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Autore: mari05    24/10/2017    2 recensioni
Alllooooorrrra... lo so che non è la storia migliore del mondo, ma devo dire che ci tengo molto perché amo pensare ad un Percy un po' più grande e maturo.
Comunque, questa ff dovrebbe parlare di alcuni studenti un po' curiosoni che non sanno farsi i fattacci loro... *-*
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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AU! Percy grande! | AU! Matrimonio Percabeth!
Allora.
Prima di raccontare questa storia, bisogna precisare un po’ di cose:

  • Questa storia non ha niente a che fare con la trama delle serie di Rick Riordan, ci saranno solo dei minimi accenni.

  • Ho immaginato Percy come un ragazzo quasi adulto che è riuscito sorprendentemente a laurearsi in biologia/antropologia, e che all’età di 24 anni si sposerà (con Annabeth, ovvio! *-*) e avrà una bambina, Bianca Angel Jackson.

  • Questa sarà una long, in cui narrerò alcuni degli avvenimenti della vita di Percy da professore e delle sue disavventure, sia nella vita privata (Sally!) che con la sua strana e bizzarra classe di curiosoni.

Spero vi piaccia!
 

1

PoV Percy

Percy era in ritardo.
Non voleva essere in ritardo il primo giorno di scuola, soprattutto quando non sarebbe stato lui il ragazzo intrappolato su una sedia, bensì il professore, e la prima impressione sui suoi alunni era decisiva.
Era riuscito ad accaparrarsi l’unico corso di biologia e antropologia della scuola, dopo che il prof precedente se n’era andato in pensione. Il preside, quando si era presentato la prima volta con il curriculum, l’aveva squadrato, aveva letto i fogli e aveva strabuzzato gli occhi.
“Quanti anni ha?” domandò, abbassando le lenti spesse.
“Ventiquattro”, mormorò Percy.
Era teso. Che cosa avrebbe potuto dire? Ovvio che l’uomo davanti a lui sapeva quanti anni aveva, ma voleva sentirselo dire semplicemente perché non ci credeva.
“Ventiquattro anni… non so, mi sembra un po’ giovane.”
Percy vedeva davanti ai suoi occhi tutti i suoi dubbi: un ragazzo dislessico, problematico e sposato da appena cinque mesi e con una moglie incinta non era l’ideale di professore che si sarebbe immaginato.
Dopo un minuto buono di silenzio, l’uomo alzò gli occhi verso di lui e annuì.
Percy uscì fiero dall’ufficio.
La sua prima classe. Wow.
Ora non voleva fare ritardo il primo giorno, sarebbe dovuto essere un giorno… speciale, ecco.
Finalmente, il ragazzo scorse il profilo giallo e accogliente dell’edificio scolastico e varcò la soglia.
Si stupì di vedere ancora gli studenti nei corridoi.
Uff, l’aveva scampata.
Entrò nella sua aula (la 213) cercando di essere il più calmo possibile.
Davanti a lui c’erano 28 ragazzi seduti ai loro banchi che lo fissavano.
Percy fece un sorriso di circostanza e scrisse il suo nome alla lavagna.
Percy Jackson
“Allora,” disse, appoggiando la borsa sulla sedia accanto alla sua. Possibile che si sentisse così teso?, “io sono il professor Percy Jackson, e vi insegnerò biologia e, talvolta, antropologia; ora, vorrei prima sapere i vostri nomi, e poi potremo iniziare a conoscerci…” cercò di sembrare il più allegro possibile.
Lesse ad alta voce i nomi degli alunni, uno dopo l’altro, e, ogni volta che uno diceva “Presente” lui alzava il capo e lo osservava.
Smith,
Simmus,
Brown,
Higgeness,
Jackson (sorrise nel leggere il suo stesso cognome),
Gomez,
Johnson,
Williams,
Moore, e così via.
Si soffermò a lungo su una ragazza seduta in prima fila, poco distante da lui, che lo squadrava con gli occhi castani e giocherellava con una ciocca di capelli ramati.
Kayla Higgeness.
“Bene,” disse, appoggiandosi alla cattedra per guardare i suoi alunni da vicino.
Si sentiva osservato, a disagio.
“Ora possiamo iniziare a conoscerci, vi va? Be’,” esclamò, alzando una mano, “io sono Percy, il diminutivo di Perseus. Sono nato a New York, poi mi sono trasferito qui. E voi?”
