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Autore: _Trixie_    31/10/2017    1 recensioni
[Alex/Piper teen!AU]
La maggior parte di quella vecchia casa era bruciata e solo alcune stanze del primo piano, sul lato sinistro, rimanevano più o meno intatte. Nere e pericolanti, certo, ma il pavimento del secondo piano, in quella zona, aveva retto il peso degli anni fino a quel momento.
Piper fece un altro passo avanti, timorosa.
Si guardò intorno.
Puzzava.
Quel luogo puzzava terribilmente.
Piper non si accorse di un paio di occhi grandi che la scrutavano con circospezione.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Vause, Piper Chapman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tic-tac, tic-tac
 
 
 
Piper deglutì vistosamente, maledicendo Polly, maledicendo Larry, maledicendo Polly e Larry, dannazione a loro, mille volte dannazione a loro e alle loro stupide, stupide sfide.
«Non riusciresti a resistere nemmeno dieci minuti, da sola, nella vecchia casa abbandonata in fondo alla strada!» aveva detto Larry, sghignazzando, lo strano cappello che portava in testa pronto a cadere da un momento all’altro.
Piper non era nemmeno riuscita a capire il costume del ragazzo. Un mago? Si presupponeva che fosse un mago? Perché, se così era, allora Larry aveva fallito miseramente. Babbano.
E poi Polly, catwoman per quella notte di Hallowen, aveva fatto quella faccia, la faccia che Piper detestava così tanto, come a dire che Polly era migliore di lei, che Polly, ah, certo, Polly avrebbe puro potuto passare l’intera notte in quella casa, senza paura.
Piper aveva ceduto alla loro provocazione.
E dannazione anche a Piper, mentre saliva i gradini scricchiolanti che portavano all’ingresso. O, meglio, quello che rimaneva dell’ingresso.
La maggior parte di quella vecchia casa era bruciata e solo alcune stanze del primo piano, sul lato sinistro, rimanevano più o meno intatte. Nere e pericolanti, certo, ma il pavimento del secondo piano, in quella zona, aveva retto il peso degli anni fino a quel momento.
Piper fece un altro passo avanti, timorosa.
Si guardò intorno.
Puzzava.
Quel luogo puzzava terribilmente.
Piper non si accorse di un paio di occhi grandi che la scrutavano con circospezione.
 
 
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Piper controllò l’orologio. Era passato solo un minuto e lei credeva che sarebbe impazzita.
C’era qualcosa di strano, in quel luogo.
Prima di tutto, per quanto sporco e tetro e buio potesse essere, non era terrificante e spaventoso come ci si sarebbe aspettati, no, e questo era anche peggio, rifletté Piper.
Era come se quella casa volesse mostrarsi meno sinistra di quanto in realtà fosse, inducendo nell’incauto visitatore un falso senso di sicurezza che lo avrebbe portato ad abbassare la guardia.
Uno scricchiolio.
Tic-tac.
Tic-tac.
Qualcosa aveva scricchiolato, forse per colpa di qualcuno.
E ovviamente proveniva dalle spalle di Piper, tutti gli scricchiolii provengono dalle spalle.
Piper si girò di scatto.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Nulla.
E quel luogo continuava a non piacerle.
Il tempo, lì, era come sospeso e lo spazio sembrava perdere significato.
Piper si trovava in quello che, a giudicare dall’intelaiatura spezzata a metà che rimaneva di un bruciato divano in stile Ottocento, doveva essere stato un salotto. Ma parte del soffitto aveva ceduto, permettendole di alzare gli occhi fino al cielo, dal momento che la quasi totalità del secondo piano era crollata e nulla, nemmeno una tegola, era rimasta del tetto. Se avesse piovuto, Piper certo si sarebbe bagnata. Come se non bastasse, le uniche due pareti rimaste intatte erano quelle che davano all’esterno, con grandi finestre ciascuna, ma niente infissi.
Tic-tac.
Di nuovo, uno scricchiolio.
Tic-tac.
Questa volta, Piper rimase immobile.
Non era niente.
Tic-tac.
Solo la sua immaginazione.
Quella era solo una vecchia casa bruciata, nulla più.
Tic-tac.
Tic-tac.
Insomma, a dire il vero Piper continuava a credere che avesse qualcosa di strano. La sua mente era estremamente razionale, lo era sempre stata, ma non riusciva a dare forma a quella sensazione in cui si sentiva immersa e che sembrava emanare dal luogo stesso.
Quel luogo la stata ingannando, ecco cosa, per quanto assurdo potesse essere, Piper sapeva che era vero. Ma Piper non riusciva a capirne il motivo.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tre minuti. Erano passati solo tre minuti.
Quasi, a dire il vero, considerò Piper, osservando alla luce della luna le lancette dal suo orologio. Quella dei secondi si avvicinava un ticchettio alla volta verso il numero dodici del quadrante.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
E poi la lancetta raggiunse finalmente l’apice, concludendo il suo terzo minuto, e Piper urlò con quanto fiato avesse nei polmoni non appena sentì una mano fredda posarsi sulla sua spalla.
Tic-tac.
 
