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Autore: Bubbles_    25/10/2017    5 recensioni
When the moon fell in love with the sun
All was golden in the sky ~
.
"Posso farla innamorare di te in un batter d’occhio e tu potresti ricambiare il favore"
"E trasformarti nella ragazza dei sogni di Bright?"
"Io sono già la sua ragazza dei sogni, deve solo rendersene conto"
"Quindi mi stai offrendo il tuo aiuto, quando in realtà sei tu a voler qualcosa da me"
"Siamo sulla stessa barca, sfigato"
"La tua sta decisamente affondando per chiedere aiuto a me, principessa"
.
All was golden when the day met the night ~
La solita vecchia storia - Blue Moon.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Magnolia significa
Spontaneità
 
 
 

Capitolo 9


“Che diavolo ci fai nella mia serra?”
Ricevere una reazione diversa sarebbe stato del tutto atipico. Il fatto che Shade fosse più scontroso del solito non mi stupì. D’altronde il suo spettro emozionale era limitato, si estendeva da “sguardo vacuo e asociale” a “smorfia infastidita e commento acido”. Il suo schivare il mio sguardo invece era del tutto nuovo. Ubriaca di quel nuovo potere iniziai a camminare per la serra, accarezzando distratta ogni pianta si trovasse sul mio cammino.
“Secondo il New York Times, il giardinaggio è un modo per riconnetterci con le nostre origini” Shade, bocca aperta e sopracciglia corrucciate, teneva gli occhi puntati sul foglio che aveva tra le mani, il quale mi dava il diritto di trovarmi lì, ufficializzandomi come nuovo membro del club dei giardinaggio.
“Parafrasando, le mani sporche di terra, il sudore sulla fronte e l’odore inebriante delle spezie costituiscono un’esperienza spirituale. Rispettando la Madre Terra, torniamo a essere parte integrante di essa” camminavo lenta mentre seria continuavo il mio monologo “O almeno, così mi è bastato dire al Preside per inserirmi nel programma. Il New York Times si è ovviamente dimenticato della puzza di letame e del fatto che sembra attirare tutti i casi umani della Wonder Academy” l’espressione di Shade era ora di puro fastidio.
“Quindi, forse, le parole che cerchi sono “Benvenuta nella nostra serra, Rein”” suggerii malevola godendo di quella piccola tortura a cui lo stavo sottoponendo.
Incrociò le braccia e all’improvviso il suo viso cambiò, come se avesse realizzato qualcosa fino ad allora nascosto. Raddrizzò la schiena e mi guardò con aria di sfida.
“Benvenuta nella nostra serra” disse semplicemente, un piccolo sorriso sulle labbra.
“S-scusa?” quella reazione era decisamente inaspettata.
“Ora smettila di accarezzare quella pianta di ortiche e aiutami con i sacchi di terra”.
 
