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Autore: ArwenDurin    31/10/2017    1 recensioni
Will non è come tutti gli altri ragazzi, lui ha un dono che il codesto chiama "maledizione" di percepire cose che non tutti sono in grado di percepire...
Hannigram AU
"«Alle volte ho il timore di svanire. con questo...non riesco. Quell'ombra ho paura che mi divorerà.» lo disse tutto d'un fiato e con sguardo sconsolato rivolto altrove.
«Non svanirai se imparerai a nuotare nelle acque di te stesso, ed ancora a te ignote di quello che sei; tu devi per questo accettarti totalmente. Non puoi cacciare tale parte, ma quindi accettare e capire e quando smetterai di aver paura di te stesso, vedrai.» "
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Alcuni punti da chiarire prima di iniziare il racconto:
  • Se siete moralisti vi sconsiglio la lettura di questi, e per informazione ha elementi paranormali
  • l'album che ha accompagnato il racconto è che cito è Pornography dei The Cure un loro masterpiece e per chi volesse sentire qualcosina abbino questo brano
  • Will ha un'aria più dolce per via che ha 16 anni e quindi è più adolescenziale, la foto che abbino è come me lo vedo vestito per Halloween *-* l'amore proprio.​​
 

Sharp and open
Leave me alone
And sleeping less every night
As the days become heavier and weighted
Waiting
In the cold light
A noise
Please let me sleep
As I slip down the window

 I can never say no to anyone but you
The Cure "The Figurehead"

Silenzio, tutto intorno a lui e tra i rami degli alberi del bosco alle sue spalle, che erano immobili nella quiete della notte: era l'unica cosa che Will sentiva e che voleva percepire.
Seduto sul ciglio della strada si guardava intorno e spaesato si avvolgeva il corpo con le braccia, tremando per la temperatura autunnale d'Ottobre. Ma era decisamente più tranquillo lì, avvolto dall'oscurità per conto suo piuttosto a dove fosse poco fa. La falce della luna illuminava la strada a pochi metri da lui e dal suo essere, e la consolante quiete, mentre poco più in là, vi erano festa e schiamazzi. I bambini che annunciavano il loro arrivo con "dolcetto o scherzetto" e adolescenti che si divertivano a fare giochi dell'orrore o raccontarsi storie di quel tema.
Will era proprio fuggito da una di queste feste, così all'infuori del suo carattere...a scuola vi era stato l'invito per tutti nessuno escluso, e suo zio l'aveva accompagnato nonostante il ragazzo non volesse andarci.
Gli aveva assicurato che sarebbe andato tutto bene e che quella sera, avrebbe potuto sentirsi più a suo agio; infatti, a Graham piaceva Halloween e si sentiva meno strano del solito. Poteva vagare in mezzo alle persone come se anche lui fosse normale e non il solito ragazzino problematico da evitare, che chiamavano mostro, e che veniva riempito di insulti. Ma il giorno di Jack lanterna, lo inquietava allo stesso tempo per quello che lui percepiva e sentiva.
E quella sera era successo, ancora...
Sospirò guardandosi le mani tremanti e il sangue visibile su entrambe le braccia. Alcune gocce erano colate sui polsi; se ne accorse e tentò di  coprirli con la camicia,  che, a causa di questo, da bianca che era, aveva assunte tinte cremisi.
Poche macchine erano passate di lì, non disturbando l'oscurità che lo abbracciava in un confortante silenzio, e che in quel mondo pareva fosse l'unica a capirlo. Nessuno aveva fatto caso alla sua presenza, finché una macchina scura non si fermò.
Will sbatté le palpebre quando una torcia lo abbagliò, ancora incredulo che qualcuno si fosse fermato lì per lui.
«Che cosa ci fai qui?» gli era familiare quella voce, ma la luce della torcia era troppo forte da poter connettere, dopo tutte quelle ore nell'ombra. Pensò a una risposta sarcastica da dare per distanziare quell'uomo il prima possibile, ma quando alzò lo sguardo la luna si era riaffacciata nel cielo, illuminando bene entrambi. Riconobbe chi aveva dinnanzi e si bloccò.
Un battito mancò al suo cuore nel rivederlo dopo tanto tempo.
«Will Graham, sei tu vero?»
Il ragazzo lo guardò confuso, incredulo che l'avesse riconosciuto puntando i suoi occhi chiari negli scuri dell'altro. Per un istante non rispose, indeciso se farsi riconoscere proprio da lui; ma chi meglio di quell'uomo, poteva aiutarlo?
Così alla fine annuì.
«È un piacere rivederla, dottor Lecter.»
E lo era davvero in un certo qual modo, per quanto la sua situazione non era delle migliori.
 Hannibal Lecter (ricorda ancora il suo nome, eccome se lo rammentava) si tolse il cappotto per metterlo sulle sue spalle, e un calore avvolse Will sia per quel gesto che per il cappotto caldo, dopo tutto il freddo che aveva dovuto sopportare.
Era stato inerme per così tante ore che aveva pensato che potesse smettere di esistere lì, vicino a quel bosco in una strada di Baltimora che nemmeno conosceva.
«Vieni con me.» non gli fece domande, non ebbe l'aria sconvolta nel vederlo lì e questo era un lato che Will aveva sempre apprezzato in lui. Così non esitò ad afferrare la sua mano che lo aiutò ad alzarsi, e a seguirlo in macchina.
Un brano di musica classica accompagnava il loro viaggio, erano entrambi in silenzio e Will rivolgeva lo sguardo fuori dal finestrino godendosi il tepore caldo dell'auto e sfregandosi le mani per scaldarle.
La sua mente vagò a due anni prima quando aveva 14 anni e aveva conosciuto Hannibal. Fu un viaggio in macchina che l'aveva allontanato da lui; un vizio questo dovuto a sua madre, a causa dei suo frequenti cambi di lavoro. Si trasferivano così spesso, che il finestrino dell'auto era diventato la sua facciata sul mondo, l'unico modo per osservarlo senza nuocere agli altri o a se stesso. Lì chiuso in una vettura, con l'album Pornography dei Cure a tutto volume nelle cuffie del suo walkman, come sottofondo della sua vita e dei suoi pensieri. Si rispecchiava tanto nei testi di quell'album.
E mentre viaggiava nell'auto, era un giusto suono d'accompagnamento, sicuro e ovattato.
Realizzò che sempre un viaggio in macchina a quanto pare, aveva riunito lui ed Hannibal. Will quella sera, era proprio vestito come Robert Smith, il leader dei Cure, per quanto il trucco sotto gli occhi, fosse più tenue per non essere troppo preso in giro dagli altri, ed ora era quasi scomparso a cause delle lacrime che avevano solcato le sue guance.
«Will?» quando Hannibal lo chiamò distogliendolo dall'influsso dei suoi pensieri, si voltò verso di lui e capì che gli aveva rivolto una domanda dall'occhiata che gli fece.
«Mi scusi?» fu costretto a chiedergli, con le guance tinte leggermente di vergogna.
