Parte II
Kara assaporò l’aria sentendo in essa il profumo dei fiori e il dolce
tepore lasciato da una calda giornata estiva. Poi ascoltò la gioia che la
pervadeva, l’emozione e l’eccitazione, mescolata a un senso di euforico
terrore.
Scese la ripida strada che, se avesse percorso al contrario l’avrebbe
ricondotta al castello la cui ombra aveva da poco abbandonato. I suoi piedi
trovarono un piccolo sentiero e la guidarono lungo la collina. Il buio non
sembrava infastidirla, neanche quando si fece più fitto sotto le fronde degli
alberi tra i quali si infilò. La sua mano accarezzò gli steli d’erba e lei
raccolse un fiore, portandoselo al naso. Ispirò il dolce profumo, sorridendo,
fino a quando non intravide una scura figura seduta in attesa. Il suo cuore
prese a battere più veloce, ma i suoi passi non rallentarono.
“Credevo che non arrivassi più.” Dichiarò la donna, un ampio sorriso
che cancellava tutta la severità nel suo tono. Kara sentì il cuore accelerare
ancora, mentre gli occhi della donna si posavano su di lei. Li conosceva, oh
sì, li aveva già visti! Poco importava la scarsa luce, poco importava se il
volto a cui appartenevano era diverso, quegli occhi non li avrebbe confusi mai.
“Mio padre mi ha trattenuto dopo cena.” Spiegò. “Non è facile
sgattaiolare via dal castello la notte.” Tese il fiore con timidezza e la donna
sorrise ancora di più. La sua mano si avvolse, però, attorno al suo polso e lei
fu gentilmente attirata verso la donna.
“È un bellissimo fiore, ma io non riesco a smettere di pensare a
quello che è successo nella dispensa, questo pomeriggio…” Le mormorò, mentre le
accarezzava il volto. Quella delicatezza, quel modo di sfiorarla, lo ricordava,
lo riconosceva. “Oh meglio… quello che è quasi successo.”
Sentì le guance diventare rosse.
“Ecco… io… ehm… neanche io riesco a smettere di pensare a… te.” Si
sentì dire e vide la sconosciuta sorridere con quel misto di speranza e
timidezza che sembrava appartenere a una donna che lei conosceva, colei che
aveva occhi uguali, ma volto diverso.
“Baciami…” Le mormorò la sconosciuta, vi fu un lampo di decisione nei
suoi occhi e il cuore di Kara fece un balzo.
Le loro labbra si avvicinarono e finalmente si incontrarono.
Kara poteva chiaramente sentire tutte le
emozioni di quel primo bacio e le pareva quasi di vederle riflesse anche negli
occhi di Lena che le parlò, con voce delicata.
“Il mio destino sembrava segnato… credevo di
non poterti vedere mai più, credevo di non poterti dire addio…” Lena si morse
le labbra. “Credevo di non poterti baciare mai più. Eppure…”
“Sono qui, sei qui.” Kara percepiva di nuovo
quel senso di sconnessione… come se fosse lì e anche altrove, come se tutto
avesse senso eppure non ne avesse.
La ragazza allungò la mano libera e le sfiorò
il viso con il dorso, accarezzando la sua guancia.
Ora era vicina, tanto che Kara poteva sentire
il suo respiro infrangersi sulle proprie labbra, chiuse gli occhi e attese che
le loro bocche si sfiorassero.
“Interrompo qualcosa?” La voce divertita di
una donna fece sobbalzare entrambe. Kara si tirò indietro, le guance in fiamme,
il cuore che sembrava voler saltare fuori dal suo petto.
“Voi?” Esclamò Lena.
“Io.” Confermò la donna. Era seduta sulla
balaustra del balcone, incurante del vuoto dietro di lei, la gambe coperte solo
dalla calza a rete ondeggiavano mentre dietro di lei, il vento faceva agitare
le code nere del frac. La donna fece un saltello e atterrò sul balcone, eseguì
un elegante inchino, sfilandosi il cappello a cilindro. “Zatanna
Zatare, al vostro servizio.” Disse, lanciando uno
sguardo divertito ad entrambe. “Un amico mi ha detto che volevi parlarmi.”
Aggiunse poi, questa volta a Kara.
“Tu ci hai fatto bere una pozione…” Si bloccò
arrossendo, non poteva dire una cosa simile dopo aver quasi baciato Lena…
arrossì ancora al solo ricordo, alla sola idea.
“Era solo sciroppo di fragola.” Affermò però
la donna agitando la mano.
“Non mentire! Qualcosa ci hai fatto!”
“Kara?” Domandò però Lena. “Di cosa stai
parlando?”
“Quello che proviamo… non è normale.” Affermò
e vide Lena sobbalzare, come se l’avesse colpita, come se la sua frase l’avesse
ferita. “Oh…” Comprese. “No… non voglio dire che…” Si ingarbugliò nei pensieri.
“Sarebbe normale, normalissimo.” Arrossì. “Ma non… non per noi… noi siamo
amiche, sì, migliori amiche e… ed è tutta colpa sua se ora siamo confuse!”
Guardò verso la maga, ancora più arrabbiata.
La donna alzò le mani in un evidente segno di
resa, senza che il sorriso divertito sulle sue labbra diminuisse di un
briciolo.
