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Autore: NPC_Stories    27/10/2017    1 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
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Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1317-1318 DR: Epilogo (Parte 9), ovvero Forse è solo un arrivederci


“E quindi la vostra geniale soluzione è che io muoia?” La Regina della polvere era corrucciata, ma stranamente non era furiosa.
“Antica Signora.” Rispose lo sciamano, accennando un inchino. “Ci sono molte formule rituali umane, dai matrimoni alle maledizioni, che legano un’anima a un’altra anima o a un particolare incantesimo fino alla morte, o finché morte non vi separi. Questo perché noi creature dalla vita breve lo abbiamo scoperto presto: la morte separa. Pone fine ai legami e alle costrizioni delle anime. Questo accade solo se l’anima abbandona completamente il corpo e se abbandona anche i suoi ricordi della vita passata.”
“Però mi occorrerà del tempo per dimenticare la mia vita passata. Forse molto tempo. E mentre la mia anima sarà priva di difese, se la barriera cadrà la Regina Ragno potrà nuovamente prenderne possesso.”
“D’altro canto se restate qui in questo dungeon, nel luogo in cui avete vissuto e passato la vostra non morte, potreste non dimenticare mai.” Obiettò lo sciamano. “Le anime che decidono di entrare nel ciclo della reincarnazione non rimangono nell’etere, insieme ai fantasmi non morti, ai mostri e ai maghi che con qualche bulabula viaggiano su altri Piani. No, le anime vanno in un altro luogo, il Piano dove risiedono tutti gli spiriti. Alcuni lo chiamano Mondo degli Spiriti, ma è una parola vaga perché comprende il Mondo di Sopra, il Mondo di Sotto e il Mondo di Mezzo. I primi due non sono il caso; le anime dei defunti vagheggiano per il Mondo di Mezzo, il più vicino a quello materiale. Non è un luogo privo di pericoli, questo no. Ci si può trovare parecchie schifezze spirituali, nel Mondo di Mezzo; ma è un luogo interdetto alle divinità, dove non possono estendere la loro influenza. Questo va bene per voi.”
“Ma come semplice anima che progressivamente dimentica il suo passato, non sarei indifesa davanti ai pericoli del Mondo di Mezzo?” domandò la Regina, un po’ preoccupata. In effetti qualunque creatura abituata al potere e ad avere il totale controllo, senza vere minacce da millenni, non si sentirebbe tranquilla a cedere il suo potere e le sue difese in cambio di promesse aleatorie.
Il Wulf arrancò un po’ su “progressivamente”, ma sembrò afferrare il concetto generale.
“Non è lo stesso tipo di pericoli che si incontrano nel mondo materiale. Sono soprattutto inganni, illusioni, e ogni tanto spiriti corrotti. Noi non vogliamo che voi e i vostri sudditi diventiate come quelli. Per questo io vi accompagnerei per guidarvi.”
La proposta venne accolta dal silenzio. Io me lo aspettavo, dopo che all’inizio di questa missione aveva affermato che era certo di essere arrivato al suo limite. La Regina però sembrava molto impressionata.
Va anche detto che non aveva mai visto un umano, quindi per quel che ne sapeva lei l’aspetto di un normale umano nel fiore degli anni poteva essere quello di un vecchio decrepito.

Holly parlò in privato con lei per ore. Non so cosa le disse, probabilmente diede fondo a tutte le sue capacità diplomatiche per convincerla. Nel frattempo lo sciamano ritenne giusto spiegare a tutti noi, con macabra dovizia di particolari, come disporre del suo corpo una volta che fosse morto.
Holly tornò da noi quella sera. O almeno, credo fosse sera.
“Ha accettato.” Annunciò. Aveva un’aria esausta. “Ma vuole che sia io a farlo. Se deve morire, vuole che sia io ad ucciderla.”
“Perché?” Domandai, sorpreso. Che differenza poteva fare?
“Perché, per quanto le sia possibile, si fida di me.”
“Oh. Be’. Questo è molto...” annaspai alla ricerca di una definizione adeguata, rimanendo subito a corto di parole.
“Commovente?” Tentò Karasel, sfoggiando la sua oratoria bardica.
“Avrei detto inquietante.” La corressi. “Avete stabilito un minimo di relazione pacifica e come premio la devi uccidere?”
“Non vederla in questo modo.” Sospirò Holly. “Diciamo che si fida che io agisca per il suo bene, o almeno, si aspetta che agisca nel mio interesse ma con il minor danno possibile a lei.”
“Va bene, senti, non sono sicuro di voler capire come funziona la logica di un’elfa scura lich. Ha un filatterio che devi distruggere?”
Holly annuì, con espressione cupa. “Una striscia di pergamena. L’ha nascosta nel costone del suo diario.”
Un brivido mi percorse la schiena. Avevamo avuto per le mani quel diario l’ultima volta e non avevamo avuto sentore di nulla.
“Bene, allora. Immagino che dovremo procedere.”

