4. Molto
Perfetto. Sono pronta.
Ora devo solo trovare il coraggio di uscire da questo bagno e,
successivamente, da questa camera.
Lo specchio di fronte a me mi restituisce il
riflesso della prestante e giovane ragazza che dovrei essere, con uno sguardo
più critico del solito che mi fa sembrare abbastanza decisa da poter
fronteggiare la avversità. Le labbra, come sempre corrucciate, mi donano un
nonsoché di arrogante che oggi non guasta.
A quando pare, i miei occhioni da cerbiatta e la mie labbra gonfie
hanno deciso di collaborare e creare un quadro un po’ meno infantile, almeno
per sta volta.
Faccio le smorfie e mi massaggio le guance, sperando che si colorino
magicamente, ma sono sempre stata pallida di mio e vivere sotto terra non mi
aiuta.
La nottata trascorsa, però, ha dato ai miei capelli una piega decisamente strana e indomabile, perciò sono costretta ad
optare per una coda alta. Ma, mentre mi raccolgo i capelli e li avvolgo con l’elastico,
noto il ciufetto ribelle che mi ricade su un lato della fronte.
Sbuffo e rinuncio in partenza all’idea di tentare di sistemarlo,
rimanendo tuttavia incantata da un piccolo dettaglio posizionato esattamente
sopra il lavello davanti a me.
Io non sono affatto un tipo da rosa, che sia chiaro. Eppure, quando ho
visto quello spazzolino nuovo di zecca tutta rosa, mi si è riempito il cuore e,
ancora adesso, mentre lo guardo, non posso fare a meno di fare
un gran sorriso.
Insomma, era scontato che fosse lì per me, perché non credo che Eric si
sia preso per sé uno spazzolino di riserva di quel colore, anzi, penso lo abbia
fatto a posta per chiarire che era mio.
Avvenimento che elegge il rosa a mio nuovo colore preferito.
Mi moridcchio il labbro e scuoto la testa, prevedere Eric è
impossibile. Se mi aspettassi dimostrazioni d’affetto classiche, rimarrei
ampiamente delusa. Non credo di aver mai sentito uscire dalle sue labbra una parola
dolce o un complimento che non fosse mascherato da una
battuta ambigua e, di certo, non mi ha mai riservato particolari gentilezze.
Però non si fa problemi a scendere ai piani bassi solo
per portarmi un portachiavi o a farmi trovare uno spazzolino tutto per me nel
suo bagno.
Credo che siano i suoi modi per dimostrarmi che mi vuole bene,
probabilmente non me lo dirà mai apertamente e dovrò essere brava a cogliere i
segni.
A meno che non tenga una scorta di adorabbili spazzolini rosa nascosti
da qualche parte, che mette a disposizione delle sue compagne di letto.
Con una smorfia critica mi volto e inizio a studiare il bagno,
soffermandomi sul mobiletto nell’angolo ma anche sui cassetti sotto al lavello.
Forse dovrei controllare, ma rimanderò ad un giorno in
cui non rischio di fare tardi.
Apro la porta ed esco a testa alta, infondo, se non sono realmente
pronta per iniziare questa giornata, posso almeno fingere di esserlo. Do una
vigorosa spolverata ai miei pantaloni con le mani, fingendomi sovra pensiero,
ma mi paralizzo quando i miei occhi incontrano il panorama sul letto.
Eric se ne sta comodamente spaparanzato sul materasso, le spalle
sorrette dallo schienale e le braccia dietro la nuca, totalmente e completmente
nudo.
Ovviamente, il ghignetto bastardo che mi rivolge mi manda direttamente
il sangue alla testa e le mie guance tradiscono l’imbarazzo.
Quando Eric si abbandona ad una risatina rauca che mi fa vergognare
anche solo di esistere, mi ripeto mentalmente che devo smetterla di comportari
come una Rigida alla prime armi e superare ogni mio imbarazzo.