“Non ho il potere di far innamorare le
persone, se è questo quello che credi. Quello che ho fatto è darvi la
possibilità, per una notte, una notte speciale in cui i confini sono meno
netti, di entrare in contatto con le vostre incarnazioni passate. Volevo darvi
una mano ad intraprendere la giusta strada, la strada che ogni vostra
incarnazione ha preso.”
“Di cosa sta parlando?” Domandò Lena.
“Permetti?” Chiese la donna, tendendo la mano.
“Posso mostrartelo in maniera più chiara.”
“Non credo proprio.” Affermò Kara,
frapponendosi tra Lena e la maga. “Non ti permetterò di peggiorare la
situazione.”
“Non le farò del male, promesso.” La donna
sorrideva. “Se vuoi posso farlo ad entrambe.” Una seconda mano fu tesa.
“Perché dovremmo acconsentire?” Domandò Kara
incrociando le braccia, con aria decisa a resistere.
“Volete capire, giusto? Vi darò una spinta
verso la comprensione.”
“Non voglio che…” Kara si interruppe, la mano
di Lena si era posata sul suo braccio, mentre la donna si faceva avanti.
“Non so cosa stia succedendo, ma hai ragione,
c’è qualcosa di strano. Ho un terribile mal di testa dal tramonto, mal di testa
che sparisce quando parliamo o quando mi guardi e non sono sicura di sapere
perché abbiamo detto certe cose e quello che ho visto…” Scosse la testa. “Se
questa donna ci ha drogato, in qualche modo, allora dobbiamo andare da un
medico, ma, prima, chiameremo la sicurezza.” Il tono di Lena era fermo, deciso.
La maga roteò gli occhi.
“E va bene, volevo essere gentile, ma, a
questo punto, faremo a modo mio.”
Prima che Kara potesse muoversi la mano della
donna era su quella di Lena, là dove la giovane Luthor
ancora toccava il suo braccio.
Ora era in una stanza sontuosa, un letto a baldacchino sopra la testa,
un corpo nudo stretto a sé. Il suo petto era pieno di gioia, pieno di
incontenibile felicità, il suo cuore sembrava traboccare di estasi, nulla,
nulla poteva essere più bello, più dolce, più meraviglioso di quello che lei
aveva.
Abbassò il capo e si ritrovò a specchiarsi in due occhi limpidi come
il cielo, indefinitamente verde azzurri, chiari come una goccia di rugiada. Le
sue dita tracciarono i tratti di quel volto sconosciuto, con la delicatezza e
la meraviglia di una prima volta.
“Sei bellissima.” Mormorò piano.
“E tu sei…” La porta si spalancò e il suo cuore sobbalzò, questa volta
non di gioia, ma di paura. La sua porta avrebbe dovuto essere chiusa a chiave,
nessuno avrebbe dovuto entrare nella sua stanza.
“Questo è un abominio!” Urlò un uomo afferrando la ragazza e
trascinandola fuori dalle lenzuola.
“Lasciatela andare, padre!” Dichiarò lei, ergendosi in tutta la sua
statura e fronteggiando l’uomo. Lo schiaffo la raggiunse con violenza facendole
girare la testa, il suo labbro si spaccò sporcandole la guancia di sangue. La
donna che un attimo prima lei stringeva tra le braccia si liberò dalla presa
dell’uomo e si scagliò su di lui con rabbia.
“No!” Gemette Kara, ma gli occhi chiari della giovane ora contenevano
solo furia, mentre colpiva il signore del castello, suo padre.
“Oh, la pagherai per questo, poco importa se tuo padre è il mercante
più ricco della contea!” Affermò l’uomo afferrandola con più forza e urlando a
dei servi di intervenire.
Il suo cuore sprofondò.
“Vi prego padre, vi prego, punite me!” Chiese, in ginocchio.
Kara richiusa in quel corpo si ribellò, non voleva soffrire ancora,
non voleva perdere anche lei, non poteva!
Annaspò e si ritrovò in ginocchio, sul balcone
della CatCo. Lena era stesa accanto a lei, gli occhi
chiusi il battito accelerato.
“Fallo smettere!” Gemette guardando la maga
che sorrideva compiaciuta di sé.
“Hai appreso la lezione?”
“Non voglio perdere anche Lena!” Rispose lei,
senza neppure badare alla domanda. “Quell’illusione, non so da dove venisse,
ma…”
“Illusione?” La interruppe Zatanna.
“Quello era il tuo io passato.”
Kara scosse la testa, mentre stringeva la mano
a Lena, incapace di credere alle parole della donna.
“Perché non torna anche Lena?” Chiese,
spaventata dal pallore della giovane e dal suo cuore che batteva veloce.
“Perché lei non si è arresa. Lei non fugge.”
La voce di Zatanna ora era decisa, seria. Kara alzò
gli occhi su di lei.
“Io non fuggo!” Dichiarò.
“No? Eppure è quello che hai fatto negli
ultimi mesi.”
“Ho capito che sbagliavo, che Alex, la mia
famiglia, i miei amici sono qui per me, che posso e devo lasciare che…” La maga
scuoteva la testa e lei si interruppe.
“Non parlo del dolore superficiale per la
perdita di quel pisciasotto daxamite.”
Nel vedere la sua espressione la donna aprì le mani in segno di resa.
