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Autore: BeautifulMessInside    23/10/2017    2 recensioni
"Non hai paura di morire?" - "Non ho molte ragioni per vivere."
Cara non sarebbe dovuta salire su quell'aereo, non sapendo che Joseph Michaelson, detto il Lupo, sarebbe stato sul suo stesso volo.
Joseph non avrebbe dovuto salvare la ragazza, non sapendo chi lei fosse. Ma Joseph non ha idea di chi sia Cara e lei non può sapere che lui davvero farà il grosso sbaglio di salvarla.
Assassini, famiglie potenti, attrazioni pericolose e segreti nascosti in una storia dove non tutto è come sembra.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XX

ECCOCI! L'EPILOGO CHE TANTO HA TARDATO AD ARRIVARE E' FINALMENTE QUI, USCITO TUTTO DI GETTO, TUTTO O QUASI IN UN GIORNO.

CHI MI CONOSCE SA QUANTA DIFFICOLTA' ABBIA NEL METTERE LA PAROLA FINE, QUINDI HO ASSECONDATO L'ISPIRAZIONE ED ECCOMI QUI.


GRAZIE, GRAZIE MILLE A TUTTI VOI!!


MARTINA


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CAPITOLO XX



ESSEX, VERMONT



Non c'era voluto molto per scoprire dove fosse Robert. Di certo era strano pensare che il suo destino stesse per compiersi proprio in quella piccola città, appena 20000 anime, con uno dei più bassi indici di criminalità di tutto il paese. Non fosse per le massicce escursioni termiche e l'aria gelida dal Canada, sarebbe stato un posto perfetto per vivere, magari con una grande casa dalla porta rossa ed un'immacolata staccionata bianca.


Davanti ai suoi occhi si apriva il largo viale verso la villa: tre grandi facciate bianche con tetti spioventi, ogni parete ornata da grandi finestre blu. I quattro alti comignoli di mattoni si ergevano come torri di un castello, atte a completare il già maestoso ingresso, con le sue colonne greche ed il suo enorme portone blu.


Cara riprese a camminare sul brecciolino, avvolta dal giallo-verde degli aceri in fiore. Il profumo del giardino sovrastava ogni altro odore, accompagnando i suoi passi nervosi al ritmo del canto degli uccelli.


Quando fu finalmente davanti al portone, lo stesso le si aprì davanti senza che nemmeno bussasse. Stupido pensare che non si fosse ancora accorto della sua presenza. La domestica, rigida nella sua divisa inamidata, accennò un sorriso muto e le fece cenno di entrare


Prego Signorina Phillis.”


La stava aspettando ed il solo pensiero le fece schizzare il cuore in gola. Quanto poteva essere arrabbiato? Abbastanza da spararle un colpo in fronte appena voltato l'angolo? Suo malgrado sorpassò la soglia, ostentando una sicurezza che davvero non le apparteneva. Senza rispondere al saluto respirò l'aria fresca di quella casa, pregna di odori forti e delicati, come se l'aroma di una cucina in opera si fosse mischiato alle rose bianche e gialle sparse in grandi vasi per la stanza.


L'enorme salotto, con la sua perlinatura alle pareti ed i larghi tappeti persiani, l'accoglieva a bocca aperta come le fauci di un leone affamato.


Desidera qualcosa da bere Signorina?”


Cara sussultò voltandosi verso la domestica. Scosse il capo


No grazie.”


L'altra annuì avviandosi verso le cucine


Robert è qui?”


Le uscì di bocca contro la propria volontà, come se la sua paura fosse in grado di parlare da sola. Perché tanto spavento poi? La morte era sempre stata un'opzione negli ultimi anni della sua vita e come tale l'aveva sempre vissuta, senza temerla. Non aveva nulla da perdere dopo tutto. Perché mai adesso la sola idea di farla finita le faceva tremare le ginocchia? Trattenne un lungo sorso d'aria. Maledetto Joseph Michaelson. Era tutta colpa sua e delle sue stupide stramaledette emozioni, della sua idea di un futuro e del suo continuo parlare di libertà. Solo e solamente per colpa sua. Adesso sul suo piatto c'era di nuovo qualcosa da perdere, qualcosa di grosso oltretutto.


Cara?”


La voce avvolgente di Robert vibrò per la stanza, più dolce e stupita di quanto avesse potuto aspettarsi. Bagnando le labbra e respirando a fondo Cara voltò il capo oltre la spalla sinistra. Il più bianco e lucente dei sorrisi si aprì sul volto del suo salvatore, una candida mezzaluna in perfetto contrasto con la pelle liscia ed abbronzata.