 
“Potevi dirmelo prima” piagnucolai mentre Shade mi tamponava più amorevolmente di quanto volessi ammettere il braccio con un panno bagnato.
“Eri davvero ridicola” ridacchiò mentre con il pollice mi accarezzava dolcemente le zone più rosse. Anche solo quel piccolo tocco mi diede sollievo. Avevo prurito ovunque la mia pelle fosse entrata in contatto con quell’odiosa, inutile pianta.
“Mi ero preparata l’intero discorso. Volevo fare un’entrata teatrale”
“Di sicuro ha lasciato il segno” Shade si riferiva alle innumerevoli bolle che si erano formate sulla mia mano e sull’avambraccio. Gli diedi un piccolo pugno sulla spalla con la mano ancora sana e mi guadagnai un sorriso.
“Devi ammettere che ti ho sorpreso”
“Non me lo aspettavo. Pensavo odiassi questo club”
“Non fraintendermi. Lo detesto. Ho gli incubi al pensiero di avere le unghie sporche di terra, ma lo devo ai miei lettori” Shade mi guardò come se mi fosse spuntata una seconda testa.
“La porta in fondo alla serra! Non ricordi? Il mio intuito giornalistico mi dice di indagare!” non importa quanto assurda quella mia ossessione suonasse, io sapevo ci fosse qualcosa.
“Il tuo intuito giornalistico non esiste. Non c’è niente dietro quella porta, solo un vecchio giardino non curato e qualche attrezzo arrugginito”
“Allora non ti dispiacerà se do un’occhiata?”
Saltai in piedi e, appena libera dalla sua presa, cercai finalmente di grattarmi. Fui subito bloccata, mi afferrò il braccio e lo avvolse più volte nel panno bagnato prima di completare il tutto con un nodo incredibilmente stretto.
“Sono seriamente ferita dalla tua mancanza di fiducia” commentai colta in flagrante, occhi puntati in basso e l’irresistibile tentazione di fargli una linguaccia.
“Ti conosco abbastanza da sapere che hai l’auto-controllo di una bambina di due anni”
Senza aspettare ulteriormente, e in mancanza di una risposta tagliente, corsi verso la fantomatica porta, l’unica e vera ragione per cui mi ero iscritta al club di giardinaggio.
“Rimarrai delusa”
Senza esitazione tirai la maniglia.
Chiusa. La porta era chiusa.
Tirai, spinsi e poi tirai di nuovo. Niente. Mi fermai per qualche secondo e provai di nuovo, con un piede fisso sulla porta e entrambe le mani sulla maniglia. Nulla.
“È chiusa!” piagnucolai accasciandomi sconfitta a terra.
“Ho notato”.
Mi alzai veloce e tornai sui miei passi. Vi era qualcosa là dietro, ne ero sicura.
“Dove sono le chiavi?” chiesi, mani sui fianchi e mento alto.
“Rein, lascia perdere. Non verrà aperta da anni” cominciò a trafficare con degli attrezzi lasciati sul piano da lavoro e subito mi infilai tra lui e il tavolo.
“Shade, ho bisogno di entrare” fu obbligato a interrompere qualsiasi cosa stesse facendo.
“Te l’ho detto, non c’è niente là dietro” sussurrò, nessuna ragione di parlare a voce più alta visto la distanza tra noi “Principessa, devi fartene una ragione. Ora mettiti i guanti e aiutami con le nuove piantine” mi sorrise dolce, con quel suo sorriso perfetto. Denti bianchi e lucenti e quella dannatissima fossetta sulla guancia sinistra.
Per un attimo quasi gli credetti Come potevo fare altrimenti? Poche sarebbero rimaste immuni e quella labbra piene e quello sguardo, che ero sicura avesse collaudato in più occasioni. Per un lunghissimo secondo dubitai del mio istinto, finché non commise un ingenuo passo falso: Shade si sistemò il berretto.
Stava palesemente mentendo. Shade si toccava quel dannato capellino solo quando era a disagio. Questo succedeva in tre specifiche occasioni: quando era messo al centro dell’attenzione, quando c’era Fine nei paraggi e quando mentiva.
Bingo.
Sarei arrivata in fondo della questione, ora più che mai. C’era qualcosa che non voleva vedessi dietro quella porta e io avrei fatto di tutto per far sì che accadesse il contrario.
“Va bene… mastro boscaiolo, insegnami tutto ciò che c’è da sapere” se dovevo fingere di credere a quella sceneggiata avrei dovuto farlo bene. Shade rimase per un attimo spiazzato, si allontanò di un passo ristabilendo una distanza accettabile tra di noi.
“Vuoi davvero farlo?” mi chiese, la sua espressione tra il divertito e il sorpreso.
“Cosa?”
“Far parte del club di giardinaggio”
“Sono o non sono iscritta? E poi se ci riesci tu, non può essere così complicato”
Shade si aprì in una risata che sembrò cancellare ogni traccia di dubbio o preoccupazione dal suo volto, di nuovo mi ritrovai a mio malgrado ad osservare quella piccola fossetta sulla sua guancia.
“Allora… al lavoro?” era più una domanda che un’affermazione e io non potei fare a meno che sorridere a mia volta.
“Sei tu il capo”
“Mi piace questa situazione”
“Non abituartici”
 
