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Autore: mariaclaudiacalevro    01/11/2017    0 recensioni
"Le ossa fragili strepitarono assieme al focolare che le accarezzava violentemente la pelle, mentre era intenta a segnare la fine di quel fatidico capitolo."
Rose non ha mai conosciuto la sua vera famiglia.Non sa da dove venga, il suo vero nome ed il giorno preciso in cui è davvero venuta al mondo.
Sa solo di essere cresciuta al fianco della regina delle Terre Oscure e di aver imparato, con il tempo, a vivere in esse.
Schiava di quella macabra società senza regole, è ceduta alle pesanti tentazioni della droga e della prostituzione, ma Rose è diversa.Non è come tutti i vampiri: lei non è agile, non è svelta, lei non si può trasformare.
Ciò la spingerà a rifugiarsi sulla Terra scoprendo le sue vere origini e stravolgendo in modo permanente la propria vita.
•La storia è anche su wattpad-> @httpmmary
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Entrò nella stanza.

Notò subito il leggero fuoco che, con i suoi strepitii, copriva il rumoroso silenzio da cui era tormentata la sua mente.Pensava alla sua vita.

Ogni giorno si sentiva obbligata a svolgere le medesime cose, a seguire la solita routine, a fare gli stessi pensieri e a sopportare gli sguardi e le critiche regalate dalle stesse facce delle corrispettive persone.

Scrutò quella che era sempre stata la sua stanza preferita della villa in cui viveva sin da bambina:il salotto.Era ancora quello di un tempo, con la sua amata finestra che si affacciava sul centro città sempre in movimento.Da piccola si sporgeva spesso per guardare meglio, immaginando i pensieri e le vite delle persone che passavano ed ignorando i numerosi rimproveri della madre mai troppo severi.Le pareti dipinte di bianco erano ancora adornate di quadri creati dalle menti geniali di pittori a lei sconosciuti, probabilmente di strada.(I suoi amavano dare speranze ai giovani e promettenti artisti.)La libreria dai mille scaffali contenente tomi antichi, dischi di band storiche e i suoi vecchi sulla fattoria capaci di riprodurre i versi degli animali rappresentati, occupava ancora l'intero muro destro.Davanti ad esso, un semplice divano vintage in pelle nera a due posti abbinato alle due poltrone dello stesso tessuto e colore, poste rispettivamente una a destra e l'altra a sinistra del pezzo d'arredamento su cui era, oramai, costretta dai genitori a passare le sue vuote giornate soppressa dal peso eccessivo di una coperta di lana merino grigia.Tra il mobile scuro della televisione a schermo piatto ed il divano, era sistemato un tavolino da fumo in legno di mogano sul quale era appoggiata dal primo pomeriggio una tazza di tè ai frutti di bosco raffreddato.Non l'aveva nemmeno guardata: il pensiero di bere la bevanda calda, contenuta all'interno del recipiente in ceramica arancione, non le aveva sfiorato la mente neanche per un attimo.

Infine c'era il camino, antico, realizzato con mattoni di argilla rossa anneriti dalle ceneri residue della combustione.Sulla mensola che lo decorava, erano presenti diverse foto di quando era un'infante su cui si focalizzò per una manciata di secondi interminabili.Una lacrima maligna si fece spazio sul suo volto e, senza asciugarla, strinse alcuni fogli a righe pieni di scritte che teneva fra le mani magre ed affusolate:quasi non se ne accorse.Era strano un evento del genere, sin dalla tenera età dedicava particolare attenzione ai dettagli, anche ai più stupidi e si riempiva di domanda a cui spesso dava risposte probabili e logiche.

Scoprì da bambina di essere capace di comprendere l'anima delle persone che la circondavano, i loro pensieri, i perché dei gesti che caratterizzavano ognuno di loro e il motivo delle loro decisioni, generato dall'inconscio.Non si riteneva intelligente, in quanto non avesse mai trovato nel vocabolario una definizione che spiegasse il termine in questione descrivendo il suo piccolo talento.Non credeva di avere un alto quoziente intellettivo e nemmeno di essere astuta, furba e scaltra.

Gli anni passarono, crebbe, e smise di preoccuparsi del prossimo.Non lo fece nemmeno volontariamente, all'improvviso si annullò come persona.Le sembrava di aver perso ogni sua capacità, che più volte si era rivelata negativa e contraria al relazionarsi.Non riusciva più a capire i suoi desideri, sentimenti e tutto ciò che la costituiva.

Non si conosceva.

Dopo aver osservato per qualche attimo la stanza decise di sistemarsi davanti al camino, chinandosi sulle gambe ossute ed inginocchiandosi al cospetto della fiamma non violenta dei primi tre colori dell'arcobaleno.

Afferrò un bastone in metallo verniciato di grigio topo, chiazzato in diverse parti dal colore della ruggine formatasi negli anni.Si servì di quello per smuovere la legna ardente,  il fuoco divampò ed il calore eccessivo le investì il viso dagli zigomi concavi, facendole serrare le labbra sottili pallide e stringere gli occhi per il repentino sbalzo di temperatura.