Il nodo che teneva strette le corde vocali di Cara si sciolse di colpo restituendole la capacità di respirare. Le sue labbra risposero involontariamente al gesto, immediatamente incantate dalla genuinità di quell'espressione. Che le fosse mancato tanto fino a quel momento era un mistero perfino per lei, l'uomo che le aveva restituito la voglia di vivere, che le aveva donato uno scopo, che l'aveva resa forte e sicura in cambio di nulla o poco più.


Le braccia forti di Mancini la strinsero in un lungo abbraccio, il suo profumo, intenso e muschiato, le riempì le narici come un caldo ricordo d'infanzia. Solo quando si trovò finalmente di fronte quei profondi occhi scuri ricordò il vero motivo che l'aveva portata fin lì e quella meravigliosa sensazione di calore scivolò giù fino a schiantarsi sul gelido pavimento.


Cara fece un passo indietro, di nuovo a corto d'aria


Mi dispiace.”


Le parole graffiarono contro il palato asciutto, ma l'altro parve non scomporsi. Il sopracciglio di Robert si sollevò confuso per un istante


E di cosa? Ti stavo aspettando.”


Ancora una volta Cara mimò la stessa espressione, chiaramente spiazzata da quella reazione. Si schiarì la gola


Ho agito alle tue spalle.”


Già rimpiangeva le forti braccia paterne che non avrebbe più sentito addosso. Robert scoppiò in una genuina risata, la stessa di sempre, quasi avesse detto la più assurda stupidaggine.


Vieni con me.”


Le porse la mano, ma Cara non riuscì ad afferrarla, muovendosi alle sue spalle verso una meta che non conosceva.


Un'altra sala, più piccola e profumata di menta e tabacco, li accolse mentre un gran sole filtrava tra le tapparelle. Robert tirò fuori una bottiglia di champagne bordata d'oro e, sottolineando il gesto con un colpo di sopracciglia, fece saltare il tappo. Un fiotto di schiuma bianca si versò sul parquet lucido, ma nessuno dei due parve badarci. Due flutes vennero immediatamente riempite e Cara si trovò di fronte agli occhi il luccichio delle bollicine e delle iridi di Mancini


Ce l'hai fatta figlia mia!”


Di nuovo il caldo l'avvolse da dentro mentre la mano continuava a tremare. Circondata da orgoglio e soddisfazione non riusciva a gioire nemmeno per un secondo, convinta che quella felicità non le spettasse. La morte di William non le aveva restituito sua madre, tanto meno lunghe notti di sonno profondo e nuova stima per sé stessa.


Bevi.”


A metà tra ordine ed invito, Cara mandò giù il fresco pizzicorìo dello champagne e per un secondo non pensò al vuoto che le si agitava dentro.


Ma ti ho tradito...”


Lui sorrise di nuovo vuotando il bicchiere


Credi davvero che mi importi?”


Altro liquido ambrato si versò nel suo calice


William Michaelson è morto Cara. La nostra vendetta è compiuta.”


Immediatamente lei scosse la testa


Non l'ho ucciso io...”


Le voce le si spezzò in bocca


...Ho fallito.”


Il pollice bollente di Robert la costrinse a sollevare il volto


Tu l'hai reso possibile figlia mia. Non avrai premuto il tuo grilletto, ma non di meno l'hai ucciso...”


Le sue grandi mani le strinsero il viso scaldandola all'istante


...Hai ucciso William Michaelson e diviso i suoi figli. Non potrei essere più fiero di ciò che sei diventata.”


Ogni sua parola suonava strana, nondimeno il suo petto divenne più leggero e per un attimo riuscì a credere che fosse vero, che la sua missione fosse davvero compiuta e che il suo dolore sarebbe sparito per sempre.


L'accenno di un sorriso le si aprì in viso, ricambiato in pieno dall'orgoglio di lui


Seguimi, ho qualcosa per te.”


Di nuovo le parve di fluttuare da una stanza all'altra, mossa solo dalla forza che quell'uomo emanava da ogni singolo poro. Manny venne fuori dall'oscurità con la sua valigetta in mano. Aprendola sulla scrivania tirò su le maniche, ogni suo tatuaggio ben in vista sugli avambracci. Un cobra reale avvolto attorno ad un fucile, puntato contro una donna che sorrideva all'ombra di una luna rossa. Lo sguardo di Cara si fermò lì, sulle bottigliette che andava spandendo sopra il mogano del vecchio mobile. Solo allora realizzò che il tatuatore dei merli era lì di fronte a lei, pronto a fare il suo dovere. Rivolse gli occhi a Robert con un balzo, lui sollevò le spalle


La prima volta che ti ho visto ho saputo all'istante cosa saresti diventata. Quelle fiamme che ti ardevano dentro, sapevo esattamente dove ti avrebbero portato...”


