Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Aborotto    01/11/2017    1 recensioni
"Mi chiamo Eren Jäger ho diciannove anni.
Perchè sto scrivendo? Per ricordarvi che libertà è una parola oltre i confini".
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eren Jaeger
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi chiamo Eren Jäger, ho 19 anni, vivo a Kyoto in Giappone. Perchè sto scrivendo? Per ricordarvi che libertà è una parola oltre i confini. Mio padre non è mai stato presente per me quando doveva, non ho avuto un'infanzia e quanto invidiavo i bambini che giocavano spensierati quando io già pensavo da adulto e a come avrei dovuto comportarmi. Avevo ,ed ho, la mente offuscata ,piena di pensieri che si dovrebbero fare da una certa età in poi, pensavo già da adulto all'età di sei anni questo perchè sono dovuto crescere prima degli altri. Ero grasso, robusto mi davano del ciccione del cicciobomba, mi tiravano schiaffi sulla pancia e ridevano di me, la scuola era diventata la mia seconda prigione la mia seconda tortura. Combattevo e non mi arrendevo per difendermi usavo le mani e da lì da quel momento ha cominciato a crescere dentro di me una cosa chiamata rabbia incontrollata, è un qualcosa che ho maturato nel tempo, qualcosa che mi permette di essere aggressivo anche quando non vorrei. I miei cinque anni di elementari passarono in fretta e già cominciavo a vestirmi da ragazza, perchè mi sentivo una ragazza, era un qualcosa di psicologico, qualcosa che avevo già da quando ero nato ma i miei parenti distrussero quel mio sentire, distrussero il vero me e cominciarono a completare un puzzle senza fine con diversi pezzi; alcuni , ovviamente, mancanti. Cominciai a vestirmi da ragazzo per loro, e reprimevo ciò che avevo dentro quel grande oceano di parole che avrebbe voluto uscire dal mio cuore con un urlo feroce. Alle medie cominciai una dieta che feci per loro, per i miei genitori. Mi dicevano che ero grasso, che avrei dovuto dimagrire, tutti mi prendevano in giro e loro, le persone che più mi avrebbero dovuto aiutare, gli davano corda. I miei parenti mi dicevano che avevo la pancia. Persi venti kg dopo due anni di tortura e fatica, passando una vita scritta da loro e non scritta me, reprimendo tutto ciò che mi passava davanti, il mio vero io si nascondeva sempre di più in quel bunker che stava diventando di cemento armato. In terza media ricevetti degli insulti pensanti da parte dei miei compagni di classe, che mi portarono ad essere autolesionista a rovinare ciò che gli altri avevano modificato, mi portarono al pensiero del suicidio, mi portarono alla rovina. Così arrivarono le prime sigarette, i primi tagli, i primi tentativi di suicidio che non volevo far smettere mi sentivo così bene a rovinare quell'errore che quei due mostri dei miei genitori avevano creato. Ma i problemi maggiori arrivarono alle superiori. Sono in gabbia. Sono in prigione. Sono al buio. Sono solo e vuoto. Scoprii di essere gay, mi piacevano i ragazzi e ne incontrai uno che mi fece perdere la testa. La nostra relazione era a distanza ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa, avrei dato la vita, ci eravamo incontrati per la prima volta a casa mia e dopo due mesi ci eravamo messi assieme. Lo dissi ai miei genitori, un errore che probabilemnte avrei dovuto evitare, mi fidavo di loro. All'inizio me lo facevano frequentare, lui era maggiorenne quindi noi davanti alla legge eravamo illegali; mia madre la prese bene ma mio padre no. Cominciò a trattarmi male, a farmi piangere, mi impedì di vederlo abbracciarlo, mi mise delle telecamere in casa per controllarmi, non mi permetteva nemmeno di abbracciarlo, non mi permetteva di amarlo. Il mio dolore era così grande così enorme, il vuoto che sentivo dentro di me, quando lui era distante. Tutto si complicava sempre di più, i pensieri vagavano nella mia mente alla velocità di un proiettile, le lacrime ormai erano abitudinali, io ero uno zombie vivente. Era solo grazie a lui se stavo in piedi, se riuscivo ad avere un pò di speranza, mi stava tirando fuori dal bunker. Cominciai a rivestirmi da ragazza e a mangiare ciò che volevo, ignoravo le regole dei miei e facevo di testa mia combattevo per la poca libertà che ancora avevo. Amici? Non ne avevo più non me li facevano frequentare, stavo cominciando a spegnermi ma lui mi riaccese , la nostra fiamma d'amore mai si sarebbe spenta, avrei combattuto fino all'ultima goccia di sangue, fimo all'ultimo respiro.  Per quello che era il mio universo. Non so perché vi sto raccontando la mia storia...ma questo è tutto quello che mi ricordo di allora, adesso ho diciannove anni me ne sono andato di casa con lui, siamo a Nara in una casa a bere la cioccolata calda con i marshmellow e a farci le coccole senza che nessuno dica nulla. Mio padre e mia madre sono morti da un pò e la loro tomba ormai ha la muffa, loro non erano e non sono nulla per me. Io adesso sono felice, ho combattuto contro il mondo per abbatere le mura e esplorare l'esterno. Che cosa ho visto? Il mio vero volto.
   
 
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