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Autore: Sonrisa_    28/10/2017    2 recensioni
[ex "Around the World"]
Ichigo fissò le sue amiche ed aprì la bocca per ribattere, ma dalle sue labbra non uscì che un verso strozzato a metà fra la frustazione e l'incredulità.
Un minuto prima parevano tutte d'accordo nel far cambiare idea a Purin e ora si dimostravano tutte vogliose di partire. Ma cosa era successo?!
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maybe we are perfect strangers,
maybe it's not forever


 
Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva attraversato quelle vie, eppure aveva l'impressione di non esser mai andato via da lì. Sembrava quasi che da un momento all'altro lui dovesse attaccare le Mew Mew, ideare quache piano con Pai e Taruto per localizzare la Mew Aqua oppure studiare Deep Blue per saggiare la sua effettiva fedeltà e voglia di salvare il loro popolo.
La Terra gli faceva davvero uno strano effetto, ma le terrestri ancora di più...  Altrimenti non riusciva a spiegare né quel batticuore improvviso che l'aveva colto quando l'aveva rivista né il motivo che lo stava spingendo a recarsi da lei. Forse voleva capire se quell'attrazione che sembrava ancora nutrire per l'ex leader delle Mew Mew fosse reale o frutto di qualche strano scherzo della sua mente.
Giunse a destinazione e, attento a non farsi vedere, si nascose tra i rami dell'albero che dava sulla finestra della stanza di Ichigo. O almeno sperava che fosse ancora così. Attese qualche secondo in assoluto silenzio e si sporse in avanti, cercando di capire se la ragazza fosse lì oppure no. Vide la luce della stanza accendersi, udì la sua voce cristallina e scorse una figura femminile dietro la tenda che si spalancò all'improvviso.
Eccola lì.
I capelli rossi che le incorniciavano il volto erano sciolti, liberi di scivolarle lungo la schiena; non vi era traccia di quei buffi codini che usava anni addietro...
Kisshu sospirò lievemente.
Se la ricordava ancora come una ragazzina e, nonostante fosse un pensiero ingenuo, si aspettava di ritrovarsela ancora così, invece... Era cresciuta, proprio come le sue amiche.
La osservò rapito, seguendone attentamente i movimenti mentre gesticolava davanti a quello strano aggeggio che le aveva visto al Café.
«Scusami ancora, Minto. Avevo bisogno di parlare con te e mi sono dimenticata del fuso orario di Parigi e delle prove. Mi dispiace davvero di averti disturbato, credimi.» la sentì mormorare imbarazzata e dispiaciuta, mentre usciva e si appoggiavam alla ringhiera del balcone, sfidando il freddo di quella notte dicembrina.
«Ti ho già detto di non preoccuparti. La coreografa ha preferito dar spazio prima a Charlotte con la sua variazione. Ne avrà almeno per altri quindici minuti.»
La rossa parve rasserenarsi e le rivolse un bel sorriso.
«Senti... Per caso hai avuto una strana sensazione in questi ultimi giorni?»
Un'espressione corrucciata si dipinse sul volto di Ichigo alla domanda della ballerina.
«Strana in che senso? Cos'è successo?» chiese, inclinando la testa di lato.
Minto tacque per una manciata di secondi e quando riprese a parlare abbassò notevolmente il tono di voce, tanto che Kisshu fece fatica a sentirla.
«Da un paio di giorni è come se mi sentissi in allerta, come se... non so... ci fosse un pericolo
A quelle parole l'alieno si irrigidì e si avvicinò ancor di più, per sentire meglio il discorso delle ragazze.
«Un pericolo?» balbettò Ichigo. Il brivido che la colse sicuramente non era dovuto alle rigide temperature.
Minto sospirò e si mordicchiò il labbro inferiore, sentendosi una stupida paranoica a dar voce ai suoi pensieri.
«Proprio così. Ultimamente mi sento un po' inquieta...»
«Ma non può essere un po' di agitazione per via del saggio? Del resto si sta avvicinando.» ipotizzò la rossa.
«Semmai sarei emozionata, non agitata. Quando danzo non sento l'inquietudinepuntualizzò la corvina «E poi, se non mi avessi interrotta, mi sarei spiegata meglio.» aggiunse stizzita, dando una rapida occhiata attorno a sé, per controllare che non ci fosse nessuno a portata d'orecchio e che Charlotte fosse ancora impegnata sul palco «È come se fosse Mew Minto ad avere questa sensazione, non la normale Minto.» mormorò «Sempre se possa definirmi "normale".» aggiunse.
Ichigo la fissò per qualche secondo senza proferir parola e la ballerina si sentì ancora più stupida, pentendosi di tutto ciò che aveva detto.
Kisshu, invece, aveva trovato tremendamente interessante le parole della morettina: bisognava parlarne con Taruto e Pai il prima possibile.
«Capisco quello che intendi.» ammise improvvisamente la rossa, iniziando a giocherellare con una lunga ciocca di capelli color rubino, ottenendo la completa attenzione di Kisshu e Minto.