“Forse era stato il black-out o i computer risalenti al milleottocento, fatto sta che andavamo in stampa la mattina dopo e ogni singolo articolo era scomparso” chiacchieravamo da ore. Io preparavo la terra e Shade vi travasava la piantina e via così al prossimo vaso.
“Siamo stati in piedi tutta la notte. È stato un vero incubo”
“Quindi sei parte del club di giornalismo, rappresentante di classe e presidentessa del Consiglio Studentesco, dimentico qualcosa?”
“Facevo anche parte del club di teatro, ma sono troppo maniaca del controllo per andare d’accordo con gli alternativi che ne facevano parte” commentai sovrappensiero. Il terriccio nuovo profumava di primavera ed era piacevolmente morbido al tatto. Affondai le dita nella terra e per un secondo compresi la passione che aveva Shade per qual posto. La tua mente non aveva il tempo di rimuginare su vecchi problemi se le tue mani erano impegnate in un qualcosa di così primitivo e reale.
“Io non ti capisco” a quelle parole smisi di riempire il vaso e alzai lo sguardo. Shade mi guardava attento, alcune ciocche di capelli erano sfuggite dal berretto e gli cadevano pigre sugli occhi.
“Sai, non sono mai stata brava a lasciarmi andare. Tutta quella improvvisazione non faceva per m-”
“No, non quello. Perché fai tutte queste cose?”
“Sì, forse faccio parte di un club o due di troppo, ma è divertente e poi …hanno bisogno di me!”
Non mi aspettavo Shade capisse, le nostre vite erano completamente diverse. Mi piaceva avere delle responsabilità, sapere di essere importante per qualcuno, che c’era bisogno del mio aiuto.
“E non sei mai stanca? Non vorresti mai non essere… te?”
Mi bloccai. Ogni risposta maligna che avevo sulla punta della lingua mi morì in gola. Shade non mi stava criticando, sembrava davvero confuso. Preoccupato quasi.
“Cosa intendi?”
“Non ti stanchi mai delle aspettative che la gente ha di te? Non vorresti fare qualcosa di inaspettato, mandare al diavolo tutti e per una volta non essere così perfetta?”
“A volte” risposi debole, le dita affondate nella terra e lo sguardo basso “Ma sono felice, davvero, e lontana dall’essere perfetta, credimi” la mia voce si fece più forte in supporto delle mie parole.
Shade rimase in silenzio per lunghissimi secondi, poi estese il braccio verso di me, mano aperta e un sorriso furbo sul viso.
“Scommettiamo che sei in realtà quella perfettina che non credi di essere”
“Oh sono sicura un ragazzo come te ne sappia molto in materia”
“Allora ci stai?” guardai sospettosa la sua mano ancora aperta tra noi.
“Cosa ci guadagno se vinco?”
“Ti mostro il giardino dietro la porta”
“Allora abbiamo un accordo” e la sua mano incontrò la mia.
 


Da Shade 6.23
[Scendi.]

