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Autore: Nalawagel    30/10/2017    1 recensioni
[...] La guerra è finita. Gli Almogaveri sono stati sconfitti. Di fronte a tutte le avversità, e di fronte alla più grande minaccia che questa galassia abbia mai conosciuto, siamo sopravvissuti.
Ora, mentre percorriamo i primi passi verso il ripristino di ciò che abbiamo perso, dobbiamo ricordare che cosa ci ha permesso di vincere. Non è stata una vittoria di una singola flotta, di un singolo esercito, o di una sola specie. Se questa guerra ci ha insegnato qualcosa, è che siamo più forti quando lavoriamo insieme. E se possiamo abbattere le nostre divergenze per fermare qualcosa di potente come gli Almogàveri, immaginate cosa possiamo ottenere ora che sono stati sconfitti. Ci vorrà tempo, ma possiamo ricreare tutto ciò che è stato distrutto. Le nostre case, i nostri mondi, le nostre navi. Tutto questo e altro ancora. Insieme possiamo costruire un futuro più grande di chiunque di noi possa mai immaginare. Un futuro pagato dai sacrifici di coloro che hanno combattuto accanto a noi. Un futuro che molti non vedranno mai. Nonostante abbiamo ancora molte sfide davanti a noi... possiamo affrontarle insieme. E onoreremo quelli che sono morti per darci quel futuro. [...]
Amadeus IV - Cronache di una guerra infinita.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Foresta Cieca

Non suscita un che di inquietante? Già soltanto il nome: la sua definizione è un accostamento del tutto assurdo. Insomma, una foresta non ha gli occhi, no? Eppure continuano a chiamarla così ed io non capisco proprio il motivo.

Ma dopotutto sono tante le cose che non capisco: mi dicono perché sono ancora un Blank e quindi non posso avere per la testa pensieri che non siano elementari, emozioni che non siano impulsive, istinti che non siano primari. I saggi me lo dicono ogni volta che domando loro qualcosa, qualunque cosa, ed io ci cred: per davvero.

Ma allora perché sento il bisogno di scrivere qui?

Perché sento di dovermi liberare la mente in qualche modo? Questa paura di non riuscire più a controllarmi se non lo faccio mi preoccupa, ma finché scrivo queste poche righe la tengo sotto controllo. Se mi scoprissero gli anziani…

Mi chiedo a cosa possa servire? Si scrive perché qualcuno possa leggere, ma chi mai leggerà queste righe? A chi possono interessare i pensieri di un Blank?




Il ragazzo dai capelli cinerei chiuse il quaderno e lo nascose sotto il materasso: c’era un piccolo strappo nella tela nascosto dalla struttura sottostante. Il nascondiglio perfetto per qualcosa di cui nessuno avrebbe mai dovuto sapere l’esistenza. Con un sospiro si alzò e scostò le tende della sua camera. Si soffermò per pochi istanti sull’enorme costruzione sulla collina, che sovrastava il villaggio con il suo aspetto imponente ed invincibile, per poi concentrarsi su ciò che lo angustiava veramente.

Ed eccola lì: la Foresta Cieca.

Un’enorme, intricata selva di alberi le cui fronde violacee si mischiavano in una matassa impenetrabile. Era lì, immobile e minacciosa, che si estendeva per miglia e miglia e circondava il villaggio in un abbraccio allo stesso tempo rassicurante ed opprimente come un dolce abbraccio troppo stretto. Di sera le fronde si coprivano di minuscole luci azzurre che aleggiavano quiete ed ipnotiche. I Famigli.

I saggi gli avevano spiegato che sarebbe arrivato anche per lui il giorno del Bacio del Famiglio e lui era genuinamente indeciso se essere impaziente o terrorizzato dalla promessa. Tutti i suoi simili prima o poi avrebbero ricevuto il Bacio; tutto il villaggio sarebbe stato Baciato prima o poi. Era il loro compito, la loro ragione di vita, il solo scopo per cui venivano preparati ed addestrati.

