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Autore: SparkingJester    25/10/2017    1 recensioni
Un'avventura in un tempio misterioso alla ricerca di un libro leggendario in grado di esaudire desideri. Non proprio Indiana Jones, forse più crudo!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEMPRE MEGLIO CHE QUESTO.
 
''...il sudore grondava umido dalle nostre fronti, scappavamo come matti per salvarci la pelle. Sollevavamo nugoli di polvere e detriti, cercando di non scivolare mentre svoltavamo verso un altro tunnel, giù e uno ancora. Il professor Dan Cogart, sessantadue anni, stava davanti a me: «Lassù!» disse voltandosi di colpo e indicando sopra la mia testa, «Usa quel dannato piccone!». Ci eravamo appena intrufolati in uno stretto passaggio di nuda roccia, rossa e fragile; iniziai a colpire più forte che potei la pietra nel punto indicatomi finché sabbia e un gran frastuono non inondarono il cunicolo, mettendo tra noi e “loro” almeno un'ora di vantaggio. L'archeologo, no, il professore, mi fissò per un attimo con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata dalla stanchezza, annuendo. Voltò poi la testa calva, coprendola col suo fido cappello e sistemandosi di riflesso il lungo e grigio pizzetto.
 
Ricominciammo a camminare, privi di energie e accompagnati dal tintinnio delle pentole, appese al mio zaino. Lo seguii in silenzio, nonostante negli ultimi due mesi trascorsi insieme, da semplice studente di archeologia divenni il protagonista di una storia che avrebbe fatto impallidire lo stesso Indiana Jones. Parlavamo molto, prima. Ci unì il nostro amore per gli antichi misteri irrisolti del mondo, ma non avevo idea di chi fosse davvero. Vide in me forse un figlio mai avuto, mi propose di cercare un antico manufatto, sarebbe stata una passeggiata diceva, mi avrebbe sistemato con la carriera universitaria e di sicuro non avrei più avuto problemi di soldi diceva. Infine, dopo svariati fraintendimenti con la polizia francese a causa di un “furto”, dopo il tentativo del governo egiziano di assassinarci, dopo una colluttazione con dei beduini, attraverso un mare di sabbia e caldo e lacrime e sangue, giungemmo qui: un tempio egizio infossato a più di otto metri sotto la sabbia, difeso da una orribile pianta che utilizza i suoi splendidi fiori verdi, cresciuti sui cadaveri, per comandare le mummie lì sepolte.
 
Fuggivamo da un gruppo di loro ed io, nonostante fossi giovane, non ero abituato a tutto questo; giocavo ai videogame, sognando di fare tutto ciò che avevo appena fatto. Sognare è una cosa, ma la realtà è più dura. E forse lo è stata di più col professore; mi parlò del Libro col Fiore Rosso solo al nostro arrivo lì, la notte prima di riuscire a penetrare fino a questo piccolo gioiello nascosto all'umanità intera. Il libro era il nostro obiettivo: ci avrebbe insegnato le arti della magia, rivelato i segreti di ogni uomo vivente, condotto a tutti i tesori nascosti e procurati molti altri, ci avrebbe persino insegnato come riprodurlo. Sembrava un sogno a sentirne parlare, ma quando me ne raccontava, nel suo sguardo c'era solo ansia, terrore per cosa ci avrebbe atteso e dubbi sull'esistenza stessa del libro. Io l'avevo seguito con l'ingenuità più totale, scaraventato in una nebbia oltre al quale non vi era più niente di buono. Eravamo ricercati dal governo francese ed egiziano e Dio soltanto sa come fossimo arrivati fin laggiù, così come soltanto lui sa se ci fosse stato modo di uscirne. Le nostre vite, o quello che ne rimaneva, sarebbero cambiate da lì in avanti, se non addirittura concluse; non restava che proseguire e sperare che l'incubo avesse fine. Ma un barlume di speranza c'era. Alzai lo sguardo da terra, accorgendomi che nel camminare ero anche più lento di lui tanto farmi lasciare indietro. Lo vidi immobile a illuminare con la fiamma della torcia una parete ricoperta di sabbia e radici. Il cunicolo era basso ma si ingrandiva notevolmente per far spazio ad una imponente parete di roccia, liscia e lavorata con incisioni e geroglifici che solo il professore poteva riconoscere, un vicolo cieco. Lui era lì impalato, con la torcia sollevata in alto e l'altro braccio disteso, stanco, lungo il fianco. La testa ondeggiava cercando di leggere e decifrare velocemente gli antichi caratteri. Io mi avvicinai, spaventato da lui. In facoltà sembrava una persona gioviale, ma tutto questo e il caldo dovevano avergli mandato in pappa il cervello.
 