Sono cresciuta fra gli Eruditi, abbiamo studiato biologia umana e
analizzato le funzioni dell’apparato riproduttivo affrontando l’argomento nel
detaglio, mentre le altri classi con ragazzi di altre
fazioni sorvolavano volutamente il paragrafo. E, per di più, ormai non c’è nessuna
parte del corpo di Eric a me sconosciuta, per cui, andare in imperventilazione
ogni volta che gli si vede qualche centrimetro di pelle in più, non ha
assolutamente alcun senso.
E questo è quello che mi direbbe un Erudito, un Intrepido ci andrebbe
giù pesante, imponendomi di smettere di fare la codarda e mostrare un po’ di
spina dorsale.
Ma, con mio grande dispiacere, quando sollevo gli
occhi, Eric mi sta ancora fissando attentamente. Tuttavia non è più divertito, ma serio, il suo sguardo ha una nota calda con cui
sta analizzando ogni parte del mio viso e del mio copro. Il modo in cui si
passa la lingua sulle labbra, non lascia poi tanti dubbi sulla natura dei suoi
pensieri.
-Che c’è?-
Lui scrolla le spalle, senza però perdermi di vista. -Niente. Sei
bella!-
Mandando al diavolo ogni spiegazione Erudita ed ogni incoraggiamento
Intrepido, arrossisco ancora e sta volta non so cosa dirmi per controllarmi.
Dannazzione, sono abituata ad un Eric critico
e scontroso, non è da lui lasciarsi scappare certi apprezzamenti così a brucia
pelo.
-Anche troppo!- dichiara quasi fra sé e sé. -Forse dovrei andare a
cavare gli occhi a Robert!-
-Ma non ha ancora fatto nulla, e non credo proprio che si prenderebbe
il disturbo di guardare proprio me.-
Il suo sguardo si assottiglia. -Misura precauzionale.-
Abbaso il viso e provo a sorridere, ma qualcosa va storto perché non ci
riesco. Penso che c’è poco da scherzare sul mio nuovo
capo, visto che i precedenti che ho con lui non hanno nulla di buono.
Ma quello che si concede una risatina soffiata con il naso è Eric.
-Che hai?- Indago, quasi offesa.
Lui scuote la testa. -Attenta a non spezzarti, sei talmente tesa che
sembri un tronco!-
-No, non è vero!-
Ma Eric schiocca la lingua e sospira. -Vieni qui!-
mi ordina con calma, battendo la mano sul bordo del materasso accanto a lui.
Avanzo timidamnete fino a raggiungerlo, dovendo lottare contro
l’impulso di nascondermi sotto le coperte, incollarmi alle sue costole e rifugiarmi
qui per sempre.
In realtà, mentre mi avvicino, un piccolo ed insignificante dettaglio
mi rimette all’erta, o meglio, mi rimanda il sangue al cervello.
-Ti dispiace darti un contegno?-
Eric lascia cadere uno sguardo annoiato lungo il suo petto, fino ad
accorgersi della parte del suo corpo tra le sue gambe scoperta e in bella
mostra.
Solleva un sopracciglio. -Non ti piace quello che vedi?-
Afferra il lenzuolo e se lo sistema sopra i fianchi, mentre io alzo gli
occhi al cielo. Quanto può nascondere un semplice lenzuolo bianco?
Sforzandomi di non far scendere lo sguardo dove non dovrei se voglio
rimanere lucida, faccio un passo avanti e mi siedo vicino alla sua gamba.
-Deve essere bello starsene lì tutto comodo, vero?-
Arriccia le labbra in un sorrisino soddisfatto, mentre stiracchia la
braccia tendendole sopra la testa. -Ingrata! Potevo alzarmi più tardi ma mi
sono svegliato prima solo per te.-
Non so come certi sbalzi d’umore mi assalgano all’improvviso, forse
sono davvero aggitata, forse è solo una crisi ormonale, fatto sta che mi sento
stringere lo stomaco da una morsa.
Penso alla prima volta che Eric mi ha portata
nella sua camera, per il mio compleanno, e al pomeriggio seguente che mi ci ha
riportata priva di coscienza, dopo avermi trascinata in infermeria per farmi
sedare. Ero messa male, con la schiena piena di lesioni causate dai colpi di
verga che mi aveva inferto quel dannato Finn, mentre suo figlio Robert si
godeva la scena.