“Perdonami, lasciami riformulare: il nobile principe daxamite
che sì è sacrificato, rimanendo su questo florido mondo, al sicuro al tuo
fianco, lasciando la gloriosa guida del suo popolo, che si preparava alle
fatiche della riconquista di un mondo distrutto, alla sua despotica e
schiavista madre.”
“Mon-El non…” Kara
scosse la testa, non voleva parlare del ragazzo.
“Oh, andiamo, persino Clark ha fatto la faccia
più vicina alla disapprovazione che io gli abbia mai visto sul volto, quando ha
saputo della vostra relazione. Ti risparmio i commenti di Lois…” Ghignò la
donna.
“Non…” Tentò di protestare ancora.
“Vero, non centra nulla, il daxamite non è mai centrato nulla. Quello di cui stiamo
parlando, adesso, è che, stai fuggendo da Lena.”
“Non sto fuggendo da lei!” Replicò Kara,
quello era un terreno più sicuro, rispetto a tutto il discorso Mon-El.
“Ripeto: perché lei è ancora lì sicura che
arriverai, mentre tu sei qui? Perché lei crede ancora in voi, mentre tu l’hai
abbandonata?”
“Non l’ho…” Si interruppe, ricordando
l’immagine di Lena che veniva trascinata via davanti a i suoi occhi. “Non posso
vederlo accadere di nuovo…”
“Cosa?” Chiese la maga con delicatezza questa
volta.
“Non posso perderla, come ho perso il mio
mondo, mia madre, i miei genitori, Astra…” Non aggiunse Mon-El,
perché quel sordo peso sul petto non aveva nulla a che vedere con il ragazzo.
Lasciarlo andare era stato così… facile. Il suo dolore derivava proprio da
quello, dalla vergogna nel sentirsi quasi sollevata, liberata. Che razza di
persona era? Si era chiusa in se stessa, aveva esasperato e riesumato il dolore
della perdita dei suoi genitori e di Krypton e lì era rimasta, fino a quando…
sua sorella, J’onn, James, tutti le avevano parlato,
ma solo…
Kara scosse la testa, ma il pensiero si era
presentato nella sua mente ed era impossibile evitarlo: solo quando Lena le
aveva detto che le mancava il suo cuore aveva ripreso a battere e Lena era
riuscita a farla sorridere di nuovo e il suo genuino e sincero affetto aveva
scaldato il suo cuore… l’aveva resa felice.
“Perché mi hai mostrato…?” Zatanna
le venne in aiuto.
“La tua vita passata?” Chiese e quando lei
annuì, sorrise. “Te l’ho detto, volevo aiutarti. Volevo che aprissi gli occhi.”
“Quello che ho visto appartiene ad un’altra
persona.”
“Vero e falso.” Spiegò lei. “Chi hai visto
negli occhi della donna che stringevi? Cosa hai provato nel stringerla?”
Domandò.
“Io…” Kara si morse il labbro. Lena. Certo che
aveva visto Lena, la sua dolcezza, la sua forza, il suo coraggio, la sua
determinazione, il suo entusiasmo, la sua bellezza. “Non sono sicura di
capire.” Ammise.
“Vi amavate, nel passato e lei ti è stata
strappata via. La deporteranno, strappandola alla sua famiglia, al suo paese,
strappandola da te.”
“Dove… dove andrà?” Chiese Kara con un tremore
nella voce, mentre stringeva con forza la mani di Lena.
“Nelle Americhe, là, dove mandano tutti i
criminali, la feccia, i dissidenti del paese.”
“Avrà una vita difficile?” Chiese, quasi
bisbigliando, mentre accarezzava il volto di Lena. La sua pelle pallida era
morbida come la seta sotto i suoi polpastrelli.
“Sì.” Confermò Zatanna.
“Ma la sua storia, nel Vecchio Mondo, non è ancora conclusa.” Kara alzò la mano
e la tese verso di lei. “Sei pronta a smettere di fuggire?”
Kara non era affatto sicura di quello che ciò
significava, ma una cosa la sapeva, non avrebbe permesso che Lena vivesse quel
momento da sola e neppure quella sconosciuta. Era stanca di perdere le persone
a cui voleva bene, ma non poteva permettere che quella stanchezza facesse del
male a Lena.
“Sì.” Affermò e, stringendo una mano di Lena,
tese quella libera fino a sfiorare le dita guantate di bianco della maga.
Un solo battito del suo cuore e fu di nuovo in
un altro luogo.
Le catene erano pesanti attorno ai suoi polsi, il freddo vento
sibilava nelle sue orecchie, mentre la pioggia scorreva sul suo viso. Sulla
costa l’erba era gialla e le onde si infrangevano violente sulle scogliere poco
fuori la piccola baia, ma i suoi occhi erano fissi sulla strada che dal piccolo
molo si dipanava lungo la collina fino a raggiungere il castello posto in alto,
a dominare ogni cosa.
“Pronti a salpare!” Urlò la voce del capitano, un uomo dalla barba
incolta e dai denti gialli.
“Non ancora!” Ordinò, perentoria. Sarebbe arrivata, lo sapeva, lo
sentiva.
Il capitano sputò fuori bordo.