«Professore, crede che sia una porta? Che si possa aprire? Quei mostri possiamo rallentarli ma non fermarli per sempre.» Gli misi fretta, avevamo fretta. Volevo solo che finisse, bene e velocemente. Non rispose, usò il braccio libero per dirmi di venire avanti; e cosi feci. «Apri lo zaino.» ordinò. Si mise a rovistare nervosamente al suo interno, pieno di cianfrusaglie e vettovaglie. Ne tirò fuori un anello, che riconobbi subito. «E' l'anell...», «Si è quello che abbiamo rubato all'Archivio. Ancora con questa storia?» mi interruppe, «Riprendi in mano quel piccone e stavolta vedi di fare attenzione. Devi colpire qui...» mi indicò un punto sulla parete di roccia, con inciso uno strano fiore circolare «...dietro vi è una nicchia in cui inserire l'anello per aprire la porta. Dove hai il talismano?». Tornò a riguardare tra tutto ciò che aveva tirato fuori dallo zaino, prendendo un pezzo di seta con ricamato sopra l'ennesimo agglomerato di glifi . Se lo legò alla mano destra, coprendo il palmo coi simboli sacri. D'un tratto si fermò e divenne ancor più serio. Dopo aver rivelato la nicchia segreta, mi poggiò una mano sulla spalla e mi voltò, sbattendomi al muro con forza.
 
«Ti ho detto anche più del dovuto riguardo al libro. Ma ora c'è una cosa che devi sapere. Esso richiede un rituale e l'utilizzo esclusivo di una sola persona.» deglutii, col cuore che quasi esplodeva, annuendo rapidamente. «Se mi hai seguito fin qui, evidentemente ti sei fidato di me. Ma ora devo chiedertelo, perché una volta entrati lì dentro, non si torna indietro. Ti fidi ancora di me? Perché se la tua risposta sarà negativa...» fece una pausa, mostrando determinazione coi suoi occhi «...ti ucciderò qui, ed ora. Meglio che morto di fame o mangiato da quelle creature lì fuori, non credi?» cercò di alleggerire il peso di quelle parole cercando di convincermi, ma non era necessario, mi fidavo di lui. Non in quanto amico, ma in quanto unico essere vivente in grado di tirarmi fuori dai guai. Annuii ancora e in risposta lo fece anche lui. Mollò la presa, si guardò l'anello all'indice sinistro, poi la destra, coperta dalla seta. Si inginocchiò di fronte alla parete, in preghiera. Io non potei che arretrare per osservarlo. Iniziò a rialzarsi lentamente, cantilenando parole a me ignote a voce bassa e capo chino, le mani si mossero: il dito con l'anello entrò nella nicchia e
 
la seta coprì i suoi occhi. La sabbia sulla parete sembrava non voler cedere alla gravità, fluì come l'acqua attraverso i solchi della parete, convergendo verso la nicchia. D'un tratto Cogart tirò fuori il dito, trascinandosi dietro uno strano plasma, azzurro e leggero. Mantenendo la calma, aprendo il palmo sinistro, dita serrate, aumentò il tono, ripeté quelle oscure parole e infine spinse la porta, aprendola. La 'magia' fluì nuovamente sui solchi, muovendo le ante della porta sul loro cammino. Ero incredulo, lo ero stato dopo il rocambolesco arrivo fin quaggiù e dopo aver visto la prima mummia alzarsi e indicarmi, ma certe cose non stancano mai.
 