Mentre Holly e il Wulf continuavano la loro opera sulla Regina, e non mi piace scendere nei dettagli in merito, noialtri non restammo con le mani in mano. Tornammo alla torre dell’Arcimago per un sopralluogo. L’edificio era ancora pregno di energia sacrilega, ma gli incantesimi e le capacità innate di Karasel riuscivano ad arginare e a tenere lontana da noi quella sporcizia energetica residua. Eravamo in cerca di una cosa in particolare: la leggenda diceva che Ka’Narlist possedesse molte perle come quella che aveva usato per trarre in salvo la sua anima, ma queste altre erano usate per tenere prigionieri i suoi nemici. Da qualche parte in quella torre, o se non lì in quel dungeon, c’erano delle altre anime prigioniere.
Non sapevamo se le persone lì racchiuse fossero buone o malvagie, sapevamo solo che erano stati nemici dell’antico Arcimago, ma onestamente a me bastava questo.
Linomer fu il primo ad entrare nello studio privato del mago, dove l’altra volta Holly aveva trovato la sua perla.
“C’è qualcosa qui, in un angolo del pavimento.” Disse ad alta voce, aggiornandoci in tempo reale su quello che trovava. “E per ora nulla sta cercando di possedermi.”
Rassicurante.
“Sì, è proprio un mucchio di perle! La pendenza del pavimento le ha fatte rotolare qui... ma c’è anche altra roba, qualche pezzo di metallo che boh, ormai è spazzatura, e... alcune perle sono incastonate in montature di metallo, altre sono ingabbiate in reti di fili d’oro... ci metterò un po’ a recuperarle, ma non temete, sto bene.”
Eravamo d’accordo che avrebbe continuato a parlare per tutto il tempo per farci sapere che non gli stava accadendo nulla di male, quindi per un po’ ascoltammo i suoi monologhi su quello che aveva trovato, poi sulle sue impressioni sul dungeon in generale, e infine su quanto gli mancava la Superficie.
Non potevo davvero dargli torto. Ma quando uscì, aveva un’aria soddisfatta.
“Penso che le perle fossero attaccate a un arazzo, o a un drappo... o a un capo di vestiario, magari. Così le avrebbe avute sempre con sé. Alcune emanano un’aura malvagia, di certo non potente quanto doveva essere quella di Ka’Narlist, ma sarò più felice quando ce ne saremo liberati. E comunque la maggioranza non contiene creature corrotte... forse i nemici di Ka’Narlist erano perlopiù buoni, o forse molte perle sono vuote.”
“Benissimo, e questa è fatta. Qual è il prossimo punto in agenda?” Battei le mani, ansioso di lasciare quel luogo.
“Ci sono due cose che vorrei fare ora.” Elencò Linomer. “Frugare questo posto in cerca di oggetti magici interessanti, oppure ritrovare il luogo dove si trovava il Quarzo Radice, ossia da dove si dipanano tutti i cristalli, e da lì inondare il dungeon di energia sacra per purificare tutto.”
“Mi sembrano due ottime idee, e se questo fosse un dungeon normale ti direi che essendo già qui dovremmo approfittarne e cercare oggetti magici, ma la verità è che non voglio restare qui un momento di più.” Confessai onestamente.
“Sono d’accordo.” Si accodò posatamente Karasel. Aveva l’aria tranquilla, ma mancava della sua solita vivacità, ad un occhio attento non sfuggiva il fatto che quel luogo la facesse ancora stare male. “Pensate che avremo bisogno anche di Holly per questo?”
Entrambi si voltarono verso di me perché ero quello che lo conosceva meglio.
“Non credo. Dentro a questa barriera i suoi poteri sono limitati.”
“Molto bene. Andiamo allora.”