Non c'era giudica nello sguardo di Hannibal, ma una grande comprensione, quella che aveva sempre visto nei suoi occhi da quando era il suo psichiatra tempo fa, non come quelli successivi. I loro di sguardi si illuminavano di incredulità o compassione quando ascoltavano i racconti del ragazzo, e aveva provato varie terapie con loro per cancellare quello che aveva...senza risultato.
Con il dottor Lecter era stato diverso, lui diceva sempre che doveva far uscire quel suo lato così celato per comprendere il suo essere, ricordava ancora le sue parole...
«Ti chiedevo se devo riportarti da qualche parte.»
«No, la ringrazio.» aveva sedici anni, ma poteva intuire che il suo ex psichiatra non gli stesse facendo domande su come fosse arrivato lì o il perché, per l'ovvia ragione che Hannibal intuiva la sua reazione e sapeva che si sarebbe chiuso a riccio.
Lo avevano spesso definito più intelligente degli altri, e non gli fu difficile capire questo; oltretutto aveva un'empatia piuttosto sviluppata tant'è che poteva quasi sentire i pensieri degli altri se voleva.
«Allora non ti dispiace se ti porto a casa mia? Quelle ferite vanno curate.» il suo sguardo era di nuovo sulla strada ma Will deglutì a disagio, perché aveva notato le sue ferite che istintivamente, coprì con le maniche della camicia oramai sporca.
«Va bene.»
 
Riconobbe il posto appena varcò la porta, che Hannibal gli aprì galantemente per farlo passare, e scontrò i suoi occhi con la grande libreria al di sopra di loro, che si raggiungeva tramite una scala. Ricordava quei libri e quante volte li aveva fissati...e di quanto a loro volta fossero immobili testimoni delle loro sedute. L'odore raffinato e buono che c'era in quel posto si immerse nelle sue narici, e le due poltrone nere dove in una si era spesso seduto lo fissavano da spettatrici.
Si chiese perché tornato a Baltimora non fosse andato a trovarlo: vergogna probabilmente, unita al fatto che Will era poco socievole di natura. Inoltre non pensava che si sarebbe ricordato di lui, come invece era successo.
Guardò la scrivania in mogano con la sedia scura dove Hannibal si sedeva a disegnare, e un'ombra di un sorriso colorò le sue labbra. Ricordava il talento dell'uomo nel ritrarre e di quanto fossero belle le sue creazioni, poiché spesso piombava nel suo studio anche quando non vi era appuntamento.
Se aveva un turbamento o più semplicemente, desiderio di vederlo, andava da lui. A 14 anni l'unico volere di Will era stare con Hannibal, per come questi lo capiva quasi quanto il suo adorato album dei Cure. Improvvisamente Will realizzò che forse sarebbe stato meglio non fosse andato a trovarlo, visto la sciocchezza  giovanile di piombare nel suo studio quando gli andava. Si sentì di nuovo in imbarazzo chiedendosi che ci facesse lì, come ci fosse finito dopo una festa di Halloween andata male?
«Accomodati pure, sono da te tra un istante.» eppure il tono gentile da parte di Hannibal e l'innata ospitalità che possedeva, gli fecero capire che non voleva trovarsi in nessun altro posto al mondo.
Decise di sedersi sulla poltrona che occupò anni fa, e dinnanzi a sé l'altra, al momento vuota, gli fece rivedere lo psichiatra di qualche anno fa, elegante in quel completo blu che spesso indossava in sua presenza. Rivide il suo sguardo con quell'espressione indecifrabile, dove raramente aveva visto scorrerci un'emozione durante una seduta, e che comunque lo confortava come niente altro. Risentì la sua voce dirgli che ne sarebbero usciti insieme, che doveva controllare l'oscurità o lo avrebbe inghiottito...rivide gli esperimenti d'ipnosi e i suoi pianti isterici.
Sospirò scacciando quei pensieri e ringraziò nel vedere Hannibal che rientrava nella stanza, concedendogli un piccolo sorriso mentre prese la sedia in mogano sedendosi accanto a lui con una valigetta di pronto soccorso in grembo.
Gli fece cenno di sollevare la manica della camicia dove aveva le ferite, ma Will esitò qualche secondo abbassando lo sguardo incerto.
«Will, fidati di me.» quelle parole calme ebbero il potere di far sì che lo guardasse per qualche secondo, e nei suoi occhi ambrati vi era scritto che non lo avrebbe giudicato né preso per pazzo come in passato.
Chinò il capo in segno di resa, e sollevò le maniche rivelando dei tagli superficiali sul entrambe le braccia e alcuni sulla mano. Lanciò un'occhiata ad Hannibal per studiare la sua reazione, ma lui non batté ciglio e con delicatezza prese a disinfettargli la mano.
Bruciava, e inizialmente il ragazzo produsse un gemito per questo, ma poi cercò di trattenersi, anche perché qualcos'altro lo aveva distratto... ovvero quel contatto. Non lo stava toccando eppure Will lo sentì, avvertì le sue dita abili sopra quel batuffolo di cotone e qualcosa nel basso ventre si mosse.
Trattenne il respiro, non voleva farsi notare dallo psichiatra che era sempre stato così bravo a capirlo e pensò che quello sentiva per lui non era svanito, quel conforto e comprensione che provava con Hannibal e per il quale prese una cotta anni fa.
Ricordò di aver sognato qualcosa del genere quand'era in pubertà, e che non aveva mai provato impulsi per nessuno finché non aveva incontrato Hannibal, l'unico uomo presente nella sua vita. Visto che suo padre appena cominciarono i problemi di Will, preferì fuggire, dicendo che era meglio per lui e per sua madre e che era lui il problema...e un sacco di stronzate.
Non tornò più da quel giorno, nemmeno per incontrare il ragazzino che così crebbe sua madre, che lo affidò in seguito alle cure dello psichiatra. All'inizio Will pensò di poterlo vedere come un padre ma poi sentì l'attrazione verso di lui.
Hannibal, l'unico che credeva in lui e nel suo "dono", come veniva spesso chiamato, per quanto Will lo considerava una maledizione la maggioranza delle volte. Quando di notte ad esempio, veniva svegliato da un lamento o da uno spavento improvviso,  e si recava in cucina per bere un bicchiere d'acqua, ritrovandosi in compagnia di persone mai viste.
Lui all'inizio scappava, visto che era solo un bambino, ma pian piano provò ad ascoltarli e con alcuni cominciò persino a parlare, soprattutto con bambini della sua età che lo facevano sentire bene, rispetto ai suoi coetanei con cui non riusciva a socializzare. Fu qui che i genitori lo scoprirono per la prima volta, ma reputarono tutto come un normale fenomeno dell'infanzia, che si affrettarono a chiamare "amici immaginari", lasciando perdere la cosa. Ma quando Will arrivò ai 14 anni, si trovava ancora nella stessa situazione e, per quanto cercasse di nasconderlo, qualcosa era accaduto. Fu all'inizio della pubertà, all’età di 13 anni, che qualcosa cambiò poiché alcuni dei suoi amici sparirono e altre presenze gli furono attorno. Alcune erano inquietanti e spaventose, e presto cominciò ad avvertire anche dei rumori che provenivano dall'armadio uniti a sussurri in una lingua che Will non capiva. Una notte, armato di coraggio e di una torcia, aprì questo l'armadio e fu subito afferrato da oscure e lunghe mani che lo avvolsero in qualcosa di denso come il petrolio, mentre tutto intorno si era fatto buio.