“Mettetela nella stiva.” Ordinò, non sembrava affatto felice del
compito di carceriere che gli era stato dato, lei si dibatté quando due marinai
la afferrarono. Sfuggita alla loro presa corse fino alla prua, tirando con sé
le pesanti catene.
“Lasciatela stare.” Ordinò allora il capitano, fosse mosso dalla
pietà.
Lena non gli badò. Sarebbe arrivata, certo che sarebbe venuta.
I suoi occhi fissi sempre verso la costa, verso quel sentiero, che
tante volte aveva percorso mentre dal borgo del villaggio andava al castello e
alla dispensa, piena di farina e, ormai di ricordi o a quella radura in cui
avevano riso, giocato, in cui si erano amate per tutta l’estate e per
quell’inizio di autunno.
“So cosa aspetti.” Sibilò una voce nelle sue orecchie e lei strinse i
denti scuotendo il braccio da quella presa. “Ma, non accadrà, la ragazza si
sposerà domani mattina, il giorno dopo la festa di All
Hallows' Eve.”
“No.” Protestò lei, ma fu una protesta debole persino alle sue
orecchie.
“Sì, invece, accettalo. Una volta che la costa non sarà più in vista
convincerò il capitano a toglierti le catene e potrai servire alla mia tavola.”
La voce dell’uomo era suadente e mielosa, piena di sottintesi e lei provò un
moto di nausea. Scosse la testa, non voleva ascoltare.
Lena sentì le dita dell’uomo stringerla con più forza, sapeva che le
stava lasciando dei lividi.
Era strano, per la prima volta non le sembrava più un sogno, ora tutto
era più intenso e quasi familiare. Rifletté sulla paura, il freddo, la
speranza, erano tutte sensazioni che provava dal momento in cui la festa alla CatCo era iniziata, sensazioni che aveva respinto in un
angolo della mente, com’era solita fare quando qualcuno le parlava della sua
famiglia con la volontà di ferirla. Si era procurata un forte mal di testa, un
mal di testa che era sparito solo quando Kara…
I pensieri di Lena si condensarono attorno a quel nome. Kara.
Ricordava le allucinazioni, ricordava di non aver riconosciuto il suo volto, ma
i suoi occhi sì, il suo modo di ridere, di abbassare il mento e di arrossire,
il suo modo di farfugliare e di parlare troppo. Ricordava di averla amata,
intensamente, esattamente come la amava anche quando era in sé. Un amore che
nascondeva perché non voleva perderla, perché dovevano restare solo amiche.
“Lei verrà.” Mormorò, cercando di esorcizzare l’esitazione che le
parole dell’uomo avevano creato. Lei sarebbe venuta, perché Kara era sempre lì
per lei. Anche in quegli ultimi mesi in cui era distante e fredda, non era
sparita, non l’aveva odiata per la colpa che aveva, e ora che era tornata tutto
era di nuovo come prima, meglio di prima.
Mani dure si chiusero con ancora più forza sul suo braccio.
“Suo padre l’ha rinchiusa nel castello, non ne uscirà se non sposata.”
Ci tenne ad informarla l’uomo. “Anche se, cosa di cui dubito, volesse venire e
condividere il triste e pericoloso destino che ti attende se deciderai di
affrontare da sola il Nuovo Mondo, non potrebbe.”
Lena sentì il cuore stringersi, le vele si gonfiarono dietro di lei,
ora che i marinai le avevano sciolte al vento e la costa iniziò ad
allontanarsi.
I sogni o allucinazioni, non era sicura di come chiamarli, erano stati
così belli, così pieni di complicità, di amore, perché ora doveva fare
quell’incubo? Perché esso era il più vero e intenso di tutti?
Strinse i pugni sulla murata di legno, conscia come non mai delle
catene fredde e pesanti, dei piedi nudi sul ruvido tavolato della nave, del
vento freddo che agitava i suoi abiti e della mano, pressata sul suo braccio.
Si voltò e fissò gli occhi in quelli di lui, per la prima volta. Lei
era Lena Luthor!
“Lascia subito il mio braccio.” Dichiarò e lasciò che attraverso la
sua voce riverberasse tutta l’autorità del suo nome. L’uomo fece un passo
indietro, sorpreso, ma lei non lo guardava più, i suoi occhi fissavano di nuovo
la costa, perché non avrebbe mai smesso di credere in Kara, mai.
Kara colpì la guardia con un pugno e gemette nel sentire il dolore
riverberare tra le sue dita e poi lungo il braccio.
“Ahi!” Si lamentò agitando la mano, ma non smise di camminare. Uscì
dalla sua stanza e seguì i corridoi del castello. Quello non era più un sogno,
ora poteva agire e sua sorella le aveva insegnato come si stende un uomo con un
bel pugno sul naso, che avesse i poteri o che non li avesse.
Sentiva dentro di lei, la donna che era in quel momento e, al
contempo, sapeva di essere Kara. Era come alla festa, quando aveva guardato
Lena e aveva avuto quella strana sensazione di giustapposizione.
Halloween le ricordò la sua mente o All Hallows' Eve come lo chiamava la
sua se stessa del passato. Una notte in cui le mura erano più sottili e i
confini labili.
Peccato che le mura del castello erano decisamente concrete.
Kara oltrepassò un corridoio e diverse stanze, sapeva dove doveva
andare e sapeva che la donna che era stata aveva bisogno della sua esperienza,
ma non del suo coraggio, di quello ne aveva da vendere. Sorrise, malgrado
tutto.