Nessuno di loro era stato là, soltanto io, quindi dovemmo basarci sulla mia memoria. Un dramma, io sottoterra mi oriento pochissimo, ma c’erano ancora i segni che avevamo lasciato sul percorso durante la missione precedente. Alla fine trovammo il luogo, ma eravamo stanchi morti ormai. Era passata da tempo l’ora in cui io e Linomer avremmo voluto fermarci a riposare, ma nessuno di noi voleva dormire in un luogo così empio.
Ritrovammo il luogo in cui avevamo distrutto il cristallo enorme e monolitico che stava sopra alla Radice, da dove si dipanavano a raggiera le ramificazioni che portavano i cristalli in tutto il dungeon.
Linomer si scrocchiò le dita.
“Karasel, temo che ora stia a te. Io però ti aiuterò volentieri. Sono un mago e non un chierico, ma ho anch’io qualche freccia al mio arco.”
Rimasi seduto sul monolite infranto del vecchio quarzo, guardandoli lavorare. Non capivo i dettagli di ciò che stavano facendo, ma col tempo cominciai ad avvertire il cambiamento. Era una sensazione strana, ma molto piacevole. Come se il dungeon diventasse sempre meno opprimente.
Non ci volle molto prima che Karasel e Linomer esaurissero il loro repertorio di incantesimi. Sapevamo che sarebbe stata solo una misura temporanea, che se non avessimo liberato il dungeon dai demoni che erano rimasti ad infestarlo e dalle altre possibili fonti di potere malvagio quel lavoro di purificazione sarebbe durato poco, ma almeno ora sarebbe stato più facile individuare la direzione da cui provenivano le auree malvagie. Inoltre potevamo finalmente fermarci a riposare.

Il giorno dopo Linomer e Karasel prepararono i loro incantesimi con lo studio o con la meditazione, poi tornammo al castello diroccato della Regina.
Solo che non c’era più nessuna Regina. Né lo sciamano. Era rimasto solo Holly, ironicamente seduto sul trono che era appartenuto a Nenshalee.
“Mi mette inquietudine vederti seduto lì.” Gli dissi a mo’ di saluto.
“Tuttavia è l’unico posto dove sedersi in questo dungeon, a meno che io non voglia approfondire la conoscenza con i cristalli che ricoprono il pavimento.” Mi rispose in tono amaro. “E nonostante il mio sangue elfico, ti assicuro che non voglio.”
“Va bene, va bene.” Aggrottai la fronte. “Non c’è bisogno di offendere.”
“Nenshalee è morta.” M’informò. Dal suo umore, l’avevo intuito. “E anche il Wulf. Questo era il suo grande ultimo viaggio, e mi riferisco al suo ultimo viaggio sciamanico per portare quelle anime nel Piano degli Spiriti o comunque si chiami quel posto. Ma aveva timore che lasciando il suo corpo incustodito come un guscio vuoto, qualcosa di malvagio avrebbe potuto possederlo. Così ha voluto che aspettassi che il suo cuore rallentasse fino a un certo ritmo, e dopo un’ora da quel momento avrei dovuto ucciderlo.”
Registrai quelle parole automaticamente, ma per un lungo momento non riuscii a comprenderle.
“Pensavo che... si sarebbe spento di morte naturale.” Obiettai, parlando a fatica.
“Immagino che un coltello in gola ponga fine piuttosto naturalmente alla vita di un individuo.” Fu la sua risposta lapidaria. “L’ho fatto perché me l’ha chiesto e perché sarebbe morto comunque, di fame e di sete. Ma non è stato bello. Ho ucciso il padre di mia nipote.”
Mi avvicinai a Holly e mi poggiai una mano sulla sua, esitante. Non si sa mai come può reagire quando è in quello stato d’animo.
“Non lo hai assassinato. Lui te l’ha chiesto.” Tentai di confortarlo.
“Certo che me lo ha chiesto. E lo ha chiesto a me e non a voi, perché io sono quello che ha lo stomaco per uccidere. Sono quello a cui non importa niente di nessuno. Non è vero?”
“Holly...”
Ritrasse la mano da sotto la mia e mi guardò negli occhi. Sostenni il suo sguardo carico di rabbia, senza ritrarmi. Se aveva qualcosa da dire lo avrei ascoltato.
“È sempre così comodo avere Holly che fa il lavoro sporco.” Continuò, storcendo la bocca in una smorfia di derisione. “Tanto Holly è abituato a uccidere, è quello che mantiene la mente lucida, quello che vede le persone solo come pedine da usare. Non è questo che pensa la gente?”
“No.” Risposi con serietà, incatenando il suo sguardo nel mio. Non avrei abbassato gli occhi anche se il suo sfogo mi metteva a disagio, volevo trasmettergli la mia convinzione. “Non è quello che penso io. E non è nemmeno quello che pensava lui. Se lo ha chiesto a te è perché si fidava di te. Ci vuole fiducia per affidare la propria vita a qualcuno, ma ancora di più la propria morte. Lui era un uomo coraggioso e con un grande spirito di sacrificio. Ha pensato che tu avessi altrettanto coraggio e altrettanto spirito di sacrificio. Più di noi. Io non sarei stato in grado di mettere da parte la mia moralità, nemmeno in una situazione ipocrita come uccidere qualcuno che era comunque destinato a morire, invece tu riesci a forzare sia la tua etica che i tuoi sentimenti pur di fare la cosa giusta.”
“Era un brav’uomo e mi ha fatto male doverlo uccidere.” Mi confidò a voce molto bassa.
“Non ne dubito nella maniera più assoluta, ma non devi giustificarti.”
Holly abbassò lo sguardo sulle sue mani strette a pugno, poi sospirò e raddrizzò le spalle. Come al solito, era il momento di rialzarsi in piedi e tirare avanti.
“Andiamo, ci sono molte altre cose da sistemare. Chi di voi sa come disporre del corpo del Wulf? E che avete fatto mentre non c’ero?”