«A volte mi capita. Mi è successo un paio di volte a Londra, sai? Mi sentivo strana e avevo l'impressione che il mio istinto animale mi dicesse di stare all'erta.» continuò l'ex leader «Quando è la mia parte Mew ad avere queste sensazioni mi ricordo che non potrò mai essere una semplice ragazza.» aggiunse in un sussurro, dando le spalle all'albero sul quale si era appollaiato l'alieno «Ma credo fosse dovuto alla lontananza da casa, mi sentivo più vulnerabile e magari il mio istinto felino ha avuto la meglio...»
Sospirarono contemporaneamente, lei e Minto, per poi scambiarsi un'occhiata d'intesa e ridacchiare piano, seppur con una nota di amarezza ben visibile. Prenderla sul ridere era l'unico modo per tentare di superare la consapevolezza di non poter essere normali.
«Non voglio farti perdere altro tempo, poi mi sentirei in colpa... Se vuoi ci sentiamo dopo.»
«Ammettilo, vuoi interrompere la nostra conversazione così da poter sentire Masaya.» la punzecchiò la ballerina.
Ichigo arrossì, balbettando delle frasi confuse, mentre Minto rise discretamente, ma seriamente divertita.
«Se devi andare, va'; altrimenti sappi che ho ancora... cinque minuti scarsi prima di doverti lasciare.» le comunicò, dando una rapida occhiata all'orario e all'amica sul palco.
Ichigo sorrise.
«È stato strano rivederli, sai?» se ne uscì all'improvviso.
«Un tuffo nel passato, eh?»
«Esattamente... Mi è sembrato di tornare a cinque anni fa. È come se avessi rivissuto di colpo tutto quello che è successo: le battaglie, gli scontri, i momenti di sconforto, la paura... È stata una sensazione stranissima.»
«Sì, credo di capirti.»
«Sei davvero convinta di voler partire?»
«Per niente... È un'idea assurda, ma-»
«E allora perché hai detto sì?!»
«Dovresti seriamente prendere in considerazione l'idea di levarti il vizio di interrompere le persone, sai?»
«E tu quello di essere troppo acida certe volte.»
«Farò finta di non aver sentito, perché sono superiore a queste cose e non intendo abbassarmi a certi livelli.»
«E anche modesta, sai?» la prese in giro la rossa «Comunque, spiegami perché hai accettato.»
Minto fece per rispondere, ma si bloccò.
«Charlotte sta finendo. Devo andare, te lo spiego un'altra volta. Mi raccomando domani.»
Ichigo ebbe a malapena il tempo di salutare l'amica con un semplice “ciao” che la comunicazione si interruppe.
Rimase a guardare per un paio di secondi lo schermo nero, poi entrò in camera e mise in carica il tablet, rendendosi conto della batteria quasi completamente scarica. Fece per chiudere le tende del balcone, ma poi rimase a fissare l'albero difronte.
«Kisshu?» chiese piano, uscendo nuovamente «Sei lì?»
L'alieno rimase immobile: meglio ammettere di trovarsi davvero lì o no?
La ragazza socchiuse gli occhi, scrutando con attenzione i rami dell'albero nel tentativo di capire se si fosse sognata la presenza dell'alieno o se lui fosse effettivamente lì, ma a causa della mancanza di luce si arrese quasi subito.
«Solo le allucinazioni ci mancavano... Li ho visti da meno di due ore e già me li immagino fuori dalla mia finestra!» borbottò frustata e, convinta di essersi immaginata tutto, rientrò nella sua camera con uno sbuffo.



Kisshu riprese a respirare tranquillamente solo dopo aver sentito il balcone chiudersi e Ichigo tirare le tende. Inveì contro Taruto e la sua stupida idea di passare dalle ex nemiche prima di dedicarsi alla missione: che senso aveva avuto rincontrarsi dopo cinque lunghi anni? Sospirò frustato e levò gli occhi al cielo, sperando solo che le informazioni apprese spiando Ichigo che conversava con Minto potessero essere utili in qualche modo per la loro missione.


«Sai dov'è Kisshu?»
Pai scosse la testa alla domanda del minore senza neppure levare gli occhi dal monitor difronte a sé, nonostante una qualche idea gli avesse attraversato la mente.
«Novità?» chiese ancora Taruto, avvicinandoglisi e spiando la serie di dati che scorrevano veloci.
«Per il momento no, ma siamo qui da troppo poco per avere dei segnali chiari e sicuri... e poi dubito che ci siano tracce lasciate in bella mostra.»
Il fratello annuì piano, spostando lo sguardo verso le luci della città che brillavano nella notte. Stava per riaprire bocca, quando l'aria si increspò difronte a lui, rivelando il sorriso soddisfatto di Kisshu, tornato da chissà dove.
«Ho delle importanti novità: abbiamo una meta.»



Nonostante l'ora tarda e la consapevolezza che l'indomani la sveglia sarebbe suonata ugualmente, Retasu continuava a fare ciò che la stava tenendo impegnata da quando aveva finito di cenare: scribacchiava con attenzione e in modo molto ordinato degli appunti presi dal pc acceso e dai libri che ricoprivano interamente la scrivania, cercando di concentrare tutte le informazioni sulla biodiversità terrestre tra quelle pagine, così da poter avere un quadro di insieme omogeneo per il pomeriggio successivo. Mordicchiandosi il labbro inferiore aprì un'altra pagina web, così da confrontare più fonti, fermandosi un attimo con le dita a sfiorare la tastiera. E se invece si fosse rivelato tutto un'enorme pazzia, come Ichigo aveva ribadito con fermezza?
