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Autore: E m m e _    26/10/2017    0 recensioni
E' la notte di Halloween quando Selene, a discapito di quanto detto dal nonno e suo tutore legale, decide di uscire di nascosto per poter raggiungere la festa in maschera che si terrà nel bosco e dove ci saranno tutti i suoi amici e compagni di scuola.
Sua nonna, complice delle sue scorribande, le promette di chiamarla nel caso in cui suo nonno, impegnato in città per motivi legali, dovesse far ritorno prima del tempo.
Per un caso sfortunato, però, Selene non si accorge di aver ricevuto una chiamata dalla donna che la voleva avvisare non di un anticipato ritorno da parte del marito ma bensì di un malore.
Verrà ritrovata morta poche ore dopo.
Accusata dal nonno di essere la maggior responsabile di quanto accaduto, Selene deciderà di affrontare la sfida che le è stata proposta da una figura scura e senza volto: spedita indietro in un tempo e in un luogo che non conosce, Selene avrà una sola possibilità per essere riconosciuta dalla donna che si scoprirà essere sua nonna. Se ci riuscirà, potrà portarla indietro con sé nel mondo dei vivi.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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31 ottobre 2017

ore 21:39

 

 

Accasciata sul letto a baldacchino, con il pelo castano di Rufy, il pechinese costantemente sonnecchiante, che le pizzicava la guancia destra, Selene lanciò la pallina gialla contro il soffitto riprendendola al volo dopo pochi istanti.

Una, due, tre volte.

Sbuffò, lo sguardo fisso sulla trama incrociata delle lastre di legno che componevano il soffitto della sua camera da letto al secondo piano della villetta ai confini di Crimson.

Quattro, cinque, sei.

Evitò di prendere in mano il cellulare che stava vibrando da dieci minuti abbondanti sul comodino accanto al letto.

La sua professoressa le diceva spesso che la luce prodotta dallo schermo rovinasse il sonno e Selene avrebbe tanto voluto che fosse l'idea di passare una notte insonne ad impedirle di fermare quel fastidioso ronzio.

Ma non era quello il motivo che la spingeva a non guardare la stupida scatoletta di metallo.

E non era assolutamente l'idea di un sonno profondo a portarla a contare le volte in cui la palla gialla di Rufy toccava con successo il punto da lei desiderato sul soffitto.

La coda del pechinese si muoveva avanti e indietro, più simile a quella di un gatto eccitato piuttosto che a quella di un cane stanco di quel continuo ticchettare contro il legno chiaro.

Era arrivata a contare venticinque colpi quando sua nonna Ury, scendendo frettolosamente le scale malgrado il suo problema all'anca, irruppe nella stanza, battendo sulla porta tre volte con il vecchio bastone prima di aprire senza ricevere alcun “Avanti”.

«E' solo Clara», disse senza voltarsi, mantenendo quel classico broncio da adolescenti a cui era appena stato vietato di partecipare alla “notte più importante della loro vita”.

«Oh, lo so, lo so», la vecchia Ury si sedette accanto a lei, dando simpatiche pacche al sedere del vecchio pechinese che, destato dal suo sonno, prese a scodinzolare tutto contento, «Sei stata tu a darle il mio numero?»

«Ovviamente no», rispose sinceramente Selene e la palla trovò nuovamente un porto sicuro nella sua mano schiusa a formare una sorta di coppa, «Perché? Ti ha forse chiamato?»

Ury sorrise, un movimento rapido di numerosi muscoli facciali che sollevò una gran quantità di pelle e rughe profonde come scanalature in un vecchio tronco.

«Quella Clara», disse, profondamente divertita, «non smetterà mai di sorprendermi!»

Rufy si mise sulle quattro zampe e si avvicinò scodinzolando alla vecchia padrona, divertito da tutto quel ballonzolare di carne e rughe.

«Ti ha chiesto qualcosa?», domandò Selene, spezzando la sua risata quasi con freddezza.

Adesso si spiegava quell'improvviso silenzio da parte del suo cellulare.

Aveva vibrato così tanto tempo che non si era neppure accorta di quando aveva iniziato a tacere.

Le era sembrato di avere ancora quel ronzio metallico nell'orecchio fino ad un attimo prima.

«Oh sì, in realtà mi ha chiesto un mucchio di cose!», esclamò con un largo sorriso che portò Selene in uno strano stato di confusione ed imbarazzo.