La prima cosa da fare era far cadere la barriera. Era necessario perché le anime di Nenshalee e dei suoi elfi potessero trovare la loro strada. Ma dopo di ciò, c’erano molte altre cose da fare: liberare le persone rinchiuse nelle perle (ma questo lo rimandammo a dopo, Linomer decise di tenere le perle e liberare i prigionieri nella sua torre), continuare a purificare il dungeon quotidianamente e alla fine rimuovere i cristalli, ritrovare oggetti magici, distruggere artefatti sacrileghi, uccidere demoni, evitare di cedere a una succube, oltre alla questione spinosa del dover uccidere un centinaio di cerebrilith senza sapere come fare.
Insomma, passammo mesi in quel dungeon. Uscendo ogni tanto, si capisce.

L’inverno arrivò e passò, ed era di nuovo estate quando finalmente decidemmo che ciò che avevamo fatto era sufficiente.
Naturalmente ci stavamo lasciando alle spalle un dungeon abbastanza pulito che, nel tempo, si sarebbe riempito della fauna mostruosa che tende ad accasarsi nei dungeon, così come una ferita si riempie di pus. Ma qualsiasi cosa fosse arrivata non sarebbe stata tanto malvagia quanto ciò che avevamo già estirpato.
“Penso sia il momento degli addii.” Annunciò Karasel una notte. Eravamo usciti nuovamente dal dungeon, per l’ultima volta si spera, e ci stavamo beando del venticello fresco e della vista delle stelle. “Vorrei sottolineare ancora una volta quanto sia stato un privilegio per me lavorare al vostro fianco...”
Twilight la interruppe. Twilight interrompeva sempre chiunque.
Ah, già, Twilight era una delle ospiti recalcitranti delle perle di Ka’Narlist: una coure, una creatura celestiale che rassomigliava a una fatina. Aveva preso in gran simpatia Karasel e la lillend aveva scelto di tenerla con sé come famiglio.
Ma, dicevo, Twilight la interruppe con i suoi soliti strilletti entusiastici. “Sììì, graziegrazie per avermi salvata, signori eroi, vi penserò tutte le volte che intreccerò le giarrettiere di qualcuno!”
I coure hanno una passione per gli scherzi, proprio come gli spiritelli. Holly sospirò, massaggiandosi le tempie. “Senti pulviscolo di cotone, io non dico che Ka’Narlist avesse fatto bene a rinchiuderti, dico proprio che per quell’azione gli dovrebbero essere risparmiati molti anni di sofferenze nell’Aldilà!”
La coure mise su un piccolo e adorabile broncio, fingendosi offesa. O forse si era offesa davvero. Sono creature volubili.
Karasel sorrise con indulgenza.
“So che sei diventato il bersaglio prediletto dei suoi scherzi e ti ringrazio anche per la pazienza che hai dimostrato.” Le parole della barda erano rivolte direttamente al mio amico, ma anche se erano state pronunciate con il più soave dei toni, non riuscirono ad ammorbidire il corruccio di Holly. “Per questo desidero farti un dono. Non è gran cosa e non è magico, ma... penso che potrà aiutarti a fare chiarezza.”
Dal suo zaino estrasse un flauto d’argento di fattura superba, molto simile al suo stesso strumento, ma più piccolo.
“Ah... immagino che tu non me lo stia donando perché io possa” gli tappai la bocca di colpo, sulla spinta di un presentimento. Holly continuò a bofonchiare contro la mia mano e ne venne fuori una cosa come “nnfallo n’hulo dlla fhtna d’mmdda”.
“Non comprendo l’idioma che stai usando.” Rispose Karasel, impassibile e calma come uno specchio d’acqua. “Ti sto donando questo flauto perché tu possa farne il più ovvio degli usi: suonarlo. Ricordo ciò che hai detto sul sentire musica nella tua mente; forse non dovresti concentrarti per riuscire a sentirla. Dovresti soltanto lasciarla fluire.”
Tese nuovamente il flauto verso Holly. Adesso giudicai sicuro togliergli la mano dalla bocca.
Lui fissò lo strumento che gli veniva offerto, come se non sapesse che farsene.
“Io non suono.”
“Puoi imparare. Tutti gli elfi hanno orecchio per la musica.”
“No, io non suono, per principio. Io e la mia dea abbiamo un accordo. Non suono, non ballo, non canto, non aderisco a nessuno stupido dress code e soprattutto non sono gentile con la gente.” Elencò, contando sulle dita per maggiore enfasi.
Karasel lo guardò con perplessità per un lungo momento.
“Insomma non fai nessuna delle cose che dovresti fare.”
Adesso ci siamo!” Holly la premiò alzando entrambi i pollici.
“Prendilo in ricordo di un’amica, allora.” Insistette Karasel. “Tutti i tuoi compagni hanno trovato qualcosa da tenere per sé, nel dungeon, ma tu non hai preso nulla.”
“Sono già pieno di cose.” Obiettò lui.
“Ma c’è sempre spazio per un flauto.” Intervenne Twilight, fissandolo con aria furbetta. “Tu stesso prima hai suggerito un ottimo posto dove metterlo.”
Un simile carico di malizia da parte di una creaturina piccola e innocente ci lasciò senza parole. Guardai Holly per vedere come avrebbe reagito.
Dopo un momento di sconcerto, scoppiò a ridere. Tutto si può dire di lui, ma non che non sappia perdere sportivamente.
“Va bene, allora. In ricordo della nobile Karasel e della sua zanzara Twilight.” Holly prese il flauto con entrambe le mani, trattandolo con grande rispetto, e poi rivolse un inchino alle due eladrin.