Le iridi della ragazza erano accerchiate da una cornice violacea che non rendeva affatto giustizia alle sue pozze azzurre, ma nemmeno di quello le importava.

Le ossa fragili strepitarono insieme al focolare mentre cercava di sedersi, appoggiando la schiena sottile come la carta velina al muro imbiancato.Un sospiro rumoroso riempì la stanza, mentre cercava di calmarsi per qualche secondo: percepiva dolore in ogni angolo del corpo su cui, oramai, non aveva un normale controllo.Con una serie di movimenti lenti e il viso corrugato in un'espressione dolorante, tolse dai capelli biondi grano l'elastico nero che li teneva legati in una morbida treccia.Le onde chiare ricaddero sulle sue spalle, mentre riponeva i fogli scritti sulle gambe ossute coperte dal pigiama in pile rosa.Le sembrava surreale ogni suo movimento, non aveva la piena coscienza delle sue azioni.Come se fosse sotto effetto di droghe, con l'unica differenza di non averne mai abusato.

Afferrò con delicatezza la biro blu con cui aveva dato inizio a quella sua piccola avventura, decidendo in quel preciso istante che era giunto il momento cdi mettere un punto conclusivo a quella fase della sua miserabile vita.

 

Un potente flusso d'aria fredda, proveniente dalle terre nordiche, soffiava tra i sottili e selvaggi fili d'erba.Le chiome degli alberi frusciavano smosse da esso, mentre le foglie autunnali venivano strappate con  violenza dalle loro case.Faceva sbattere i rami secchi contro le persiane serrate, che risuonavano tenebrose nelle case chiuse a chiave.Fischiava malefico, insinuando il gelo trasportato nelle ossa di quelle rivoltanti creature che camminavano indifferenti nei vicoli cupi.Le nubi si stavano addensando velocemente nel cielo oscuro, illuminato unicamente dalla luce argentea emessa dalla luna piena.Poteva anche essere una notte particolarmente gradevole se avesse avuto una tisana alle erbe ed un libro dalle pagine ingiallite, ma non era così.Non quella sera.La donna si stava aggirando in una città, incappucciata e con il viso occultato.Indossava un lungo mantello nero che le copriva ogni angolo del corpo, solo le labbra rosee screpolate e rovinate dal vento erano visibili.

Era agile, si muoveva con sicurezza nelle strade fatte di ciottoli e sapeva come passare inosservata, ma dentro tremava.Aveva una paura folle ed il peso di aver commesso uno sbaglio troppo grande pressante sulle spalle, ululanti di dolore ed agonia per aver portare un fardello tanto struggente.Le lacrime le rigavano imperterrite le guance, la rabbia verso la propria persona le ribolliva a sinistra del petto.

Con passo silenzioso, si immerse nel quartiere dei Territori Sotterranei.Un odore acre si appropriò del senso olfattivo, mentre un conato le saliva rapidamente alla gola dopo aver calpestato la carcassa di una figura umana.Avrebbe giurato di aver sentito quello sterno sgretolarsi sotto alla pressione del proprio stivale in camoscio beige.

<< Merda. >> trovò il coraggio di proferire, regolando il tono della voce e spostando attenzione e sguardo sul pavimento: non c'erano solo alcuni corpi inermi sparsi, si trovava su ipotetici campi di guerra dove la sopravvivenza era l'oggetto del desiderio.

Ignorò l'orrore che si estendeva sotto alle suole, affinché potesse portare a termine il suo obbiettivo; non era abituata ad ambienti del genere in quanto nel suo paese non esistessero campi minati.

Strinse così la cesta che aveva tra le braccia, accelerando il passo accompagnato da frequenti scricchiolii delle ossa.

La bambina, dal canto suo, fissava la madre con le iridi violacee che spruzzavano curiosità in continuazione, visibile dalle pupille dilatate che si trovarono costrette ad allargarsi per la mancanza di luce.

Aveva immediatamente colto l'importanza che quella donna avrebbe avuto nella sua vita, ma nonostante ciò aveva paura:Dove stavano andando?

Quel posto era così buio, lei non ci avrebbe mai messo piede.Mai.Che fosse un modo per passare del tempo insieme?Si trattava forse di uno stupido gioco?Non lo sapeva con certezza, ma non si stava divertendo: iniziava a sentirsi davvero male.Le sarebbe piaciuto dirglielo, voleva farle sapere di essere terrorizzata da tutto quanto, che desiderava essere amata, protetta e tutelata.

L'unica cosa che chiedeva era di sentirla vicina.

Non sapeva come esprimersi, così iniziò ad agitarsi nella culla temporanea in vimini, scuotendo la copertina in lana blu ed iniziando a piangere in modo disperato.Urlava, voleva attenzioni dalla sua mamma.