Sapeva quanto Clara potesse essere “sopra le righe”, quanto potesse esagerare senza rendersene neppure conto. Si conoscevano da anni ormai ma questo non aveva mai impedito all'amica di riconoscere il suo imbarazzo quando, senza alcuna vergogna, la salutava con una sonora pacca sul fondoschiena anziché con un bacio o un abbraccio.

Selene si rinchiudeva per pochi ma indispensabili secondi all'interno della sua stessa mente, eliminando gli sguardi confusi delle persone che la circondavano o le loro risatine divertite.

«Ah si?», chiese con una smorfia alla nonna, temendo di porre quella domanda che avrebbe dato il via a risposte e situazioni ancora più imbarazzanti.

«Oh, è proprio una brava ragazza!», esclamò Ury, alzandosi dal materasso con le mai appoggiate delicatamente al ventre. Iniziò a girare per la stanza, ripetendo quella frase «proprio una brava ragazza», mentre guardava, con poca attenzione, le foto e i peluche che adornavano la stanza della nipote. Intanto Rufy le zampettava dietro muovendo la coda tutto contento.

Selene la guardò accarezzare le vecchie foto dei suoi genitori e dei nonni paterni che la giovane non aveva mai conosciuto. Era stata sua nonna a consegnargliele, conoscendo la sua passione per la fotografia e per tutto ciò che era vecchio e dal grande valore affettivo. Come la bambola che adesso stringeva tra le mani e che, tempo addietro, era appartenuta alla sua unica figlia femmina.

Selene aveva avuto anche uno zio ma di quest'ultimo non poteva averne memoria.

Era morto quando era solo un bambino, quando una brutta polmonite aveva razziato molta della gioventù di Crimson.

«Nonna?», la vecchia Ury si voltò, incuriosita dal tono della nipote.

«Mmh?», chiese semplicemente come se il discorso iniziato poco prima fosse già concluso.

Non era ancora particolarmente anziana ma i primi dolori iniziavano a farsi sentire e spesso la sua memoria le giocava brutti scherzi; spesso si era ritrovata a girare per la piazza della cittadina senza ricordare immediatamente la strada di casa oppure aveva scambiato Selene per la figlia ormai scomparsa da più di dieci anni.

Il silenzio prolungato della donna intimorì Selene e, non appena Ury lo notò, uno strano di sconforto riempì l'aria.

«Stavi parlando di Clara», suggerì la ragazza, mettendosi a sedere per poterla guardare meglio. Strinse al petto il cuscino a forma di stella che lei stessa aveva cucito sotto l'occhio attento della nonna ed osservò il volto della sua interlocutrice illuminarsi all'improvviso.

«Oh, certo, certo!», esclamò e tornò a sedere accanto alla nipote.

Le afferrò una ciocca di capelli biondi, così chiari da sembrare prematuramente bianchi, e nello stesso istante Rufy si acciambellò sulle sue gambe, facendo ridere entrambe.

«La tua amica mi ha chiesto perché ti stavo impedendo di partecipare alla “serata più importante delle vostre vite”», disse, serrando le labbra, e Selene apprezzò il suo tentativo di citare quelle che sicuramente erano state le parole di Clara.

«E perché mai questa dovrebbe essere una serata tanto importante?», chiese alla nipote che, ostentando silenzio, si trovò a dover affrontare le spallate ritmiche e leggere della nonna che svegliarono il povero Rufy già più vicino al mondo dei sogni che a quello reale.

«Oh, non è niente di importante. Clara esagera», rispose ma il suo viso tradì la verità ed ad Ury bastarono pochi istanti per notarlo, cosa che poteva accadere solo a chi guardava costantemente una persona, nel bene e nel male, riconoscendone ogni stato d'animo, ogni guizzo di luce che ne illuminava lo sguardo.

Ury lo sapeva ma fece finta di niente; aveva sentito più volte Selene e la sua amica chiacchierare a bassa voce al telefono, organizzando quella che sarebbe stata la serata perfetta, quella in cui, magari, Selene avrebbe dato il suo primo bacio, forse proprio a quel ragazzo -come si chiamava? Ury non riusciva proprio a ricordarlo! Jeremy forse? No, forse era James. Jaime! Era sicuramente Jaime!- che alla nipote piaceva così tanto.

Sapeva che era sbagliato origliare ma le era sembrato impossibile quando, ad un passo dalla porta, l'aveva sentita ridacchiare con imbarazzo misto ad eccitazione.