Si appoggiò al tavolo e levò le mani a mezz'aria


...Tutto ciò che ho, tutto quello che ho guadagnato, ogni mattone ed ogni uomo... E' tuo.”


Cara schiuse le labbra genuinamente sconvolta, lui le si fece di nuovo vicino


Sei la figlia che non ho mai avuto Cara Phillis...”


Indicò Manny con l'indice destro senza distogliere lo sguardo da lei


...Da oggi non solo avrai il mio marchio, ma anche il mio nome.”


Lunghe rughe comparvero sulla fronte di lei, totalmente spiazzata da quell'offerta. Stava finalmente accadendo, il suo sogno, la sua meta, la preziosa approvazione che tanto aveva cercato erano lì, nelle mani di un artista sociopatico coi capelli unti.


Manny azionò l'ago e la vibrazione la riportò in vita


Dove lo vuoi?”


Domandò lui con la più piatta naturalezza ed il vuoto le si aprì di nuovo in mente. Sulla schiena? La mano? Magari lo spalla? O forse il petto? Un tempo sarebbe stato così semplice scegliere eppure in quel momento nessun posto sembrava adatto. Scosse leggermente la testa in cerca di una soluzione, ma la nebbia non si dissipò.


Io.. Io...”


Manny interruppe il suo attacco di balbuzie con un suggerimento


Nel dubbio la schiena è sempre il posto migliore. A meno che tu non voglia guardarlo ogni giorno alla specchio.”


Nella sua voce un velo d'impazienza. Cara ripensò al finto tatuaggio che mesi prima campeggiava sotto la sua scapola e meditò di renderlo permanente, ma nemmeno quella soluzione riuscì a soddisfarla. Robert raccolse allora la sua visibile confusione e di nuovo le fu vicino, scrutando il suo viso alla ricerca di qualsiasi fantasma la stesse tormentando


Stai bene?”


Cara mandò giù. No, non stava bene. Quante volta aveva sognato quel preciso momento? Ora era lì, vero e reale, ma non riusciva a viverlo. Mezz'ora o poco più ed un po' d'inchiostro sotto pelle l'avrebbe resa “figlia” di Robert Mancini, sua per sempre.



Dov'è finito il tuo tatuaggio?...Il marchio di Mancini.”

Non ce l'ho ok?!”

Non sei una di loro.”

Sono comunque una di loro.”

Non capisci? Tu non gli appartieni... Non sei sua... Sei libera...”



La voce di Joseph, benché non invitata, riecheggiò nelle sue orecchie.



...Puoi avere una vita tua lontana da tutto questo. Con o senza di me.”


Il muro che così velocemente si era costruita attorno iniziò a scricchiolare.


...Se torni da lui non cambierà nulla, non avrai nessun futuro.”


Ed invece il suo futuro era lì, offerto su un piatto d'argento, più splendente che mai. Non avrebbe più sofferto il freddo, mai più avvolta nelle coperte mediocri di uno squallido motel, mai più nascosta in un angolo ad aspettare di premere un grilletto. Robert le stava offrendo soldi e potere, rispetto e prestigio, lusso e stabilità. Già, ma a che prezzo? Non sarebbe più stata Cara Phillis, non più la figlia di Bill, non più la ragazzina dell'aereo. Voleva davvero smettere di essere la donna paranoica ed instabile a cui avevano ucciso la famiglia? Voleva davvero rinunciare ai ricordi di un'infanzia perfetta ed a quel fondo d'insicurezza che da sempre la faceva arrossire in pubblico?


Il viso inquieto di Robert era ancora lì di fronte a lei, solcato solamente dall'ombra di un sorriso. Lui le afferrò la mano e Cara tornò finalmente alla realtà, accennando appena un sì con la testa. Voltandole la mano, ora col palmo rivolto al soffitto, Mancini passò delicatamente il pollice sul suo polso, lì dove esili vene violacee s'intersecavano a creare un motivo sottile ed intricato


Se posso darti un suggerimento, vorrei che lo avessi qui...”


Incontrò i suoi occhi blu


...Qui dove batte il tuo cuore.”