 
Era una bella ragazza, considerò Piper, la mano ancora stretta al petto e il respiro affannato. Un po’ pallida, forse, ma era sicura che nemmeno la sua carnagione fosse delle più rosee in quel momento.
«Mi dispiace» ripeté di nuovo la ragazza, ma Piper pensò che non doveva dispiacerle poi molto, dal momento che sembrava trattenere a stento una risatina.
Comunque, a Piper andava bene. Più che bene.
Non avrebbe voluto vedere dispiacere sul bel volto di quella sconosciuta, proprio no.
Era davvero… bella.
Tic-tac.
Irrealmente bella.
«Non è nulla» ansimò Piper, cercando di darsi un contegno. «Ero solo sovrappensiero. Non è che questo posto sia poi così spaventoso».
Tic-tac.
«Come no, certo» rispose la sconosciuta. «Mi chiamo Alex, comunque» aggiunse poi, porgendo la mano all’altra.
«Piper».
«Piper?»
«Piper. Hai qualche problema con il mio nome, Alex?»
Alex, sistemandosi un paio di occhiali neri sul naso, si strinse nelle spalle. «No, affatto. Lo trovo adorabile».
«Non è adorabile».
«Tu lo sei».
«No».
Alex sorrise, fece un passo avanti. «Io dico di sì».
«No!» rispose Piper, urlando. Chi dannazione credeva di essere, quella Alex?!
Solo perché era la ragazza più bella su cui Piper avesse mai posato gli occhi, non voleva certo dire che poteva comportarsi in quel modo, dannazione, tutta altera e… e… e… Dannazione, era così bella che Piper non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi a dovere, terribilmente distratta dalle labbra dell’altra e dai suoi occhi luminosi.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
«Cosa accidenti ci fai qui, ad ogni modo?» riuscì infine a grugnire Piper, incrociando le braccia al petto.
Alex si strinse di nuovo nelle spalle con noncuranza, guardandosi intorno. «Niente, a dire il vero. Parlo con te. E tu?»
«Che razza di risposta è?!»
«Almeno la mia è una risposta» le fece notare Alex, dandole le spalle e allontanandosi da Piper, verso le scale pericolanti che portavano al secondo piano.
Tic-tac.
Piper alzò gli occhi al cielo, per poi seguire cautamente Alex, senza nemmeno riflettere sulle sue azioni.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
«Sto provando a vincere una stupida sfida. I miei amici credono che io non sia in grado di stare qui dentro per almeno dieci minuti».
«Hai degli amici davvero stupidi» disse l’altra, sogghignando e mettendo il piede sul primo gradino, che scricchiolò con tanta violenza da provocare un’irruente angoscia nel petto di Piper, come se fosse lei in prima persone a dover sostenere il peso di Alex.
«Aspetta!» disse Piper, afferrando istintivamente il polso dell’altra. «Non è sicuro».
Alex fece un altro gradino, senza liberarsi dalla presa di Piper, ma, al contrario, intrecciando le loro dita.
Tic-tac.
Il cuore di Piper schizzò in avanti, come se volesse uscirle dal petto e raggiungere Alex stessa. O forse era un infarto.
Dio, Piper sperò che non fosse un infarto perché non aveva la minima intenzione di fare una brutta impressione, non su Alex.
La stessa Alex che in quel momento si era voltata e le sorrideva.
E Piper pensò che le sarebbe piaciuto fermarsi lì per un’eternità o magari due ad osservarla.  
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
«Non c’è nessun pericolo, Piper» disse Alex, riprendendo a salire le pericolanti scale, mano nella mano con Piper.
 