<< Vuoi stare zitta, bastarda? >> le parole ferirono la piccolina, incapace di ribattere con altre parole crudeli.Non erano, però, le parole ad averla scalfita, non poteva ancora comprendere il significato dei termini.Venne ferita dal modo in cui erano state pronunciate, erano state dette con una certa severità e cattiveria, sibilante come una sagitta appena scagliata dal dio greco Apollo che mirava al centro del suo cuore.L'espressione dell'adulta era chiusa in una posa diabolica, le labbra spaccate in una linea.La sua mamma, ora, le sembrava il peggior mostro.

Si ammutolì, annaspando l'aria per riempire i minuscoli polmoni svuotati dalle lacrime che scivolavano ancora sulle sue guanciotte tonde , mentre chiudeva gli occhi, stremata.Si addormentò così, pensando dopotutto a quanto le volesse ancora bene.

La figura femminile la guardò di sbieco, chiedendosi come avesse potuto dar vita ad una creatura così.Con quale coraggio si sarebbe potuta ancora ammirare allo specchio?Quella bambina era totalmente sbagliata e più la guardava più ricordava il suo errore, doveva disfarsene.Quella situazione la stava logorando secondo dopo secondo, partendo dall'epidermide per proseguire con gli organi interni, le ossa ed infine l'anima.Come sarebbe andata avanti?Sarebbe stata immobile a guardare la propria vita scivolarle dalle mani o avrebbe reagito?

Stava perdendo sé stessa ed il senno, quelle erano le sue uniche due certezze.Se si fosse saputo del tradimento, se le voci avessero iniziato a girare tra i popolani, avrebbe distrutto anni di sforzi passati nel tentativo di costruire sulla propria immagine un'alta reputazione, non poteva permetterselo.

Non lei.

Si bloccò difronte alla reggia di Luanna, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Lady Darksbane, mente ogni muscolo si tese alla vista del maniero.Non l'aveva mai visto con i suoi occhi.

Si ereggeva spaventoso al centro di una recinzione in stile gotico di ferro battuto lavorato a mano, ricoperto da un sottile ed argenteo filo spinato che brillava alla luce delle candele bianche a forma di cilindro sparse nel viale in lamine di granito.

Costituito da cinque torri, una enorme centrale e le altre quattro che fungevano da contorno, era realizzato in ossidiana e decorato da bassi rilievi intagliati a mano dalle più abili mani degli schiavi.Così aveva letto in alcuni libri riguardanti la tremenda e temibile stirpe nobile vampiresca dei Van Haussen, regnanti di quelle terre e suoi nemici dalle origini.

Si fece avanti, spingendo con la semplice mano curata il cancello semi aperto che si aprì in un cigolio straziante proveniente da vecchi cardini senza olio.Si avvicinò titubante all'ingresso, camminando in mezzo a quei lumini che trasmettevano tutto tranne che sicurezza, scoprendo in quel momento che i basso rilievi rappresentavano scene di epidemie, genocidi ed eucarestie.

Appoggiò la cesta in prossimità del portone blindato in legno massiccio, decorato unicamente da un battiporta in ottone a forma di pipistrello.Si trovò a pensare a quanto fosse veramente ridicolo quel luogo e a quanto quella società fosse così corrotta ed egocentrica al confronto con la propria molto più regolamentata.

Attorno al palazzo si estendeva un vasto giardino in cui erano piantati solo cespugli e piante di Rose nere, con la comparsa in alcune zone del giardino di statue in marmo brillante raffiguranti gargoyle o molto più semplicemente persone decedute ed importanti della nobile famiglia.Si alzò in piedi dirigendosi verso la pianta più vicina per provarla della sua rosa più bella, attenta a non strappare ed a non pungersi i polpastrelli delle dita con lo stelo.Avvicinò il fiore al naso e ne rimase piacevolmente sorpresa.

Non si sarebbe mai aspettata un profumo delicato da quei petali malinconici che odoravano vagamente di vaniglia con qualche sfumatura del classico aroma della stirpe madre.Sistemò il bocciolo dischiuso al fianco della bambina di cui non aveva specificato il nome, nonostante glielo avesse dato.In realtà era strana la procedura per dare i nomi, lo decideva Madre Natura per loro.

Le rimboccò la copertina, sperando in cuor suo che non passasse troppo tempo all'esterno e lasciandole un leggero bacio sulla fronte.Le parve di vederla contrariata al gesto, ma poteva capirla perfettamente.

Posò la mano sulla maniglia del pipistrello tinto d'oro battendo una sola volta sulla superficie di legno lucidato.Poi, fu tutto un succedersi di istanti:i primi passi della domestica che accorreva alla porta, il volo di alcuni animali notturni spaventati dal suono improvviso ed il vento ancora più prepotente.

La donna misteriosa scomparse immediatamente in una nube di polvere dorata, che si mischiò assieme alle ceneri innalzate dal vento danzanti a ritmo degli urli strazianti della neonata.

Ella aveva appena compiuto il primo grande sbaglio della sua vita e non lo avrebbe mai ricordato se non unicamente in quell'istante, in cui aveva smesso di fidarsi della donna che senza amore l'aveva messa alla luce.

 

Chiedo scusa per probabili errori di battitura e/o grammaticali.

-Mary.

 

   
 
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