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Autore: EffyLou    24/10/2017    2 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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۱۶ . Shoonz-dah
 
 
Rossane si svegliò il mattino seguente frastornata. Ricordava la sera prima come se l’avesse sognata, ma a dire il vero la sua mente era offuscata. Aveva il solo ricordo della cruenta fase iniziale del rito, poi era tutto confuso. Erano tornate tutte all’accampamento con le prime luci dell’alba, senza farsi notare dai soldati di guardia, e Rossane si era lavata via di dosso il sangue e l’ebbrezza. Le sue vesti le aveva prese in custodia Almas.
Sfarfallò le ciglia, stropicciò gli occhi e infine si portò una mano alla tempia. La testa le doleva terribilmente, non riusciva a smettere di chiedersi cosa fosse successo quella notte dopo che il ricordo s’interrompeva. Non le sembrava opportuno fare domande.
Un altro grande dubbio s’insinuò nella sua mente: il rito avrebbe funzionato? Sarebbe riuscita a dare un erede ad Alessandro?
D’improvviso fu presa da un senso di panico. Se il rituale non avesse sortito l’effetto desiderato, il re l’avrebbe rinnegata. E lei non aveva alcuna intenzione di perderlo. Per scoprire se aveva funzionato o meno, non c’era che un modo.
Almas le offrì un piatto con della frutta fresca e una lettera arrotolata sopra. Rossane la guardò come se aspettasse che dicesse qualcosa, riguardo la notte magari, ma l’ancella non si pronunciò.
«Almas, senti…» decise di prendere parola lei, infine.
La fenicia la interruppe con un gesto della mano. «Mia regina, chiedo perdono per averti interrotta, ma non si parla dei rituali una volta compiuti. Lo so che hai tante domande da fare, ma tutto avviene per una ragione e non tutto ha bisogno di una spiegazione.»
Rossane si zittì. Le stava dicendo che se aveva dimenticato, un motivo c’era. Le stava dicendo che avrebbe mai saputo se durante la prima fase, nel cerchio c’era davvero Ahura Mazda. Forse aveva percepito anche lei che c’era qualcosa. Ma come le aveva detto, certe cose non dovevano avere risposta.
Masticando le sue noci, prese a leggere la lettera sul vassoio. Era da parte di Cratero, molto breve.

 
Comandante generale Cratero, alla regina Rossane – Salve!
Come sai, questa mattina presto sono partito con metà dell’esercito verso l’Arachosia su ordine di Alessandro, per riconfermare il suo dominio. Avrei voluto salutarti di persona, ma mi è stato detto che stavi dormendo.
Ci rivedremo a Hormuz. Nel frattempo, se sentirai il bisogno, non farti remore ad inviarmi lettere.
Buon proseguimento di viaggio, stai di buon animo.
 
 

Ripreso il viaggio, Rossane non potette più evitare di salire sulle navi. Filippo si adoperò per farle bere infusi che placassero quella nausea insopportabile, quelle vertigini tremende persino con la nave ferma.
La regina e il re non parlarono più dopo il battibecco nella tenda. In realtà, lei non parlò più con nessuno che non fosse Filippo quando le portava i suoi infusi, Almas e Bagoa, o Perdicca. Non voleva parlare con nessun altro, dopo che seppe delle brutte voci sul suo conto. Cominciava come a nutrire un certo rancore per quei soldati malelingue, un certo odio dopo la ferita all’orgoglio che le avevano inferto.
Con l’avvicinarsi alla confluenza con l’Indo, ad Alessandro giungevano voci riguardo l’improvvisa interruzione delle guerriglie tra Malli e Ossidraci: i due popoli si erano infatti alleati per combattere il nemico comune, fortificandosi nelle loro cittadelle. I Malli, nemici di Poro, erano famosi per essere potenti, coraggiosi e ingovernabili. 
Alessandro non volle scendere a compromessi, volle dare un esempio di terrore in modo da evitare altre guerriglie lungo l’Indo e garantendo quindi una sottomissione senza più colpo ferire.