Cara tornò a fissare quel polso pallido, così fragile nell'abbraccio di quella mano calda. Quello stesso calore, così accogliente, la cullò nell'idea di accettare l'offerta. In quella grande casa non avrebbe mai temuto giudizi, mai più spaventata dall'idea continua di sbagliare, di tentare e fallire, di provare ad amare per poi scoprire di non esserne più capace. Quel calore, così diverso e allo stesso tempo così simile, la riportò per un secondo tra le braccia di Joseph, nella perfezione del silenzio. Cosa gli avrebbe detto, una volta sveglio, se non se ne fosse andata? Con quali parole avrebbe esordito? E dove sarebbero andati da lì?


Non ne aveva idea.


Sapeva invece benissimo che con quella M impressa sulla pelle avrebbe comandato gli eserciti di Mancini, facendo ciò in cui sapeva di essere davvero brava. Diventare di ghiaccio.


Ancora una volta annuì inconsapevolmente e Robert la guidò fino alla postazione di Manny, abbastanza rispettoso da trattenere lo sbuffo di noia che celava per tutte quelle smancerie.


Il dorso della sua mano si posò sul freddo del panno sterile e lei rimase a guardarla, quasi non fosse sua. Mentre Manny armeggiava e l'altro assisteva, la mente di Cara continuò a vagare per quelle semplici fantasie. Se gli occhi di Joseph si fossero aperti per primi, se al suo risveglio l'avesse trovato già desto, cosa avrebbero detto le sue splendide labbra? E sei lei fosse rimasta, senza dire assolutamente nulla, sarebbe bastato accarezzargli il viso e sorridere? E una volta fuori dalla porta, sarebbe stata capace di stringerli la mano e seguirlo per le vie della città? Ridere alle sue battute? Dividere un panino? Scendere a compromessi?


Ancora una volta la pistola di Manny prese a vibrare e Cara sussultò


Cerca di stare ferma, non ci vorrà molto.”


Lei deglutì, ma quell'ago era così vicino, così spaventosamente vicino.


Portami via.


Sentì la sua stessa voce nella testa come se non le appartenesse


Portami via da qui. Da tutto quanto.


I grandi occhi blu di Cara si spalancarono. Ecco cosa avrebbe detto. Se fosse rimasta tra quelle lenzuola, non appena le palpebre di Joseph si fossero sollevate, l'avrebbe guardato dritto in faccia e gliel'avrebbe chiesto.


Portami via.


Appena un secondo prima che l'ago la sfiorasse Cara ritirò di fretta la mano


Io non lo voglio.”


Le uscì dalla bocca senza controllo. Gli occhi ancora spiritati, stavolta di terrore, ma il petto sorprendentemente più leggero.


Cosa?”


Robert cercò il suo sguardo, ora confuso per davvero. Cara cercò di respirare facendo un passo indietro e solo dopo aver raggiunto quella debita distanza, scosse la testa


Non lo voglio.”


Ripeté, a lui e a sé stessa, consapevole di aver messo di nuovo la sua vita nelle mani dell'uomo che gliel'aveva salvata. Con le iridi velate di pianto decise allora di confessare


Io ti voglio bene. Davvero ti voglio bene... E ti sono grata, immensamente grata per quello che hai fatto per me...”


Riprese fiato mentre lui, ancora immobile, assorbiva quelle parole in sommo silenzio


...Tu mi hai salvata. Mi hai resa forte. Mi hai insegnato tutto quello che so ed io...”


La voce si spezzò, ma impose a sé stessa di non piangere


...Io vorrei davvero, davvero volere questo...”


Indicò sgraziatamente Manny, anche lui imbalsamato nell'inverosimiglianza di quella scena


...Ma non è così.”


Cara cadde sulle ginocchia. Se quella era una vera confessione, una che prima non aveva fatto nemmeno a sé stessa, allora meritava una preghiera e una penitenza. Penitenza che non avrebbe tardato ad arrivare.


Robert inspirò col naso


Lasciaci Manny.”


Ordinò e, solo dopo aver sentito la porta sbattere, rivolse lo sguardo alla testa chinata di Cara. Ma il colpo che lei attendeva non arrivò. Mancini si abbassò al suo livello ed ancora una volta le sollevò il viso, la sua espressione ferma, nessun accenno di rabbia o compassione


Sei sicura?”


Lei cercò invano nel vuoto della sua mente


Da qui non si torna più indietro.”


Quella frase le strinse il petto, convinta più che mai che la via di non ritorno fosse la morte. Nondimeno annuì.


E cos'è che vuoi?”


Domandò lui, costringendola a smascherare anche l'ultimo fantasma


Voglio una vita. Una vita reale... Voglio viaggiare, incontrare persone, entrare in una stanza ed uscirne senza che nessuno venga ucciso...”