«Ancora sveglia?»
La domanda della madre la fece sussultare e fare una lunga riga storta sulla pagina prima immacolata.
«Scusami tesoro, la porta era socchiusa e ho visto che tenevi ancora la luce accesa.» mormorò la donna, entrando nella stanza «Stai studiando?» chiese poi, avviciandosi alla figlia e sbirciandone gli appunti.
«Qualcosa del genere...» rispose vaga lei, chiudendo delicatamente il quadernino e voltandosi verso la madre.
«Hai pensato a cosa fare?» domandò la donna, portando una ciocca dei corti capelli della figlia dietro l'orecchio e approfittandone per farle una lieve carezza.
«Forse...»
«Ma non me lo dirai finché non ne sarai sicura. Il tuo cuore ha già deciso, ma il tuo cervello non fa che rifletterci su facendoti venire mille dubbi, vero?»
Le labbra di Retasu si schiusero in una piccola o muta.
«Okay, ho capito. Non sono discorsi da fare a quest'ora.» mormorò la signora Midorikawa trattenendo uno sbadiglio ed arrendendosi alle risposte vaghe della giovane «Ricordati che hai diciotto anni.» disse poggiandole le mani sulle spalle «Non pensare troppo. Se hai trovato ciò che ti può rendere felice, prosegui per quella strada. Non posso darti certezze sulla riuscita del progetto che hai in mente, ma posso assicurarti che non avrai rimpianti tra qualche anno.» le sussurrò «Non devi per forza prendere giurisprudenza, solo perché ne hai parlato con me e tuo padre al tuo ritorno dall'Africa. Se senti che la tua strada è un'altra, non avere paura di dircelo, il nostro affetto per te non cambierà.» concluse, depositandole un bacio sui capelli smeraldini «Buonanotte tesoro.»
«'Notte... e grazie.» disse piano la ragazza, osservando la madre sorriderle e chiudersi la porta alle spalle. Senza saperlo, le aveva appena dato la certezza di fare la cosa giusta.



Pai fece schiocchiare la lingua infastidito, scoccando un'occhiata di sottecchi a Kisshu che, seduto con gli occhi chiusi, pareva sereno. Inutile dire che i suoi pensieri si erano rivelati esatti: il mezzano si era proprio recato da quella rossa che lui, per una serie infinita di motivi, mal sopportava.
Si pentì di essersi lasciato convincere da Taruto ad andare al Café Mew Mew: quella visita avrebbe comportato più danni che altro. Dopo quella logorante guerra di anni prima anche il rapporto fra loro aveva avuto dei forti problemi e ora aveva l'impressione che il precario equilibrio che avevano faticosamente ritrovato stesse vacillando. Inutile nergarlo: cinque anni fa la colpa di quello che era successo era prevalentemente sua. Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere il corpo esanime di Taruto cadere con un tonfo per terra, ferito mortalmente dalla sua arma durante la battaglia finale. Lui, il fratello maggiore che doveva proteggere gli altri due, aveva permesso che venissero uccisi, anzi, era stato lui stesso carnefice del piccolo. Tutto solo per seguire Deep Blue; cieco ai piccoli segnali che i suoi fratelli avevano intravisto e sordo alle loro parole, aveva giurato fedeltà eterna a un dio fasullo, rendendosi conto dell'enorme sbaglio tardi e cercando di porvi rimedio sacrificando se stesso. Quando erano tornati in vita aveva appreso che Taruto non aveva memoria di quello scontro finale, se non di piccole scene insignificanti e mal collegate fra loro. Non sapeva se fosse merito della Mew Aqua o della stessa mente del minore, ma Taruto non ricordava di essere stato ferito mortalmente dal fratello maggiore. Un sollievo per Pai, che, però, non alleggeriva per niente il senso di colpa che da cinque anni a quella parte gravava sulle sue spalle. Nessuno sapeva di quella storia sul loro pianeta, né tanto meno Kisshu con il quale aveva ricucito con estrema fatica un rapporto che credeva di non poter più avere. Il mezzano gli aveva serbato del rancore per parecchi mesi a causa del suo comportamento sulla Terra, confessare di aver ucciso Taruto non avrebbe fatto altro che dare a Kisshu un altro pretesto per non fidarsi più di lui.
«A che pensi?»
La domanda di Kisshu interruppe il filo dei suoi pensieri.
«A come agire ora.» mormorò piano, fissando il panorama «Questo potrebbe confermare le nostre ipotesi, ma portare avanti la missione basandoci su delle sciocche sensazioni di due ragazzine mutanti...»
«Ah, già, è vero. Pai Ikisatashi si fida solo dei numeri e di dati certi, che stupido io a pensare che potesse reputare interessanti delle sciocche sensazioni di due ragazzine mutanti.» lo canzonò il fratello «Almeno ora abbiamo un area dalla quale iniziare.» disse serio, mettendosi di fronte a lui.
«Potremmo solo perdere tempo.» gli fece notare Pai. fissandolo negli occhi.
«Potremmo risolvere tutto immediatamente,» ribatté Kisshu, sostenendo lo sguardo senza problemi «Dillo che non vuoi ammettere che potrebbe essere la via giusta, solo perché non è un'idea tua.»