Ed è proprio da lui che sto andando e sarà lui il mio superiore.
Per di più, ho scelto una carriera difficile e non l’ho certo fatto per
rimanere nell’anonimato ma, nonostante le mie buone intenzioni, potrei non
farcela. Eric mi ha scelta proprio per la mia forza,
non credo mi guardarebbe allo stesso modo se fallissi misaremente.
Sono schiava del suo sguardo famelico, perciò cedo al richiamo
silenzioso del suo petto. Gli getto le braccia al collo e nascondo il viso
nell’incavo della sua spalla, stringendomi a lui.
Ma sta volta la risata che emette Eric non è
più divertita, tanto meno allegra. È grave, corrotta, mentre avverto il suo corpo
irrigidirsi e le sue mani posarsi sulle mie spalle come se volessero spingermi
via, anche se di fatto rimangono ferme.
Il suo è un tacito segnale, ma comunque ben chiaro.
-Andiamo! Adesso non farne una tragedia!- Mi ammonisce. -È solo il tuo
primo giorno di lavoro!-
Se anche ha cercato di apparire ironico, riconosco benissimo la nota
severa nella sua voce.
Ho infranto la prima regola di Eric, mi sono mostrata debole. Ovviamente
non è tipo da consolazioni e coccole, per cui l’ho davvero infastidito.
Oserei dire che se non mi manda al diavolo è solo per pietà.
Ma ho un’arma segreta per ingannarlo e ribaltare la
situazione, così rido soffiando sulla pelle sensibile della sua nuca.
-C’è e come una tragedia, ma non è quella che pensi tu!-
Mi distacco, tenendogli comunque le mani sul petto possente, cogliendo
il suo cipiglio incuriosito.
Sospiro. -La vera tragedia è doverti lasciare qui, nudo e a letto,
senza poterne usufruire...-
L’espressione di Eric rimane contrata, mentre mi fissa in dubbio per un
attimo, come se stesse cercando di capire se mento. Poi però i suoi occhi si
aproano e si abbandona ad una fragorosa risata.
Mi afferra il mento. -In tal caso, hai proprio ragione!-
E, quando il suo solito ghigno crudele riappare fra le sue labbra
seducenti, sorrido.
Per puro sbaglio, mentre sfuggo al tocco di Eric, mi accorgo
dell’orario che segna la sveglia sul suo comodino.
-Accidenti!- Impreco, costatando quanto sia tardi.
Scatto in piedi, afferro la mia giacca di pelle con la cerniera che
sale in diagonale che Eric mi ha regalato e la indosso. Ma,
prima di uscire, mi volto un’ultima volta verso il letto.
-Se Robert dovresse darmi fastidio, pensi che potrei prenderlo a
calci?-
Scuote la testa. -No. Ma puoi sempre chiamare me.-
Sollevo le sopracciglia. -E gli faresti male?-
Il modo in cui fa scattare la mandibola mi manda un brivido lungo la
schiena, che aumenta quando il suo sguardo si vela di cattiveria.
-Molto.- Si limita a rispondermi.
Mi sento invadere da un’ondata di carica, adesso sono davvero pronta
per il giorno che mi aspetta. Forse sono orgogliosa al pensiero che Eric
interverrebbe per difendermi, o forse mi gongolo all’indea del figlio di Finn
appeso a testa in giù sullo strapiombo.
Adesso mi sento più forte. Molto
più forte.
Ad ognuno di noi è stato consegnato un dettagliato
libricino che racchiude le nozioni base per prepararci alla carriera che
abbiamo scelto. Ci sono scritti gli orari di lavoro, le abilità di base
richieste, le attività principali che andremo a svolgere, il percorso per
l’avanzamento della carriera e una lista di obblighi e doveri.
Il manuale di Sasha
parla soltanto di norme igieniche basilari per preparare pelle e aghi al
tatuaggio e ha una decina di pagine. Lei lo ha già
letto tutto.