 
L’unico tetto che si ritrovarono sulla testa furono le stelle, che a Piper sembravano particolarmente luminose quella notte.
Probabilmente era solo colpa di Alex.
Sì, Piper era convinta si trattava di Alex, era lei a rendere il cielo più luminoso e l’aria più dolce, già.
Tic-tac.
«Ti piace?» bisbigliò Alex, ancora stringendo la mano di Piper.
«S-Sì».
«Non è poi così spaventoso, no?»
«Un po’» disse Piper, terribilmente cosciente della vicinanza a Alex. «Non hai freddo?» domandò poi, realizzando solo in quel momento che l’altra indossava solo un paio di jeans e una maglietta.
Alex scosse la testa. «No, a dire il vero no».
«Vieni qui spesso?»
«Ogni anno, la notte di Halloween».
«Sei… diversa».
Alex rise. «Non sai quanto» rispose, facendole l’occhiolino prima di alzare la mano libera per accarezzare il viso di Piper e solleticarle le labbra con il pollice.
Piper non osò muovere nemmeno un singolo muscolo.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Alex fece un altro passo avanti, abbastanza da invadere lo spazio personale di Piper, ma non abbastanza perché i loro corpi potessero incontrarsi.
«Hai mai baciato una ragazza?» domandò Alex, in un sussurro.
Tic-tac.
Tic-tac.
Piper si limitò ad annuire appena, quasi impercettibilmente, perché non si fidava della sua voce.
«Devo ammettere che speravo in una risposta negativa, Piper, ora sono un po’ gelosa».
«Co-cosa?»
Ma Piper non riuscì a dire altro, le labbra di Alex all’improvvisò premute sulle sue, le loro mani ancora intrecciate. Istintivamente, Piper affondò la mano libera tra i capelli dell’altra e strinse, non per farle male, ma per avere qualcosa a cui aggrapparsi, non fidandosi della sicurezza delle sue gambe tremanti o della forza del suo cuore, che certo avrebbe ceduto da un momento all’altro.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
E poi lo stupido, stupido allarme dell’orologio che aveva impostato in modo che l’avvisasse allo scadere dei dieci minuti si mise a suonare, un bip bip ripetuto così fastidioso e assordante in quella notte dalle stelle troppo luminose che Piper si sarebbe amputata il braccio seduta stante pur di togliersi di dosso quell’aggeggio infernale.
Interruppe il bacio, abbassando gli occhi sul polso, scusandosi tra un’imprecazione e l’altra, farfugliando come se le sue labbra fossero rimaste paralizzate per via del bacio condiviso con Alex. Bacio che aveva tutta l’intenzione di approfondire non appena avesse spento quel dannato-
Piper udì la risata leggera e divertita di Alex.
Ma la ragazza era scomparsa.
 
 
Polly e Larry erano come scomparsi.
Ma a di loro a Piper non importava.
Aveva urlato il nome di Alex, cercandola in tutta quella maledettissima casa che sembrava prenderla in giro con la sua immobilità e non curanza.
Dove era finita, Alex?
Piper era furiosa.
Aveva tirato calci a tutte le pareti di quel sinistro luogo, nel tentativo di sfogare la propria frustrazione. Voleva vederla crollare, quella casa pericolate che sembrava contravvenire a tutte le leggi della fisica, ma come a schernirla questa non sembrò riportare danni ulteriori.
Piper si mise a correre in direzione della propria casa, nella notte.
Stupida, stupida Piper, non aveva nemmeno chiesto ad Alex il suo cognome, ora come dannazione avrebbe fatto a ritrovarla?
 
 
La mattina seguente, Polly e Larry si erano scusati, per averla lasciata in quella casa da sola.
Pensavano che sarebbe stato uno scherzo divertente.
Già, per avere il tempo di pomiciare in qualche vicolo scarsamente illuminato.
Alex aveva ragione, gli amici di Piper erano stupidi.
La ragazza si girò nel letto, rispondendo ai messaggi dei due con un semplice pollice sollevato verso l’alto, poi allungò la mano e raccolse il proprio computer portatile da terra e attese che si accendesse.
 