La mattina seguente, si ritrovò nel letto tutto sudato, ma non ricordava altro di quella notte, così pensò fosse stato un incubo... ma da lì tutto iniziò.
Da quel giorno qualcosa cambiò ma riuscì a non darlo a vedere per un anno, gemendo in silenzio e piangendo avvolto dal terrore le mattine seguenti, sinché una notte il 2 Novembre non poté più nasconderlo. La madre era salita per controllarlo, sentendo strani rumori provenire dalla sua stanza, e vide Will sul letto, contorto in una posizione orribile, mentre parlava una lingua sconosciuta. La donna che per poco non svenne, chiamò subito il padre e solo dopo qualche tempo riuscirono a svegliarlo.
Questo "essere"si svegliava solo in date particolari, tra cui il 2 Novembre, e Will gli anni successivi provò a controllarlo non uscendo, chiudendosi in camera e rimanendo sveglio quelle notti; ma gli era difficile, per quanto dopo aver conosciuto Hannibal ci riuscì meglio.
I genitori la mattina seguente all'orrore, contattarono uno psichiatra, ma Will si rifiutò di andare ulteriormente dopo poche sedute, a causa del suo “sguardo”. Quell'uomo lo guardava come se fosse pazzo, e lui non reggeva i suoi occhi spaventati e compassionevoli, così scappò. La madre lo capì e lo portò a casa dicendo che magari sarebbero riusciti a curarlo loro, e iniziarono le liti, finché il padre si spazientì e decise di sparire dalla sua vita. Fu così che la madre trovò e si rivolse al dottor Lecter.
Hannibal non lo aveva mai guardato come fosse pazzo, lo ascoltava e lo capiva come nessuno mai e riuscì a far provare a Will l'ebbrezza della prima cotta. Non si pose il problema che fosse un uomo, né il suo psichiatra; lui sapeva quanto la cosa fosse irrealizzabile e che l'altro lo vedeva come un ragazzino, ma la sua mente era fantasiosa e gli regalava dei momenti come fossero veri.
A volte si sorridevano dopo una seduta, e Will immaginava Hannibal che si alzava dalla sua poltrona dandogli un bacio sfiorato sulle labbra, e adorava il fatto che quei pensieri fossero solo suoi, piccoli scrigni segreti che solo il ragazzo poteva osservare.
Poco dopo però la madre se ne accorse, perché non le sfuggì il tono estasiato di Will nel parlargli del suo psichiatra, il sorriso ogni qual volta aveva una seduta con il suddetto, e il fatto che, quando spariva, si trovava sempre da lui. E così lei preferì interrompere il tutto, anche se non fu questo il motivo principale del loro trasferimento, visto che aveva trovato un nuovo lavoro a Filadelfia, ma di certo contribuì a che accettasse più in fretta.
Il ragazzo ricordava lo sguardo corrucciato della donna in macchina, gli occhi azzurri che lo osservavano dallo specchietto mentre gli faceva un discorso su quanto fosse sbagliato e non naturale, che andava contro il Signore provare attrazione per qualcuno dello stesso sesso...Will aveva smesso di credere nel Dio cristiano a 12 anni, ma stette zitto come spesso faceva, preferendo il silenzio piuttosto che la discussione.
Ricordò il dolore al petto e le lacrime che trattenne a stento quando la macchina partì, trovando l'unico conforto nella “sua” musica in cuffia. Immaginò Hannibal che lo abbracciava, mentre vedeva Baltimora sempre più lontana.
Si chiese per un po' se fosse gay, ma quando giunse nella nuova città e sentì un impulso simile anche per una ragazza, cancellò quella domanda. Dopotutto era così importante avere delle etichette? Bisessuale o pansessuale erano solo nomi...”alle persone piacevano altre persone” questo cominciò a pensare. Molly, la ragazza per cui provò interesse, era dolce e amava i cani come lui e fu la prima su tutto il campo per lui. Quello che provava per lei non era forte quanto quello che provava per Hannibal, ma si accontentò, riuscendo in quel periodo anche ad accantonare lo psichiatra nella sua mente, come un semplice ricordo e nulla di più. Ma anche con Molly non durò, poiché ad un certo punto lei si rese conto del lato "strano" che il ragazzo possedeva. Non vide nulla di terribile, solo che lo sentì parlare da solo nel sonno di fianco a lei in una lingua sconosciuta, e questo l'aveva spaventata e preferì troncare la relazione.
Così lui capì che era meglio la solitudine ad ulteriore divisioni, e trovò sempre più conforto nei libri e nella musica, piuttosto che nelle persone.
Will smise persino di guardare la gente negli occhi, stanco di leggere la delusione della madre, lo sgomento di qualcuno, oppure quegli sguardi che lo facevano sentire così inadeguato.
Aveva poi subìto quello che i ragazzi intelligenti subivano a scuola, e si isolò ancora di più. Alcune ragazze erano attratte dal suo aspetto angelico e misterioso, ma quando scoprivano che il chiamarlo "mostro" da parte dei compagni era per quel motivo, svanivano come polvere al vento.
Tutto perché una volta in classe, una presenza d'anni prima lo aveva invaso, ed aveva raccontato di un impiccagione avvenuta nel suo giardino. Non ricordava quel momento, come capitava quando veniva posseduto, ma da quel giorno cominciarono a chiamarlo con quel nomignolo.
E da lì, cominciò a studiare come bloccare queste cose, facendo ricerche varie e provando in tanti modi, finché pian piano non riuscì a bloccare queste invasioni, almeno da parte di quelle presenze.
Quando andava a letto, ogni sera con la mente si recava nella stanza di Hannibal e riviveva le loro chiacchierate, risentiva la sua voce e pensava a come non avesse problemi di alcun genere a guardarlo negli occhi.
Pensare allo psichiatra faceva sì che potesse allontanare certi sussurri o voci e capì che distrarre la mente poteva essere una soluzione, almeno con certune...
 
Le dita di Hannibal si staccarono da lui, e Will sbatté le palpebre dispiaciuto per la fine di quel contatto, uscendo nuovamente dai suoi pensieri. Si guardò il polso perfettamente bendato, e poi incontrò gli occhi di Hannibal che lo stavano studiando con attenzione.
«Non è autolesionismo se lo sta chiedendo.» il ragazzo non poté stare zitto, e poi non voleva che pensasse questo di lui.
«So che non sono propriamente auto inflitte, non soffrivi di tendenze autolesioniste, quindi dubito che tu ne soffra ora. Mi ricordo chi sei, Will.»
Will aprì la bocca per rispondere ma la richiuse subito, sapeva che Hannibal era sincero; lo era sempre stato con lui, e aveva probabilmente capito come si fosse procurato quelle ferite, anche se forse non ne sapeva il perché.