Posseduta dal demonio dell'onestà, Cara trattenne le lacrime ancora una volta


...Voglio vivere.”


Le uscì come un sussurro e la sua testa si abbassò di nuovo, priva di ogni difesa. Di rimbalzo Robert si alzò, restando a guardarla per qualche istante


Pensi che ti ucciderò?”


Ingoiando le lacrime che non aveva pianto, Cara gli rivolse lo sguardo, gli occhi arrossati pur non avendo pianto


Me lo merito.”


Ed il suo viso si ammorbidì, in un'espressione che lei non aveva mai visto, che non sapeva decifrare. Ancora una volta Mancini si abbassò, stavolta per afferrarle le spalle e sollevarla, i loro occhi portati allo stesso livello, la testa scossa appena


Credi che ti abbia salvata solo per avere un soldato in più?”


Lei non rispose


Posso avere tutti i pazzi che voglio al mio servizio, pronti a dar fuoco ad un condominio per cento dollari o poco più...”


Le strinse il viso tra le mani ancora una volta


...Tu sei diversa Cara Phillis...”


Accompagnò la voce con il volto


...Non ho mai pensato né sperato che saresti stata solo un muto soldato al mio servizio. Ho sempre saputo che un giorno avresti spiegato le tue ali...”


Poggiò la fronte scura alla sua, in uno smaliziato gesto d'affetto del tutto inatteso


...Non è certo questo che mi aspettavo, ma se è una vita normale quello che vuoi, allora sarà quello che avrai.”


A corto di respiro Cara si perse nel nero delle sue pupille


Da.. Davvero?”


Robert sfoderò uno dei suoi magici sorrisi e di nuovo la incantò, così come nell'attimo del loro primo incontro. Aveva perso un padre, ma un altro ne aveva trovato. Quell'uomo, che tutti conoscevano come un mostro, per lei e solo per lei aveva sciolto le nevi perenni.


Quell'uomo, ancora una volta, la riportò in vita.





SEI MESI DOPO



Sei davvero sicuro?”


Elia era seduto sulla poltrona del suo studio, la schiena dritta ed i gomiti posati sul duro legno della scrivania. Coi polsini della camicia piegati fino ai gomiti continuava a strusciare il foglio tra le dita, la carta liscia e pesante contro i suoi polpastrelli. Aveva letto e riletto quel documento fino allo stremo, senza ancora convincersi che lasciarlo firmare a suo fratello fosse la cosa più giusta da fare. La famiglia prima di tutto. Di certo non avrebbe voluto lasciar andare un altro pezzo della sua.


Sono più che sicuro fratello.”


Joseph era in piedi davanti a lui, le spalle rilassate ed il respiro lento. Da mesi ormai riusciva a dormire serenamente e gli si leggeva in faccia, tra il colore roseo delle guance ed il luccichio dei suoi occhi. Era rimasto a New Orleans tutto quel tempo per il bene della sua famiglia, per sistemare gli affari, aiutare Elia a ristabilire l'ordine, assicurarsi che tutto fosse a posto. Ora il suo compito era concluso,


Ma non devi farlo per forza.”


Insistette Elia. Lui scosse la testa


Non si tratta di dovere. Voglio farlo...”


E finalmente afferrò la penna che ormai da lunghi minuti richiamava la sua attenzione. L'altro gli porse lentamente il foglio e Joseph poté finalmente poggiare il palmo sulla sua liberazione. Con quel documento rinunciava all'eredità di William, ogni mattone ed ogni centesimo che quel bastardo aveva accumulato in una vita di sangue e tirannia. Non voleva nulla da lui, nulla più.


...Ho una casa ed abbastanza soldi da poter vivere una vita più che agiata. Non mi serve altro...”


Cercando per l'ultima volta di rassicurare Elia, appose la sua firma con tratto marcato e deciso. Il suo cuore, finora pensante come una roccia, divenne di piuma.


...E così avrai più soldi da lasciare ai tuoi futuri eredi. Fammi solo un favore...”


Gli restituì quel prezioso pezzo di carta sollevando il sopracciglio


...Non chiamarli William.”


In quel momento Nate varcò la soglia, solare come non mai nel suo golfino verde smeraldo


E perché mai dovrebbe quando ha a disposizione scelte ben più di classe. Nathaniel per esempio.”


Katrina lo seguì nella stanza trascinando con sé una nuvola di profumo floreale


Ed ecco perché spero che avremo solo femmine.”


