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Autore: LadyBones    01/11/2017    1 recensioni
Dal testo:
[...] "Quando dice qualcuno intende l'Hydra, non è così?" Mi ritrovai a trattenere il respiro in attesa della sua risposta e, quando finalmente arrivò, fu come ricevere una pugnalata in pieno petto. "No, non semplicemente l'Hydra, ma la loro arma migliore." [...]
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nick Fury, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We Are All Lost Stars Trying To Light Up The Sky'
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È incredibile quanto riusciamo a dipendere dagli altri, nonostante ci vantiamo di essere delle persone totalmente indipendenti. Io credevo di esserlo, lo credevo sul serio. Insomma, vivevo da sola ormai da tempo e avevo la possibilità di fare le mie scelte indipendentemente dal fatto che fossero giuste o sbagliate. Eppure, tutto quello aveva finito per non avere senso nell’esatto momento in cui mi ero ritrovata a penzolare a un paio di metri di altezza.

L’unica cosa che mi impediva di precipitare al suolo era la mano di un uomo. Avevo creduto di non farcela solo qualche secondo prima, ma a voler essere onesta quando avevo avvertito quella presa trattenermi non ero riuscita a tirare un sospiro di sollievo. Aprire gli occhi di scatto era stato involontario perché, nonostante tutto, avvertire il metallo avvolgere il mio braccio era stata una sorpresa.

Mi ritrovai, così, a fissare due paia di occhi chiari così maledettamente familiari. Eravamo rimasti lì a fissarci per quelli che erano sembrati i secondi più lunghi della mia vita, mentre in lontananza riuscivo ad avvertire un suono indistinto – sicuramente le persone sotto di me, ma non avevo avuto il coraggio di distogliere lo sguardo. No, i miei occhi erano rimasti ancorati a quelli di Bucky come se fossero alla disperata ricerca di qualcosa – qualsiasi cosa. Sembrava, però, che tutto quell’azzurro avesse finito per trasformarsi di nuovo in un abisso. Lo stesso che avevo visto quel giorno sul ponte.

Avrei voluto trovare il coraggio di dirgli che mi dispiaceva per ciò che avevo fatto – per non aver mantenuto la mia promessa – ma non ne ebbi il tempo. Fu nel momento in cui credevo che mi avrebbe lasciata andare che notai qualcosa di diverso. Era stato veloce, talmente veloce che per un attimo ebbi la sensazione di essermi voluta semplicemente illudere. Era stato un po’ come vedere una piccola scintilla scoppiettare. Fu come rivedere quel ragazzo a cui avevo chiesto di non dimenticarmi e che si era preoccupato di farmi sapere – nel modo più tenero possibile – che non lo avrebbe fatto.

Lui aveva finito per mantenere la sua promessa.

Avvertii la stretta della sua mano farsi più salda mentre mi tirava su, l’altro braccio a cingermi la vita. Un secondo più tardi mi ritrovai a toccare terra e mi lasciai trascinare lontano da quella finestra senza opporre resistenza. Bucky si fermò solo quando le sue spalle non finirono per toccare il muro dietro di lui.

Sono qui, è tutto ok.

Lo aveva sussurrato al mio orecchio, piano. E sarà stato, forse, tutto lo stress accumulato o il fatto che appena un attimo prima avevo creduto di non farcela, ma avevo finito per crollare. Le lacrime avevano fatto capolino sulle mie guance non appena lo avevo sentito pronunciare quelle esatte parole. Dio, come ero stata stupida. Lo avevo sentito parlare di missioni e avevo temuto il peggio, ma lui ricordava tutto – ogni singola dannata parola.

Sentii le sue braccia avvolgermi un po’ più forte cercando di frenare i miei singhiozzi e non potei fare altro che affondare il mio viso nel suo petto. Inspirai a fondo, respirando quell’odore che sapeva di terra, vecchi ricordi e Bucky e non potei fare a meno che lasciarmi sfuggire un sorriso.

Ti porto via da qui. Sta sempre vicino a me, ok?

Lo aveva detto con uno strano tono nella voce che non ammetteva repliche e, onestamente, per una volta nella vita non avevo assolutamente intenzione di ribattere. Oh, col cavolo che lo avrei fatto.

Mi asciugai velocemente gli occhi con il dorso della mano, prima di fare un passo indietro a sciogliere a malincuore quell’abbraccio. Lo vidi stringere un po’ di più la presa sull’arma che teneva stretta in una mano, mentre con l’altra mi sospingeva lentamente verso il corridoio in direzione dell’uscita.

Aspetta, dobbiamo portare via con noi Tim.