Sentì suo padre ridere assieme ad un altro uomo, mentre oltrepassava
la grande stanza centrale del castello.
Non si fermò ad osservare il viso dell’uomo che avrebbe sposato
l’indomani, non aveva nessuna importanza, perché lei non lo avrebbe mai
sposato.
Sgattaiolò oltre la porta e uscì nell’aria fredda del tramonto.
Ignorando la sensazione del vento che si infilava tra i suoi abiti iniziò a
correre lungo la collina, il sole che lentamente scompariva oltre il castello
alle sue spalle.
Ed eccola, la nave. Il suo cuore prese a battere, mentre veniva
sommersa da una profonda sensazione di urgenza. Le vele erano già gonfie e i
marinai stavano lavorando rapidi sul ponte e sugli alberi, presto sarebbero
stati fuori dalla baia.
Individuò una figura a poppa, i lunghi capelli neri che si agitavano
al vento. Lena. Non provò paura per se stessa, per il suo futuro, ma per quello
della donna sì, cosa le sarebbe successo nel Nuovo Mondo? Come se la sarebbe
cavata da sola? Poco importava che fosse la donna più intelligente, capace e
forte che conoscesse.
Riconobbe l’intensa paura provata al tramonto, mentre tornava a casa
e, Kara, comprese, per la prima volta per davvero, che quello era il passato,
che tutto era già successo.
Eppure non importava, avrebbe lottato lo stesso per… per il suo
passato e per il suo futuro.
Scese correndo la collina, poi raggiunse il borgo e il molo e, senza
esitare, malgrado la paura che sentiva il suo corpo provare, si gettò
nell’acqua. Non importa che lei non sapesse nuotare, Kara poteva farlo, poteva per
entrambe.
Nuotò con decisione fino a quando non udì le urla dei marinai e una
corda non le fu gettata vicino. La afferrò e si lasciò trascinare sul ponte.
Dopo tutto non era così divertente nuotare nell’acqua gelata senza i suoi
poteri.
“Sei qui.” Mormorò una voce. Alzò gli occhi e individuò una figura
farsi largo tra il cerchio di marinai.
“Ne dubitavi?” Chiese, i denti che battevano per il freddo e il corpo
scosso da tremori, ma un sorriso sulle labbra.
“È la figlia del barone.” La riconobbe uno dei marinai. Una coperta fu
gettata sulle sue spalle, ma a Kara importava solo lo sguardo della donna
davanti a lei.
“No, non ne dubitavo.” Mormorò la ragazza e Kara sorrise di nuovo nel
vedere gli occhi di Lena addolcirsi.
“Dobbiamo riportarla indietro!” Sbraitò un uomo, ma il capitano scosse
la testa.
“Non perderò altro tempo con queste sciocchezze! Date alla baronessa
una cabina, verrà con noi nel Nuovo Mondo e se suo padre la vorrà dovrà venire
a prendersela.”
“Non ci sono cabine libere, capitano.” Fece notare un marinaio e il
capitano puntò il dito verso l’uomo che aveva suggerito di riportarla indietro,
l’uomo che aveva denunciato a sua padre l’amore che vi era tra lei e la
ragazza, l’uomo che voleva sposare la ricca figlia del mercante che l’aveva
rifiutato senza neppure un istante di riflessione. “Prendete la sua.” Dichiarò
il capitano e Kara sorrise.
“Vi ringrazio, capitano.” Lui le fece un sorriso mostrando i denti
gialli e assomigliando molto alla madre, la gentile donna che, tanti anni
prima, le aveva fatto da balia, sostituendo sua madre che era morta alla sua
nascita, poi con un secco ordine rispedì i suoi marinai al lavoro, il viso di
nuovo severo.
Nessuno obiettò quando lei ordinò di togliere le catene a Lena e, dopo
averlo fatto, il marinaio le condusse alla cabina, per poi lasciarle sole.
“Tu…” Mormorò la donna, alzando la mano e accarezzandole il volto.
“Sei qui.” Disse e Kara non poté fare a meno di bearsi di quella dolce carezza.
“Stai bene.” Disse, con un senso di sollievo. “Credevo… credevo…” Non
lo sapeva, non ne era sicura. “Che ti avrei persa per sempre.”
Lena scosse la testa, era confusa a sua volta, lo si vedeva nel suo
sguardo, poi i suoi occhi tornarono su di lei e la donna sorrise.
“Sono qui.” Affermò, quasi come se cercasse di convincere se stessa e
lei allora stesso tempo.
Da qualche parte nella sua mente le parole fecero eco, come se le
stesse ripetendo adesso e anche in un tempo futuro. Vide la donna davanti a lei
corrugare la fronte, presa, forse, dalla stessa curiosa sensazione.
“Cosa succederà adesso?” Domandò piano, senza sapere se era lei a
chiedere o la donna che era stata.
“Siamo assieme.” Le ricordò la giovane e sorrise, come se quella
semplice cosa bastasse ad allontanare ogni timore per il futuro e, Kara, si
rese conto che era così. Sorrise e chiuse gli occhi lasciando che le loro
labbra si toccassero.
Kara sbatté gli occhi sentendo il duro
pavimento della CatCo sotto di sé.