Joseph sorrise, un gesto divenuto così semplice ultimamente. Il lungo viaggio iniziato in quella grande casa era giunto al termine, una strada del tutto nuova gli si apriva davanti.


Tese la mano verso il fratello maggiore

Non sarò suo figlio, ma sono ancora tuo fratello. E lo sarò sempre. Qualsiasi cosa succeda, se hai bisogno di me ti basterà chiamare. Ci sarò.”


Elia la strinse forte e presto trasformò quella stretta di mano in un abbraccio. Il sorriso sincero di suo fratello valeva ogni centimetro d'inferno.



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Fissando il marmo bianco Joseph sorrise ancora. Il volto fiero e sereno di sua madre lo fissava dalla lapide, quasi volesse sorridere anche lei. Joseph passò i polpastrelli su quell'immagine e poggiò a terra le rose gialle che aveva comprato lungo la strada, le sue preferite.


L'unico rammarico della sua prossima partenza, il non poter più portar fiori su quella tomba. Sperò che la vendetta valesse almeno un migliaio di mazzi.


So che non puoi essere orgogliosa di me, non dopo tutto quello che ho fatto...”


Il pensiero bruciò, ma decise di ignorarlo


...So che non c'è nessun purgatorio o paradiso dove potremo rivederci, ma adesso sono felice mamma.”


Sospirò guardandola negli occhi


Per quel che resta della mia vita cercherò di farmi perdonare.”


Poggiò il palmo sul freddo del marmo, sperando che in qualche sovrannaturale maniera, ovunque fosse, potesse sentire il suo calore. Trattenne l'urgenza di abbracciare quella fredda pietra


Le tue emozioni sono importanti. Le emozioni ti porteranno fuori da qui un giorno.


Ripetendo le parole di sua madre a voce alta riuscì a sentire la sua carezza in viso ancora una volta. Annuì alla foto sapendo allora di avere la sua benedizione


Manterrò la promessa che ti ho fatto tanto tempo fa...”


...Non diventerò mai come lui...”


Per l'ultima volta toccò quel viso incorniciato


...Ti prometto che la troverò.”



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OTTO MESI e 12 GIORNI DOPO


Francia, Parigi


Joseph varcò la soglia del club di Pigalle, immediatamente avvolto in una nuvola di alcool e sudore. Le ballerine saltellavano sul palco al ritmo di una melodia che troppo sfacciatamente richiamava il famoso can-can. Le piume bianche dei loro abiti riflettevano iridescenti come polvere la luce dei riflettori, le gambe lanciate in aria con grandi falcate per la gioia degli uomini in prima fila.


Una cameriera in divisa tradizionale, degna di un film porno, tentò d'intercettarlo, ma riuscì a sfuggirle facendosi strada tra la folla. Orde di turisti ubriachi ballavano sgraziatamente sui tavoli, quasi coprendo la musica coi loro passi e le loro fragorose risate. Il pavimento appiccicoso di vomito e drink versati.


Joseph scrutò la folla nella penombra. Troppi corpi e troppi odori pungenti.


La musica sguaiata gli feriva le orecchie. Scansò un ragazzo un po' troppo entusiasta ed evitò d'incappare nel bicchiere di una donna sbronza di mezz'età. Il liquido denso e rosso del suo bicchiere si riversò a terra nella beata ignoranza di quel popolo festaiolo. Riuscì ad avanzare ancora un po', ma senza trovare uno spazio d'aria sufficiente.


Perché proprio quel posto?


La musica ripartì ancor più forte e stonata, facendogli desiderare d'esser fuori il prima possibile. Scostando le mani invadenti di una sconosciuta Joseph rivolse allora gli occhi al lato opposto, verso il bar.


D'improvviso si fece silenzio. Almeno per lui.


Eccola lì, stretta in un abito rosso, troppo aderente perfino per i suoi gusti. Cara se ne stava appoggiata col gomito al bancone, un bicchiere mezzo pieno stretto nell'altra mano. Lo scemo che le stava di fronte continuava a blaterare, probabilmente cercando di conquistarla. Non che i suoi occhi da pesce lesso e la sua camicia sgualcita avessero qualche speranza.


Cara scoppiò a ridere lanciando la testa all'indietro. I suoi lunghi capelli, ancora uguali, rimbalzarono a mezz'aria. Una risata finta, falsa, totalmente diversa da quelle che solo lui aveva sentito.


Lo sfigato pensò allora di potersi avvicinare, poggiando una mano sudaticcia sul suo fianco.


Joseph si trattenne a stento dal correre a fracassargli il cranio, restando suo malgrado coi piedi piantati a terra, la visuale continuamente interrotta dall'andirivieni di tutte quelle inutili comparse.