Affermai decisa sollevando lo sguardo verso Bucky che dall’occhiata che finì per rivolgermi non sembrava molto entusiasta dell’idea.

Non c’è tempo.

Non posso lasciarlo indietro, gli ho promesso che lo avrei portato via da qui e ho intenzione di farlo.

Bucky sollevò gli occhi al cielo, ma non disse nulla. Si voltò semplicemente diretto verso la zona in cui era avvenuta l’esplosione, giusto a qualche metro da noi. Inutile dire che gli andai immediatamente dietro cercando di fare il meno rumore possibile. Magari se avessimo avuto un po’ di fortuna gli uomini che mi stavano dando la caccia avrebbero finito per credere che non ce l’avessi fatta dopo l’esplosione. Io di certo lo avevo pensato.

Seguii un passo dopo l’altro Bucky, ritrovandomi a calpestare pezzi di calcestruzzo avvertendoli scricchiolare sotto la suola delle mie scarpe. Mi ritrovai a trattenere involontariamente il respiro, pregando che Tim fosse sano e salvo. Quando vidi la sua maglietta blu e il suo ciuffo di capelli sbucare in mezzo ai due armadietti leggermente ammaccati, tirai un sospiro di sollievo. Dio, di quel passo avrei rischiato un infarto nonostante la mia giovane età.

Lo vidi sporgersi per sbirciare che il passaggio fosse libero, quando non si ritrovò – voltatosi – a fissare Bucky ancora armato. Vidi Tim balzare per lo spavento, sollevando le mani per aria.

Whoa, whoa! esclamò finendo per agitarsi.

Bucky sollevò una mano per aria portandosi un dito davanti la bocca facendogli segno di far silenzio. Senza pensarci due volte, feci un passo di lato lasciando notare la mia presenza a Tim che non appena mi vide sgranò gli occhi per la sorpresa prima di gettarmi le braccia al collo. Barcollai appena con le braccia a mezz’aria cercando di mantenere l’equilibrio.

Dio mio, Lenny, credevo fossi morta!

Lo disse in preda a quello che doveva essere un attacco di ansia a tutti gli effetti e la cosa, onestamente, non mi meravigliava più di tanto. Mi sarei preoccupata se dopo tutto ciò che fosse successo Tim fosse rimasto impassibile come una statua. Mi schiarii la gola lievemente imbarazzata, prima di sciogliere quella specie di abbraccio e fare un passo indietro.

Sono ancora tutta intera.

Lo rassicurai sorridendo appena, prima di avvertire Bucky farsi appena più vicino prima di prendere parola.

Non per molto se continuiamo a restare qui.

Mi ritrovai ad annuire sapendo che aveva ragione. Notai lo sguardo interrogativo che si ritrovò a lanciarmi Tim, visto e considerato che appena un attimo prima gli avevo urlato di correre non appena avevo posato il mio sguardo su Bucky.

Hai ragione, dobbiamo andare. Ti spiego tutto dopo… sussurrai prima di tirarlo per un braccio e sospingerlo nella direzione in cui eravamo appena arrivati.

Tim, dopo un attimo di esitazione, si decise a muoversi seguito a ruota da me e, subito dopo, da Bucky. Tra quei lievi scricchiolii provocati dai nostri passi ne avvertii uno di troppo. Onestamente, non saprei neanche dire cosa sia successo con precisione. Un attimo stavo camminando lungo il corridoio, rasente il muro e quello dopo mi ero ritrovata il corpo di Bucky a farmi da scudo dai proiettili. Avvertii la sua mano di metallo avvolgermi e attirarmi più vicina, mentre inclinava appena il busto dal lato della mano in cui impugnava la pistola scaricando il caricatore contro l’uomo che era sbucato dal nulla. Tim, invece, aveva avuto la prontezza di trovare riparo da quella pioggia di proiettili. Credo che stesse iniziando a capire come funzionava, così come io avevo capito che era arrivato il momento di imparare a usare uno di quei dannati aggeggi se volevo restare in vita. Decisamente.

Avvertii il corpo di Bucky sussultare appena, prima di avvertire il rumore assordante degli spari cessare. Il secondo più tardi stavamo correndo lungo quel dannato corridoio e, finalmente, riuscimmo a percorrerlo fino in fondo una volta per tutte.
 
 
 

***

 
 
 
Usciti dall’università confondersi con la folla era stato molto più facile di quanto avessi immaginato. Tutti erano intenti a cercare di capire che cosa fosse accaduto, chi fossero quegli uomini. C’era chi impugnava il proprio cellulare quasi come fosse un’arma, chi pronunciava i nomi dei propri amici o conoscenti a voce alta per cercare di capire dove fossero e chi non faceva che spingere per scappare da quello che si era trasformato in un vero e proprio inferno.