“Kara?” Chiese Lena guardandosi attorno
confusa.
“Ti senti bene?” Le chiese subito, aiutandola
ad alzarsi in piedi.
“Io…” La donna sembrava leggermente spaesata,
ma annuì. “Sì, è solo che…” Alzò gli occhi e, finalmente, la guardò. “Eri con
me… in quel posto?” Domandò, alla fine.
“Nel passato, sì.”
“Nel passato?” Lena scosse la testa. “Non è
possibile, non è scientifico.” Contestò. Kara sorrise e poi le prese le mani,
ignorando il piccolo brivido che le diede fare quel gesto così intimo.
“Ad Halloween la scienza va a farsi un
riposino.” Lena non poté fare a meno di sorridere mentre scuoteva la testa alle
sue parole.
“Kara!” Protestò.
“Lo so, lo so, non devi crederci per forza.”
Ammise. “Quello che importa è che…” Kara arrossì un poco e sorrise. “Che tu
credi in me, e…”
Lena la guardava ora, con intensità, tanto che
Kara si interruppe.
“Dobbiamo chiamare la polizia e far
rintracciare quella donna, ormai è chiaro che ci ha aggredite e drogate,
spingendoci in quella specie di sogno lucido.”
Kara osservò Lena, così sicura, così… si
interruppe, perché gli occhi della donna sfuggivano i suoi ora e lei si rese
conto che stava mentendo. Sgranò gli occhi sorpresa.
“Stai mentendo!” Affermò e Lena separò le loro
mani, stringendole una contro l’altra.
“Non sto mentendo.” Dichiarò.
“Oh sì, invece! Tu sai che era tutto vero, che
quello che abbiamo vissuto era vero e sai che…” Si interruppe e improvvisamente
comprese perché Lena aveva aspettato che lei tornasse, non si era arresa, non
aveva ceduto come aveva fatto lei, perché Lena… Lena l’amava.
Kara arrossì violentemente e vide la giovane Luthor stringere i denti e distogliere lo sguardo, conscia
che lei aveva capito.
“Non posso perderti.” Mormorò la donna. “Per
favore, fingi che… fingi che non sia mai successo. Se vuoi non sporgerò
denuncia, ma ti sarei grata se dimenticassimo tutta questa strana storia.”
Kara la osservò a bocca aperta. Non riusciva a
crederci eppure ora tutto era chiaro.
Sentire quelle parole, vedere il modo in cui
gli occhi della donna divennero lucidi, percepire un tremore nascosto tra le
sillabe, la colpì profondamente.
Quanto era stata cieca a non vedere? Quante
volte Lena aveva mostrato che il suo sentimenti andavano oltre una buona
amicizia? E lei, come una sciocca, non aveva visto, non aveva capito.
“Lena…” Incominciò, chiedendosi cosa avrebbe
dovuto dire o fare. Dopo tutte le emozioni che aveva provato nelle ultime ore
non era sicura di poter esprimere al meglio ciò che sentiva.
“Per favore.” Chiese di nuovo la donna.
“Io… va bene.” Acconsentì e vide la donna
annuire, ma non vi era sollievo nei suoi occhi, che ora non incontravano più i
suoi.
“Dobbiamo tornare al party, si staranno
chiedendo dove siamo.” Dichiarò Lena, decisa, poi si voltò e si diresse verso
l’ascensore. Kara la osservò allontanarsi, ma non si mosse.
Quando la donna fu lontana sospirò e si
appoggiò al balcone osservando il cielo pieno di stelle di National City.
Sentiva ancora il legame con il passato,
percepiva ancora Lena tra le sue braccia, la gioia di averla con sé, il brivido
d’eccitazione all’idea del futuro che le aspettava, un futuro pieno di difficoltà
che lei, però, non aveva più paura di affrontare. Sorrise, Lena era il suo
futuro e… si interruppe scuotendo la testa. Quello era nel passato, ora erano
solo amiche… almeno questo era quello che lei provava.
Voleva bene a Lena, certo che le voleva bene,
era molto importante per lei. La faceva sorridere, ridere, riempiva la sua
giornata di gioia anche sono con un sorriso e lei adorava vederla sorridere…
Chiuse gli occhi un sorriso sulle labbra
mentre pensava al luminoso sorriso che Lena dedicava solo a lei, quando li
riaprì, davanti a lei vi erano gli occhi di Lena.
Sobbalzò sorpresa la donna era stata
silenziosa nell’avvicinarsi, oppure lei era stata troppo distratta, troppo
persa nel pensare a due brillanti occhi chiari.
“Non voglio essere solo amiche.” Dichiarò la
donna in quel tono leggero, dolce, delicato, che, di nuovo, dedicava solo a
lei.
Lena era lì, davanti a lei, ancora una volta,
pronta a lottare per loro, a credere in lei, anche se lei…
“Sono innamorata di te. L’ho nascosto per
molto tempo, ma dopo questa notte non credo di poterlo più fare. Se vi è una
possibilità, anche se estremamente remota che, la gioia che ho provato in
quelle allucinazioni e che ho visto nei tuoi occhi, si avveri, allora, devo
provarci.” Disse con semplicità la giovane Luthor.