Ci colpì una violenta folata di vento proveniente dall'interno della stanza. Ci addentrammo nel buio, la torcia davanti a noi. Lui non disse nulla, si limitò a proseguire e subito dopo a fermarsi; trovò alla cieca uno strano canale pieno di liquido, a ridosso della parete. Avvicinò la fiamma e improvvisamente la stanza divenne luminosa. Era circolare e sulle pareti vi passava uno stretto canale contenente un qualche tipo di liquido infiammabile. Non vi erano altre incisioni o pitture antiche a distrarci, solo pietra naturale con al centro il nostro obiettivo: il Libro col Fiore Rosso; in una vasca, alta fino alla cintola di un uomo, un metro di diametro, sferica, interamente ricolma di sangue.
 
Sulla superficie non vi era nemmeno un'increspatura e l'elegante ma antico libro, bianco con disegni floreali rossi, vi galleggiava sinistro. Il professore estrasse il coltello: «Siamo dunque arrivati. E' questo.» lo sguardo era focalizzato sul libro, non batteva ciglio; io indietreggiai. «E cosa credi che ci faremo adesso? Eh? Lo riporteremo in superficie? Condivideremo il potere di questo antico libro con qualcun altro? Sciocchezze!».
 
Il tono era alto, si tagliò il palmo destro, aprendo una ferita che infranse il simbolo ricamato su tela e riversò un fiotto di sangue nella vasca. Aveva uno strano ghigno sul volto, ma non era follia. «Forse credi che io possa usare questo potere per dominare il mondo? Violenza o uso indiscriminato dei soldi?» Avvicinò la mano insanguinata al libro, allungando le dita per prenderlo. Sentii caldo, il cuore batteva sempre più velocemente, non riuscii a dire nulla tanta era la paura. «Non cerco il “potere”, né la ricchezza. Ma c'è un'altra cosa che il libro può darmi, invocando un demone.» Disse esausto, stanco di quei pellegrinaggi e studi intrapresi durante la sua vita. Afferrò l'artefatto con dolcezza e il sangue della vasca iniziò a ribollire e fluire vorticosamente verso la mano, ferita e impegnata a sollevare il sacro libro. Non appena il sangue fu assorbito completamente dal suo corpo, prese a cercare con la sinistra nelle tasche, tirandone fuori un fagottino di stoffa. Iniziò a slegare il pacchetto. Fissava il libro, l'alone di energia dorata che fuoriusciva dai solchi sulla copertina, il sangue rappreso che teneva fusi il libro al suo portatore attraverso il suo arto, ora un mucchio indistinto di carne.
 
«Sono arrivato fin qui per un motivo.» estraendo dal fagottino un occhio, ingrigito e mal tenuto.
«Professore... che sta facendo?» Spezzai l'attimo, riuscendo a sciogliere il nodo alla mia gola e a proferire inutili parole. Non avevo idea di cosa stesse per succedere, c'era qualcosa nell'aria che ci stava lentamente elettrizzando. Mi ritrovai dritto sulle punte dei piedi, paralizzato, senza peso come una ballerina; delle leggere ed innocue scariche elettriche trapassavano il mio corpo di continuo, le braccia iniziarono a distendersi come per esporre il petto. Cogart infine rispose: «Mi sto riprendendo la vita. Mi sto riprendendo Amy.», sorridendo con gioia. Subito dopo il libro iniziò a tremolare, poi ad aprirsi. Le pagine scorrevano velocemente davanti agli occhi fulminei di lui, soffermandosi infine su una in particolare che emanava uno sottile fumo nero dal suo centro. Il rituale ebbe inizio, parole sacre, forse inni o suppliche, riempirono la stanza; il professore rispose e poggiò l'occhio sulla pagina.
 
Delle fiamme iniziarono ad uscire, alimentate dai canti del professore, finché non esplosero in una grande vampata che colpì il soffitto e si disperse lungo tutte le pareti della piccola stanza, chiusi gli occhi. Assicuratomi di non aver preso fuoco, li riaprii e vidi una strana ombra di fumo e fiamme, dalla forma indistinta. Il professore sembrava parlasse con quell'ammasso di vapori bollenti, gesticolava come stesse discutendo, utilizzando sempre quel linguaggio sconosciuto. La cosa andò avanti per pochi ma interminabili secondi, sufficienti per accorgermi che le strane scariche mi stavano in realtà lacerando lentamente.
 