«E sia, proviamo facendo come dici tu.» borbottò l'altro dopo degli interminabili attimi di silenzio.
«Tanto per la cronaca: io sono contrario.» si intromise Taruto, che fino a quel momento era rimasto ad osservare i suoi fratelli in silenzio «Non potremmo semplicemente rivela-»
«Non se ne parla e su questo non transiggo.» lo interruppe Pai, intuendo già dove il minore volesse andare a parare e fulminandolo con lo sguardo «Quelli già non dovevano sapere della nostra presenza qui... La nostra vera missione deve rimanere segreta. Per di più domani pretendo che tu le faccia desistere dal partire con noi: non abbiamo bisogno del loro aiuto.»
«Agli ordini.» sibilò con astio Taruto, riducendo gli occhi a due fessure, prime di scomparire nel nulla.
«Sull'ultimo punto avrei da ridire: sono convinto che ci servano. E poi: ragazzine mutanti, quelli... hanno dei nomi, sai? Possibile che tu non riesca ancora a vederli come creature in qualche modo simili a noi?»
«Questo è stato il vostro più grande errore, tuo e di Taruto; ciò che vi ha portato a creare un legame e desiderare di tornare qui prima o poi. Inizia a vederla a modo mio e la finirai di avere nella testa quella rossa.»
«Non crederti tanto superiore a noi e smettila di...»
Kisshu non fece in tempo terminare la frase che Pai scomparve, lasciandolo solo.
«Quanto lo detesto quando fa così...!»



«Quanto lo detesto quando fa così...!»
Taruto ricomparve inviperito in una zona sconosciuta dell'immensa Tokyo.
Gliel'avrebbe detto lui stesso se non avesse disubbidito a colui che, suo malgrado, era un suo superiore in quella missione. Aveva ricordi vaghi del precedente viaggio sul suolo terrestre, ma ricordava perfettamente la testardaggine di Pai e il non cercare di comprendere mai le parole sue e di Kisshu. Ora, al pensiero di tradire in quel modo la sua fiducia (perché era soprattutto per lei che stava in pena) si sentiva male.
All'improvviso l'immagine di una lei di cinque anni prima si affiancò ad una sua immagine del presente.
Possibile che fosse cresciuta così? E possibile che lui fosse stato tanto ingenuo da credere che l'avrebbe ritrovata così come l'aveva lasciata?
Si prese il volto tra le mani e sospirò, mormorando piano il suo nome e lasciandolo in custodia al vento e alla notte che di lì a poco si sarebbe trasformata in alba. Quanto era rimasto lì?
«Oh, Purin...»



«Sei distratta.»
La voce di Natsumi era a metà fra il rimprovero e lo stupito.
Purin non rispose -anche perché quella della compagna non era proprio una domanda- limitandosi a rialzarsi velocemente dal materassino sul quale era caduta dopo aver perso la presa da una delle travi delle parallele asimmetriche.
Per la quinta volta nel corso di quella giornata.
«Non è da te.» continuò imperterrita la compagna «Dai, ti do il cambio.» aggiunse, impolverandosi le mani per iniziare l'esercizio.
Purin si fece da parte per lasciare più spazio a Natsumi che, con grazia innata, iniziò ad eseguire alla perfezione la serie di esercizi.
«Arrivo subito.» mormorò, non curandosi se la compagna l'avesse sentita o meno, correndo veloce verso gli spogliatoi sperando che l'allenatore non la vedesse.
Entrata nel bagno si sciacquò velocemente il volto fissando il suo riflesso per qualche istante.
«Rimani concentrata, Purin. Rimani concentrata.»
Niente da fare, il suo cervello trovava qualsiasi pretesto per farglielo venire in mente. Come in quel momento: fissare il borsone arancione di Haruna gli fece subito venire in mente i suoi occhi. E al pensiero di rivederlo tra qualche ora le sue gambe ebbero un fremito.
"Che mi sta succedendo?!"




«Sappi che, se è uno scherzo, non è divertente. Per nulla.»
«Già l'hai presa meglio di come mi aspettavo e non mi hai nemmeno urlato contro per averli invitati al Café stasera.»
«Sorvoliamo su questo. Non serve che ti dica quanto io sia contrario a questa decisione.»
«Purin ci tiene.»
«E io tengo a te e a tutte loro. Invitare quelli a casa non mi sembra una chissà grande idea, sai?»
Kei sospirò, fissando il biondo -furioso e preoccupato- attraverso lo schermo del computer del laboratorio.
«Si sono dimostrati piuttosto gentili nel venire ad avvisarci della loro presenza sul nostro pianeta, non penso abbiano cattive intenzioni. Non stavolta.»
«Sempre a trovare il bene negli altri...»
«E tu sempre il male.» replicò il pasticcere senza particolari inflessioni nella voce.
«Kei... scusa.» mormorò Ryo, passandosi una mano sul volto «È che... ci mancavano solo loro ora!» sbottò teso.
«Magari potremmo chieder loro un parere su-»
«No. Non abbiamo detto nulla alle ragazze, non diremo nulla nemmeno a loro. Per di più ora, dato che il fenomeno pare si sia calmato.» lo interruppe lui.