Ho scoperto che
quello di Will ne ha poco più di venti.
Il mio ha
esattamente sessantadue pagine.
È ovvio che io abbia
lasciato gli Eruditi, sono un’idiota in piena regola. Come accidenti si fa a
scappare dalla fazione dei secchioni per andarmi poi a
scegliere un lavoro così intricato?
Avrei potuto
specializzarmi al poligono, passando la giornata a pulire armi, sostituire i
bersagli e magari insegnando a sparare ai bambini.
Certo, poi ti saresti anche messa a fare le pulizie e
tanto valeva arrivare ultima in classifica!
Sospiro in risposta alla mia vocina interiore. La mia determinazione
mi è sempre stata amica, ma in questo caso mi ha spinto in un bel guaio. Se
voglio sfruttare al meglio le mie potenzialità e trovare finalmente il mio
posto in questa società, dovrò essere forte e il percorso sarà solo in salita.
Ci sono abituata,
non ho mai avuto niente facilmente. Già a sette anni ho dichiarato apertamente
che sarei diventata un’intrepida, conquistandomi l’antipatia dei miei compagni
di classe e distruggendo i rapporti con la mia stessa famiglia. Ma non mi sono tirata indietro, ho creduto in me stessa e
sono rimasta fedele ai miei propositi, andando avanti a testa alta nonostante
gli ostacoli.
Ho superato la
solitudine e ho affrontato l’iniziazione più tremenda di tutte le fazioni,
posso farcela anche sta volta.
-Sei in ritardo.
Cominci male.-
Sollevo lo sguardo
e, appoggiato alla parete del corridoio che stavo per imboccare, c’è il mio
incubo in carne e ossa.
Robert non ha una
muscolatura esplosiva, il suo fisico è abbastanza asciutto, non è nemmeno molto
alto. I bicipiti sono ben delineati, sul destro è
stampato il bellissimo ritratto di quello che potrebbe essere un leone e un
lupo. Purtroppo la mezza manica della sua t-shirt nera copre gli occhi e la parte
alta della testa dall’animale, mostrandomi solo il muso e il pelo folto del
petto, che si apre e scende verso il basso come una fiamma capovolta.
Credo sia un lupo.
Ha anche un altro
tatuaggio alla base del collo, ma è solo uno strano intreccio di linee di cui
non comprendo il significato. Sulla punta alta dell’orecchio un singolo
anellino di metallo scintilla alla luce del neon, mentre i suoi capelli scuri
formano uno strato molto corto sulla testa. La cosa che più mi colpisce è il
suo sguardo color nocciola, intenso e caldo, quasi mi ricorda il modo in cui
Eric mi osserva da lontano, a volte.
Il viso è
equilibrato, forse solo un pochino spigoloso, o questa è la sensazione che potrebbe
dare il suo naso lungo
e dritto.
Labbra sottili sono piegate in una smorfia severa, che ricorda suo
padre, il crudelissimo capofazione Finn.
Gli occhi mi scivolano sui suoi pantaloni di pelle nera, o meglio alla
sua cintura, dove vi è agganciata una pistola, segno
evidente del suo rango dentro la fazione. Le armi sono alla portata di tutti al poligono, ma solo i capi girano armati.
-Ti hanno spiegato che fare tardi non è il miglior modo di presentarsi,
ragazzina? O stavi solo cercando di farmi perde la pazienza già da subito?-
Si scosta dalla parete e mi da le spalle,
pronto a farmi strada, così metto un piede davanti all’altro per seguirlo, ma
qualcosa mi disturba.
Sono uscita dalla camera di Eric più tardi di quanto avrei voluto, ma
ho saltato la colazione per correre dritta qui, perciò non posso essere davvero
in ritardo. Casa di Eric è in superfice, l’area logistica sotto la Guglia, per
arrivarci ho solo dovuto attraversare un corridoio e salire una rampa di scale,
ci avrò messo al massimo cinque minuti, so che non possono essere ancora le
otto del mattino.
-Non sono in ritardo!- Preciso.
