Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Koa__    27/10/2017    10 recensioni
Sherlock Holmes, una notte d'inverno e una confessione struggente a un John Watson ammutolito dallo stupore dei ciechi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Vederci d’improvviso,
una notte, l’inverno
 
 



Ricordi le sue labbra, sapevano della pioggia d’estate. Con un’ombra di tè e menta dar sapore ai baci. Dolce era il suo sguardo, delicato. Come un Brahms suonato a mezza sera. Tu nudo, con una sola e svolazzante vestaglia a coprirti le spalle, un’aria vagamente decadente a posarsi leggera sulla tua figura sfatta. Con i suoi occhi addosso a scavarti l’anima e una sola sigaretta precariamente in bilico su di un leggio. La vostra sola, fidata spettatrice. Sì, ancora ne hai memoria. Ricordi bene del suo lasciarsi cadere sulla poltrona. Del tuo suonare non soltanto per te stesso. E ricordi i casi, le corse per Londra, gli spartiti sparpagliati ovunque di un Paganini improvvisato all’alba. Note scritte sui palmi delle mani, nella foga appassionata di un orgasmo creativo. Ricordi un teschio. Il Cluedo. Chimica e delitti a completar giornate imperfette. Perché del vostro tempo insieme hai conservato ogni frammento.

Bastardamente il destino v’ha fatti ritrovare, e proprio adesso che lui non ti appartiene più. Lo sai, Sherlock. Lo vedi. Vedi che la ama, senti che l’adora. Si nota da come ne parla, da come non ti guarda. Dalla maniera in cui non t’ascolta più suonare il tuo violino. Da come evita la sua vecchia poltrona. Lo vedi dal sorriso che lo coglie nel bel mezzo di un apparente nulla. La ama come amava te, magari di più. John Watson che ti adorava allo stesso modo con cui adesso ti odia. Con la medesima passione con cui faceva l’amore con te, semplicemente guardandoti. In un tempo ormai andato per sempre.

Piove. In questa tarda sera di un novembre iniziato da poco, piove a dirotto mentre un vento freddo ti scava fin dentro le ossa. Ed è proprio qui, sotto al diluvio di una Baker Street notturna e povera di viandanti, che trovi la forza di dirglielo. Lo fai di ritorno da un caso concluso con successo, e senza neanche prenderti la briga di aprire il portone. Il tuo indugiare dolcemente sul suo nome non sfugge ai suoi occhi attenti, ancora piantati su di te. Nonostante tutto, John Watson ancora ti guarda. Perché non smette? Perché non se ne va? Perché non ti odia come si dovrebbe odiarti?

«Sono egoista» esordisci in una maniera che lui fatica a comprendere e alla quale replica con un mugolio stizzito. È il suo dirti che lo sa già e che ricorda alla perfezione tutti i tuoi difetti; se li è appuntati in un angolo del cervello e mai li scorderà.
«Di te voglio tutto, John, l’ho sempre voluto. Anche il tuo odio. Sì, lo so che mi odi e che mi detesti, e va bene. Sposerai lei e amerai lei, e anche questo va bene. Ma quello che provavo allora non se n’è andato. Mi ha tenuto vivo e lo fa tuttora. Dovrei allontanarmi. Sai, Mycroft dice che sarebbe più sano per me il non vederti più. Ma io sono egoista, John e di te voglio anche il tuo odio. Odiami, John, odiami. Io ti parlerò anche quando non ci sarai e ricorderò di quando la parola “noi” aveva un senso, ma tu giurami che mi odierai finché avrai vita. Se lo farai, andrà davvero bene così.»

Te ne vai allora, lasciando Baker Street. Forse per un’ora. Forse per sempre. Senza una meta precisa, ma con l’unico desiderio di camminare mentre ricordi di risate che sanno di gioia ti riecheggiano nella mente. Con un vago aroma di biancospino impresso sulle labbra, anch’esso un lontano eco. Il vostro amore c’è, lo senti ancora. Ti serpeggia nel battito del cuore accelerato, c’è nel respiro affannato. È contenuto a stento dalle porte di un palazzo della memoria che trattiene attimi di felicità. La sua, la tua. La vostra. E lì dentro è così bello il tuo John, così troppo. Così ancora tuo.

John, sussurri ma a risponderti è il vento.

È allora che una lacrima prende a scendere lenta, la follia delle tue illusioni ti abbandona e il dolore ti solca l’anima e divora il cuore. Il tuo pianto leggero si bagna di pioggia e intanto s’intensifica. Perché John non t’ha seguito. Non sta correndo. Non ti sta chiamando. E più ci pensi, più i passi si fanno svelti e il dolore diventa tanto intenso che non riesci a respirare. Lo hai perso. Dovresti liberarti di questo amore, ma non ci riesci. La pioggia non lava via sentimenti e sensi di colpa, non ripulisce dai peccati. Quindi cammini. A passo affrettato. Piangi a dirotto in una notte solitaria e con Londra a sorvegliarti. Corri lontano, senza sapere che John ti aspetta a casa. Che ha chiamato Mary. Che ha acceso il camino e preparato del tè. John che sa che tornerai e che là seduto, sulla sua poltrona a Baker Street, sta sorridendo appena. Lo saprai, perché presto o tardi tornerai a casa. E lui sarà lì. Per te.



 
 
 
Fine
 



Note: Ispirata dalla canzone “Inverno” di Fabrizio de André (l’ascolto del brano è consigliato, ma resta facoltativo. Come ho già detto un paio di volte, il progetto legato alla musica e che era il nocciolo di “Spartiti, fogli sparsi e fantasie improvvise” è un progetto fallimentare. L’ascolto resta il perno della storia, ma è soltanto consigliato).
Da collocare temporalmente dopo "The Empty Hearse".

Come ho detto, la storia faceva parte di una raccolta che (per fortuna) non esiste più. L’avevo ripubblicata circa un mese fa su AO3 per il compleanno di Elissa_ e quindi ho pensato di postarla anche qui. Anche se con un po’ di ritardo.
Koa
   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Koa__