«Proprio per questo vorrei confrontarmi con loro. Magari potrebbe esserci un collegamento su questa calma e il loro arrivo.»
«"Calma" e "alieni" non stanno bene in una sola frase...» disse acido «Ma... facciamo che trovo il primo volo disponibile per Tokyo, così ne parliamo per bene di persona, okay? Tu comunque sta' attento e informarmi su tutto




Con un sorriso smagliante -che cozzava decisamente con il suo stato d'animo di quella mattina- Purin fece cadere su uno dei tavoli del Café una dozzina di volumi.
«Tra questi libri troverete sicuramente qualcosa che faccia al caso vostro! Avete già qualche idea per la nostra prima tappa?»
Pai e Taruto si scambiarono un'occhiata veloce.
«Ma siete sicure di voler venire con noi? Insomma, non vorremmo disturbarvi...» iniziò il minore incerto, sentendosi lo sguardo del fratello addosso.
«Ma quale disturbo, se possiamo aiutarvi siamo felici! Non vi saremmo di alcun intralcio, ve l'assicuro.» poi, cambiando totalmente argomento, Purin continuò: «Credo che possiate evitare i posti più freddi, o almeno rimandare la visita più in là. A me piacerebbe andare in Africa, ma anche la foresta pluviale non deve essere male! Per non parlare dell'Australia poi...!» prese un atlante da quelli presenti sul tavolo ed iniziò a sfogliarlo velocemente «Guardate che bei posti! Credo che l'Australia sia una meta perfetta per il nostro viaggio, Taru-Taru!»
Più Purin parlava, più Pai si pentiva per aver deciso di assecondare Taruto -in quel momento con le guance rosse che protestava con la ragazzina per quel nomignolo che lei si era ostinata a dargli- : se avessero evitato di presentarsi al Café, in quel momento non avrebbe dovuto ascoltare la più piccola fra le Mew Mew parlare a macchinetta sottolineando con fin troppa enfasi l'aggettivo "nostro" in riferimento al viaggio che li attendendeva. Viaggio che, senza alcun dubbio, sarebbe stato altamente più semplice senza le umane fra i piedi, checché ne dicesse Kisshu.
«Sentite un po' che dice qui: In Australia vivono più di 378 specie di mammiferi, 828 specie di uccelli, 4000 specie di pesci, 300 specie di lucertole, 140 specie di serpenti, due specie di coccodrilli e 50 varietà di mammiferi marini. Più dell'80 percento di piante, mammiferi, rettili e rane è unico al mondo e introvabile negli altri continenti. Praticamente è la descrizione perfetta di quello che cerchiamo! Tra gli animali più noti ci sono il canguro, il koala, l'echidna, il dingo, l'ornitorinco, il wallaby e il vombato.» tre secondi di pausa e sopracciglia aggrottate «Ma cos'è un vombato?»
«Un piccolo marsupiale australiano.»
La voce leggera di Retasu colse un po' tutti di sorpresa e, quando l'attenzione si concentrò su di lei, la ragazza arrossì.
«La porta sul retro era socchiusa, scusate...» mormorò imbarazzata salutando i presenti con un inchino; avvicinatasi al tavolo già ricoperto da diversi libri, ne tirò fuori altri dallo zainetto che portava sulle spalle tra cui il suo quaderno «Nonostante l'aumento dell'inquinamento, la biodiversità terrestre è alquanto ricca. Ho pensato che questi avrebbero potuto aiutarvi.» lo disse quasi a mo' di scuse, non sapendo nemmeno lei bene il perché.
«Hai fatto benissimo, nee-san!» rise Purin agguantando un volume dedicato interamente all’Australia ed iniziando a sfogliarlo avidamente, riempiendo di parole Taruto accanto a lei.

La verde si ritrovò a ringraziare per la presenza di Purin che alleggeriva la tensione palpabile di quello strano gruppo che si era ritrovato al Café. Kei era in cucina intento sicuramente a creare qualcuna delle sue delizie, ma di tanto in tanto compariva in sala per controllare la situazione, mentre lei, Pai, Taruto e Purin si trovavano riuniti attorno al tavolo a consultare i vari tomi. Il maggiore dei tre alieni era ancora più riservato di quanto ricordasse e aveva dipinta sul volto un'espressione terribilmente scocciata, probabilmente dovuta ai continui battibecchi di Taruto e Purin. Determinata, però, a non lasciarsi intimidire, Retasu decise di farsi coraggio e provare a parlare con lui. Fino a qualche mese prima probabilmente non l'avrebbe fatto, ma il viaggio in Africa aveva portato alla luce un nuovo lato di lei: la voglia di sapere. Aveva appreso come ogni essere vivente potesse essere fonte di arricchimento per lei e, da quell'esperienza, si era ripromessa di non lasciarsi sfuggire nessuna possibilità di conoscenza.
«Avete già qualche idea?» domandò Retasu curiosa, cercando di avviare una possibile conversazione «Per il primo luogo da visitare, intendo.» specificò dopo qualche istante davanti l'occhiata stranita che Pai le aveva rivolto.
«Sì, l'avevo capito.» mormorò l'altro perplesso non tanto per la domanda, ma per il fatto che lei gli avesse rivolto la parola.
Retasu arrossì ed inziò a torturarsi le mani nervosamente con lo sguardo basso, capendo che lui non le avrebbe risposto e pensando che sarebbe stata migliore la scelta del silenzio da parte sua.