In realtà non volevo essere scortese, ho solo pensato ad alta voce ma
Robert mi ha sentito, e questo basta a mandare a monte
i miei piani di non essere ostile al mio capo.
Peccato che questo sia un odioso ed
insopportabile pallone gonfiato e, che me lo dica Eric o meno, non intendo
assecondarlo tanto facilmente.
Si ferma e si volta indolentemente, gli occhi assottigliati e una
smorfia ancora più schifata di prima. -Come hai detto?-
Mi immobilizzo, farlo infuriare non mi sarà d’aiuto e
poi, a voler essere onesti, riesce realmente ad intimorirmi. Pensavo che solo
Eric, e ovviamente Finn, fossero capaci di stecchire qualcuno con una sola
occhiataccia.
Pare che Robert rientri nel gruppo.
-Niente!-
Sospira, mi si avvicina incrociando le braccia al petto e si china
leggermente per guardarmi dritto negli occhi.
-Mettiamo subito in chiaro le mie
regole, novellina.- Soffia, -Sono il tuo superiore e pretendo rispetto, per
cui, quando pensi di aprire la bocca per dire una delle tue sciocchezze che
magari ti sembrava tanto furba, ripensaci e non fiatare!-
Deglutisco, il ragazzo sa il fatto suo ed io sono stata tanto scema da farlo arrabbiare. La cosa bella è che ha
tutto il diritto di trattarmi come gli pare. Siamo pur
sempre soldati, lui è il mio comandante, ed io ho accettato il pacchetto
completo quando ho lasciato cadere il mio sangue sui carboni ardenti, il giorno
della scelta.
-Non mi pagano per sprecare il mio tempo con te.-
Prosegue. -Io do gli ordini e tu esegui e, se non ti
sta bene, puoi girare i tacchi e andartene al diavolo ancor prima di iniziare!-
Il suo sguardo è ancora incollato al mio, capace di smorzare ogni mio
istinto ribelle. Serro le labbra, sapevo che non mi sarebbe piaciuto lavorare
per lui ma, ormai è ovvio, non ho altra scelta.
-Tutto chiaro?- mi chiede, sollevando il mento senza smettere di guardarmi.
Come il sole, mi verrebbe spontaneo
rispondere, ma il sarcasmo creerebbe dei problemi.
-Chiaro!-
Fa un cenno e si volta, ma non prima di avermi trafitto con l’ennesima
occhiataccia. -Molto bene.-
Riprende a camminare e, dopo aver ritrovato un briciolo di lucidità,
sufficiente per darmi una mossa, inizio a seguirlo mentre ci inoltriamo in un
corridoio poco illuminato e profondo. Da quello che diceva il manuale, già da qui
inizia l’area logistica, divisa in reparti.
-Per prima cosa, mi accerterò che tua sia nel posto giusto!- Riprende.
Rimango in silenzio, fissando di sfuggita la sua spalla, davanti a me.
-Certo, i presupposti ci sono, ma hai fatto una scelta impegnativa e
devi esserne degna.-
Continuo a starmene zitta, di certo non voglio mettermi a dialogare con
uno che non aspetta altro che un mio passo falso per attaccarmi.
-D’altro canto,- Sospira canzonatorio. -Ci
vuole coraggio per subire una punizione dolorosa in silenzio…-
Il mio cuore si ferma. Non può averlo detto.
Che stia solo cercando di provocarmi o se si tratti di pura cattiveria non lo so, quel che è certo è che Robert ha fatto
una chiara allusione a quanto accaduto con suo padre durante la mia iniziazione.
Costretta a rimanere stesa a terra dopo che Peter mi aveva colpita alla caviglia, Finn è arrivato e ha inveito su di me
con il frustino metallico che adora tanto portarsi appresso, dandomi ben dieci
frustate sulla schiena.