«Ne sei davvero sicura? Tesoro...», allungò una mano verso di lei ma Selene scattò in piedi per sfuggire a quel gesto. Se l'avesse accarezzata a quel modo, se l'avesse guardata negli occhi, sarebbe sicuramente scoppiata in un pianto sommesso che le avrebbe sciolto la lingua come un ghiacciolo al sole.

Selene voleva dimostrarsi risoluta, invece, come a voler far capire al mondo che era molto più matura di quei suoi diciassette anni appena compiuti.

La sua mano, nonostante ciò, si trovò a stringere il corpo di pezza della bambola che poco prima era passata tra le dita ossute della donna.

«Ti ho detto di no, non era nulla di importante», rispose, guardando gli occhietti neri e privi di espressione di quella che aveva sempre chiamato Mrs. Little, «e anche se fosse, ormai è tardi. Nonno non vorrebbe che uscissi a quest'ora, soprattutto per andare nel bosco», e avrebbe voluto colpirsi da sola per essersi lasciata sfuggire quel particolare così evidente sul proprio umore.

Ury si voltò, con finta distrazione, verso il calendario appeso alla parete di fondo della stanza e, pur non vedendoci più come una volta, notò l'anello rosso che circondava una data precisa: 31 ottobre.

«Oh! Anche quando ero giovane io andavamo sempre nei boschi durante questa festività!», ammise accarezzando Rufy, il musetto scuro rilassato e gli occhi chiusi, «Ovviamente i miei non avrebbero mai dovuto saperlo perché assolutamente contrari!», il tono con cui lo disse, così divertito e comprensivo, portarono Selene a voltare lo sguardo verso di lei, incuriosita.

«Si raccontavano storie sul mondo del Popolo fatato, sai? E si credeva che, specialmente in questa notte, il Popolo fosse più affamato di giovani anime da sedurre ed inghiottire nelle loro splendide boccucce!», rise tra sé e sé, consapevole che persino la sua nipotina era ormai nell'età in cui non si credeva più a tali e sciocche favole, «Ma noi ragazzi eravamo incuriositi da queste storie! I ragazzi s'imbellivano e si fingevano coraggiosi, volevano sfidare il re delle fate o addirittura gli orchi dei ponti ma in realtà fuggivano non appena un vento un po' più forte iniziava ad ululare tra le foglie degli alberi!», la sua risata coinvolse anche Selene che tornò a sedersi al suo fianco.

Questa volta lasciò che la carezza le sfiorasse la guancia, malgrado le dita fredde della nonna.

«Quello che voglio dire è che tuo nonno è fuori per molte ore ancora, Selene», bisbigliò, come se avessero vicini pronti a spiare ed ascoltare le loro conversazioni più segrete, pronte a riferirle a suo marito Thomas, in città per incontrare il suo avvocato.

«Questioni di terre!», le aveva detto la sera precedente, forse prima di raggiungere la nipote e distruggere così i suoi piani per i festeggiamenti, «sarò via per tutto il giorno! Forse dovrò persino alloggiare a quel fetido buco che si permettono di chiamare motel!» ma questo non l'avrebbe detto alla nipote per paura che si attardasse troppo.

Il bosco era pur sempre un luogo pericoloso e non voleva rischiare che rimanesse sola o, peggio, accompagnata da qualche sconosciuto.

«Cosa stai cercando di dirmi, nonna?», la faccia di Selene tradiva il suo entusiasmo.

Ury la vedeva tremare, fremere per l'eccitazione, sotto quell'espressione fintamente confusa.

«Voglio dire che, se volessi, potresti uscire un po' con quella tua amica, stasera», alzò le vecchie spalle e si strinse al petto il caldo scialle che aveva cucito con le sue mani durante l'estate in modo di essere già pronta ai primi venti autunnali. «Io non direi niente a tuo nonno, ovviamente», e fece croce sul cuore come se da questo dipendesse la sua intera vita.

Selene fu sul punto di saltare per l'entusiasmo ma si trattenne. Sentiva le mani tremare per il desiderio di afferrare il cellulare e scrivere a Clara affinché la venisse a prendere al più presto.

«Non dovrei lasciarti da sola...», disse invece, reprimendo l'istinto di abbracciarla e ridere, come una folle probabilmente, per la grande felicità.

«Selene!», esclamò, quasi offesa, «Mi prendi forse per una vecchia rincitrullita?»

«N-No, no, nonna!», rispose.

«Bene», seguì un lungo silenzio in cui lo sguardo di Ury si spostò verso la porta lasciata aperta.