Lo psichiatra si sedette di fronte a lui, portandosi la mano chiusa a pugno sotto le labbra in riflessione per qualche secondo, e con lo sguardo altrove, mentre il ragazzo approfittò per osservare i suoi zigomi alti e gli occhi ambrati luccicanti. Il suo sguardo scorse sulla mascella dell'altro e sulla fronte, assorbendo ogni dettaglio del viso e della mano che teneva su quelle labbra dalla forma più particolare e attraente che avesse mai visto. Scese a guardare il suo abito firmato a tre pezzi, di un colore marrone scuro, che avvolgeva il suo corpo così bene...
è dannatamente attraente.
Eppure non aveva fatto nulla, ma Will era completamente in fiamme per lui.
Improvvisamente lo guardò e Will deglutì, sapeva che non poteva leggere i suoi pensieri ma si sentì avvampare comunque.
«La tua mente è ancora più custode dei suoi segreti, sei più silenzioso di qualche anno fa.»
Will abbassò lo sguardo con un sospiro; lo era diventato e il silenzio era il suo compagno.
«Perché parlare se nessuno ascolta.» così gli rispose dandogli un'occhiata veloce, per poi puntare lo sguardo alla sua camicia ancora macchiata di sangue e pensò che forse gli serviva una doccia.
«Le persone tendono a sentire ma non ascoltare davvero se non i propri pensieri, a pochi piace farlo. Dunque capisco la tua scelta di isolarti in un silenzio confortante. Ma io ti ascolto...»
Will si alzò facendogli un piccolo sorriso. Non era ancora pronto a parlare dell'accaduto di quella sera, anche se sapeva che l'altro avrebbe capito.
«Mi serve una doccia.» esordì all'improvviso, il tatto non era tra le sue abitudini sarebbe stato cauto visto la medicazione per quanto era passato un po', ma ne sentiva proprio il bisogno. Quando rivolse uno sguardo titubante ad Hannibal, vide una luce di divertimento nei suoi occhi.
«Mi scuso per non avertelo proposto,te lo concedo volentieri e ti presterò dei miei vestiti.»
 
Il bagno era grande e elegante, con una vasca in fondo alla stanza e una doccia vicino alla porta. Fece scendere l'acqua dalla doccia finché non fu bollente e si svestì; aveva freddo, ma attese pazientemente finché non fu della temperatura giusta e si tolse anche le bende dai polsi, prima di buttarsi sotto. I suoi occhi si chiusero sotto il getto dell'acqua e sospirò di sollievo quando sentì quelle gocce bagnarlo, come se cancellassero le tracce di quella serata da incubo.
Si rivedeva ancora lì dinnanzi a quella casa addobbata per Halloween, con zucche e fantasmini appesi ovunque. Tutta la classe era stata invitata e dunque lui non poté fare eccezione. Ricordava ancora la sua insicurezza e lo sguardo di titubanza che lanciò a suo zio, quando quest'ultimo cercava di tranquillizzarlo inutilmente, spingendolo ad entrare.
Gli disse che lo sarebbe venuto a prendere se qualcosa non fosse andato per il verso giusto, e che avrebbe aspettato una sua chiamata da qualche cabina. Ma conosceva zio Walter, e sapeva che probabilmente si sarebbe perso in qualche sua trama bizzarra di un nuovo film da girare, connesso all'alcool, e che dunque si sarebbe scordato di lui.
Era già predisposto che entrasse e dormisse in quella casa.
Will aveva tirato un grosso sospiro prima di entrare, ma non avrebbe mai immaginato quello che sarebbe accaduto...
"È solo un gioco"
"Sarà divertente"
voci scherzose di ragazzi, un vetro che si spaccava e del sangue rosso vivo, fecero aprire gli occhi di scatto a Will. Inspirò gravemente per cancellare quei ricordi e immagini così vivide che tormentavano ancora il suo essere e si scosse, decidendo di concentrarsi in qualcos'altro. Le boccette di bagnoschiuma ad esempio.
Erano tutte in confezioni lunghe e dai nomi che non aveva mai sentito. Scommise che costassero molto e fossero pregiate, e né aprì qualcuna annusandole...quegli odori buoni e delicati riuscirono a rilassarlo. Sentì il bisogno di possederli e di esserne ricoperto come lo era Hannibal.
Si chiese che sapore potessero avere sulla sua pelle, diverso senz'altro dal suo, e invidiò nel pensare alle bollicine che lo avrebbero abbracciato come avrebbe voluto fare lui. Era un pensiero totalmente fuori luogo ma confortante, e se ne abbandonò completamente, mentre con gli occhi chiusi strofinava il suo corpo...quand'ecco che un rumore strano glieli fece aprire. Un qualcosa di metallico che proveniva dallo scarico della doccia batteva e stramazzava; il ragazzo tremò e cominciò a fissare quel punto sentendosi risucchiato nel tubo. Improvvisamente aveva freddo e rabbrividiva sempre più mentre avvertì delle mani oscure stringere la presa sulle sue spalle.
A Will si bloccò un urlo in gola e si guardò il corpo, scoprendo però che l'acqua non lo ricopriva più, piuttosto si era innalzata per protendersi verso il soffitto e il rumore di essa era lontano come miglia e miglia.
Il ragazzo si sentì gelare il sangue e uscì con fretta dalla doccia, rischiando persino di cadere, ma riuscì soltanto a coprirsi con l'asciugamano che qualcosa di simile a un'ombra gli si parò davanti. Will non la vide bene ma conosceva quell'oscurità, però non poté fare nulla, tutto si annebbiò e i suoi occhi rotearono all'indietro.
Rivide sua madre che lo abbandonava in quell'istituto per non tornare più, e sentì il rumore dei suoi tacchi indistinto allontanarsi... poi fu tutto buio.
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Il ragazzo ci stava mettendo più del previsto, ed Hannibal sarebbe andato a bussare alla sua porta, se non avesse sentito il rumore di essa aprirsi. Lui non provava preoccupazioni né agitazioni particolari, ma per Will aveva un'apprensione forte, l'aveva sempre avuta ed era incuriosito dalla sua mente.
Ricordava che nelle loro conversazioni, o sarebbe più adatto definirle chiacchierate, non l'aveva annoiato mai, nemmeno una volta, mentre esponeva i suoi pensieri più cupi e profondi. I suoi racconti sapevano di stanze piene di oscure braccia pronte ad afferrarlo e distese irrazionali di luoghi con porte di altri mondi: erano come poesie e visioni che incantavano lo psichiatra.
Quel ragazzino di 14 anni era senz'altro una più piacevole compagnia, piuttosto che i suoi pazienti adulti, ed oltretutto il suo caso era unico. Hannibal aveva visto nei suoi anni d'esperienza, disturbi della personalità o finzioni di esse per ricavarne attenzioni, ma non era il caso di Will Graham.
Lui era affascinante e macabro, quanto una sedia dalle corna di cervo, e aveva davvero qualcun altro dentro di lui, e alle volte più di uno; ma quelle presenze erano di passaggio, invece ciò che rimaneva sempre con Will lo incuriosiva. Hannibal aveva pensato a come farlo uscire allo scoperto, perché voleva vedere il suo vero potenziale. Lui non aveva problemi a credere all'imponderabile, e Will aveva un dono: poteva sentire cose del mondo parallelo che altri in tutta una vita nemmeno percepivano.