Ricordo ancora il dolore, a volte mi basta solo sentire lo schiocco di
qualcosa per sussultare, ma non ho mai mostrato la mia vulnerabilità. Forse non
volevo dare alcuna soddisfazione a quel vigliacco di Peter, forse sono
semplicemente troppo orgogliosa, oppure temevo che le mie grida avessero spinto
Eric a esporsi più del dovuto. Lui era arrivato, ma non poteva fermare Finn
perché, facendolo, avrebbe ammesso che tra noi c’era qualcosa e che avevamo
violato la regola che proibisce i rapporti con gli iniziati.
E quindi, in quel momento orribile, mi sono presa a morsi il labro
inferiore e ho subito senza fiatare.
E Robert era lì, accanto a suo padre, muto complice.
-Ci vuole più coraggio per stare a guardare…- Sibillo.
La rabbia mi costringere a prendere un profondo respiro e a serrare i
pugni, anche quando lo vedo fermarsi e voltarsi verso di me.
-Hai forse detto qualcosa?- Chiede, tradendo una nota furente.
-Assolutamente nulla!- scandisco. “Hai
sentito benissimo cosa ho detto!” è quello che penso.
Mi osserva, poi qualcosa di simile ad un
ghignetto divertito gli solleva gli angoli della bocca.
-Sei sicuramente nel posto giusto, novellina!- Canticchia, riprendendo
a camminare. -Ma ti troverai male!-
Salgo due gradini e giro l’angolo per seguirlo.
-Che vuoi dire?- Indago, corrugando la fronte.
Sospira, teatrale. -Qui finiscono tutti quelli con la lingua troppo
lunga che sono convinti di essere più furbi degli
altri!-
La descrizione mi risulta alquanto offensiva,
ma temo sia calzante.
-Tu prova ad immaginare di trascorrere gran
parte della tua giornata chiusa in una stanza con tante personcine irritanti
come te!- Spiega, senza fermarsi. -Sai come si dice: I simili si respingono!-
Fantastico, sarà un vero spasso.
-Non preoccuparti.- Rispondo. -So respingere abbastanza bene!-
Per poco non gli vado a sbattere contro la schiena quando si ferma di
colpo. Si gira, mi analizza da capo a piede e si concede l’ennesimo sorrisetto
prima di ritornare sui suoi passi.
-Se lo dici tu, novellina!-
Rimango ferma con una smorfia che, mio malgrado, non
vede. Che accidenti voleva dire? Che, visto che
sono una ragazza e per giunta ritenuta carina, sono più brava ad attrarre che a
scacciare? Che sono solo una bambolina incapace, insomma!
Che stronzo, penso, e sto quasi per dirglielo
quando mi precede con un’altra domanda.
-Perché sei qui?-
Non si volta nemmeno, ma credo cha siamo quasi arrivati.
Lo seguo e ci rifletto, non posso certo dirgli che mi ritengo davvero
più intelligente degli altri e non mi va di ammettere che sono ambiziosa, o che
voglio ritrovarmi con un ruolo di comando. Anzi, non voglio proprio dirgli
nulla per non dargli nessuna occasione di compiacimento.
-Io so benissimo perché ho scelto di essere qui. Se voi saperlo anche
tu, puoi provare a scoprirlo!-
Si ferma di nuovo, senza preavviso, ma sta volta gli riservo
un’occhiataccia convinta quando si volta per guardarmi.
Ma lui, pacificamente, si mette a ridere.
Batto le palpebre per la confusione, era più probabile che mi
ammonisse, non aveva detto che pretendeva il mio rispetto?
-Sarà proprio divertente…-
Non ho idea di cosa gli passi per la testa e non mi importa
saperlo. Riprendiamo a camminare e passiamo davanti ad una porta aperta, così sbircio
dentro e vedo solo scrivanie e computer con operatori seduti davanti ai monitor.
Mi vengono i brividi.
-Che posto è questo?-
-La nostra area si divide in due reparti: ufficio
tecnico e dipartimento esecutivo.-
Mi stavo guardando intorno, così mi accorgo solo dopo che Robert si è
fermato e si è persino sistemato con la schiena contro un angolo tra la porta
che abbiamo appena passato e un'altra, poco più avanti.