La ragione per cui lui doveva recarsi al tempio l’indomani. A fatica, volse lo sguardo all’interno della stanza, al piccolo maglio appoggiato sul comodino. Fu assalito dal tremendo sospetto che non funzionasse: lo prese con movimenti febbrili e lo indossò: calzava perfettamente, avvolgendogli il polso e l’avambraccio in una piccola rassicurante morsa, mentre la mitena di cuoio gli accarezzava lievemente la mano. Fece scattare il polso ed il braccio venne istantaneamente coperto da un grosso scudo estendibile. Il ragazzo lo guardò per qualche secondo prima di annuire: funzionava.

Depose nuovamente lo scudo estendibile sul comodino cominciando a chiedersi il motivo di tale gesto: forse era perché era un tipo cauto, chiuso come la sua difesa che non funzionava solo nelle esercitazioni e nei tirocini alle pendici della Foresta Cieca. La sua difesa era utile anche contro le persone, ma quella non richiedeva il suo scudo.

Nulla di così facile, no no: troppo semplice con lo scudo

“Ancora tu?” borbottò a mezza voce. Era da un paio di giorni che non si sentiva più solo nella sua piccola stanza: non era più solo nella sua piccola stanza. Era cominciato una mattina con una voce che gli augurava buongiorno: una voce piccola, quasi un sussurro, ma che risuonava prorompente in mezzo alle orecchie. Le successive ore di quella giornata erano state alquanto bizzarre per un Blank come lui e come tutti: dapprima aveva pensato che quella voce appartenesse agli ultimi strascichi di sogno a cui la sonnolenza è solita aggrapparsi, poi con il passare della giornata quella voce era ancora lì e fu il momento di chiedersi se per caso non

(fosse difettoso)

stesse impazzendo. Arrivato all’ora della cena aveva deciso che forse non stava impazzendo ma che poteva essere il caso di scendere a patti con quella voce che gli aveva sbraitato attenzione nella testa. Dopo quel giorno le chiacchierate con la voce si erano limitate alle sue ore di solitudine, se così poteva ancora chiamarla, all’interno della sua stanza.

E dove dovrei andare scusa?* La vocina pareva seccata dalla domanda stupida. *È veramente un mortorio la tua testa…

“Scusa tanto se non ti piace” sbottò. “Sentiti libera di andare via quando vuoi”.

Mh, un Blank con il senso dell’umorismo. Interessante. Anomalo, ma interessante.

“Sai cosa siamo?” commentò lui, dimenticandosi per qualche secondo di parlare a mezza voce. Nella sua testa risuonò un sospiro.

Ovvio che so cosa siete. Il ragazzo ebbe l’impressione che lo stesse trattando con sufficienza. Sono il tuo Famiglio.

Barcollò: la sorpresa gli procurò una breve vertigine e si aggrappò alla sedia accanto a lui. Quella scricchiolò, ondeggiò pericolosamente sotto il suo peso e poi tornò dritta e solida a sostenerlo.

“Il mio Famiglio?” commentò. “Ma io…io non so ancora…”.

Per questo non puoi vedermi. Nemmeno io posso vedermi.

Era completamente priva di logica ma nel suo personale campo dell’assurdo quella situazione aveva un senso: come poteva avere una forma qualcosa che esisteva solo nella sua testa? Istintivamente si volse verso la foto sulla credenza e rimase a fissarlo in silenzio finché la voce non si fece risentire.

Ah, capisco... Solo questo: nella sua testa tornò il silenzio e l’unica compagnia che ebbe fu il turbinare confusionario dei suoi pensieri.

“Capisci?” commentò. “Capisci cosa?”. Silenzio. “Ehi, ci sei?”. Nulla. “Parli continuamente nella mia testa ed ora che ho voglia di parlare tu sparisci?”.

Scusa tanto Vostra Maestà. La voce era tornata, piccata. Potevi dirlo prima che avevi voglia di parlare: tanto io sono il tuo servo, mica il tuo Famiglio. Il ragazzo sospirò.

“Va bene, ti chiedo scusa” disse. “Per me non è…come dire…usuale parlare con una voce nella mia testa”. Una risatina.

Da quello che ho visto, per te non è usuale parlare e basta.