Questo messaggio mi si presentò sullo schermo del cellulare alle sei del mattino del giorno seguente. Con occhi ancora impasticciati dal sonno, ci misi qualche secondo a mettere a fuoco le parole. A questo erano seguiti altre tre sms e almeno altrettante chiamate.
“Che diavolo vuoi?” risposi irritata, la voce roca e incredibilmente alta nel silenzio della stanza.
“Vestiti e scendi. Veloce.” non feci in tempo a replicare che mi attaccò il telefono in faccia. La rabbia e sfilza di insulti che mi ero preparata per Shade furono l’unica cosa che mi spinse a mettermi qualcosa addosso e scendere in strada. Lo avrei ucciso. Quel giorno avevo mille impegni e svegliarmi all’alba non era decisamente nei miei piani.
Il sole non era nemmeno completamente sorto e l’intero vicinato riposava silenzioso nel buio del crepuscolo. L’unico rumore proveniva dal motore acceso dell’auto di Shade.
Aprii la portiera e senza aspettare nessun invito salii in macchina. Faceva freddo e nella fretta aveva dimenticato la giacca.
“Oh” il suo sguardo vagò sul mio corpo mettendomi non poco disagio.
“Cosa? I miei vestiti? Sì lo so cosa pensi del mio stile. Perdonami se alle sei del mattino ho preferito indossare ciò che ho indossato per tutta la vita invece che pantaloni di pelle e frustino” Shade rimase per un attimo perplesso, poi sembrò rinsavire e un sorrisino che non mi piaceva per niente gli spuntò sulle labbra.
“Un po’ mi mancava, sei più tu” non ero pronta ad un Shade nostalgico così presto il mattimo, in realtà non penso lo sarei mai stata.
“Che ci fai qui?” chiesi cercando di lasciar trapelare tutta la mia irritazione in quelle poche parole.
“Allaccia la cintura, oggi facciamo un gita”
“Una gita?”
“Una gita”
“Te lo scordi. Oggi ho una verifica di geografia e l’incontro con la redazione del giornale, non ho tempo per le tue sciocchezze” avevo già la mano sulla maniglia della portiera quando Shade fece scattare il meccanismo di chiusura, di fatto eliminando ogni via di uscita.
“Come immaginavo” sussurrò tra sé tamburellando le dita sul volante.
“Cosa vuoi dire?” odiavo non essere in controllo e in quella situazione non ne avevo nessuno. La sua espressione di chi la sapeva lunga e aveva appena avuto la conferma che cercava da tempo di certo non aiutava.
“È come credevo, sei troppo perfetta per marinare la scuola”
Dovetti trattenere una risata isterica quando finalmente capii che diavolo stesse succedendo.
“È per la scommessa di ieri, non è vero?” quel ragazzo mi avrebbe portato alla pazzia.
“Puoi sempre rifiutarti di venire e ritirarti dal club di giardinaggio”
Sapevo fosse stata una bruttissima idea fare quella scommessa, ma di certo non mi aspettavo di ritrovarmi in viaggio con Shade alle sei del mattino verso una destinazione ignota.
Da una parte mi sarei mangiata le mani piuttosto che darla vinta a Shade, in più morivo dalla voglia di vedere cosa ci fosse dietro quella porta. Dall’altra avevo degli impegni, non potevo prendermi una giornata per fare quello che mi pareva.
Feci un lungo respiro e lanciai un ultimo sguardo alla via deserta a quell’ora del mattino.
“Metti in moto” mi sentii ordinare mentre allacciavo veloce la cintura.
“Ai suoi ordini, principessa” il sorriso di Shade si fece ancora più grande, quanto era facile detestarlo in quel preciso momento, soprattutto perché il mio corpo mi stava tradendo. Nel mio petto sentivo l’adrenalina salire e il fantasma di un sorriso combattere per infrangere quell’espressione infastidita che custodivo con cura.
“Mia madre ti ucciderà per questo…Io ti ucciderò per questo”
“Rein… ti fidi di me?” se una volta avrei risposto no senza esitazione mi ritrovai a corto di parole. Shade non aspettò la mia risposta, mi lanciò una breve occhiata e mi sorrise sereno “Non devi essere perfetta. Non qui con me. E non devi avere il controllo della situazione. Ci sono io. Ci penso io. Ora rilassati e goditi il paesaggio. Oggi sei libera di fare e di essere qualsiasi cosa tu voglia”.
 
 
Mi svegliai con il sole già alto nel cielo e Shade che canticchiava sovrappensiero la canzone che stavano passando alla radio. In quel torpore pensai avesse davvero una bella voce. Calda e dolce.
Sorrisi con gli occhi ancora chiusi mentre mi godevo il calore della macchina e quegli ultimi attimi di incoscienza. Quel momento idilliaco durò poco, esattamente il tempo di ricordare il perché mi trovassi nel mezzo del nulla con Shade quando invece avrei dovuto essere a scuola.
Cercai a tentoni il cellulare sulle gambe e quando lo trovai aprii con malavoglia gli occhi per guardare l’ora.
“Le nove?! Siamo in viaggio da due ore e mezza?” saltai sul sedile e Shade smise immediatamente di cantare.
“Ben svegliata, principessa”
“Ho il timore tu voglia farmi perdere l’orientamento per abbandonarmi da qualche parte”
“Siamo quasi arrivati” commentò ignorando completamente il mio sarcasmo, che nascondeva in realtà una nota di preoccupazione.
“Ho dormito per tutto il viaggio?” mi stiracchiai come un gatto tirando gambe e braccia.
“Come un bambino”
“Scusa se non sono stata di compagnia, ma è quello che ti meriti per avermi sveg-”
“Guarda a destra” mi interruppe e prima che potessi formulare un insulto, il mio cervello seguì automaticamente quell’ordine.
Ogni risposta tagliente mi morì sulla punta della lingua, davanti ai miei occhi una lunga distesa cristallina. Il mare si estendeva per tutto l’orizzonte, luccicando argenteo sotto il sole alto nel cielo. Immediatamente mi sentii piena e serena, la sensazione che tutti abbiamo quando vediamo quell’infinita distesa d’acqua dopo tanto tempo.
“Mi hai portato al mare?” chiese con la voce di una bambina e gli occhioni attaccati al finestrino.
“Sono un ragazzo pieno di sorprese” commentò facendomi il verso.
“Ti ho sottovalutato” mi voltai per guardarlo e gli sorrisi contenta “Continua a cantare, mi piaceva”.
Come previsto Shade arrossì, poi senza preavviso alzò il volume della radio e iniziò a canticchiare, prima qualche parola e poi intere frasi.
In quel momento, non potei fare a meno di pensare fosse tutto perfetto.
Più o meno.
 