Fruscio di pagine.
«Europa.»
Retasu, stupita da quella risposta che credeva non sarebbe mai arrivata, alzò lo sguardo su Pai che osservava su uno dei libri presi dal tavolo l'atlante geografico del pianeta.
«È così che si chiama questo territorio, no?» le domandò, indicandolo sulla cartina.
«Uh? Sì sì, questo è l'Europa.» rispose con un secondo di esitazione, non aspettandosi la domanda, poi sorrise «Non è un continente che conosco bene...» ammise, mordicchiandosi il labbro inferiore e tamburellandosi le dita sulla guancia, mentre le informazioni che aveva letto la sera precedente si mischiavano nella sua testa «Però so che ci sono ambienti molto diversi tra loro, quindi anche la biodiversità dovrebbe essere piuttosto varia.»
Retasu stava per chiedergli perché avessero scelto proprio l'Europa, ma l'urlo di Purin la fece sussultare e voltare di scatto. La biondina aveva stampato in volto un sorriso smagliante, ridacchiava con gli occhi che le brillavano per l'entusiasmo mentre saltellava per il locale.
«Ma è sempre così incontenibile?» mormorò Pai, indeciso se: uno, fare uno sforzo e resistere ancora in quell'edificio assurdo; due, scatenare il suo potere contro quella peste bionda; tre, teletrasportarsi via e abbandonare Taruto al suo destino.
«È semplicemente euforica.» ribatté piano Retasu, guardando amorevolmente quella forza della natura che aveva come amica «Aspettava il vostro ritorno da anni, ora che siete qui è comprensibile che si comporti in questo modo»
«Mi vuoi spiegare che ti è successo ora?!» sbottò Taruto che la prese per un braccio, costringendola a fermarsi e tirandola verso il tavolo.
Con aria da cospiratrice, Purin sussurrò: «Voi sapete teletrasportarvi.»
«E questo si sapeva.»
«Quindi potete andare dove volete.» dedusse Purin.
«In un certo senso sì. Non possiamo fare spostamenti esagerati tipo tornare al nostro pianeta, ma sulla Terra dovremmo essere capaci di andare dove vogliamo.» disse Taruto, allentando piano la presa sulla vita di Purin.
«Perfetto!» trillò la ragazza, lanciando dei gridolini ed ricominciando a saltellare.
«Eh no! Mo' la pianti e ci spieghi.» sbottò Taruto esasperato, agguantandola dal maglione e tirandola di nuovo verso il tavolo «Cos'è perfetto?!»
«Faccio fatica a seguirti anch'io, Purin.» ammise Retasu.
«È presto detto: essendo a dicembre siamo prossimi al Capodanno...» iniziò, sorridendo furbetta «...con loro potremmo festeggiare l'inizio del nuovo anno ad ogni ora in un luogo diverso!» disse «Ci pensi?! Sidney, Pechino, Rio, New York e chissà quante altre città...! Nessuno al mondo può vantare di aver vissuto una simile esperienza: saremo noi le prime!» esclamò ricominciando a saltellare attorno al tavolo.
«Non so se te ne sei resa conto, ma noi non siamo qui per giocare.» la freddò Pai, impedendo ogni sorta di risposta da parte degli altri due «Abbiamo una missione da compiere, non vogliamo fare i turisti sul vostro pianeta.» sibilò.
«Guastafeste. Guarda che il nostro pianeta è molto bello, così come anche certe celebrazioni. Sarebbe un peccato perdersele.» sbuffò Purin, incrociando le braccia al petto.
Ecco, era in momenti come questo che Taruto non riusciva a capire se a trovarsi di fronte a lui ci fosse quella bimba che aveva conosciuto anni addietro o una ragazza.
«Purin, i nostri ospiti sono giunti sulla Terra per un motivo ben preciso.» si intromise Kei senza perdere il suo solito garbo, portando accanto al tavolo un carrellino con delle tazze fumanti di cioccolata calda «E tu ti sei proposta di dar loro una mano, non di stravolgere i loro piani e coinvolgerli in qualcosa che non sia legato alla loro missione.»
Purin storse le labbra, conscia di quanto fossero veritiere le parole dell'amico più grande, e si allungò verso un volume aperto sul tavolo.
«Europa, eh? Sapete, noi dovremmo essere lì tra una ventina di giorni per il saggio di Minto...» mormorò, sfogliando le pagine «Però in Australia dobbiamo proprio andarci, sappiatelo.»



Ichigo fissava la neve che ricopriva il parco Inohara senza vederla davvero. Le persone che, come lei, avevano deciso di stare lì a quell'ora erano davvero poche, complice un venticello gelido che si infiltrava fin sotto i vestiti; non era normale che, avvertendo tutto quel freddo, lei si trovasse lì seduta su una panchina a congelare, ancor di più quando si trovava a meno di dieci minuti di cammino dal Café. L'intenzione di andarci vi era stata, per poi sparire completamente quando si era ritrovata difronte a quella struttura così familiare, ma in quel momento troppo estranea. Non era riuscita ad entrarci consapevole della loro presenza lì dentro, tutto qui. All'aumentare del vento lei si decise ad inviare un messaggio di scuse a Retasu, nel quale spiegava che per via di uno spiacevole imprevisto si ritrovava impossibilitata ad arrivare al Café, così da poter alzarsi e tornare a casa.