-L’ufficio tecnico si occupa di comunicazioni interne ed esterne,
gestisce tutta la parte amministrativa e burocratica e si assicura che tutto
funzioni sempre e solo nel modo giusto nella nostra fazione, coordinando tutti
i reparti.-
Ascolto in silenzio.
-Ora, non dirlo mai ad alta voce, ma il reparto tecnico è considerato
un gradino più in basso. Per questo ci assegno coloro che
ritengo meno in gamba.-
Mi volto, scruto l’ingresso della sala che abbiamo appena sorpassato e
temo che mi metta subito lì dentro a lavorare. Sarebbe il mio incubo, un vero e
proprio ruolo molto da Erudita e poco da Intrepida. Che ci mandi qualcun altro
a rispondere al telefono o a riordinare documenti, dannazione!
-Invece, poco più avanti, c’è il reparto esecutivo, o direttivo.- Continua Robert e, sta volta, una scintilla si accende nel
suo sguardo. -Interviene in ogni decisione importante presa dalla fazione, come
ad esempio un cambio legge. Sovraintende ogni sezione lavorativa e risolve ogni
possibile disguido si crei dentro la nostra residenza. In poche parole, veniamo chiamati in causa ogni qualvolta si verifichi un
problema serio ma di troppa poca importanza per scomodare uno dei capifazione.-
-Fa il lavoro sporco, quindi?-
-Se vuoi lavorare nel direttivo, devi sempre sporcarti le mani e
risolvere i casini degli altri che nessun altro vuole risolvere. Ma ricorda che controlliamo ogni cosa, e questo sa essere
appagante.- Robert sorride.
Assottiglio lo sguardo, Eric mi aveva detto che il responsabile
dell’area logistica è la persona più importante all’interno della fazione dopo
un capofazione, ed ora capisco perché.
Forse non sarà così terribile stare qui.
-E tu?- chiedo. -In che reparto sei?-
Incrocia le braccia al petto e il suo sorriso si amplia, ma diventa
anche più sinistro. -Io sono il capo, sono al disopra di tutto.-
-E io?-
Si scosta dalla parete e fa una smorfietta di sufficienza. -Sei l’ultima arrivata, sei al disotto di tutto!-
Faccio roteare gli occhi ma non aggiungo altro.
Robert si avvicina alla seconda porta, ma mi accorgo che è solo una
barriera di vetro trasparente e celestino. Adesso che ci sono davanti noto che,
sistemato a novanta gradi sulla sinistra, oltre la protezione, c’è il vero ingresso
al reparto operativo.
-Giusto perché il mio ufficio si trova qui dentro, affinché io ti tenga
meglio sott’occhio e perché c’era spazio per una nuova postazione, per il
momento lavorerai all’interno del direttivo.-
Lo osservo, non capisco se sia serio, arrabbiato o solo sicuro di sé.
-Ma non pensare di aver scavalcato tutti, se vorrai restare, dovrai meritarlo!-
Non dico nulla, ma lui continua
a fissarmi dritto negli occhi.
-Dimostrami la tua forza, la tua capacità di controllo anche nelle
situazioni più avverse e fammi vedere che sai cavartela anche sul campo e non
solo dietro una scrivania, e ti assegnerò ufficialmente al reparto operativo.-
-In caso contrario, me ne vado a riordinare documenti!-
Mi mostra un sorrisino a metà fra il soddisfatto e il crudele. -Impari
in fretta. Brava!-
Solleva il polso sul quadro digitale al lato della barriera e il
braccialetto che indossa, dopo aver emesso una lucina rossa, funge da chiave e
fa aprire la lastra di vetro con un fischio. Una volta dentro, Robert svolta
subito a sinistra, dritto al cuore dell’ambito reparto amministrativo.
Quello che vedo, però, non mi piace per niente.
La stanza è praticamente in penombra e, nonostante
ci troviamo ai piani alti, non ci sono finestre. Le pareti sono tinte di bianco
ma intervallate da pannelli di metallo con diversi cavi attaccati che non so a
cosa servano. Direi che la luce viene fornita più
dalle lampadine colorate che si accendono ad intermittenza sui panelli, piuttosto
che dai neon sul soffitto, che probabilmente andrebbero sostituiti perché
prossimi alla rottura definitiva.