E aveva qualcuno dentro di sé, che lo psichiatra però non era riuscito a fargli uscire...
Ecco perché era stato facile riconoscerlo; oltre alla sua naturale e ottima memoria che possedeva, non poteva dimenticarsi di un ex paziente tanto interessante.
Quando Will entrò nella stanza, lo psichiatra capì all'istante che aveva qualcosa di diverso, il suo sguardo prima impaurito e timoroso in quel momento era fermo e penetrante d'un verde scuro, insolito per il colore degli occhi del ragazzo. Era vestito di tutto punto e, per quanto gli abiti gli stessero larghi, assunse un'aria adulta in quel momento.
«Hannibal, che piacere finalmente incontrarti! Non ti dispiace se ti do del tu, vero?»
Lo psichiatra si alzò stupito per qualche istante ma non si spaventò, piuttosto era incuriosito da quella voce profonda e strisciante come il muoversi lento di un rettile nel suo salotto.
«Non da te. Immagino che tu sia l'altro, come devo chiamarti?»
«Non sono un demone se è questo che stai supponendo, oh no...piuttosto la parte oscura di Will.» lo interruppe la creatura, avvicinandosi con passo sicuro alla poltrona di fronte allo psichiatra e sfiorando con le unghie lo schienale di essa.
«Tu hai capito il potenziale del nostro ragazzo, e soddisferò la tua curiosità spiegandoti cosa intendo con un tale termine. Ogni medium ha la sua parte oscura più evidente di un normale essere umano, c'è chi ne é dominato e c'è chi la ripudia ma se ne trova inghiottito. I più intelligenti ci convivono.»
«E tu in quale categoria sei?» fissò la creatura che aveva preso posto del ragazzo, per quanto con le sue sembianze, e questa fece un sorriso distorto, uno di quelli che Will non avrebbe mai fatto.
«Non psicoanalizzarmi dottor Lecter, questi trucchetti potranno funzionare per il ragazzo ma non con me.» si sedette sulla poltrona e lo fissò.
«Cerco soltanto di capire, hai detto che volevi incontrarmi mi chiedo la ragione e perché solo ora.» si accomodò anch'egli fissandolo e studiandolo affascinato.
Era Will quello che aveva dinnanzi, ma così diverso che avrebbe potuto essere un'altra persona. I suoi occhi brillavano di una luce strana e persino i capelli ancora bagnati dalla doccia e pettinati all'indietro, gli conferivano un'aria diversa.
«Sai, ognuno in questo mondo ha una parte oscura e tu ne sei piuttosto avvolto, ne sei amico, l'hai imparato in fretta... da bambino giusto? Sì, posso quasi vederti. Tu hai accettato appieno quello che sei da ragazzo, vero? Quando hai trovato quegli uomini, legandogli agli alberi e punendogli per i loro crimini...sì, è stato lì mentre eri coperto del loro sangue che hai realizzato il tuo potenziale.
Dimmi Hannibal, quale altro umano così affascinante e in sintonia con la propria oscurità pensi ci sia? Se umano si può definirti.» portò lo sguardo altrove sfregandosi il pollice e l'indice in riflessione.
Hannibal si fece riflessivo, chiedendosi nuovamente cosa fosse quell'essere che aveva davanti per conoscere la sua natura e i suoi più intimi segreti sulla sua adolescenza. Si allertò a quel punto, ma non sapeva bene come difendersi motivo per cui rimase fermo a studiarlo, escogitando un qualche sorta di piano.
 
«So chi sei e quello che fai e mi intriga; e per mia fortuna conosci Will. E’ da un bel po' che desidero fare una chiacchierata con te per rispondere alla tua domanda, ma la mia forza aumenta solo in giornate particolari. Con te non sono riuscito a mostrarmi, non ti vedevo in quelle giornate, coincidenze a parte, Will evitava di venire da te in quei giorni quando capì.»
La creatura tornò a fissarlo, mostrando un sorriso con l'innocenza di Will e la pericolosità della creatura che splendeva nei canini.
«Ho fatto tanto per far sì di incontrarti. Ho tessuto i fili della mia rete per portarlo a te, ed ho scavato nelle debolezze di Will giocando su esse. Suo padre mi risparmiò una fatica visto quando decise di abbandonare il suo stesso figlio, spaventato da quello che vedeva; so che adesso si diverte con varie ragazze...il monello. Per altri, invece, le presenze mi hanno aiutato; era facile possedere Will, visto le porte che lasciava aperte...e loro si misero a parlare lingue incomprensibili per distanziare persone inutili dal ragazzo. Riguardo sua madre la storia fu più complessa, diciamo che un giorno accidentalmente è caduta dalle scale...» il tono era innocente per la vicenda che stava raccontando, ma Hannibal non si impressionò di certo.
«L'hai uccisa?» chiese con tono atono, mentre l'altro scoppiò a ridere, negando con il capo.
«Non è questa la peggiore paura di Will, ma quella di essere abbandonato, e io posso vedere i desideri e le paure degli uomini: molti di loro sono così banali! Ma immagino conosci questo argomento.»
Hannibal accennò un assenso, fiero di aver ottenuto un'informazione in più sull'essere per quanto probabilmente la parte oscura di Will, voleva che sapesse quel suo potere. Era terribilmente scaltro.
«Dunque che le è successo?»
«Non ha avuto una caduta traumatica, per mio volere, solo qualche punto...ma il mio scopo fu portato a termine, si distanziò da Will chiudendolo in un istituto psichiatrico per qualche anno. È stato frustrante, devo ammettere, perché era sempre addormentato e raramente potevo uscire. Poi un suo zio si è interessato a lui per così dire, e lo ha portato fuori di lì ma non è stato abbastanza affettuoso, così da persuadermi a intervenire.»
Lo psichiatra lo ascoltò con attenzione, accavallando le gambe e non togliendo gli occhi dalla sua figura che squadrò.
«Necessiti di alienare Will, per tenerlo per te?»
La creatura si sporse verso di lui abbassando il tono di voce, che fu più strisciante ancora.
«Non esssattamente! Nnon voglio tenerlo per me, ma desideravo tenerlo per te.»
Hannibal rimase impassibile ma dentro di sé in quel momento, fu estremamente confuso.
«Intendo Hannibal, che solo tu puoi risolvere questo mio problema.» aggiunse percependo a quanto pare la sua confusione, per quanto lo psichiatra fosse bravo a celarla. Era davvero una sfida la creatura dinnanzi a sé; ed era intrigante per lui avere qualcuno al suo pari.
«Cosa vorresti che facessi? Che annullassi Will, per far fuoriuscire te?»
La parte oscura di Will si appoggiò di nuovo sullo schienale e negò.
«Questo funzionerebbe se fossi un demone; ma come ho detto, non lo sono. Io sono colui che i bambini temono, l'essere senza volto nascosto in un armadio e un sussurro nell'ombra...ho scelto Will, ma non voglio liberarmi di lui.
Io voglio essere accettato da lui e che la smetta di avere paura. Che mi lasci agire e desidero essere in sintonia con Will. Potrebbe essere divertente anche per te Hannibal; ha tanto da offrire e posso prometterti dei giochini niente male. Immagina la sua mente e la sua parte oscura unita cosa possono fare.»