Le navi vennero attraccate sulla sponda orientale al tramonto, in parallelo a dove – secondo gli esploratori – erano stanziate le cittadelle dei Malli.
Alessandro diede ordine di prepararsi all’assalto delle città e divise l’esercito in cinque squadroni comandati da lui, Lisimmaco, Tolomeo, Efestione, e Seleuco.
La mattina dopo, prima dell’alba, fece preparare le squadre dietro le colline che li dividevano dalle cittadelle, e decise di andare a salutare Rossane.
Sulla riva era stato montato solo l’accampamento militare, quindi non c’erano molti servitori o le mogli dei soldati. Loro erano rimasti sulle navi: era previsto un assalto lampo, sarebbero ripartiti presto.
Alessandro aprì la porta della stanza riservata alla regina, sulla nave ammiraglia, la trovò in ginocchio davanti ad un piatto in cui ardeva una fiamma. Le lingue di fuoco ondeggiavano placide, illuminandole il viso con luce soffusa, che ne ammorbidiva i lineamenti del volto. Il legno di sandalo bruciava in un astuccio di metallo forato, impregnando l’aria di quel profumo inebriante.
Rossane recitava una preghiera a fior di labbra, senza emettere alcun suono, lo sguardo rapito dal movimento delle fiamme. Alessandro attese che finisse, incantato a guardarla.
Lei alzò il capo verso di lui.
«Dunque?»
«Stiamo per assaltare.»
«Bene.»
Si alzò facendo frusciare la veste, i lunghi capelli ricadevano morbidamente sulla schiena formando deliziose onde. Raccolse il piatto e lo ripose all’interno del cassetto di un mobile vicino al letto.
«Io ti ho perdonato.» sussurrò Alessandro.
Rossane si voltò, gli occhi fiammeggianti come quelli di una fiera. «Io no.»
«Amare è anche perdonare» replicò.
Allora lei prese un pezzo di pergamena e accese un cero. Gli si piantò di fronte, ma non c’era più severità nel suo sguardo. Era indecifrabile, assorto.
«Il fuoco è sacro per noi, questo lo sai. Rappresenta la manifestazione di Ahura Mazda. Ecco perché preghiamo di fronte al fuoco, e nei nostri templi le fiamme non vengono mai fatte spegnere. Il fuoco è un elemento che al contrario degli altri non può essere contaminato da niente, è puro, è fonte di luce e calore. – lo guardò. – È un terribile presagio il fatto che proprio il fuoco abbia distrutto il palazzo di Persepoli e i testi sacri.»
Aggrottò le sopracciglia. Lo sapeva, ma non immaginava un tale impatto.
«Sono rammaricato, mi dispiace, Rossane.»
«Guarda. – avvicinò la carta alla fiamma, e subito si annerì e bruciò. – Se chiedi scusa di nuovo, noterai che la carta non torna com’era prima. Questo è solo un foglio privo di scritte, non ha valore. Persepoli e quei testi lo avevano, ma la loro fine non è diversa da questa pergamena. Puoi chiedere scusa quanto vuoi, ma le cose non torneranno come prima. Nessuno ci restituirà quei testi.»
Gli voltò le spalle soffiando sul cero e sulla pergamena in fiamme per spegnerli entrambi.
«Me ne rendo conto perfettamente. Quel che è fatto, è fatto. Ma non puoi continuare a fare così. Non ti chiedo di dimenticare, ma di non serbarmi rancore e perdonarmi. Stipuliamo una tregua.»
Gli sembrava quasi di star parlando dei piani per una battaglia, in cui lui stava perdendo e doveva chiedere tregua. Rossane era una guerra che non riusciva a vincere.
Lei era rimasta in silenzio a lungo, alla fine sospirò.
«Porta con te Durga, – si voltò a guardarlo – e fa’ attenzione. Ti prego.»
Alessandro si avvicinò cautamente, studiando il suo profilo delicato all’ombra delle candele.
Ogni volta che la guardava, era come se si vestisse di spine. Il cuore trafitto dai sensi di colpa per tutto ciò che le aveva tolto: la sua terra natale, la stabilità di una casa e di una famiglia, una vita tranquilla, il sogno di vedere Persepoli.  Si sentiva in colpa, perché avrebbe preso altre mogli e lei avrebbe patito la stessa umiliazione che patì sua madre Olimpiade quando Filippo sposò Euridice. Alessandro lo ricordava bene. E detestava pensare che si sarebbe comportato come suo padre, nei confronti della donna che amava. Era un colpo mancino, ma rientrava nei doveri di un re.
Nessun’altra donna è degna di te come lo è Rossane, ma non è tagliata per il ruolo di moglie – gli aveva detto Efestione. E da allora Alessandro pensava a farle generare un erede, per toglierle di dosso almeno le voci che la credevano sterile quando in realtà avevano stretto il tacito accordo di non procreare finché le loro vite sarebbero state così a rischio nelle campagne militari.
Le posò una mano sul volto, con delicatezza la costrinse a voltarlo per guardarlo. Poi l’altra mano raggiunse il viso della sua sposa, le carezzò gli zigomi con i pollici e posò la fronte sulla sua.
Lei chiuse gli occhi, e titubante gli accarezzò il petto fino a raggiungere il suo viso.
Alessandro strinse appena le labbra, erano tante le cose che voleva dirle eppure le parole gli morirono in gola. Si limitò a posarle un bacio sulla fronte e si allontanò quasi con fatica da Rossane, uscendo in religioso silenzio.
 Lei restò in piedi al centro della cabina, rammaricata. Ogni volta che Alessandro impugnava una spada, sentiva il cuore tremare di paura.
Perderlo. Era l’unica cosa che Rossane temeva al mondo.
Non la guerra, non la malattia, non l’Oceano. Perdere Alessandro, solo questo.
E l’angoscia di vederlo morire senza avergli detto grazie per tutto quello che le aveva dato, che superava ciò che le aveva tolto, senza aver adempiuto ai suoi doveri, senza avergli regalato momenti di serenità nel caos della guerra, ma solo altra guerra e litigio.
 