Continuammo a camminare facendoci largo tra la folla e qualche spintone più tardi riuscii, finalmente, a poter respirare normalmente. Velocemente ci infilammo nella prima stradina deserta sulla nostra destra, senza che nessuno si fosse realmente azzardato a dire nulla. Non che la cosa fosse poi così strana. Bucky era davanti a noi ed era risaputo che non fosse poi un così grande chiacchierone. Tim era alle mie spalle – le mani infilate nelle tasche dei jeans – con la solita espressione che aveva quando solitamente prendeva a rimuginare su qualcosa. Io, invece, mi ero ritrovata a camminare tra i due – il cappuccio calcato sulla testa, la mano destra infilata in tasca per nascondere il sangue – senza riuscire a smettere di incolparmi per quanto successo.

Ero talmente immersa nei miei pensieri che, onestamente, non saprei dire quanto tempo restammo a camminare tra i vicoli meno affollati della città sempre a qualche passo di distanza uno dall’altro. Adesso, capivo perfettamente cosa significava essere un fantasma. Sollevai lo sguardo in direzione di Bucky restando a fissare la sua schiena qualche secondo di troppo. Lo vidi voltarsi appena incrociando il mio sguardo, e fu un po’ come essere colta con le mani nel sacco. Distolsi velocemente lo sguardo, ma onestamente non riuscii a tenere i miei occhi per due secondi di fila lontani dalla sua schiena – il mio autocontrollo stava andando lentamente a farsi benedire, ormai non vi era alcun dubbio.

Scossi la testa a quel pensiero prima di vedere Bucky svoltare per l’ennesima volta, prima di dirigersi verso ciò che sembrava l’entrata posteriore di un palazzo semiabbandonato. Ci intrufolammo uno per volta all’interno, raggiungendo velocemente l’ascensore. Era uno di quelli che si usano solitamente in palazzi così grandi e non incredibilmente nuovi. Talmente grandi da poter benissimo contenere un pianoforte al loro interno e riuscire a trasportarlo fino all’ultimo piano.

Una volta al suo interno, Bucky afferrò la leva posta in alto tirando giù la porta dell’ascensore e qualche secondo più tardi ci stavamo muovendo. Ne avevo approfittato, così, per appoggiare le spalle al muro di metallo tirando un profondo sospiro di sollievo – per quanto mi fosse possibile. Potevo anche essere sopravvissuta ad un attacco da parte dell’Hydra, ma non sarei mai riuscita a sopravvivere a Fury. Già immaginavo la vena sulla sua fronte pulsare in maniera allarmante. Inclinai la testa all’indietro chiudendo gli occhi per un attimo e non potei fare a meno di darmi dell’idiota.

Fu in quel momento che avvertii Tim farsi più vicino e mi ritrovai, mio malgrado, a sussultare appena. Aprii gli occhi di scatto prendendo a fissarlo e sono certa di non essere riuscita a nascondere il mio senso di colpa. Prevedevo vederlo accusarmi da un momento all’altro, ma in realtà avevo dovuto ricredermi.

Ok, onestamente non credo di aver capito cosa diavolo sia appena successo, ma al momento c’è qualcosa di più urgente di cui forse dovremmo discutere…

Lo sentii sussurrare prima di lanciare un’occhiata allusiva in direzione di Bucky. Spostai lo sguardo dall’uno all’altro sapendo che avrei dovuto dare delle spiegazioni, ma non ero del tutto pronta. Decisi, così, di fare la parte di quella che non aveva la più pallida idea di che cosa si stesse parlando e la mia unica risposta fu un’alzata di spalle.

Il tuo amico ha fatto fuori delle persone davanti a noi! Quando lo hai visto hai tipo dato di matto dicendomi di correre via e lui… Dio, ha un fottuto braccio di metallo!!

Lo aveva praticamente sputato fuori, segno che ormai aveva raggiunto il suo limite. Non che la cosa non mi sorprendesse, ma per quanto Tim avesse cercato di mantenere un tono basso e, per quanto Bucky fosse rimasto immobile davanti a noi, sapevo che aveva sentito tutto. La sensazione che provai in quel momento non mi piacque, lo capii dal modo in cui mi misi sulla difensiva come se tutte quelle parole erano state sputate contro di me e non contro qualcun altro.

Mi ritrovai, così, a voltarmi in direzione di Tim trovandomi faccia a faccia con lui.