Hannibal lo fissò ragionando su che cosa intendesse, la mente di Will era tra le cose più complesse e fantastiche che avesse visto, e se avesse potuto scoprire un altro lato strano, ne sarebbe stato ben soddisfatto. Pensò anche a come la creatura si fosse descritta, e una domanda pizzicò la punta della sua lingua.
«Perché lo hai scelto?»
La parte oscura sbatté le palpebre.
«Oh Hannibal! Sembrerebbe quasi una domanda etica, se fosse venuta da qualcun altro si intende. L'ho scelto perché lui è giusto, ti basti questo.»
«Per la tua e sua potenza.» aggiunse Hannibal ragionando tra sé quando improvvisamente, e altrettanto chiaramente per deviare il discorso, la creatura si alzò avvicinandosi a lui con cadenza decisamente sensuale.
«Potremmo avere un accordo, non hai problemi d'etica tu. Ti lascerò riflettere finché non potrò di nuovo mostrarmi, ma so già che cosa dirai.» gli disse con gli occhi puntati nei suoi, languidi in quel momento.
«Potrei sorprenderti.»
Sorrise, inginocchiandosi di fronte a lui, senza smettere di fissarlo. Gli occhi luccicanti erano attraenti e quasi ipnotici, tanto che in quel momento Hannibal non riuscì a non guardare.
«Oh, e sarei curioso di vedere...Hannibal.»
Il suo sguardo mutò quando parlò di nuovo.
«Lo sai quali sono i pensieri di Will, su di te?» il suo tono si era fatto suadente come le sue movenze; difatti aveva appoggiato i polsi fasciati sul suo bracciolo e si stava toccando il primo bottone della camicia con la mano destra.
«Vorresti saperlo?» aggiunse sbottonandosi un poco la sua camicia bianca che indossava; ma Hannibal abbassò lo sguardo bloccandogli le mani. Voleva gestire lui la situazione e l'avrebbe scelto lui e il vero Will in caso, non di certo la parte oscura.
«Me lo dirà quando e se lo riterrà opportuno.»
L'altro rise piano, finché quella risata si spense e il corpo di Will fu preso da convulsioni, al punto che lo psichiatra lo afferrò in tempo prima che battesse a terra. Gli occhi del ragazzo si chiusero ed un respiro flebile uscì dalle sue labbra perfette, fu chiaro per Hannibal che l'ombra aveva esaurito il suo tempo.
Prese in braccio Will, lo fece distendere sul divano in pelle nera, mettendogli una coperta addosso per riscaldarlo e confortarlo, e si sedette sulla sua poltrona, osservandolo e riflettendo sul fenomeno paranormale a cui aveva appena assistito. Quell'ombra dentro di Will era reale come aveva presupposto, per quanto non pensava fosse in quel modo...innanzitutto non era uno spirito, ma qualcosa di più misterioso. Aveva detto che ogni medium ha la sua parte oscura, ma quell'ombra aveva scelto Will. Doveva essere potente e speciale il ragazzo, e questo lo rendeva ancora più interessante ai suoi occhi, mentre gli altri lo avrebbero visto come un mostro. Will aveva dovuto subire umiliazioni e abbandoni soltanto per quello che era, ed Hannibal sentì uno strano impulso di volerlo proteggere ad aiutarlo nell'accettarsi. E non solo per la sua parte oscura, ma perché poteva già pregustare l'evoluzione che avrebbe avuto il suo essere, ed era invitante.
Il ragazzo aveva dovuto nascondere se stesso agli occhi del mondo, ma con lui non avrebbe dovuto farlo.
Improvvisamente si alzò dalla poltrona per poterlo osservare meglio, ed il volto dello psichiatra si addolcì nel posare lo sguardo sul viso del ragazzo profondamente addormentato. Alcuni riccioli gli sfioravano la fronte ed aveva le labbra socchiuse, le lunghe ciglia facevano ombra nelle sue guance. Aveva un viso perfetto, il naso della giusta proporzione, le labbra ben disegnate e leggermente carnose ed un bel collo decisamente virile e lungo. Hannibal si avvicinò di più e lo annusò; il ragazzo aveva il suo odore addosso, che misto a quello naturale della sua pelle, lo rendeva irresistibile. Un pensiero irrazionale lo sfiorò, di sporgersi e toccare con labbra ciò che aveva percorso con lo sguardo, perdersi nel suo odore e nelle emozioni che scorrevano in lui di quel momento... ma non lo realizzò, e lo custodì nella sua mente. Lui non era impulsivo e voleva capire la ragione di quell'improvvisa idea. O forse doveva dire attrazione, era la prima volta aveva pensieri simili nei suoi riguardi, d'altronde anche l'età era solo un ragazzino e lo era anche adesso. Ma in quel momento aveva qualcosa di diverso,  in quanto più lo osservava e più si accorgeva di quanto lo trovasse bello, unico...interessante.
Pensò che probabilmente derivava dal fatto che era per la prima volta lo vedeva per com'era davvero, perché solo quella sera aveva conosciuto tutto quello che era Will Graham, e comprese che gli piaceva quello che vedeva.
 
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«Hannibal...» fu il lieve sussurro che il ragazzo emise quando piano piano riprese coscienza, rendendosi conto che il suo ex psichiatra era proprio vicino a lui, per quanto lo vedesse sfocato, e di averlo chiamato per nome. Will sentì del morbido sotto la sua schiena e capì di essere sdraiato, probabilmente sul divanetto dello studio. Mentre un particolare calore avvolgeva il suo corpo, toccò con mano una coperta su di lui, sorridendo a quelle attenzioni. Ci volle qualche secondo per sollevarsi, visto che la testa gli girava, e alla fine, con un sospiro, ci riuscì. Aguzzò la vista, riuscendo finalmente a distinguere chiaramente il volto dell'altro, che pareva perfettamente calmo. Graham non ricordava di essere arrivato lì, e l'ultimo suo frammento di memoria era legato al bagno, quando improvvisamente aveva visto tutto nero. Si passò una mano sugli occhi esausto e con un dubbio a oscurargli i pensieri.
«Doctor  Lecter, che cosa è successo?» decise di chiedere, poiché di sicuro lui sapeva qualcosa. Hannibal si sedette nel divanetto all'altezza del suo stomaco, sospirando e posando le mani unite in grembo, e attese qualche secondo prima di parlare. Furono istanti durante i quali Will si lasciò trasportare da una sensazione di malessere e timore, pensando a cosa fosse accaduto, e si chiedeva se era lo stesso fenomeno che era successo nella casa dei Reeds poco prima.
«Sei uscito dal bagno con una tranquillità diversa rispetto a come ci eri entrato, avevi un'aria strana ma non ci feci caso. Ti sei seduto di fronte a me sulla poltrona e hai cominciato a parlare di quello che era successo stanotte, e  poi improvvisamente i tuoi occhi si sono fatti...luminosi, la tua voce ha preso una tinta strana e hai cominciato a ridere, e poi hai parlato.» sospirò puntando lo sguardo nel vuoto, pareva ricco di domande per quella situazione e il ragazzo sentì dei brividi freddi sulla schiena.