«Anche tu non sei andata.»
Quella voce innaspettata, vicina e familiare la fece sussultare così tanto da farle quasi cadere il cellulare dalle mani.
«Kisshu...?! Ma avvicinarti come le persone normali, no, eh? Questo maledetto teletrasporto, lo detesto!»
«Guarda che non ho usato il teletrasporto, stavo camminando.» disse lui, poggiando i gomiti sulla spalliera della panchina e inclinando la testa così da avvicinarsi al volto della ragazza «Sei tu a non esserti proprio accorta che mi stavo avvicinando.»
Ichigo tacque e lo fissò di sottecchi in silenzio, per poi distogliere lo sguardo e iniziare ad aggiustare la sciarpa in modo tale da nasconderle quanto più possibile le gote, consapevole del loro rossorre.
«...Come va?» gli chiese dopo un po', schiarendosi la voce ed iniziando a torturarsi le dita coperte dai guanti sotto lo sguardo stupito di lui.
«Uhm, bene.» rispose il giovane, cercando di interpretare il comportamento della ragazza difronte a lui: aveva paura? Aveva dimenticato quello che era successo fra loro cinque anni prima? Ce l'aveva ancora con lui?
«Perché non sei andato con gli altri al Café?» gli chiese ancora lei, cercando di mantenere viva la conversazione, non sapendo nemmeno lei bene il motivo.
«Perché non ci sei andata nemmeno tu?» domandò invece di rimando lui.
«Minto dice che è maleducazione rispondere ad una domanda ponendone un'altra.» disse Ichigo, voltandosi per la prima volta verso di lui.
Kisshu stirò le labbra in un brevissimo sorrisetto, incomprensibile ad Ichigo, decidendo di sedersi accanto alla ragazza, mantenendo però un minimo di distanza di sicurezza,
"Non volevo stare con te. Eppure, appena ho scorto la tua chioma rossa, mi sono avvicinato."
 «La mia presenza sarebbe stata totalmente inutile.» buttò lì, allungando le gambe.
«A Purin sarai mancato.»
Kisshu aggrottò le sopracciglia, perplesso.
«Dubito che si sia accorta della mia assenza. La sua attenzione sarà stata catalizzata verso qualcun altro.» le fece notare.
«A lei non è mancato solo Taruto.»
«E a voi altre non è mancato nessuno di noi.»
Ichigo non rispose: cosa avrebbe potuto dire, poi? Lei aveva davvero sentito la mancanza di Kisshu e degli altri?
«È strano...» mormorò all'improvviso «...vederti così, intendo.» specificò poi, lasciando che i suoi occhi marroni vagassero sui vestiti umani che il giovane portava fino a soffermarsi sul cappello che nascondeva le orecchie.
«I nostri abiti avrebbero attirato l'attenzione e non vogliamo che accada.» spiegò lui «E poi mi piacciono... anche se sono strani.»
«Per noi erano assurdi i vostri...» ridacchiò Ichigo, ricordando gli strani indumenti dei tre alieni cinque anni prima «Non avevate mai freddo, poi?»
«L'inverno di Tokyo non ci dava alcun problema. All'epoca eravamo abituati a ben più rigide temperature...» le ricordò.
«...quindi ora va meglio da voi?»
Kisshu si limitò ad annuire, senza sforzarsi di darle ulteriori dettagli.
«E tu invece?»
«Io cosa?» balbettò Ichigo, sbattendo le palpebre.
«Perché non ti sei presentata?»
«Per illudermi che tutto possa continuare ad essere normale.»
«Allora deduco che tu abbia bocciato in pieno la proposta di Purin, vero?»
«Vorresti dirmi che non vi darebbe fastidio la nostra presenza per la vostra missione?!» chiese scettica.
«Minto dice che è maleducazione rispondere ad una domanda ponendone un'altra.» le fece il verso Kisshu, godendosi l'espressione stupita di Ichigo.
Dapprima la ragazza gonfiò le guance indispettita, poi -conscia del fatto di non avere più tredici anni- si ricompose e, lisciandosi il cappottino, mormorò sommessamente:
«Non lo so... Lei la fa troppo facile.»
«E tu troppo complicata. Non vuoi venire perché non ti interessa e hai meglio di fare o perché non vuoi trascorrere del tempo con tre alieni?»
Ichigo incassò quelle parole, fin troppo veritiere, in silenzio.
L'idea di partire la elettrizzava, come a tutte del resto, ma...
Ma aveva appena capito di voler diventare veterinaria, avrebbe dovuto studiare; ma non poteva andare a fare la giramondo con quelli che erano stati i suoi nemici; ma non poteva stravolgere di nuovo la sua vita; ma cosa avrebbe detto a Masaya?
Ma il "ma" più pesante era uno: poteva davvero deludere Purin?
La verità era che non ne avrebbe avuto il coraggio, soprattutto dopo esser mancata alla sua ultima gara... Dissuaderla era fuori discussione: aveva aspettato troppo tempo il loro ritorno e non si sarebbe separata da Taruto tanto facilmente.