Ascolta, so che ciò che hai visto è davvero tanto poter digerire. Lo capisco, ok? Ma adesso puoi tirare un respiro di sollievo e stare tranquillo, sei al sicuro.

Come diavolo fai a stare tranquilla con qualcuno che ha appena…

Perché di quel qualcuno mi fido.

Probabilmente ero stata brusca e, forse, quello non era ciò che Tim si aspettava sentirsi dire da me, ma non avevo potuto farne a meno. Capivo ogni sua singola preoccupazione, ma nonostante tutto ciò che era successo quel giorno – nonostante i dubbi e le paure – non riuscivo proprio a vedere quel mostro che tutti si sforzavano di trovare in Bucky. Proprio non ci riuscivo.

Lanciai un’occhiata nella sua direzione, prima di avvertire l’ascensore fermarsi. Quando le porte finalmente si aprirono schizzai letteralmente fuori da quel quadrato di ferro. Dovevamo essere all’ultimo piano o quello che doveva essere stato un attico. Mi guardai intorno notando qualche mobile qui e lì, ma per il resto quel posto doveva essere disabitato da tempo ormai. In un angolo, il più vicino all’uscita, era posato uno zaino e non ci misi molto a riconoscerlo. Feci qualche passo in avanti quando il mio sguardo non fu attirato da un diario posato sul tavolo. Lo stesso che avevo regalato a Bucky prima che andasse via.

Sfiorai con i polpastrelli la pelle marrone, corrugando appena la fronte. Quel posto non era poi così disabitato come sembrava, ma la cosa non aveva senso. Per quale motivo Bucky aveva finito per ritrovarsi a vivere in quel posto?

Vivi qui…

La mia non era stata una domanda, ma una semplice constatazione. Bucky aveva annuito semplicemente senza aggiungere altro. Mi voltai nella sua direzione cercando un contatto con i suoi occhi e lo trovai.

Steve?

Non riuscii a impedirmi di chiederglielo. Insomma, lo avevo lasciato consapevole che sarebbe ritornato dal suo migliore amico per poter finalmente parlare con lui e, invece, si era ritrovato a vivere tra le quattro mura più tristi che avessi mai visto. Bucky non disse nulla, si avvicinò semplicemente nella mia direzione prima di sporgersi oltre la mia spalla aprendo il diario. Lanciai un’occhiata nella sua direzione, fino a che il mio sguardo non fu attirato da una foto incastrata tra quelle pagine – la mia foto. La stessa che Fury aveva tirato fuori quando era venuto a trovarmi per parlarmi.

Non l’ho mai incontrato.

Al suono di quelle parole i miei occhi finirono per sgranarsi e riempirsi improvvisamente di lacrime. Dio – che cosa avevo combinato. Avevo ottenuto, senza volerlo, ciò che avevo sempre desiderato privando lui dell’unica cosa di cui avesse realmente bisogno. E lo sentii chiaramente, il mio cuore spezzarsi. Avrei voluto dirgli che mi dispiaceva così tanto e se fossi potuta tornare indietro avrei cambiato tutto –ogni singola cosa – ma le parole mi morirono in gola. Sollevai gli occhi scontrandomi con l’azzurro dei suoi senza riuscire a leggerci cosa vi era al di là.

Restammo lì a fissarci senza dire nulla, quasi con la paura che tutto potesse scomparire se avessimo distolto lo sguardo. Fu Tim, schiarendosi la gola, a costringerci ad interrompere quel contatto.

Qui sarete al sicuro, almeno per il momento.

Quello di Bucky era stato un sussurro e – afferrato il suo diario – aveva finito per voltarci le spalle, raggiungendo una porta a vetri sparendo al di là di essa. Io me ne rimasi al mio posto come una perfetta idiota. Ero consapevole di riuscire a fare un disastro dopo l’altro, ma questa volta mi ero superata e se la cosa non fosse stata così grave mi sarei sicuramente congratulata con me stessa.

Non hai davvero intenzione di restare qui, vero?

Mi chiese Tim facendosi più vicino, le braccia incrociate al petto. Spostai lo sguardo verso di lui, prima di tornare a fissare la porta a vetri.

Per quanto ti possa sembrare assurdo, al momento, questo è il posto più sicuro per entrambi.

Sussurrai avvertendo il suo sguardo interrogativo puntarsi su di me. Sospirai sonoramente voltandomi verso di lui e posando le mie mani sulle sue braccia.