 
Con i piedi nudi affondati nella sabbia tiepida, mi godevo il vento tra i capelli e ispiravo a pieni polmoni l’odore inconfondibile del mare.
“Ho una voglia matta di buttarmi in acqua” commentai senza pensarci.
“Fallo” Shade mi camminava accanto, una sigaretta tra le labbra e passo lento.
“Scusa? Sarà gelata e poi non ho il costume” mi lanciò un sorriso beffardo e per un secondo ebbi la tentazione di buttare lui in acqua “Che c’è da sorridere?”
“Potrei scrivere un intero libro su di te, era esattamente la risposta che mi aspettavo. Forse avrei aggiunto qualcosa come: ho appena lavato i capelli!” provò a imitare la mia voce fallendo miseramente. Io di certo non parlavo in quel modo.
Sbuffai infastidita e aumentai il passo per mettere un po’ di distanza tra di noi. Come risposta ottenni una risatina divertita che mi fece innervosire ancora di più.
"In fondo lo sapevamo entrambi che sei una perfettina maniaca del controllo"
Shade pensava di conoscermi? Si sbagliava. Senza preavviso buttai le scarpe a terra e iniziai a togliermi la camicia, e poi la gonna. Senza voltarmi o pensare davvero a cosa stessi facendo mi avviai verso la riva.
La soddisfazione di provare che lui avesse torto era tanta che ero davvero disposta a congelare fino alla morte.
Prima ancora che i miei piedi toccassero il bagnasciuga, qualcosa mi superò di corsa e si buttò in acqua.
“Che diavolo?!" mi guardai intorno disorientata e quando vidi il sorrisino soffisfatto di Shade emergere dall'acqua capii che cosa fosse successo.
"Shade, dovevo buttarmi io! Hai rovinato il mio momento!” ogni altro insulto mi morì in gola quando si alzò in piedi. I suoi pettorali luccicavano tanto da accecarmi. L’acqua gli scivolava lenta sullo stomaco per raggiungere un paio di boxer neri dannatamente aderenti.
“Rein ti prego riprenditi, sei imbarazzante” sussurrai a me stessa mentre mi obbligavo a guardare altrove.
“Com’è l’acqu-” fui completamente scaraventata in avanti. Non preparata a quell’immediato contatto con l’acqua, ingoiai quelli che sembrano litri d’acqua e quella rimasta mi entrò tutta nel naso.
Riaffiorai tossendo come una fumatrice incallita, sputando acqua e insulti interrotti da altri colpi di tosse.
“È gelata!” urlai cercando di uscire di corsa, ma Shade mi si parò davanti “Tu sei matto! Non ero pronta!”
“Lo so, per questo è stato divertente”
“Sei malefico, ti detesto” cercai di scansarlo prima a destra poi a sinistra, ma era sfortunatamente sempre più veloce di me. I suoi addominali continuavano a luccicare in modo illegale e io decisi che se volevo evitare sbavamenti indesiderati avrei dovuto allontanarmi.
Se non potevo uscire dall'acqua, tanto valeva godermi quel momento. L’acqua era ancora fredda, ma non così fredda e il sole splendeva in un cielo azzurro e senza nuvole.
Era una giornata davvero assurda. Mi trovavo a mollo a più di due ore da casa, mentre i miei compagni stavano probabilmente insultando silenziosamente il professore di geografia.
“Sai,sarei entrata anche sola”
“So che lo avresti fatto” per qualche strana ragione gli credevo. Forse per il suo tono rilassato e soddisfatto, o forse perché avrei creduto a qualsiasi cosa mi avesse detto quando non indossava una maglietta.
“Mi conosci un po’ troppo bene per i miei gusti, lo sai?”
“Sei una persona facile da leggere”
“Può essere, ma tu sembri incredibilmente bravo” come risposta ricevetti un sorriso e così anche io mi lasciai cullare dalle onde.
