in campo la magia che albergava nel suo essere, insieme agli altri maghi.
Con lo stesso ardore aveva agito suo fratello gemello, Tyrion. Il nobile e forte Tyrion, già noto come uno spadaccino fenomenale nell’isola, che aveva già superato il suo maestro di spada.
Tyrion aveva dimostrato grande valore in quella guerra e due eventi gli fecero guadagnare il titolo di “difensore”, lo stesso del loro venerabile antenato.
Prima salvò, tutto da solo, la Regina Eterna di Ulthuan, Alarielle, da grandi pericoli, un’impresa indubbiamente degna di grande lode e maestria.
Ma fu alla Battaglia della Piana di Finuval, che Tyrion dette dimostrazione di tutta la sua abilità ed il suo valore.
Era quella la battaglia cruciale di quella guerra: dal sangue versato in quel luogo di Ulthuan, si sarebbe deciso il destino dell’isola di e di due intere stirpi. Ogni sodato, di ogni schieramento, conscio di questo, avrebbe lottato con ogni briciola del suo essere per far trionfare la sua fazione.
Tyrion era stato nominato comandante supremo dell’esercito di Alti Elfi. E chi meglio del membro di un casato che discendeva direttamente da Aenarion il Difensore, il primo Re Fenice di Ulthuan, nonché colui che aveva salvato la Regina Eterna, cuore spirituale dell’isola, dai malvagi poteva condurre in battaglia gli Asur?
Tyrion aveva un grande fascino, alle persone piaceva e sapeva come metterle e a proprio agio anche in quel frangente.
Per tutto il giorno precedente era stato a studiare un paino tattico assieme ai suoi ufficiali, e poco prima della battaglia lo ripassò velocemente con loro.
Un po’ teso lo era, e chi non lo sarebbe stato? Ma era anche determinato a combattere fino in fondo per la sua sacra casa e per le persone a cui teneva.
Esattamente come Teclis.
Dopo avere dato le ultime disposizioni, Tyrion trovò il tempo di parlare con lui in tono più confidenziale.
“Malekith si crede invincibile” commentò accennando col capo alle forze nemiche schierate per la battaglia. “Gli facciamo cambiare idea, fratello?” aggiunse con un sorrisino.
Teclis gli sorrise di rimando.
“Un’idea che approvo”.
Quando giunse l’ora, mentre il cielo era coperto di nubi e le forze del Male bramavano la battaglia, Tyrion spronò gli uomini, ergendosi in tutta la sua possanza con la sua splendida armatura e levando in alto la spada.
“Il Fato nostro e della nostra casa si deciderà qui! Avanti! Per Ulthuan e per i giorni che verranno!”
E la battaglia cominciò. E caricarono. E combatterono. Per un cieco istinto di violenza, distruzione e tirannico dominio da una parte. Per la loro casa, per le loro famiglie, per il Bene dall’altra parte.
Soldati dalle bianche armature si scontravano con soldati dalle nere armature, i venti della magia facevano ribollire l’aria, nugoli di frecce solcavano il cielo da una parte e dall’altra. Splendidi cavalieri bianchi in sella a bianchi destrieri duellavano con cavalieri neri in sella ai Freddi, i feroci rettili bipedi allevati a Naggaroth.
Draghi neri e draghi azzurri ruggivano, cavalcati dai principi o dai nobili più importanti delle loro fazioni mentre grandi aquile calavano sui Druchii.
Tyrion era in testa agli Elmi d’Argento, la cavalleria pesante di Ulthuan, fiancheggiato da fanti armati di lance e grandi scudi che avanzano compatti.
Il suo cavallo fu abbattuto, ma Tyrion riprese a combattere a piedi, mulinando la spada, diventata fiammeggiante per le rune incise sulla lama, a destra e a manca.
Teclis lo aveva seguito lasciandosi pervadere da tutto il suo potenziale magico: solo gli stregoni degli Alti Elfi potevano manipolare gli Otto Venti della Magia insieme. Era l’Alta Magia, una cosa che nessun’altra razza riusciva ad eguagliare tanto era difficoltosa.
Tyrion combatteva con ardore, falciando un nemico ogni volta che la sua spada calava, pareva proprio la reincarnazione del loro antenato, il famoso Aenarion il Difensore, primo Re Fenice di Ulthuan.
Teclis era al suo fianco devastando i nemici coi suoi incantesimi, rapidi, potenti e precisi. Niente pareva tenergli testa, nessuna strega oscura riusciva contrastarlo ed i soldati nemici venivano scaraventati lontano. E qualora ne aveva bisogno usava la sua spada personale, che aveva fabbricato lui stesso.