Ascolta, ho fatto un casino e mi dispiace. Non avrei voluto mai coinvolgerti in questa storia, non avrei mai voluto coinvolgere nessuno. A dire il vero, non avrei mai voluto niente di tutto questo eppure è successo. Ti ho promesso che non ti sarebbe successo niente ed è ancora così, devi fidarti di me. Troverò una soluzione, ma prima devo sistemare una cosa.

Iniziai a parlare e, stranamente, tutto uscì fuori così facilmente. Il problema, però, non era Tim, ma la persona che era sparita nella stanza di fianco. Sollevai lo sguardo e, solo quando il mio amico mi diede un cenno di assenso lievemente convinto, lascia andare la presa sulle sue braccia. Lo vidi sospirare e guardarsi intorno prima di andare a sistemarsi in quello che un tempo doveva aver avuto l’aspetto di un divano, quanto meno.

Lanciai ancora un’occhiata nella sua direzione avvicinandomi in direzione della porta a vetri. Bussai appena, prima di intrufolarmi all’interno della stanza. Bucky era vicino ai piedi del letto, la maglietta che aveva indosso poco prima tra le mani e sul fianco una macchia di sangue.

Sei ferito.

Sussurrai non riuscendo a impedirmi di avvicinarmi e sfiorare appena il suo fianco. Doveva essere stato colpito mentre cercava di farmi scudo con il suo corpo, ma fortunatamente sembrava solo una ferita di striscio. Lui in tutta risposta, afferrò la mia mano destra girandola il palmo verso l’alto.

Anche tu.

Abbassai lo sguardo sulla mia ferita ricordandomi improvvisamente che fosse ancora lì. Sicuramente non era una delle mie priorità del momento. Mi morsi il labbro inferiore, continuando a rimanere lì senza riuscire a muovermi di un solo millimetro così come sembrava non volerlo anche lui. Dio – quant’era difficile essere coraggiosi, soprattutto in quel momento. Tirai un respiro talmente profondo che avvertii quasi i polmoni bruciare. Sollevai gli occhi verso di lui, notando come non avesse smesso di guardarmi per tutto il tempo. Ero sul punto di parlare e togliermi finalmente quel peso dal petto, quando lui non finì per precedermi.

Hai avuto paura di me?

Lo chiese con un filo di voce ed era stata talmente tanto improvvisa la sua domanda che mi ero ritrovata a fissarlo perplessa, non riuscendo davvero a capire a cosa si stesse riferendo.

Prima, quando eravamo in quel corridoio… quando ho sparato e tu sei scappata…

Fu allora che capii a cosa si stesse riferendo e mi ritrovai ad annuire. Si riferiva al momento in cui aveva pronunciato quella frase. Lei è la mia missione.

Sì, ho avuto paura, ma è molto più complicato di così. Credevo che tu… insomma, che per colpa mia… ho avuto paura che ti fossi dimenticato di me.

Lo sussurrai piano sforzandomi di sorridere, ma avvertendo gli occhi pizzicare appena. Non avevo mai avuto paura di lui, ma avevo temuto che il mio tornare indietro avesse cancellato qualcosa a cui tenevo.

Dimenticato?

Mi aveva fatto eco e io ero improvvisamente esplosa.

Ho fatto un casino, mi dispiace.

Ti riferisci a quella foto?

Sì, è tutta colpa mia quello che è successo o se tu non hai incontrato Steve e quando ti ho visto lì… io… tu hai detto che ero la tua missione, e ho creduto che fossi lì per me. Capisci? Lì per me.

Parlai talmente velocemente che fui costretta a respirare a fondo una volta finito. Bucky si ritrovò a fissarmi negli occhi con un’intensità tale da farmi quasi paura per quello che avrebbe potuto significare. Un secondo più tardi, avvertii le sue braccia attirarmi più vicina e stringermi. Ricambiai quella stretta quasi d’istinto, come se improvvisamente non riuscissi a respirare e lui fosse l’unica fonte d’ossigeno nelle vicinanze.

Ero lì per te, ma ti avevo promesso che non mi sarei dimenticato di te ed è quello che ho fatto.






 


NdA:
Ciaooo, rieccomi con un nuovo capitolo. Dovete scusarmi, ma ultimamente vado davvero a rilento. Purtroppo studio e impegni vari alle volte mi impediscono di essere più puntuale, nonostante i capitoli siano già scritti. In ogni caso, ringrazio tutti voi che avete deciso di continuare a seguire questa storia e a chi di voi abbia perso un pò del suo tempo per commentare. Ringrazio tutti voi e mi auguro con tutto il cuore che questa storia stia continuando a piacervi. Se vi fa piacere fatemi sapere che cosa ne pensate. 
A presto, 
- LadyBones. 

 

   
 
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