L’acqua era fredda, mi bruciavano gola e occhi ed ero sicura mi sarei beccata un febbrone da cavallo, ma in quel momento stavo bene e per una volta non stavo pensando a niente. Il mio cervello era meravigliosamente vuoto.
Fu un momento bellissimo che durò circa due secondi.
Qualcosa di non meglio identificato mi sfiorò la gamba, un attimo dopo ero aggrappata alle spalle di Shade come una scimmia su un albero di banane.
Shade sputacchiò dell’acqua che involontariamente gli avevo fatto bere e cerco di divincolarsi, ottenendo il risultato opposto.
“Rein che diavolo fai?”
“Qualcosa mi ha toccato la gamba!”
“Probabilmente era una alga” cercò di riportarmi alla ragione, ma ormai era troppo tardi. Non avrei mollato la presa neanche sotto tortura.
“Rein, ascoltami, non è successo nulla” posò entrambe le mani sulle mie cosce e dolcemente mi fece scivolare intorno al suo corpo. Una volta faccia a faccia, non riuscii a non notare le sue gote imporporate e il fatto che non indossasse nessun capellino. Sì, ero cosciente di avere i riflessi di un bradipo, ma era un qualcosa che non avevo notato fino a quel momento. Un’occorrenza più unica che rara. I suoi capelli erano tutti spettinati e ebbi l’istinto di passarci la mano per renderli ancora più disordinati.
“Hai intenzione di restare attaccata a me come una cozza?” chiese con tono leggermente infastidito.
Mi rendevo conto la situazione fosse imbarazzante. Eravamo entrambi mezzi nudi e i nostri corpi si toccavano in più punti di quanto mi sarebbe piaciuto ammettere.
Dall’altro canto però ero come paralizzata. Rimasi in silenzio, mentre il calore delle sua mani sulla mia pelle era l’unica cosa a cui riuscivo a pensare.
I nostri visi erano talmente vicini che potevo vedere piccole gocce rigargli le guance per terminare la loro corsa sulle sue labbra.
“Sarebbe così facile” sussurrai cercando il suo sguardo. Sembrava aver smesso di respirare, la sua espressione era indecifrabile e i suoi occhi mi guardavano attenti e forse un po’ spaventati.
“C-cosa?”
“Se io fossi innamorata di te e-”
“Io di te” lo disse in un soffio che raggiunse caldo le mie labbra.
E mi venne da ridere. Una risata breve e amara e distolsi imbarazzata la sguardo. Shade però non rise, le sue mani si strinsero sulle mie gambe e cercò i miei occhi.
“È così assurdo?” un altro soffio.
Quelle parole mi lasciarono paralizzata. Perché sì, era impensabile, ridicolo, assurdo. C’erano Bright e Fine. E anche senza di loro, io e Shade eravamo come il giorno e la notte, due persone completamente diverse.
Però lui aveva fatto una domanda. Non era un’affermazione, ma una ricerca di conferma e io non gliela seppi dare.
Mi staccai piano, con movimenti quasi impercettibili e lui mi lasciò andare.
“Forse è ora di uscire, comincio ad avere freddo”
“Rein…”
“Mi sono anche rovinata i capelli per quella dannata porta della serra. Ora sta a te mantenere la promessa” sorrisi fingendomi esageratamente allegra e senza voltarmi mi avviai verso la riva.
Forse era solo la mia immaginazione, ma qualcosa tra di noi era cambiato e io non sapevo che altro fare se non scappare il più lontano possibile da lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Di nuovo, grazie a tutte le lettrici che non hanno abbandonato questa storia. Also, per favore siate gentili, non scrivo da quasi un anno e sono decisamente arrugginita.
...
Aiuto.

 
 
 
 
  
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