Lei sapeva che era lì.


Ne fu certo quando il sorriso di Cara si paralizzò, per un solo secondo, uno appena. E se fosse stato più vicino avrebbe potuto vedere la sua pelle d'oca, ogni pelo sollevato in allerta, ne era sicuro.


Pur senza aver mai rivolto lo sguardo dalla sua parte sentiva che era lì.


Considerò allora di muoversi e raggiungerla, se non altro per togliere dalla sua vista quell'inutile figlio di una cagna convinto di poterla toccare.


L'ennesimo turista gli si scagliò addosso, abbastanza ubriaco da non riuscire più a calcolare le giuste distanze


Excuse moi, excuse moi.”


Ripeté senza nemmeno guardarlo in faccia e Joseph lo scansò con una semplice spinta, nemmeno troppo forte.


Quando risollevò gli occhi lei non c'era più, come fosse stata magicamente avvolta dall'ombra e dalla puzza. Il bicchiere abbandonato sul bancone ed il suo stupido spasimante lasciato solo come il cane che era.


Joseph sorrise tra sé e sé senza nemmeno provare a seguirla tra la folla.


La ragazzina non aveva perso il suo tocco.



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2 MESI e 26 GIORNI DOPO


Italia, Firenze



Joseph si fermò nel mezzo di quell'incrocio di vie, pronto ad attraversare Ponte Vecchio ancora una volta. Anche se era completamente circondato da sconosciuti non si sentiva troppo lontano da casa. In mezzo a quel continuo vociare c'era infatti più inglese che italiano.


Nella luce del tramonto guardò la cupola del Brunelleschi affacciarsi all'altro lato e di nuovo si meravigliò di quanto fosse bella quella città. Tutta quell'arte, tutto quel buon cibo, tutta la cultura che trasudava da ogni chiesa ed ogni mattone. Era felice di esser giunto fin lì.


Riportando lo sguardo alla strada si rimise in cammino, deciso a setacciare ogni via ed ogni piazza.


L'Arno scorreva lento sotto i suoi piedi, coppie felici si scattavano foto con quello splendido panorama alle spalle, un bimbo giapponese rideva contento apprezzando il suo gelato. L'oro luccicava dalle vetrine delle oreficerie ed un musicista di strada accordava la chitarra, quasi pronto per lo spettacolo che di lì a poco avrebbe regalato ai passanti.


Quando finalmente sollevò gli occhi la trovò lì, all'altro capo del ponte, ferma, sfiorata appena dal flusso continuo dei turisti. L'abito bianco, le scarpe da tennis ed i capelli raccolti sulla testa la facevano sembrare ancor più giovane di quanto non fosse, bellissima come sempre.


Diversamente da quanto era successo a Parigi, stavolta Cara non finse di non vederlo, anzi, i suoi grandi occhi blu gli si piantarono addosso, bloccando i suoi passi all'istante. Non che non volesse raggiungerla, ma quel viso, quel viso perfetto, diceva in silenzio più di quanto la bocca avesse mai potuto spiegare.


E così rimase fermo a guardarla, loro due gli unici esseri immobili in una città senza sonno.


Il viso pulito e riposato di Cara gli raccontò la sua storia, di quanto amasse quel posto, di quanti piatti di pasta avesse mangiato, di quante giornate tranquille avesse già passato ad osservare gli artisti di strada e a svaligiare i negozi di souvenir.


L'ombra di un sorriso comparve su quel bel viso, così, solo per lui.


Era felice di vederlo.


Felice, ma non pronta.


Joseph rimase fermo ancora una volta mentre lei spariva tra la folla.






10 MESI e 4 GIORNI DOPO


Cuba, L'Avana



Era stato difficile stavolta seguire le sue tracce. La ragazzina si era fatta furba, ma lui aveva pazienza da vendere. Joseph sapeva in cuor suo che Cara non voleva sfuggirli, ma voleva solo tempo. A cosa le servisse, non ne era sicuro. Forse aveva bisogno di scrollarsi di dosso tutti gli anni passati nell'ombra di Mancini e di suo padre, forse voleva fare le sue esperienze, recuperare ciò che aveva perso durante l'adolescenza. Forse voleva sfidarlo, sparire da sotto il suo naso ancora ed ancora per scoprire dopo quanto si sarebbe stufato. Se quello era il caso, non gliel'avrebbe data vinta.