 
Piper chiuse il portatile con uno scatto repentino.
Era incredula.
All’inizio, aveva dubitato dei propri ricordi, ma Piper sapeva che un viso del genere non si può dimenticare tanto facilmente, no.
Poi, Piper aveva pensato che si trattasse di uno degli stupidi scherzi di Polly e Larry e così aveva iniziato a tempestare i due di messaggi e chiamate, ma dopo ore di interrogatorio si era finalmente convinta che no, loro non sapevano assolutamente nulla di una ragazza mora con gli occhiali e le labbra più dolci dell’universo che rispondeva al nome di Alex.
Così a Piper non era rimasto altro che leggere ogni singolo articolo avesse trovato online riguardo quella strana casa, i suoi abitanti e l’incendio in cui erano morti.
Tutti quanti.
Vause, secondo i giornali, era il cognome di Alex, ed era la figlia quindicenne di un famoso cantante rock e della sua quinta o sesta amante, il dettaglio variava a seconda dei giornali.
L’incendio era avvenuto tre anni prima, proprio la notte di Halloween, e di loro non era rimasto nulla, se non cenere e lo scheletro parziale della casa che il cantante aveva comprato all’amante perché tenesse la bocca chiusa e non lo costringesse a divorziare dalla moglie.
Le dinamiche dell’incidente non erano mai state chiarite, da quello che Piper leggeva, e le ipotesi avanzate andavano da un banale cortocircuito a un incendio doloso, appiccato ora dalla madre, ora dal padre di Alex.
Tutti i giornali erano concordi nel riportare che i due avevano ripreso a frequentarsi da qualche mese, quando la moglie del cantante aveva scoperto non solo della sua seconda famiglia, ma anche dell’esistenza di una terza donna nella sua vita e lo aveva piantato in tronco.
Ma il fatto era: Piper aveva visto Alex.
E non tre anni prima.
Ma la notte precedente.
E non solo l’aveva vista, l’aveva anche baciata.
Scosse la testa, si accarezzò le labbra, fissò di nuovo la foto di Alex sullo schermo.
Era lei. Non c’era alcun dubbio, era la stessa ragazza.
Erano stati ritrovati tre cadaveri, dicevano i giornali, tutti e tre al piano superiore, e ciascuno era stato identificato, senza possibilità di errore, attraverso l’analisi delle impronte dentali.
Le mani di Piper tremavano.
Aveva visto un… fantasma?
Aveva baciato un fantasma?!
Un bel fantasma, senza ombra di dubbio, ma pur sempre un fantasma!
Piper sbiancò.
Era necrofilia? Sarebbe finita in carcere per quello? Perché la necrofilia era un reato, non è vero?
Piper scosse la testa.
No. Cioè, sì, certamente lo era.
Ma, ammettendo per assurdo che la ragazza che aveva baciato fosse effettivamente morta tre anni prima, Piper aveva baciato il suo fantasma, non il suo cadavere e questo, Piper lo sapeva, avrebbe fatto tutta la differenza del mondo in un’aula di tribunale.
Respirò a fondo.
Non sarebbe andata in prigione per aver baciato Alex Vause.
Ma aveva davvero baciato Alex?
Non era possibile.
I fantasmi non esistono, ecco quanto.
E certo non compaiono dal nulla per baciare ragazze spaventate nella notte di Halloween.
Non che Piper fosse spaventata.
Solo un pochino. Forse.
In ogni caso doveva esserci una spiegazione logica e razionale e la spiegazione più logica e razionale era che, punto primo, in qualche modo, il ricordo della vicenda si fosse sedimentato nella coscienza di Piper. Certamente, quando l’incendio era avvenuto anni prima, lei doveva pur averne avuto notizia, no?
E il volto di quella ragazza, di quella bellissima ragazza, Alex Vause, doveva essere rimasto inciso nella sua anima disperatamente gay, non ancora del tutto consapevole della sua sessualità, solo perché la sua testa potesse prenderla in giro, la notte prima, creando una visione che non era reale, innescata certo dalla paura e dal luogo in cui Piper si trovava.
Già.
Doveva essere andata così, senza ombra di dubbio.
Non c’era altra spiegazione.
 
 
Quel che rimaneva della vecchia casa non venne mai demolita, anche se il motivo non era chiaro.
Era pericolante, eppure nessuna delle amministrazioni cittadine che si succedettero alla guida pensò mai di abbatterla.
Né i cittadini ebbero mai l’idea di lamentarsene o richiederne la messa insicurezza.
Diventò parte del paesaggio e chi vi passava abitualmente davanti non ci faceva nemmeno più caso.
La sua storia e le morti che lì erano avvenute vennero ben presto dimenticate, come è naturale che accada in un mondo dove muoiono centocinquantatremilaquattrocentoventiquattro persone al giorno.
Eppure, tra  settemiliardicinquecentosettantacinquemilioninovecentotrentasettemilatrecentocinquantuno persone vive, milione più, milione meno a seconda degli anni, di cui Alex Vause non faceva più parte, lei ne ricordava una e una sola soltanto.
L’aveva incontrata durante una delle tristi notti di Halloween in cui le era concesso di ritornare sulla terra per visitare il luogo in cui era morta.
Anno dopo anno, Alex aspettava.
Anno dopo anno, Alex avrebbe continuato ad aspettare.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
Tic-tac.
 


 
NdA
Buon Halloween!
L’idea originale è nata da un prompt che ho trovato su tumblr: I showed up to this haunted house alone because I thought I wouldn’t be scared but now I am and I might be holding your hand (http://onetruepairingideas.tumblr.com/post/135882810519/spoopy-halloween-aus-for-ur-otp).
I dati statistici circa la popolazione mondiale sono a loro volta presi da internet (http://www.worldometers.info/world-population/).
Spero che la shot vi sia piaciuta! A presto,
T. 
 
   
 
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