Preso dal panico e dal dolore, iniziai a guardarmi intorno per cercare di capire come farlo smettere ma le cose stavano per andare di male in peggio: in lontananza, dal tunnel da cui eravamo appena arrivati, ombre lunghe, nere e con un fiore luminescente in testa, si stavano avvicinando. Io sarei sicuramente stato mangiato vivo, di Cogart non mi importava più nulla ma se era lui la causa di quella paralisi, avrei dovuto fermarlo. Cominciai a urlare, ma la voce non usciva più dalla mia gola. I suoni erano ovattati, il tempo stringeva. Di tanto in tanto Cogart sembrava urlare all'ombra di fumo, con chi o cosa stesse parlando evidentemente non mi era dato saperlo né vederlo. L'aria nella stanza iniziava ad essere visibile, il calore cresceva. L'ombra iniziò a dimenarsi, a cambiare forma in qualcosa di umanoide, una donna, dal corpo sinuoso con lunghi e rigonfi capelli. Sembrava viva, allungò la mano intangibile verso il volto di lui, come ad accarezzargli il viso ormai in lacrime, cadenti sulla sua bocca, distorta in un sorriso felice.
 
La mia vista iniziò a tremolare, le immagini si distorsero e delle bianche fiamme fredde inondarono l'ambiente, provenienti dal libro. Due mummie avevano trascinato le loro membra fin dentro la stanza, altre le seguivano. La più lenta strisciava a terra nella mia direzione, l'altra barcollava decisa verso il professore ormai ammaliato e distratto. L'ombra di Amy avvicinò le labbra al suo amato Dan, lo baciò, e il suo volto si ricoprì di venature rosse e dorate. La mummia lo agguantò alla spalla, l'altra mi morse la gamba, digrignai i denti dal dolore e infine il corpo del professor Dan Cogart esplose in una nuvola rossa dalle fattezze di un fiore. Il freddo si fece più avvolgente, la luce iniziò a scemare, le figure rallentarono i loro movimenti e divennero scure. Smisi di levitare e caddi a terra. Cercai invano con lo sguardo nell'ombra. Silenzio e gelo occuparono i miei primi secondi di libertà, spezzati solo dal mio fiatone. Ma un

urlò agghiacciante, non di questo mondo, mi colpì cosi forte che io stesso iniziai ad urlare in risposta, mani alla testa e in ginocchio. Quando smise, aprì gli occhi. Da quella profonda oscurità, due fuochi grandi quanto un cranio, sospesi a mezz'aria, avevano preso le sembianze di due enormi occhi demoniaci. Rimasi incantato a fissarli. Temetti per la mia vita, ma essi scomparvero. La mia vista si abituò al buio e capì di essere in trappola. Le porte si erano richiuse e all'interno nient'altro che uno zaino e una vasca vuota. E lì, qui, restai per l'eternità.''
 
«Oh, Cristo!» Marcus non credeva ai suoi occhi. «Che cavolo hai da strillare? Mi fa male la testa!» replicò David,
vagando per la stanza e punzecchiando col suo bastone da viaggio piccole pentole, vasi vuoti e uno zaino marcio.
«Questo qui, quello che ha scritto questa specie di... biografia, dice che è rimasto chiuso dentro!». David si bloccò di
 
colpo, girandosi e guardando il suo fedele amico con aria atterrita. Tremando, indicò Marcus e urlò. Quest'ultimo vide
la sua spalla afferrata da un liquido rossastro, come fosse una mano. Cercò di liberarsene e si gettò all'indietro nella
sabbia, estraendo il suo revolver e puntandolo verso quella 'cosa': le incisioni sul muro iniziarono a sciogliersi e ad
uscire dalla parete prendendo la forma di un uomo, ossa scoperte, carne rancida e venature dorate sul volto, privo di
occhi.
«S-stai indietro o sparo! Stai indietro o sparo!». E il terrore colpì i ragazzi alla risposta della mistica apparizione:
«Sempre meglio che questo...». La creatura ghignò e scattò in avanti, David urlò e Marcus sparò.
  
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