Nella povertà di quella via spoglia, lontano dalle luci del porto e dal chiasso del centro, Joseph seguì il ritmo della musica fino alla piazzetta, sul retro della Bodeguita del Corsario, dalle cui finestre aperte proveniva a gran volume il ritmo incalzante delle chitarre e delle percussioni. La voce di un uomo cantava in spagnolo la sua ennesima disgrazia d'amore. Dall'alto della sua ignoranza l'identificò come salsa.


Come dentro al locale decine di coppie si strusciavano ancheggiando l'una addosso all'altra, così nella piazzetta ballavano i più giovani, cercando di sfiorarsi il più possibile sotto le stelle.


Tra tutti quegli ormoni e quel sudore c'era lei, la sua pelle chiarissima che luccicava alla luce della luna piena.


Ballava Cara, ballava con gli occhi chiusi e le braccia spalancate, quasi come ci fosse solo lei. Con addosso nulla più che un paio di shorts e una maglietta, ballava scalza sulla terra sporca di quella piazzetta.


Nessun ragazzo le ballava vicino e, se qualcuno tentava un approccio, era subito pronta a voltarsi e riprendere il ritmo un po' più in là.


Non l'aveva mai vista così, mai così libera, mai così spensierata, mai così indifesa.


Tanto persa nella musica, stavolta non si accorse nemmeno che lui era lì.


E Joseph tornò da dove era venuto.


Non le avrebbe mai rovinato quel momento. In cuor suo sapeva bene che dall'attimo stesso in cui fosse tornato nella sua vita, quel tipo di serenità non sarebbe più stato possibile. Per quanto l'amasse, per quanto potesse impegnarsi, non avrebbe mai saputo come dargliela.



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1 ANNO, 1 MESE e 19 GIORNI DOPO


Inghilterra, Londra



Il cielo sulla sua città è grigio e le nuvole promettono pioggia come al solito. I giardini di Kensington sono più deserti del solito, probabilmente perché nemmeno i turisti sono interessati a bagnarsi.


Ma a lui non importa.


Riesce già a vederla in lontananza e stavolta è deciso a non lasciarla scappare. Troppo tempo è già passato.


Cara è stretta in un cappotto grigio da cui spuntano dei lucidi stivali neri. Indossa un cappello a falda larga di un rosso denso e scuro, che la fa sembrare più adulta di quanto non sia potuta diventare in un solo anno. I suoi capelli, più corti ma dello stesso biondo di sempre, tentano di resistere al vento.


La raggiunge alle spalle senza dire nulla, già pronto a vederla correre via.


Ma lei non si muove, resta lì immobile, intenta a fissare la statua di bronzo di cui tanto ha sentito parlare.


Ho girovagato in questo stupido parco per ore cercando questa statua...”


Il suono della sua voce sembra cosi diverso


...E guarda, nemmeno assomiglia a Peter Pan.”


Conclude con tangibile sdegno. Joseph sorride, ma nessuno dei due si muove ancora.


Lei solleva le spalle


Ci hai messo parecchio.”


Ovviamente lo stava aspettando, certa che non appena si fosse fermata lui sarebbe comparso.


Scusami ragazzina, sono stato un po' impegnato.”


Quel nomignolo, uscito così naturale dalla bocca di Joseph, le accende le guance e per un momento, nonostante l'inverno, smette di fare freddo.


Dio, quanto le è mancato.


Tu sei nato qui vero?”


Nato e cresciuto, almeno per un po'.”


Cara inspira a pieni polmoni. Non ha paura. Non più. L'unico timore è che le gambe non la reggano nel momento in cui i loro occhi si incontreranno di nuovo.


Bene...”


Rilassa le spalle


...Allora spero che potrai mostrarmi qualcosa di un po' più interessante di questa stupida statua...”


E finalmente si volta verso di lui


...Ti va?”


Il suo viso è sereno, ma i suoi occhi tremano, quasi possa davvero temere un suo rifiuto.


Joseph si perde tra quei tratti per tutto il tempo necessario a riprendere fiato, improvvisamente consapevole di quanto tempo abbiano lasciato passare.


Troppo.


La mano di Cara si tende lenta ed incerta verso di lui, i loro occhi si incontrano ed il mondo si ferma.


Ogni lotta, ogni morte, ogni schiaffo ed ogni ferita è stata per questo. Solo per questo.


Quella piccola mano fredda si perde nella sua mentre la pioggia inizia a cadere.


Joseph la stringe, la stringe forte.


Che dici se inizio mostrandoti la mia stanza d'albergo?”


Cara ride, pura e cristallina, solo per lui.


Ed è il suono più bello che Joseph Michaelson abbia mai sentito.





FINE


















  
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