Prima di andare, Holly si trattenne a parlare con Linomer. Pensavo che volesse solo salutarlo, ma la cosa si stava dilungando, quindi mi avvicinai per ascoltare la conversazione.
“Un orfanotrofio? Sei sicuro? Non credo che a Derlusk serva.” Stava dicendo Linomer.
“Non lo puoi sapere. Derlusk è una città graziosa di gente perbene, ma non esistono città perfette e tantomeno abitate solo da gente perbene. Ci devono essere degli indesiderati, ci sono sempre. E che cosa succede quando nascono bambini indesiderati?”
Linomer annaspò in cerca di una risposta, ma non ne aveva una.
“Immagino che vengano abbandonati.” Ammise infine.
In effetti a Derlusk c’erano anche due bordelli; era improbabile che non nascesse mai qualche virgulto di erba spontanea, per così dire.
“Non voglio che succeda più.” Stava insistendo Holly. “Io non ho un gran bisogno di denaro e in quel dungeon abbiamo trovato parecchi oggetti di valore. Puoi tenerti anche tutta la mia parte se prometti di farne buon uso.”
Non rimasi ad ascoltare la risposta di Linomer perché capivo dalla sua espressione che erano sulla stessa lunghezza d’onda. Mi aveva colpito quella frase, Non voglio che succeda più.
Avevo capito perché ad Holly fosse venuta questa idea. Era per Korum, il pirata che avevamo ucciso quasi due anni prima. Credevo che Holly non ci pensasse più e anch’io l’avevo quasi dimenticato, e mi ritrovai a chiedermi per l’ennesima volta se avesse un diario su cui si segnava queste cose o se avesse solo una memoria prodigiosa, come qualcuno che ha dovuto imparare a tenere a mente molti dettagli per la propria sopravvivenza.
Ci congedammo da Karasel e da Linomer come se fossero stati vecchi amici, perché quella missione ci aveva avvicinati molto. Era tempo di metterci in marcia se volevamo arrivare a destinazione prima che l’inverno fosse troppo inoltrato. Saremmo tornati alla casa di Krystel, perché avevamo ancora delle ossa da recapitare lì.
“Pensi che in futuro degli avventurieri scenderanno in quel dungeon?” Gli domandai un giorno, per rompere la noia della marcia con un po’ di conversazione.
“Certo, è ovvio che lo faranno.” Rispose in tono leggero. “Ho lasciato qualche regalino alle prossime generazioni.”
“Uh? Che tipo di regalini?”
“Le solite cose. Oggetti magici di scarsa rilevanza, monete, cartelli che indicano il bagno ma portano a un crepaccio mortale... i vecchi classici.”
Sbuffai una risata, sapendo che quasi certamente stava scherzando sul crepaccio mortale.
“Oh, tu!


= SEHANATH =



     

   
 
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