Selene attese, pazientemente, che parlasse ma ciò non accadde.

La mano nodosa della donna accarezzava con dolcezza il pelo del pechinese.

«Nonna?», la richiamò ed Ury si ridestò come da un sogno.

«Oh, sei ancora lì?», la squadrò ed un lungo sorriso si disegnò sul volto della nipotina, «Pensavo di averti detto che eri libera di andare!»

«Dovrei... Dovrei vestirmi», Selene si mise in piedi piano, come se temesse che la nonna potesse rimangiarsi di punto in bianco quanto detto. Ancor più lentamente si avviò verso l'armadio.

«Oh, beh, forse dovrei lasciarti sola allora... Rufy?», il pechinese alzò la testa di scatto, sentendosi nominare, e si voltò verso Ury, «Lasciamo che la signorina scelga con calma il suo abito. Andiamo!» e, dopo aver preso il bastone che aveva lasciato accanto al letto, si diresse verso la porta.

«Vorrei che non facessi più tardi di mezzanotte, però», le disse, dandole ancora le spalle in attesa che Rufy la raggiungesse, «anzi, diciamo l'una, d'accordo?»

«Sei meravigliosa!», Ury percepì già dalla voce quanto Selene fosse raggiante.

Non le sarebbe servito voltarsi a guardarla per accertarsene ma lo fece ugualmente.

«Oh, lo so mia cara», disse senza fingere modestia, «essere meravigliose è il compito di tutte le nonne!» e, ridendo, senza lasciare a Selene neppure il tempo di abbracciarla, si avviò verso le scale.

Sentiva il bastone ticchettare sul legno scuro ma ciò che le dava stabilità era lo sguardo entusiasta della nipote che era rimasta ferma sul posto, come impietrita dalla gioia.

Non avrebbe potuto essere più contenta per lei.

Saperle di averle dato così tanta gioia la faceva sentire di nuovo giovane, leggera!

«E porta il telefono con te!», le rammentò ad alta voce quando fu agli ultimi gradini, «Ti chiamerò se tuo nonno dovesse decidere di tornare prima del tempo, d'accordo?»

«Sì signora!», gridò Selene da sopra le scale prima di chiudere la porta alle sue spalle.

Non appena raggiunta la cucina, Ury la sentì ridacchiare al telefono mentre, probabilmente mediante il vivavoce del suo cellulare, chiedeva a Clara quale fosse il vestito più adatto per la grande occasione.

«Vuoi un biscotto?», chiese a Rufy che, seduto a guardarla con profonda curiosità, le abbaiò in risposta. «Allora avrai un biscotto se è quello che vuoi davvero», e si spinse, tutta sorridente, fino alla mensola riservata al suo figlioletto a quattro zampe.

Spero che rispetti almeno gli orari che le ho proposto, pensò, con una punta di ansia.

Sapeva che erano solo storie per spaventare i bambini ma la notte di Halloween continuava a portare con sé una sensazione di profonda angoscia nel cuore di Ury.

Ma sono certa che se la caverà, sorrise scartando la busta dei croccantini per afferrare, invece, lo scatolone pieno di biscotti a forma di ossa, quella bambina sa il fatto suo, proprio come sua nonna!

«Ecco qua il tuo biscotto, Rufy!», prese l'ossicino in una mano e si piegò verso il vecchio pechinese, «Te lo meriti proprio dopo così tanti anni di servizio dietro alla nostra piccola Selene!»

Qualcosa accadde, però, prima che il cane potesse prendere il biscotto dal palmo della padrona.

Ury fu colpita da un dolore improvviso, sordo e veloce come una scarica elettrica.

Fu talmente inaspettato che lasciò cadere a terra il biscotto, malgrado Rufy fosse troppo incuriosito dalla sua espressione per pensare al cibo.

La mano di Ury iniziò a formicolare, partendo dalle dita per poi raggiungere l'intero braccio.

Un fuoco le si accese nel petto e lì si spense dopo un breve attimo che le sembrò eterno.

Sentì la porta di Selene aprirsi all'improvviso, il tic dell'interruttore che veniva schiacciato per spegnere la luce e poi i passi della nipote sulle scale, sempre più vicini.

Ury respirò e si rimise composta, troppo confusa per poter spiccicare anche solo una parola.

Si rese conto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento e così si concesse un lungo sospiro, ben lontano però dal sollievo che l'aveva colta pochi minuti prima.