 
La cavalcata nella prateria fino alle cittadelle si rivelò fin da subito una mattanza.
I Malli sbucarono dal terreno, i corpi dipinti di verde e tatuaggi di serpenti lungo le braccia. Sembravano selvaggi: privi di armature, attaccavano in massa come topi, inglobando i soldati appiedati. La cavalleria riusciva a scrollarseli di dosso più facilmente, ma meno di quanto si aspettassero.
Mentre i soldati erano ognuno occupato nel proprio squadrone, alle porte delle cittadelle, all’accampamento fervano i preparativi per il campo e le medicazioni dei primi soldati feriti.
Filippo e i suoi medici correvano ovunque, per far fronte alla quantità di uomini che venivano portati. Rossane assisteva alla scena da un lato dell’accampamento: era scesa dalla nave, incapace di sopportare oltre quella cabina. Lei, Bagoa, Almas e gli altri non-combattenti cercavano di dare il loro contributo fornendo ai chirurghi ciò di cui necessitavano.
Di prima mattina, mentre la battaglia continuava a infuriare nella prateria, l’ancella fenicia si fermò di colpo, come paralizzata.
Bagoa vicino a lei le lanciò un’occhiata interrogativa. «Almas? Ti senti bene?»
Anche Rossane si fermò incuriosita, ma prima che potesse aprire bocca per parlare, lo sentì anche lei. La terra che tremava. I ciottoli sulla riva del fiume, quelli più piccoli, saltellavano per quanto tremava la terra.
Tutto il campo sembrava essersene accorto. Si erano tutti immobilizzati, in ascolto.
«Che cos’è?» domandò piano Bagoa.
«Cavalli.» rispose Rossane, gli occhi che saettavano in ogni direzione per capire dove si trovassero.
Una volta Alessandro le aveva detto che uno squadrone di cavalli al galoppo faceva tremare la terra. Se ne ricordava in quel momento, aveva riconosciuto i segni. Almas se n’era accorta per prima, se non l’avesse vista paralizzarsi non si sarebbe mai fermata a chiedersi che cos’avesse l’ancella.
Poi d’improvviso eccoli. Una nube di terra si sollevava al passaggio dei cavalli.
Come una valanga, i Malli invasero l’accampamento uccidendo e afferrando al volo le ancelle, le mogli, le concubine, che si stavano dando da fare come supporto medico del campo. Urlavano, schiamazzavano. Rossane schivò prontamente un cavallo al galoppo, ma perse di vista Almas e Bagoa. Li chiamò a gran voce.
L’eunuco le rispose dal ponte della nave, dove altri si stavano rifugiando. Quei selvaggi non avevano i mezzi per raggiungerli lì. Alcuni dei soldati a guardia del campo riuscirono a tenere testa a quell’attacco a sorpresa.
«Rossane! Sali!» le urlò Bagoa.
«Dov’è Almas?»
«Sarà salita! Muoviti, sali!»
Non era salita. Altrimenti le avrebbe urlato dal ponte della nave insieme all’eunuco.
Rossane si guardò intorno spaesata, nel caos di polvere e cavalli al galoppo, tra i cadaveri di coloro che erano stati feriti e i chirurghi. I soldati macedoni facevano quello che potevano, completamente colti alla sprovvista e disorientati. Derubò un arciere persiano del suo arco e delle sue frecce, per scoccarne una contro uno dei Malli. Il suo cavallo si paralizzò mentre il cavaliere cadeva mollemente a terra. E in quel momento la vide, Almas svenuta gettata come un sacco vuoto davanti alla sella di uno degli indiani, in galoppo verso le cittadelle attraverso un percorso che le aggirava per non farsi vedere dal resto dell’esercito di Alessandro.
Corse a perdifiato verso il cavallo senza fantino, riuscì quasi a raggiungerlo.
Poi fu nero.
 