«Prima che potessi realizzare che cosa ti stesse succedendo, hai avuto una crisi epilettica e sei svenuto, immagino che qualcosa, o qualcuno, avesse preso il tuo posto, o forse dovrei dire la tua parte oscura, ovvero quella che hai sempre celato.» quando lo guardò Will non sostenne il suo sguardo, lo abbassò su un angolo della stanza, buio come egli stesso si sentiva. Non ricordava nulla di cosa Hannibal gli avesse raccontato, ma si fidava di lui e non aveva motivo di mentire. Oltretutto era tra le persone più oneste che conosceva.
«Alle volte ho il timore di svanire. Altre presenze, quando mi prendono, restano per poco tempo e poi se ne vanno. Sono riuscito, tramite letture e ricerche, a capire come non farle entrare in me senza il mio volere; ma con questo...non riesco. Quell'ombra ho paura che mi divorerà.» lo disse tutto d'un fiato e con sguardo sconsolato rivolto altrove.
«Non svanirai se imparerai a nuotare nelle acque di te stesso, ed ancora a te ignote di quello che sei; tu devi per questo accettarti totalmente. Non puoi cacciare tale parte, ma quindi accettare e capire e quando smetterai di aver paura di te stesso, vedrai.» Will annuì ma non rispose, assente mentre cercava di trattenere le lacrime.
«Will.» ed Hannibal lo richiamò a se stesso, così il ragazzo sospirò pesantemente e lo guardò.
«Sento di averti trascinato nel mio mondo...» si morse il labbro a disagio, si sentiva in colpa e ringraziò che la parte oscura come l'aveva definita lo psichiatra, non fosse rimasta più di tanto.
Hannibal gli sorrise con dolcezza, e della tenerezza si accese nei suoi occhi di ambra, facendo provare una sensazione di calore al ragazzo: non lo stava rifiutando né ripudiando ed era bello questo.
«Ho deciso io di entrarci, come tuo psichiatra ai tempi, e adesso desidero aiutarti anche in veste non ufficiale. Tu meriti questo, Will.» aveva un tono confortante e la sua voce riuscì a tranquillizzarlo, alzò le spalle e ricambiò il sorriso.
Dopo qualche secondo Hannibal aggiunse qualcosa, una domanda o meglio dire una richiesta.
«Prima, quando la tua parte oscura dominava, avevi iniziato a raccontarmi l'accaduto di questa notte, aprendoti e dandomi fiducia, vorresti proseguire?»
Will si torse le mani, ma d'altronde perché negarglierlo a questo punto? Lo stava supportando ed ascoltando, così sospirò un assenso.
«C'era una festa di Halloween a casa Reeds, era stata invitata tutta la classe dunque anche io. Sa che non sono molto socievole e situazioni di questo calibro mi mettono a disagio; ma sono andato sotto anche insistenza di mio zio che si sta prendendo ora cura di me.
L'atmosfera era banalmente horror, ho pensato che molti di loro nemmeno conoscono cosa sia la paura, il sentirsi camminare nel vuoto totale quando perdi dei momenti tuoi come se non fossero mai esistiti. È come se qualcuno fosse  entrato nella tua mente e avesse spostato tutti i mobili. O svegliarsi nel cuore della notte per gli incubi.» si passò una mano sul viso, gli occhi si erano fatto improvvisamente lucidi e si guardò le braccia ancora segnate da quei tagli che sotto le fasciature, li sentì quasi pulsare e aprirsi nuovamente. Un groppo prese la sua gola per quella visione e nel ricordare come se li fosse procurati.
«Eravamo tutti lì, ascoltando musica di vari film cult dell'orrore, quando ad un certo punto, alcuni ragazzi sono saliti di sopra, invitando anche a me. “Riunione privata”, così l’avevano chiamata. All'inizio non compresi perché volessero anche me, io che ero sempre stato isolato da tutti. Cosa potevo mai fare in una festa privata? Ma poi lo capii eccome...
C'era silenzio in quella stanza, ed era illuminata poco per rendere l'effetto. Jake, il figlio dei Reeds, propose un gioco e i suoi occhi azzurri si accesero luccicanti mentre la sua ragazza dai lunghi capelli neri, si avviò a prendere una scatola. Tutti gli sguardi erano puntati su di me e poi capìi.» deglutì nel ricordare quando vide quella tavola con Jake e gli altri che lo provocavano incitandolo a iniziare per primo, gli occhi di tutti e 4 i presenti a guardarlo e deriderlo.
Il viso magro della sua ragazza Bunny, l'altro paffuto del loro amico Brendan e quello ovale di Ted, si passavano sguardi tra di loro trattenendo una risata, mentre Jake capo del gruppo li guardava con aria superiore.
Will ricordò il senso di oppressione, e come l'aria gli fosse mancata nei polmoni in quel momento.
«Era una tavola ouija, loro non sanno...che cosa sono, però mi chiamano lo strambo a scuola. A questo ci sono abituato, in quanto a Filadelfia mi chiamavano mostro. Comunque, volevano che iniziassi io, rifiutai ma loro cominciarono a prendermi in giro ed a chiamarmi fifone e fui stupido, perché nonostante la paura mi sedetti con loro in cerchio.
Ridacchiavano gli idioti, io ad occhi aperti non dissi una parola mentre loro facevano finta di pronunciare un qualche rituale, purtroppo per quanto non conoscessero le parole ci vuole un non nulla ad aprire la porta.» Will cominciò a tremare e guardò Hannibal di sott'occhi, spaventato che potesse in qualche modo cambiare parere su di lui, ma l'altro lo guardava attendendo pazientemente e qualcosa nel suo sguardo lo fece sentire protetto.
«Qualcosa ti ha invaso non è vero? Qualcuno a te familiare?»
Il ragazzo annuì, pronto a continuare.
«Penso sia ciò che ha visto sta notte! Lui esce fuori solo in giorni particolari e oggi è un giorno particolare, il giorno dei mostri.» il tono di Will si incupì ed Hannibal arricciò le labbra.
«Samhain è il nome antico di tale festa, e si dice che gli spiriti siano più potenti. Si aprono le porte con altri regni e si può comunicare con essi.»
Graham lo guardò catturato dal suo sapere, pochi conoscevano ciò. Forse il nome della festa, ma il vero significato antico no oltre lui almeno. Lui che chiaramente aveva dovuto informarsi e fu lieto di vedere che Hannibal sapesse.
«Di solito passavo Samhain in casa. Non dormendo, quella notte, e rimanendo concentrato, riuscivo a controllarlo; ma questa notte...no. Non ricordo molto se non che ho preso un coltello cominciando a tagliarmi, forse li ho minacciati. Ad un certo punto prima che mi svegliassi, mi ricordo che avevo puntato il coltello al collo di Jake.
I loro sguardi...in ognuno c'era scritto che mi vedevano come uno psicopatico. Sono uscito di casa correndo via, accompagnato da vari insulti da parte loro. E diavolo, faceva così freddo...così tanto freddo, ma non mi importava. Volevo congelare e smettere di esistere.» il suo sguardo come il suo tono erano distanti, ancora sul ciglio della strada vicino a quel bosco oscuro e sentì persino l'aria gelida accarezzargli le spalle.