Lungo il lato destro sono sistemate due file di scrivanie, una davanti all’altra, con due postazioni ciascuna. Davanti
ai monitori ci sono quindi quattro persone, tutti maschi.
Dritto davanti alla porta da cui siamo arrivati, c’è una singola
scrivania appartata che lascia un corridoietto con la scrivania più interna
della prima fila, ed è proprio lì in mezzo che Robert va a piazzarsi.
-Ragazzi, ecco a voi il nostro nuovo acquisto!- Dichiara. -Non mi
aspetto che la trattiate bene, perché so già che le renderete la vita un inferno!-
Parte una risatina di gruppo, ma non mi unisco al coro.
-Lui è Brandon!- Afferma Robert, battendo con la mano sulla spalla del
ragazzo della prima fila, che nel frattempo si è alzato in piedi. -Gli altri li
conoscerai dopo da sola, ma lui è il mio braccio destro!-
Sollevo lo sguardo, trovandomi faccia a faccia
con due occhi verdi che si agganciano ai miei e mi tengono sotto analisi fino a
quando non sono io stessa a deviare lo sguardo, infastidita. Brandon è alto, capelli biondi e riccioluti incorniciano un viso dai
tratti arrotondati ma non per questo sgradevole, anzi, sembra il principe
azzurro sul libro di favole preferito da mia sorella.
Mi accorgo chiaramente dei suoi occhi smeraldini che continuano a
sfidarmi, ma non ho voglia di sostenere il suo sguardo, anche se si tratta del
secondo in carica, non mi interessa affatto di lui.
-Sono quello che farà di tutto per farti
rimpiangere di aver scelto noi!- Si vanta.
Il suo ghigno derisorio ha qualcosa di molesto, così faccio una piccola
smorfia di sufficienza e torno a prestare attenzione a Robert.
-Non al suo primo giorno, ragazzi!- Esclama Robert. -Per oggi
lasciatela in pace, potrete farvi conoscere meglio domani!-
-Non vedo l’ora…- Trilla Brandon.
Non lo guardo nemmeno.
-Perché non ti accomodi al tuo posto?- Mi invita
Robert, indicandomi con un ampio gesto la scrivania appartata.
Sfilo davanti alla prima fila di scrivane, sorpasso Brandon, sfioro Robert
e mi siedo dove mi dice, sentendomi chissà perché in
trappola. Non avrei mai voluto un lavoro dietro un computer. Mai e poi mai.
Robert mi mette le mani sulle spalle e si china su di me.
-Sai, per i primi tempi ti occuperai anche di
alcune faccende da reparto tecnico e, visto che c’erano da compilare le schede
dei nuovi ammessi alla fazione, ho pensato: chi meglio di te?-
Faccio un sorrisino puramente falso e volto appena la testa per scorgerlo,
da oltre la mia spalla.
Fa passare la mano davanti al monitor e questo si accende, rivelandomi
una schermata con un elenco di nomi.
-Come avrai intuito, qui dobbiamo sapere di tutto di tutti, per cui
dovresti registrare nome, fazione di provenienza, carriera scelta, indirizzo
abitativo e tutto il resto per ogni nuovo ammesso. Ci metterai un attimo!-
Ho la nausea. Sembra davvero un lavoro da poco ma, se i miei incarichi
saranno tutti simili, temo che scapperò alla prima settimana.
-Dimenticavo!- Prosegue Robert, stringendomi lievemente le spalle.
-Benvenuta a bordo!-
Continua…
Ora, so che i miei aggiornamenti vanno a rilento ma, devo proprio
chiedervelo, mi aspetto mille congetture su Robert e non solo! Voglio dire,
secondo voi, cosa succederà? Eric sosterrà Aria nella sua nuova carriera, o la
gelosia avrà la meglio?
Io so già tutto, ma vediamo chi di voi si avvicina di più!
Baci, a presto.