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Autore: Anil    27/10/2017    2 recensioni
Immaginavo che non mi avesse riconosciuto nello Shock della situazione, ma questo non mi ha liberato dalla violenta fitta allo stomaco che ho provato. Cosa credevo? Che sarei diventato il suo salvatore e che sarebbe corsa da me a ringraziarmi?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith, Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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POV SANA
Cosa diavolo è questo rumore molesto? Ah sì la sveglia, cerco a tastoni il cellulare, ma quello proprio non si vuole far trovare, il suono aumenta di intensità e nascondo la testa sotto il cuscino sperando che smetta di suonare. Mi decido ad aprire gli occhi e vedo che lo schermo lampeggia vicino ai miei piedi, mi tuffo sotto il lenzuolo e finalmente spengo la sveglia. Sono tentata di rimanere qui sotto al calduccio, ma qualcuno sta bussando furiosamente alla porta.
“Sana? Siamo in ritardo!”
E’ la voce di Rei, cavolo ho la conferenza stampa questa mattina! Non posso fare ritardo o i giornalisti mi distruggeranno. Salto fuori dal letto e piombo in bagno travolgendo Rei nella foga.
“Perché non mi hai chiamata prima?” gli urlo dal bagno mentre mi lavo.
“Hai detto che avresti messo la sveglia!”
“E da quando la sveglia serve a farmi alzare?” mugugno
Esco dal bagno e Rei ha già aperto le finestre, recupero un Jeans e maglioncino e lui esce per lasciarmi vestire.
“Sana! Muoviti”
“Mi devo truccare!” urlo aprendo la porta
“Non c’è bisogno” dice tirando fuori un paio di occhiali scuri simili ai suoi, me li piazza in faccia e mi trascina verso la porta. Li tira sempre fuori quando c’è bisogno, li ha comprati in quel periodo in cui non smettevo mai di piangere e non voleva che i giornalisti mi vedessero.
 
Arrivo in conferenza con dieci minuti di ritardo, sento il chiacchiericcio che si smorza e do un’occhiata alla folla. Cavoli sono davvero in tanti, I giornalisti sono stati molto duri con me negli ultimi anni e io non li reggo proprio, ma la mia assenza peggiorerebbe solo la loro opinione. Mi sforzo di sorridere e il regista comincia il suo discorso. Lo ascolto a malapena mentre elogia noi attori per l’ottimo lavoro, mi sforzo di pensare a cosa dire alle domande che mi rivolgono con più frequenza. “Signorina Kurata, è vero che soffre di disturbi alimentari?” “Signorina Kurata, ha una storia con qualcuno?” Mi chiedo perché non si limitino a farmi domande professionali, certo lo so che è il prezzo della popolarità, però è legittimo avere qualche dubbio sulla strada che ho intrapreso…poter stare male senza che si scrivano cose terribili sul mio conto sarebbe bello.
Eccolo il momento peggiore, il moderatore dà il via alle domande:
“Signorina Kurata, nel film lei prova dei sentimenti per un’altra donna, ha mai avuto esperienze sessuali con donne?” mi chiede il giornalista. Riconosco la sua voce, è quello che odio di più fra tutti, Matzui Gamoto. Non fa altro che scrivere cose malvagie su di me nonostante io gli risponda sempre con gentilezza, ma adesso ha proprio passato il limite. Come osa farmi una domanda del genere?
“Signor Magoto, sicuramente più di quante ne abbia avute lei” dico e in sala scoppiano a ridere tutti. Vedo Gamoto scrivere furiosamente con la penna, mi distruggerà sul suo giornale ne sono sicura.
Le altre domande per fortuna sono meno inopportune e riesco finalmente a defilarmi, Rei mi fa uscire dal retro e salgo in macchina velocemente.
“Sana”
“Lo so Rei, non succederà più” gli assicuro guardando fuori dal finestrino, e lui fortunatamente non aggiunge altro. E’ preoccupato per la mia immagine, e come dargli torto. Restare famosa una volta passata l’adolescenza non è stato facile, I media si aspettavano che la mia femminilità sbocciasse e Rei si è dato da fare per cercarmi ruoli in cui apparissi adulta, finalmente donna. E ci è riuscito, non posso rischiare che dei miei rancori rovinino tutto. La città scorre lenta sotto i miei occhi, ma purtroppo non riesco a sentire nessun rumore da questa maledetta auto di lusso, apro il finestrino e vengo sommersa dal caos di Tokyo. Tutti odiano il traffico, ma io no. Tutta questa gente mi fa pensare a quanto sia grande il mondo ed i miei problemi mi sembrano più piccoli. O forse sarebbe più corretto dire IL mio problema. Lui è il mio problema. Sia chiaro, sono quattro anni che non lo vedo, ma il pensiero di lui mi tormenta giorno e notte.

Ma perché non suona la sveglia stamattina? Aspetto altri dieci minuti fissando la luce suffusa della lampada accesa dall'altra parte della stanza. Ho paura del buio, lo sanno tutti. Prendo il telefono e guardo l’ora. Il display segna le 7.00, cavolo, è davvero presto. Chiudo gli occhi sperando di riuscire ad addormentarmi, ma ormai il sonno è andato a farsi benedire. E va bene, mi alzo, non c’è altra scelta. Apro la finestra, è una mattina fresca e tersa. Ho deciso, andrò a correre! Alzo il cappuccio della felpa e indosso gli auricolari, in realtà non ascolto nessuna musica, le tengo solo perché così posso anche fingere di non sentire le persone che mi riconoscono e mi chiamano. Corro tranquilla e devo dire che non è male questa attività, capisco perché a Lui piacesse tanto, con tutte le cose che sono attorno a me, quasi non mi accorgo della stanchezza che mi sta venendo. Quasi. Cavolo quanto sono fuori forma! Me lo diceva sempre Lui che sono una pappamolle. Mi mandava in bestia. Con un nuovo slancio percorro un altro isolato, si me ne sono accorta che sto percorrendo proprio quella strada…eccolo il nostro gazebo. Nostro, non so se ci sia mai stato qualcosa di veramente nostro. Perché poi mi voglio torturare in questo modo non lo so. Lo guardo solo un attimo. Vuoto. Nel gazebo e dentro il mio stomaco. Mi volto e corro verso casa, dopotutto non sono così stanca.

Ho deciso di correre anche stamattina, ho ancora l’acido lattico in circolo nelle gambe, ma devo dire che la corsetta mi ha aiutato a dormire meglio stanotte. Se non consideriamo ovviamente tutti i sogni molesti che ho fatto in seguito alla mia malsana idea di andare al Gazebo. Ma oggi non voglio percorrere ancora quella strada, è meglio cambiare parco.
Questo parco è decisamente bello di mattina, c’è poca gente che corre come me, nessuno sembra far caso a chi io sia, e questo mi piace. Dopo un po’ mi accorgo di essere arrivata ad un punto cieco. Il muro che delimita il parco è alto ed esclude del tutto la vista sulla strada, al suo ridosso sono stati lasciati tanti rifiuti. Scuoto la testa e mi volto per tornare sui miei passi, farò una donazione per ripulire tutto questo sporco. Mi ritrovo davanti un uomo con il cappuccio e lo scaldacollo tirato fin sopra il naso.
“Scusi” dico cercando di scansarlo.
Poi tutto accade senza che possa reagire, mi sbatte contro un albero e mi dà un colpo alla gola talmente forte che credo di morire, boccheggio cercando di prendere aria. Mi tengo stretta il collo, annaspando.
“Ora vediamo chi ride” dice una voce al mio orecchio.
   
 
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