La prima ad alzare la mano fu quella ragazza, sì, proprio lei, com’è che si chiamava? Ah, Kayla
Kayla.
“Comincia pure,Kayla”, disse lui, sorridendo amichevolmente.
La ragazza sembrò imbarazzata dal sentire il suo nome, talmente imbarazzata da far ridacchiare la ragazza dietro (una certa Carmen Garcia).
“Be’” sussurrò, “mi chiamo Kayla…” si bloccò, a disagio.
“Quanti anni hai?” disse lui, incalzandola.
Kayla deglutì, torcendosi le mani. “sedici”.
“Va bene. C’è qualcos’altro che vuoi dire?” La ragazza scosse il capo. Percy sorrise, rincuorandola.
Notando che nessuno alzava la mano, fece una faccia teatralmente offesa.
“Allora dovrò chiamarvi io!” prese l’elenco degli alunni, lesse un cognome a caso e disse: “Johnson?”
Un ragazzo in ultima fila che lui aveva a malapena visto  alzò timidamente la mano.
“Allora… come ti chiami?”
Il ragazzo non parlò.
Percy rimase in attesa abbastanza a lungo da capire che non voleva parlare.
“Bene. Quanti anni hai?” inclinò il capo, cercando di incoraggiarlo.
Silenzio.
Percy sorrise caldamente.
Sapeva come trattare i ragazzi timidi: aveva passato anni a cercare di capire come comportarsi col suo amico Nico DiAngelo, e finalmente aveva capito che tutti i ragazzi scontrosi ed introversi andavano rincuorati un po’ alla volta.
Passarono la lezione a presentarsi.
Carmen Garcia, da come aveva intuito Percy, era in piena fase ormonale e non faceva altro che guardargli la camicia,
Kayla Higgeness aveva solo bisogno di aprirsi un po’, ma Percy sapeva che sapeva che sarebbe stata un’ottima studentessa,
e, be’, Micheal Johnson era il solito ragazzo che aveva paura di parlare con chiunque, compreso un professore o un ragazzo della sua età.
“A domani!” salutò Percy mentre i ragazzi uscivano dalla sua aula dopo il suonare della campanella.
Ce l’aveva fatta. Aveva superato il primo giorno. Ora bisognava vedere gli altri.
PoV Kayla
“Ma hai visto quant’è bello? E ha solo ventiquattr’anni!” gridò spensierata Carmen a pranzo.
“Shhh, Carmen!” sussurrò Kayla.
Ma era vero. Accidenti, quant’era bello. Per tutta l’ora non aveva fatto altro che fissarlo. Dal lungo collo, dalla mascella squadrata, dalle labbra carnose, dal naso all’insù spruzzato di lentiggini, dagli occhi verdissimi e calmi, dai capelli corvini, non c’era niente che a Kayla non piacesse.
Evidentemente Carmen si era accorta che stava pensando, quindi la scosse dai suoi pensieri.
“Ehi!” gridò, scuotendole la spalla.
Kayla sussultò. “Cosa accidenti c’è?”
Carmen mostrò il cellulare, divertita. “Cerchiamolo su Facebook!”
Kayla sorrise.
Le foto sul profilo del profilo del signor Jackson (dio, com’era strano chiamarlo così!) erano scattate quasi tutte con una macchina fotografica di buona qualità ed erano quasi unicamente foto di sé stesso: un primo piano sui suoi occhi, lui su una scogliera a petto nudo (“Te l’avevo detto che era muscoloso, Kayla!”), lui con un paio di ragazzi, uno alto e biondo e l’altro basso con un principio di barbetta sul mento, lui ed una ragazza splendida dai capelli biondi, e poi…
“è sposato?” domandò, reggendo il telefono tra le mani.
La foto mostrava lui e la stesa ragazza che si baciavano appassionatamente e mostravano le fedi.
Carmen sbuffò, incrociando le braccia. “Se ne vanno sempre i migliori…” sussurrò.
Kayla non poté non sorridere. “Perché, pensavi di poterti mettere con lui…?” domandò ironica.
Carmen arrossì. “Be’, forse finito il liceo…”
“NON CI STAVI DAVVERO PENSANDO, VERO, CARMEN?” gridò scioccata lei.
Dopo poco si ritrovarono entrambe a ridere come due decerebrate.
“Davvero… davvero pensavi di sì?” domandò ridacchiando lei.
“Stavo scherzando, Kayla! Dai, non farei mai una cosa del genere!” anche se Kayla sapeva che l’avrebbe fatto eccome.


_Angolo Autrice_
Allora! Che ve ne pare? Questo è il primo capitolo, forse è un po’ corto, ma comunque……

   
 
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