“Hai ragione” concesse lui. “Non sono bravo nei rapporti con i miei simili quindi mi perdonerai se sono partito con il piede sbagliato: come ti chiami?”. Era stata una domanda istintiva: in tutto quel tempo che aveva avuto quella voce nella testa non aveva mai pensato che potesse realmente esistere una cosa del genere, figurarsi poi arrivare a capire che era il suo Famiglio. Se li era sempre immaginati come dei folletti o delle piccole fatine svolazzanti o addirittura come delle sagome in miniatura di animali: non che gli piacessero particolarmente quelle cose o che provasse una qualche forma di attrazione.

In effetti, da dove gli era venuta un’immagine simile?

Immaginarmi come una fatina… commentò la voce: questa volta era genuinamente divertita. Questa poi…

“Non sei una fatina?” chiese lui. La curiosità: altra cosa che non capiva ne riconosceva. L’unica cosa che sapeva della curiosità così come dell’immaginazione era che non avrebbe dovuto possederle.

Non ho forma: non lo so nemmeno io cosa sono. Comunque non ho risposto alla tua domanda: un po’ sgarbato da parte mia, non credi? Io sono Yto.

“Io mi chiamo Beta” si presentò il ragazzo. “Ora…potresti cortesemente dirmi…insomma…come funziona il rapporto tra un Blank ed un Famiglio?”. La vocina ridacchiò leggermente, poi si fece improvvisamente seria: Beta poté percepire la gravita della risposta ed immaginare

(immaginazione, perché?)

un volto, il volto di Yto, farsi grave e assolutamente inespressivo. Per un istante desidero non aver fatto quella domanda.

A fare in modo che uno più uno faccia uno

“Cosa?” commentò il ragazzo. Il Famiglio non gli permise di continuare.

Torneremo sull’argomento quando mi avrai dato una risposta alla domanda che sto per farti

“Una domanda? Che domanda? Non mi hanno detto nulla su nessuna domanda…” tentò di protestare Beta, ma la voce nella sua testa era implacabile e lo zittì all’istante.

Non ti preoccupare, non c’è una risposta giusta o sbagliata. Blank sentì il bisogno di sedersi e si lasciò cadere sul letto, in silenzio, in ascolto. A questa seguiranno altre tre domande, ma prima dovrai darmi una risposta ad ognuna: ovviamente hai tutto il tempo che vuoi per darmela, anche giorni, settimane…ma più tarderai e più tempo ci vorrà per il Bacio.

“Com’è che questa non mi sembra una cosa che insegnano i Saggi?” commentò il ragazzo.

Non possono insegnarlo: ogni Famiglio ha il proprio metodo per valutare il Blank designato e da quel che so non esistono due Famigli che adottano lo stesso criterio. Ognuno è fatto a modo suo, del resto…

Illogico, ma a ben pensarci con un senso.

"Va bene, Yto: fammi la domanda” assentì infine. Il Famiglio si schiarì la voce: un piccolo colpetto di tosse, che gli fece pensare di avere nella testa una figura femminile, qualunque creatura si sarebbe rivelata.

Pensa per un istante che esista un’entità astratta…un’entità che non puoi vedere né toccare, non puoi sentire né entrare in contatto…un’entità che discerne da qualsiasi logica tu voglia usare per cercare di analizzarlo ma che conosce tutto ciò che ti circonda.

Fin qui era facile: gli stava chiedendo di pensare all’assurdo, ma se era per un solo istante Beta sentì di poterlo fare. Yto non aspetto una conferma e continuò.

Un’entità che sa quello che è successo, che succede e che succederà in qualunque parte di qualunque universo: conosce ogni cosa e ne capisce il motivo, il senso, ciò che può spingere a tali opere ed il loro significato. Un’entità che è naturalmente incapace di mentire ma anche di parlare: poniamo che una simile entità esista e chiamiamola Dio.

“Ok…ci posso arrivare…” borbottò lui: la figura che il Famiglio gli stava descrivendo era difficile da visualizzare e fece fatica a fermarla davanti ai suoi occhi. La domanda infine arrivò.

Se tu potessi avere da Dio una sola risposta, quale sarebbe la tua domanda?

E subito dopo silenzio.
   
 
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