«Corro da Clara!», urlò Selene prima di raggiungere l'ultimo gradino, stringendo al fianco la borsetta contenente un rossetto troppo acceso -ma che l'amica si era raccomandata di portare con sé- e il cellulare.

«Va bene, fa attenzione però!», riuscì a dire sua nonna, ottenendo un risultato piuttosto buono malgrado l'eco di quel dolore continuasse a turbinarle nella testa, confondendola.

Quando Selene arrivò, nel suo vestitino nero con le larghe maniche in pizzo, Ury non riuscì a non pensare a quando sua figlia era stata appena una ragazzina, così simile a quella giovane donna che ora si ritrovava di fronte. Indossava un cappottino grigio con sfavillanti bottoni argentati e aveva lasciato i capelli biondi sciolti sopra alle spalle.

Malgrado sapesse della sua cotta per quel ragazzo, Ury non si sorprese nel vedere che Selene non si era lasciata convincere nell'indossare i tacchi come avrebbero fatto sicuramente altre ragazze della sua classe. Indossava, invece, pratici scarponcini neri.

«Sicura che qui vada tutto bene?», le sorrise e la vecchia donna riuscì a ricambiare quel piccolo gesto, malgrado il mondo intero sembrasse andare a rallentatore per lei.

«Va pure...», disse ed afferrò il bastone con più fermezza.

Guardando a terra, Ury si rese conto che il biscotto era ancora lì, intatto.

«... io mi metterò sul divano a guardare un po' di tv con Rufy e poi andrò a letto», le disse, la lingua secca come se non bevesse da giorni.

Selene aveva notato un cambiamento in lei e continuava a guardarla con sospetto.

Si convinse, però, che sua nonna fosse semplicemente preoccupata del dover mentire a quello che era suo marito da moltissimi anni o che avesse paura della cattiva compagnia che avrebbe potuto circondare sua nipote.

Non chiese niente, quindi, e si avvicinò alla donna per scoccarle un sonoro bacio sulla guancia alla quale Ury rispose con un tiepido sorriso.

«Non aspettarmi sveglia, d'accordo?», si raccomandò, toccandole il braccio con affetto, «Chiederò a Clara di accompagnarmi un po' prima a casa».

Selene si aggiustò la tracolla della sua borsetta di cuoio e sorrise ancora alla nonna, senza ottenere il risultato sperato, «Allora io vado, okay?»

«Ti voglio bene. Lo sai, vero?», la voce di Ury risultò improvvisamente preoccupata e la nipote accolse tale preoccupazione con un sorriso ancora più smagliante.

«Certo che lo so!», disse ma, in quello stesso istante, un messaggio da parte di Clara la distrasse.

Rispose che stava arrivando, che non avrebbe tardato troppo e che avrebbe corso se necessario e ripose nuovamente il telefono nella borsetta.

«Ehm...», abbassò lo sguardo, improvvisamente ignara di ciò che stava dicendo fino ad un attimo prima, «Clara mi sta aspettando» e strinse nella mano la striscia di cuoio della tracolla.

«“Chi ha tempo non perdi tempo!”, dice sempre tuo nonno!», Ury sembrava aver riacquistato un po' di serenità eppure Rufy, che come molti animali hanno un sesto senso sopraffino e sanno accorgersi di quando qualcosa non va nel modo giusto, continuò a guardarla con la testa leggermente inclinata, ignorando del tutto il biscotto che era stato preso appositamente per lui.

«Avanti, vai!», le fece segno con le mani, come se volesse scacciarla, «E salutami tanto Clara e i suoi genitori, se ne hai l'occasione!»

Selene sorrise, saltellando fino alla porta d'ingresso, il cuore che fluttuava dalla felicità, «Non mancherò».

Ury le concesse un ultimo sorriso prima di vedere la porta chiudersi nuovamente.

Solo allora si lasciò sedere sulla vecchia sedia della cucina, con la lingua rosata di Rufy che le leccava le dita di una mano ricaduta pesantemente sul ginocchio.

«Sei un bravo cane», disse, accarezzandogli il capo peloso, «ma ora va a mangiare il tuo biscotto».

 

 

Selene aveva già superato la strada quando si rese conto di ciò che aveva dimenticato.

Non le ho detto che anch'io le voglio bene, pensò, fermandosi per guardare la sagoma, sempre più piccola, della sua villetta.

Però non se ne preoccupò troppo perché, come erroneamente molti credono, era certa che il mattino seguente avrebbe potuto offrire a sua nonna quelle esatte parole che non era stata in grado di dirle quella sera...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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