La verità era che i suoi sensi più profondi la stavano spingendo ad accettare quella missione assurda... Era quasi un bisogno quello che avvertiva: era come se la sua parte animale le urlasse con tutto se stessa di partire.
Kisshu la osservò per vari secondi, domandandosi cosa le passasse per quella testolina che, probabilmente, non era mai riuscito a capire fino in fondo, cercando di interpretare ogni cambio di espressione: dall'aggrottare le sopracciglia al mordersi il labbro inferiore, dal picchiettarsi il mento con le dita ad alzare gli occhi al cielo...
Resosi conto che Ichigo si era dimenticata della sua presenza, si alzò guardandosi attorno così da accertarsi che non ci fosse nessuno che potesse vederlo teletrasportarsi via.
«Tu, Taruto e Pai avete già deciso la prima tappa?»
La domanda di Ichigo lo colse alla sprovvista, così come il tocco delicato delle sue mani che gli strinse l'avambraccio.
«Europa.» rispose senza voltarsi, nascondendo quel lieve sorriso che gli era spuntato sulle labbra chiare.
«Mi sarei aspettata qualcosa di più... esotico e anche più circoscritto.» ammise lei, arricciando le labbra «Perché proprio da lì?»
«Da qualcosa bisognava pur cominciare, no?» ridacchiò lui, girandosi per guardarla negli occhi.
«Noi dobbiamo essere lì tra un paio di giorni, per via del saggio di Minto...» ragionò Ichigo, lasciando il braccio di Kisshu «Si potrebbe tranquillamente pianificare il viaggio con calma e poi andare da Minto a Parigi. Da lì sarà più facile spostarsi, no?»
«Dubito che il passerotto voglia tre alieni al suo spettacolo.»
«Scherzi? Più persone la ammirano mentre danza più lei è felice! Ma se non vi va potreste tranquillamente continuare le vostre ricerche mentre noi saremo a teatro.»
«Chi è che ora la fa troppo semplice?» la prese in giro lui, guardandola dall'alto al basso.
Ichigo roteò gli occhi esasperata e, attorcigliandosi una ciocca rubino attorno alle dita, borbottò piccata che lei stava solo cercando di rendere la situazione più comoda per tutti.
«Ne parlerò con Pai e Taruto.» disse Kisshu «E tu faresti meglio a parlarne con le tue amiche prima.» le consigliò, incrociando le braccia al petto «Se ho capito almeno un po' quella scimmietta bionda, avrà già stabilito il prossimo appuntamento per la questione viaggio, senza sentire ragioni di alcun tipo: è decisamente una tipetta tosta.» sogghignò.
«Se così non dovesse essere potremmo vederci io e te, così da poterne discutere...» mormorò la ragazza, stritolando la tracolla della borsetta abbandonata sulla panchina «Nel frattempo io ne avrò parlato con le altre e tu con i tuoi...»
Si bloccò. Compagni? Amici? Colleghi? Effettivamente cosa legava quei tre?
«...fratelli.» le venne in aiuto Kisshu «Stasera ne discuterò con i miei fratelli, così da poterti aggiornare domani.»
«Oh... d'accordo. Perfetto... a domani allora.» rispose impacciata lei, impreparata ad una risposta del genere.
Kisshu le rivolse un cenno del capo e poi un lungo sguardo indecifrabile, prima di sparire sotto i suoi occhi, lasciandola sola.
Ichigo sospirò, abbandonandosi stancamente contro lo schienale ghiacciato della panchina.
«Cos'è appena successo?» sussurrò, alzando gli occhi verso il cielo scuro.
Aveva fatto tanto per evitarlo -perché anche, e forse soprattutto, lui c'entrava nella sua assenza della riunione al Café- per poi finire per decidere di incontrarlo il giorno successivo?
«Certo che sono proprio strana...» convenne, arricciando le labbra in una smorfia, per poi alzarsi e decidere finalmente di tornare a casa.





Per la serie "a volte ritornano", eccomi qui! :3
Vi ero mancata?
Spero di sì, o almeno un pochino!
Around the World per me è non è una fic qualsiasi, ma è la fic. La trama mi è piovuta dal cielo tanti mesi fa e ci tengo davvero a fare un bel lavoro. Purtroppo questo significa, per me, prendermi dei luuuuuuunghi tempi e se già ero lenta quando facevo il liceo è ancora troppo strano utilizzare il passato, aiuto! immaginate ora che faccio l'università... Ma mi sto impegnando. Dopo la maturità ho ritrovato l'affetto per le fic che avevo perduto negli ultimi mesi, quindi quest'estate mi sono messa d'impegno, cercando di recuperare. Spero che il risultato vi piaccia :)
In realtà l'inizio del capitolo era stato impostato l'anno scorso ve l'ho detto, sono veloce a scrivere , così come il titolo (stranamente l'ho deciso prima di scrivere il capitolo ed è un verso preso da "Perfect Strangers" di Jonas Blue), ma aspettavo un'illuminazione improvvisa per Pai, così da cercare di rendere bene un personaggio alquanto difficile da manovrare. Sta a voi dire se io ci sia riuscita o meno ^^"
Non so quando sarà il prossimo aggiornamento, spero presto, ma ancora non ho scritto nemmeno una parola del capitolo successivo...
Vi abbraccio e vi auguro "buon tutto"!
Marty
  
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