“Questo è tutto quello che dovevo dirti.” Affermò, annuendo. “E volevo anche
recuperare il mio cappello.” Aggiunse. Prese l’oggetto dimenticato su di una
scrivania e si voltò, lasciando Kara a fissare il silenzioso ufficio con occhi
sgranati.
Il suo cuore batteva veloce, un senso di
profondo calore l’avvolgeva e non vi era l’estraniante sensazione di
dislocazione adesso. Quell’emozione era tutta sua… ed era così… bella!
“Oh, capperi.” Disse, mentre un enorme sorriso
si apriva sulle sue labbra. “Oohhh, capperi!” Esclamò
di nuovo, mentre correva verso l’ascensore. Pigiò sui bottoni e si fiondò
all’interno, poi scese i piani con il cuore in gola.
La stanza era piena di persone, la musica era
trascinante, vari gruppi si erano formati in ogni angolo della stanza, ridendo
e divertendosi mentre i performers eseguivano i loro numeri. Kara scandagliò la
stanza alla ricerca di Lena, il cuore che non le dava tregua nel petto.
“Kara! Dove sei stata per tutto questo tempo?”
James le venne incontro con un bicchiere che le tese, ma lei scosse la testa.
“Hai visto Lena? Devo parlarle.” Disse senza
smettere di cercare.
“Kara!” Winn li
raggiunse e aprì le braccia mostrandole il suo costume. “Ti piace? Credi che
piacerebbe a… lui.” Disse con un’aria molto allusiva.
Kara sorrise, si era aspettata un costume da
Superman, invece Winn indossava una replica quasi
identica del costume da marziano di J’onn. Si era
persino colorato il viso di verde e aveva messo lenti rosse.
“Sarebbe contento, sì.” Ammise, con un
sorriso.
“Anche le tue ali, sono belle.” Le disse il
giovane, poi le si avvicinò e ammiccò. “Non che ti servano delle ali per
volare…”
James si schiarì la gola guardandosi attorno
preoccupato.
“Credo di aver bevuto troppo punch. Ma dovevo
provarli tutti! Uno aveva degli occhi dentro che sapevano di ciliegia, uno era
tutto blu e ce n’era uno verde che fumava, buonissimo. Ora proverò quello con
le arance che hanno il sorriso da zucca.” Winn iniziò
a dirigersi verso il tavolo del buffet, mentre ancora parlava. “Lena è stata
troppo gentile ad invitare anche me, questo è il miglior party di sempre!”
James alzò gli occhi al cielo, nel vedere il giovane ondeggiare.
“Ci penso io a lui.” Disse a Kara seguendo Winn.
“Ehi, Eve.” Chiamò
nel veder passare la ragazza con il costume da Supergirl.
“Hai visto Len… miss Luthor?”
Pronunciare il suo nome le diede un brivido d’eccitazione. Sapere che la donna
era innamorata di lei, di lei! Le faceva girare la testa e sorridere come
un’idiota.
“Credo che sia…” Lei non la ascoltò più,
perché ora i suoi occhi si concentrarono su di una figura al centro dalla
stanza. Il cuore di Kara sobbalzò nel vedere la donna che la fissava con occhi
pieni di timore e speranza. Si precipitò in avanti e la raggiunse.
“Io…” Ora era senza fiato. Si era mai vista una
supereroina senza fiato?
“Ti va di danzare con me?” Le chiese allora
Lena, spezzando il silenzio che si era creato, e Kara lanciò uno sguardo
attorno a sé, nessuno stava ballando.
“Sì.” Disse, però, rendendosi conto che, dopo
tutto, non le importava degli altri. Con un poco di titubanza si avvicinò e poi
strinse la giovane tra le braccia.
“Pronta?” Mormorò Lena e lei annuì. La giovane
Luthor sorrise e poi iniziò a muoversi lentamente,
ignorando la musica moderna che risuonava nella stanza. “Non sono mai stata
brava a danzare, nemmeno il maestro pagato da mia madre è mai riuscito ad
andare oltre i passi di base.”
Kara alzò la mano e le accarezzò il volto,
delicatamente, un sorriso sulle labbra nel vedere il viso di Lena arrossire un
poco.
“A me sembri molto brava.”
“Ci muoviamo appena.” Fece notare Lena,
nascondendo l’emozione dietro ad un tono sarcastico.
Kara si morse il labbro, le emozioni che si
rincorrevano nel suo petto. Le sembrava di sentire il rollio della nave sotto
ai suoi piedi e al contempo sentiva due solidi corpi stretto al suo, quello di
Lena ora, quello di Lena allora. Sorrise.
“La senti?” Chiese piano e la donna annuì.
“Sì, anche se non so come sia possibile…”
“Halloween.” Affermò Kara stringendosi nelle
spalle, sapeva che un giorno avrebbe dovuto spiegarle chi era Zatenna e cosa aveva combinato, ma ora… ora voleva solo
rimanere lì e godersi il futuro che avevano davanti.
Kara non notò Jess avvicinarsi al DJ e non si
accorse della musica che ora, molto più dolce, accompagnava i loro passi. Come
non vide Eve che le osservava da un angolo della
sala, le mani intrecciate davanti al petto gli occhi lucidi e un ampio sorriso
sulle labbra.
“Credi che è troppo presto per baciarti?”