 
La notizia dell’invasione del campo raggiunse in fretta le orecchie di Alessandro, pur stando nel bel mezzo del conflitto nella prateria. Durga non deluse: nonostante l’indole mansueta, da tigre cresciuta in cattività e ben addestrata, si era rivelata una furia in battaglia e il re macedone fu ben felice di averla a fianco durante il conflitto, nonostante non amasse i felini.
Quando seppe che il campo era stato invaso, fece dietrofront senza pensarci due volte affidando Durga a Perdicca.
Alessandro e un manipolo di soldati raggiunsero l’accampamento e vi trovarono il tragico scenario.
I corpi falciati, dilaniati, dei chirurghi e delle donne che stavano medicando i feriti dell’esercito, sdraiati sopra dei teli sul terreno arido. Quelli che erano feriti prima, erano morti ora, calpestati dalla mandria di cavalli e trafitti dalle frecce dei Malli.
Una scena tragica, sanguinosa, che strinse il cuore del re. Salì sulla nave, osservando i volti stravolti di chi era sopravvissuto.
«Dov’è Rossane?» domandò a Bagoa, rabbioso.
L’eunuco tremò, la voce gli morì in gola di fronte alla rabbia del leone di Macedonia. Deluso e infuriato con coloro che non erano stati in grado di proteggere sua moglie.
«Dimmelo, Bagoa! Dov’è?» sbraitò Alessandro afferrandolo per il bordo della tunica.
Il ragazzo singhiozzò ed esitò prima di rispondere. «Hanno preso molte donne. Voleva recuperare Almas, ma non credo che…»
Il re emise un grido di rabbia, allontanando l’eunuco. «Da che parte?»
«Hanno fatto il giro per raggiungere la cittadella, almeno così credo.» sussurrò asciugandosi le lacrime dalle guance.
«Sono lì dentro, quei figli di un cane. – ringhiò, e fece un cenno ai soldati con lui. – Hanno mia moglie. Staniamoli. Non avrò alcuna pietà.»





 
* * * *

Aggiornamento mattutino! 
Dal momento che oggi non è detto che avrò tempo per postare e avevo un buco di tempo questa mattina, ecco qui. 
Ho fatto le capriole per scrivere questo capitolo e non credo sia venuto lungo. Cioè, da cellulare e su carta sembrava lungo, ma qui su EFP non saprei HAHAHA 
Ho ricontrollato molto velocemente quindi è probabile che mi sia sfuggito qualcosa. Tra l'altro è un periodo un po' strano perché l'unico momento in cui posso scrivere è la sera, e ho anche voglia di farlo, ma arrivo che ho un sonno terribile e non so cosa partorisce il mio cervello, in quei momenti. Perciò se i capitoli sembrano sconclusionati e i periodi poco chiari, scusatemi. Sistemerò tutto appena possibile, voi fatemi sapere se riscontrate orrori grammaticali, scarsa chiarezza oppure cose improbabili!
Tanto, comunque, quando finirò di scrivere questa storia la revisionerò da capo. E le mie revisioni comprendono cambi radicali di scene, a volte.
Dal momento che non ho trovato molto sull'assedio delle città dei Malli, ho voluto prendermi alcune libertà come questa. Stranamente Rossane è di nuovo nei guai. Chi se lo aspettava eh, lei e la fortuna sono pappa e ciccia. Almeno non è sola, con lei ci sono molte altre donne tra cui la povera Almas. 

Ne approfitto per farmi spam.
Ho di recente pubblicato due one-shot (le mie prime, sigh) Storiche: la prima tratta di una leggenda legata ai giardini pensili di Babilonia, la seconda è il famigerato episodio biblico in cui Salomé chiede la testa di Giovanni Battista a Erode. Forse mi sono dilungata molto a scriverle, ma è stato divertente cimentarmi nelle one-shot. Ci sto un po' prendendo gusto devo essere sincera HAHAH

Io come al solito vi ringrazio per la pazienza e vi do appuntamento per la prossima volta (?).
A presto! ♥
Passo e chiudo.
   
 
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