Improvvisamente, della caldi mani rimpiazzarono quel freddo.
«Will, quello che sei devi imparare ad accettarlo completamente. La società ti bolla come mostro perché non capisce quello chi sei. Nella loro piccola mente limitata hanno paura di ciò che non comprendono, ma non devi lasciarti influenzare. Devi, al contrario, assorbire tutto il tuo essere, e soltanto così potrai espellere alcune presenze negative. Tu sei potente ma nessuno ti ha insegnato a incanalare tale energia.» la presa sulle sue spalle si fece vigorosa e Will si scosse, tornando solo in quel momento nella stanza e capendo che Hannibal si era avvicinato a lui creando un contatto. Nel realizzarlo il suo cuore prese a galoppare velocemente, mentre le sue guance si tinsero d'imbarazzo. Incontrò il suo sguardo e in quegli occhi c'era un energia tale e potente quanto quella del sole, che non poteva non convincere che lui avesse ragione.
«Tu credi che posso farlo?» lo chiese con tono tremante e per un istante gli parve che Hannibal gli stesse guardando le labbra; ma fu talmente rapido che Will temette di esserselo immaginato.
«Ho grande fiducia in te Will, l'ho sempre avuta.» i suoi occhi come prima, si tinsero di una nota di dolcezza mentre lo guardavano come se gli stesse carezzando il volto. Will bramò quel contatto con tutto se stesso, e sentì fortemente nel suo stomaco tale desiderio.
«Insieme capiremo e riveleremo il tuo vero essere, ti do la mia parola.»
Will gli sorrise grato di tanta comprensione e le sue palpebre si fecero improvvisamente pesanti... era così stanco. Si chiese cosa la sua parte oscura avesse fatto per essere così privo di energie, ma dubitava che Hannibal gli stesse celando qualcosa, se non per il suo bene. E quando lo guardò non poté più dubitare.
«Vuoi che ti accompagni a casa? A quest'ora non è prudente che giri da solo e poi sei molto debole.» Hannibal si era staccato da lui ed alzato, dirigendosi alla finestra proponendogli ciò. Will non seppe dove prese il coraggio, ma dopo un grande sospiro rispose quello che voleva davvero.
«Potrei fermarmi qui questa notte? Mio zio non darà problemi dato sa che avrei dormito a casa dei miei compagni...se non la disturbo.» non arrossì neanche nel dirlo. La richiesta uscì semplicemente dalle sue labbra come se non fosse passata dal suo cervello; come se qualcun altro lo avesse indotto a dirlo.
Hannibal si voltò verso di lui, guardandolo con il capo di lato e un leggero sorriso tinto sulle labbra.
«Con piacere Will, ti accompagno alla stanza degli ospiti.»
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e con emozione lo seguì. Percorsero un corridoio né troppo lungo né troppo corto, tinto di colori caldi e con un morbido tappeto ad accompagnarli.
Hannibal si fermò ad una porta alla sua destra, aprendola per lui.
«Prego.»
Will ringraziò e si inoltrò nella stanza, rimanendo sbalordito della sua bellezza. Non era piccola come pensava ed aveva persino un letto matrimoniale, con un grande armadio in legno scuro e una finestra ampia che dava su Baltimora.
Si appoggiò alla porta voltandosi verso di lui e i loro occhi si incontrarono automaticamente. Era come se fossero in sintonia a vivere quel momento: lì uno di fronte all'altro immobili a guardarsi.
Will esplorò il suo viso, carezzando ogni sfumatura ed angolo di esso e pensando che fosse bello, a quanto i suoi zigomi fossero così alti e attraenti tanto che avrebbe voluto sfiorarli.
Di nuovo, il suo sguardo incontrò la sua bocca così interessante e così particolare,ed un pensiero totalmente all'infuori della ragione, invase il suo cuore. Lo sentì pulsare di desiderio e per qualche istante, non riuscì a staccare lo sguardo dalle sue labbra tentatrici di languidi pensieri.
Poi con una grande forza di volontà lo fece, riprendendosi da quell'incantesimo che era Hannibal Lecter.
«Allora, buonanotte.» disse a disagio, stringendo la porta con forza e fu inaspettato quello che successe dopo. Poiché Will non si era nemmeno accorto così catturato da lui, che Hannibal si era avvicinato.
Il suo cuore perse un battito a tale consapevolezza, e qualcosa nel suo basso ventre si mosse quand'egli allungò una mano per sfiorargli con il pollice una guancia. Will lo guardò negli occhi basito di quell'atteggiamento e lesse quella vena di dolcezza che gli sconquassava le membra, voleva chiedere  il perché di quel gesto ma non riuscì a dire nulla.
«Buonanotte, Will.» in un attimo la sua mano lasciò il suo viso ed Hannibal si distanziò non aggiungendo altro, incamminandosi lontano dalla stanza degli ospiti. Will ne fu un po' deluso ma poi passandosi una mano sul punto esatto in cui l'altro l'aveva toccato, non poté fare a meno di sorridere.
Forse quel gesto era di semplice affetto e non significava null'altro. Ma era stato dolce; un contatto così desiderato che non poté non fare sentire il ragazzo in una nuvola di benessere.
Entrò in camera ancora in quello stato, e per qualche secondo guardò fuori dalla finestra la buia Baltimora che salutò prima di andare a letto. Era talmente preso da quella sensazione, che non si accorse del suo riflesso nel vetro... era diverso da lui o almeno gli occhi, visto che brillavano intensamente di un verde scuro.
Will si distese nel letto ancora sorridente, e i suoi occhi luccicavano nel buio.
«Buonanotte, Hannibal.»
Intanto il vetro della sua finestra si appannò di una patina che avvolse anche la stanza; ma il ragazzo era troppo stanco e preso da quella piacevole sensazione e dell'immagine di Hannibal davanti agli occhi, per accorgersene e in pochi istanti si addormentò con facilità.

Angolo autrice: Buon Halloween/Samhain!!
Ciao a tutti un racconto horror a tema Hannigram penso ci stia :P come dicevo, Will è un po' differente per via dell'età ma spero sia IC e anche Hannibal. Mi sono particolarmente affezionata al suo pg da giovane (adoro anche Will Graham di suo) e ho voluto creare un ragazzo da tutti distanziato e che naturalmente, prova dei sentimenti per chi gli crede e non lo giudica, ovvero Hannibal, la prima cotta insomma (quando anche Hannibal è attratto ovvero quando Will ha 16 anni, l'età è giusta per un tema legale, per chi fosse interessato visto non è il suo psichiatra in quel momento)
È un racconto che ha colpito alcune corde del mio essere, non vi annoierò con i dettagli ma diciamo che so cosa vuol dire essere diversi in un modo che non lo è, ecco.
Ho voluto anche affrontare dei temi importanti che sono venuti da sé e sappiate che non voglio offendere nessuno e nemmeno per quanto riguarda l'orientamento sessuale di Will, visto supporto la comunità LGBTQA+ ma anzi far capire alla gente.
Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà!
Vi adoro Fannibals

 
   
 
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