Mormorò Lena, dopo alcuni minuti, gli occhi limpidi e pieni di luce, facendo
arrossire Kara. “Sì, è troppo presto.” Comprese la donna. “Prima ti inviterò a
cena.” Annunciò.
“Va bene.” Riuscì a dire lei, controllando il
rossore sulle sue guance e Lena rise. Kara non poté fare a meno di assaporare
la gioia che conteneva quella risata.
“Grazie.” Mormorò, poi, incurante delle
occhiate che ormai in molti stavano lanciando loro, si avvicinò un poco di più
a Lena e fece combaciare le loro tempie, chiuse gli occhi e si rilassò.
“Grazie.” Ripeté. “Perché hai salvato la parte migliore di me.”
L’abbraccio di Lena si fece ancora un po’ più
stretto e Kara sorrise.
Halloween sarebbe finito, quello strano senso
di dislocazione sarebbe cessato, ma di una cosa ora era sicura: avrebbe smesso
di avere paura del futuro e avrebbe smesso di aver paura di perdere le persona
che amava, perché Lena, non l’avrebbe persa mai.
***
“Clark, davvero?”
Lois osservò il compagno attraverso lo
specchio che stava usando per cancellare il trucco.
“Luthor! Una Luthor!” Ripeté il giovane, continuando a camminare avanti
e indietro nella camera da letto. Aveva ancora addosso il costume dopo il party
di Halloween del Daily Planet, ma non sembrava
ricordarsene.
“Abituati all’idea, quando Kara te lo dirà,
dovrai dirle che sei felice per lei.” Clark guardò la compagna con aria
sconsolata.
“Ma…”
“Niente ma. È una donna forte, intelligente,
coraggiosa, buona e, soprattutto, è innamorata persa di tua cugina.”
“Vorrei solo che Zatanna…”
Ricominciò lui, e Lois fece ruotare gli occhi.
“Zatanna ha dato una
spinta a qualcosa che prima o poi sarebbe comunque accaduto, più poi che prima
visto che Kara è quasi peggio di te.” Clark si mise le mani sui fianchi a
quell’affermazione, offeso allora Lois si voltò con un sorriso e scosse la
testa. “Andiamo! Non eri così preoccupato neppure quando hai saputo che usciva
con quel…”
“Sì, sì, conosco la tua colorita opinione su Mon-El.” La interruppe il giovane. “Non ero troppo
preoccupato, perché sapevo che Kara non lo amava, questa volta invece è
diverso.”
“Non le farà del male.” Assicurò Lois,
comprendendo, infine, perché l’uomo che amava fosse tanto preoccupato.
“Lei no, ma altri sì. La useranno contro di
lei e…”
“Clark.” Lois gli prese il volto tra le mani e
fece incrociare i loro occhi. “Ricordi cosa mi hai detto quel giorno? Il giorno
in cui volevo lasciarti perché…” Il giovane le posò due dita sulle labbra,
negli occhi passò ancora un lampo del dolore provato tanti anni prima.
“Sì, ricordo.” Mormorò, sospirando e Lois
annuì.
“Lei non sarà la sua debolezza, così come io
non sono la tua.” Ribadì il concetto.
“No, tu sei la mia forza.” Assicurò Superman.
“E Lena sarà la forza di Kara.” Concluse Lois.
Clark si cambiò a super velocità e la coppia
si stese a letto, Lois si strinse a lui e chiuse gli occhi, lasciando che il
sonno la reclamasse.
“Però è una Luthor…”
Borbottò ancora Clark e lei rise.
“Sì, è una Luthor.”
Mormorò e sorrise, chiedere a Zatanna di dare una
mossa alle due ragazze era stata un’idea geniale. Lois si sistemò meglio contro
il corpo caldo di Clark e si addormentò, soddisfatta.
Note: E così si conclude la storia, piccola sorpresa, dietro a tutto vi era Lois! ;-)
Fatemi sapere se vi è piaciuta anche questa seconda parte e se avete apprezzato le parole della maga e i momenti tra Kara e Lena. Niente bacio… giusto così o volete farmi del male per la mancanza?
Ditemi tutto!
Voglio fare una precisazione, riguardo a Zatanna. La misteriosa maga artefice di questo viaggio nel passato appartiene al mondo DC, non è dunque frutto della mia fantasia, i suoi poteri comprendono, tra gli altri, la psicometria che le permette di “leggere” la storia degli oggetti con un semplice tocco, abilità questa, che combinata alla telepatia le permette d’inviare le coscienze altrui avanti o indietro nel tempo (wikipedia); Mi è sembrata dunque perfetta per questo ruolo. Malgrado ciò, non la conosco se non si contano vaghi ricordi di Smallville, eventuali incongruenze con il suo carattere sono quindi assolutamente possibili.
Ci tengo a ringraziare hinata93 che ha letto in anteprima e mi ha convinto a pubblicare dopo avermi indicato come rendere migliore (spero) la storia e avermi restituito l’entusiasmo per essa.
Come sapete
la storia è stata scritta grazie all’iniziativa del gruppo: LongLiveToTheFemslash.
Questi erano i prompt che conteneva il mio pacchetto ”A life in the past”: A e B sono due reincarnazioni e durante la notte di
Halloween i loro “io” del passato riemergono.
Genere principale:
Avventura
BONUS: Filtro magico.
Grazie per il bel contenuto!