Per un attimo provò preoccupazione quando perse di vista il fratello a causa della calca ma poi lo rivide: stava lottando con un Elfo Oscuro che spiccava tra gli altri per la sua corazza più ricca ed ornata.
Lo riconobbe perché la triste fama lo precedeva.
Era Urian Lamavenefica, il Campione di Malekith. Il più spietato e pericoloso assassino di quella gente.
Tutto intorno si era formato un largo cerchio dove gli Elfi osservavano i loro due campioni impegnati in un duello all’ultimo sangue.
Sarebbe rimasto a guardare il fratello, ad attendere con ansia l’esito di quel duello significativo, ma il fronte di quella battaglia era vasto, ed altrove era richiesta la sua magia.
Dovette aiutare una linea che stava cedendo, salvando i valorosi Maestri di Spada di Hoeth, dal rischio di annientamento.
Fu quando abbatté una gigantesca Idra che poté finalmente osservare l’esito del duello, che era giunto al suo esito: Tyrion era malconcio e stanco, ma dritto e fiero, ai suoi piedi il cadavere dell’avversario.
Gli Alti Elfi esultarono e Teclis in cuor suo esultò con loro.
L’attacco riprese con rinnovato vigore: Teclis e Tyrion avevano visto campagne e foreste in fiamme, città distrutte e la loro gente uccisa; era tempo di fare giustizia.
Fu allora che intravide il Re Stregone.
Stava su un dosso del terreno a contemplare la battaglia, avvolto nella sua cupa ed inquietante armatura usando la magia per infrangere eventuali frecce che lo prendevano di mira. Ed osservava l’esito della battaglia: dopo la caduta del suo campione essa stava prendendo un esito contrario a quello che sperava.
Malekith urlò di rabbia e scatenò la sua magia, ma Tyrion, giunto abbastanza vicino, la contrastò.
Il Re Stregone lo fissò furioso.
“Non cantate vittoria troppo presto! Presto o tardi avrò la mia rivincita su Ulthuan e su tutti voi!”
“Malekith!” urlò Teclis di rimando per sovrastare il frastuono della battaglia. “La tua causa è persa, come la causa di tutti quelli che operano nel Male!”
“Risparmiami la predica!”
L’incantesimo oscuro fu respinto, ed ancora i poteri magici si scontrarono, equilibrandosi.
“Ma guardati, Malekith! Se tuo padre fosse ancora vivo si caverebbe gli occhi pur di non vedere cosa sei diventato!”
Malekith non fece caso a quello sfogo di Teclis che veniva dal cuore.
“Mio padre è morto millenni fa” dichiarò con tono indifferente. “Lascia stare i morti e combatti, mago! Il giudizio di che è morto vale meno di zero.”
Osservando quell’oscura figura, Teclis non poté non pensare che stava affrontando quello che, a rigor di logica, era un membro della sua famiglia.
Malekith, secondogenito di Aenarion. Teclis e Tyrion, due gemelli discendenti di Morellion, primogenito di Aenarion. Com’era ironico il Fato a volte!
Allontanò quel pensiero, il fatto che in tutti e tre scorresse il sangue di Aenarion era totalmente irrilevante: l’Elfo che aveva davanti era solo un mostro e come tale andava trattato.
La magia di entrambi avvampò.
Il nemico non volle cedere così facilmente, lottò con tutte le sue forze, ma ormai le sorti erano contro di lui e la sua invasione di Ulthuan era destinata alla sconfitta.
Maledicendo la sorte Malekith si ritirò, uscì vivo da quella guerra, solo per avere l’occasione di tornare alla carica in futuro.
Alla Battaglia della Piana di Finuval gli Alti Elfi caricarono i nemici e li vinsero, scacciandoli dalla loro isola.
Gli Elfi Oscuri fuggirono verso la loro terra, sconfitti e decimati. Il loro Re Stregone era Malekith, era vivo, ma furibondo per la batosta subita.
La Luce e l’Ordine avevano vinto. I servi del Caos era ancora una volta stati respinti.
I bardi avrebbero cantato quella gloriosa battaglia negli anni a venire e celebrato gli eroi che vi parteciparono e vi morirono.
Ulthuan non sarebbe caduta nelle mani del Male.
Non finché ci sarebbero stati loro due. Teclis e Tyrion.
   
 
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