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Autore: classicfra    02/11/2017    0 recensioni
«Salì velocemente le scale, ansimando per la paura. Aveva un terrore che la faceva stare male; che la rendeva quasi inerme. Arrivò davanti alla porta e un odore acre le entrò dentro le narici. Spaventata spalancò quell'ammasso di legno vecchio e trovò suo padre, il suo caro padre, steso a terra, morto. Scoppiò in un pianto isterico, il fiato cominció a mancarle e la testa iniziò a girare. Si accasciò a terra e riuscì a scrutare la figura del padre meglio: del sangue gli colava dagli angoli della bocca, aveva un buco nel petto, probabilmente colpo di pistola. Era steso a terra come se fosse stato a metri e metri sopra la terra e poi si fosse schiantato violentemente sul freddo marmo di casa loro[…]» lesse Spencer, poi alzò la testa dal fascicoletto e sorrise ad Hannah.
«L'hai scritto davvero tu?» sorrise dolcemente, con quegli occhi grandi e scuri che scrutavano meravigliati lo scritto nelle sue mani.
«Già» disse semplicemente Hannah, troppo freddamente per averlo detto la Hannah che stava conoscendo a poco a poco Spencer.
Spencer sapeva benissimo che quello scritto non era solo frutto della sua immaginazione.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Quell'ascensore emanava un profumo di vaniglia, tornò a quando aveva cinque anni, quando la sua adorata nonnina le preparava la torta Margherita. Bei tempi quelli. La famiglia era al completo, tutti felici e contenti, nonni vivi. Poi cambiò tutto. I pensieri svanirono in un lampo quando il cellulare trillò. “David Rossi: Appena arrivi al nostro piano svolta a sinistra” Si leccò lentamente le labbra, pensando. Cercò di accettare e realizzare il fatto che sarebbe entrata a far parte della BAU dell'FBI. Si guardò allo specchio enorme dell'ascensore e si sistemò i morbidi ricci biondi. L'ascensore si aprì e lei potette finalmente vedere l'ufficio dove lei avrebbe lavorato per un po' di tempo. Era enorme e spazioso, i mobili nuovi; si vedeva che li cambiavano spesso. Anche qui permeava l'odore di vaniglia, che la rilassava almeno un pochetto. Prese un respiro profondo e andò verso sinistra, come le aveva indicato David. Si girò e lo trovò lì, sorridente e con le braccia conserte. David Rossi era un uomo di mezza età con una barbetta mezza castana e mezza brizzolata, occhi castani e i capelli, anche loro, castani. «Buongiorno Hannah!» sorrise ancora di più David. «Buongiorno anche a te, David.» sorrise anche lei, raggiungendolo a suon di tacco 12. Notò solo in quel momento il parquet meraviglioso, molto pregiato e di un colore chiaro e splendente. «Non vedevo l'ora di averti nella nostra squadra!» sorrise ancora, dolcemente, come un padre. Lui era stato un amico stretto di suo padre, quindi David la conosceva da molto, moltissimo tempo. Sin da quando era piccina. David aveva notato sin da subito che il suo quoziente intellettivo era più alto di qualsiasi persona che conoscesse. La considerava un genio, un vero e proprio genio. «Grazie! Anche io non vedo l'ora di entrare a far parte della squadra. Voglio muovermi, capire e scoprire le intenzioni dei criminali. Un sogno finalmente avverato» disse lei, aggiustandosi il tailleur. «Bene, allora te li presento. Posso?» sorride l'uomo, porgendole un braccio, lei incastrò il suo con quello di Rossi e si avviarono verso una porta di legno. Ed entrarono in una stanza non troppo grande, ma piena di mobili: al centro troneggiava una grossa scrivania di legno, con tante foto di famiglia di Rossi -che lei conosceva tremendamente bene - e molti documenti accatastati. Attorno alla scrivania c'era una sedia blu, comodissima, probabilmente quella di David, e accanto a quella blu c'erano delle sedie nere, sicuramente meno comode di quella di David. A sinistra, attaccata sulla parete, c'era un'enorme cartina della California, ma probabilmente ne dovevano avere altre di specifiche altre località americane. Dentro la stanza c'erano cinque persone: i suoi nuovi colleghi. Gli regalò un sorriso smagliante, per niente finto, come era solita fare, quando era in ansia. Questo era un sorriso vero: a primo impatto sembravano tutti persone simpatiche, o perlomeno normali. «Bene. Ragazzi, lei é Hannah Prentisstown, viene da Chicago ed era la figlia di un mio caro amico. Ora lavorerà con noi come psicologa e criminologa.» Sorrise Rossi, per poi sorridere ad Hannah. Anche la riccia sorrise a Rossi, e poi alla squadra. Il primo ad avvicinarsi a lei fu un affascinante uomo sulla trentina, di carnagione scura, muscoloso e dai lineamenti spigolosi. Un bell'uomo, assolutamente. «Lei sarebbe Derek Morgan, piacere» disse lei, tendendo la mano all'uomo. «Esattamente, piacere» ricambiò Morgan Un altro uomo si avvicinò, anche lui sulla trentina, ma un po' più vecchiotto di Morgan. Capelli corvini, occhi azzurri, muscoloso e affascinante anche lui. Ma non era il tipo per Hannah, sembrava un po' severo e in lotta con la vita. «E lei Aaron Hotchelin, ho sentito molto parlare di lei.» allungò la mano anche a lui Lui sorrise e la strinse. «Siamo così famosi?» ridacchiò Morgan a quello che era sicuramente il dottor Spencer Reid, che sorrise. «Per David Rossi sì, e anche molto direi» ridacchiò Hannah, guardando il suo complice, che scoppiò in una risata cristallina. Poi una donna dai capelli biondi, lunghi e lisci. Il suo sorriso sembrava rassicurante, era sicuramente una mamma: si poteva notare dai modi di fare materni e le occhiaie profonde. Il bambino non doveva essere tanto grande. «JJ?» chiede nuovamente Hannah, come se fosse un gioco, uno di quei quiz con premi di milioni di dollari. «Giusto! E lei è Emily..» cercò di dire JJ, ma venì interrotta da Hannah. «Prentiss, me lo ricordo perché ha il cognome simile al mio, piacere!» sorrise e strinse la mano alle due donne. Dopo si avvicinò una signora formosa, bionda, con un gusto sul vestire orrendo ma.. Una persona può fare quel che vuole. «Io sono Karen,l'addetta al computer!» sorrise, ridacchiando un po'. «Penelope.. Garcia? Sì! David mi ha parlato molto di te, dice che sei un ottimo membro della squadra.» sorrise Hannah, con un sorriso che Spencer non poté non notare. Era bellissimo, come lei, sicuramente. Non si era mai spinto a pensare sulla bellezza del sorriso di una donna, ma decise di non dargli tanta importanza e godersi lo spettacolo esilarante che si preannunciava. «Ah sì?» chiese in modo -sicuramente ironico e scherzoso- persuasivo, appollaiandosi a David, che ridacchiava sotto i baffi. Ed infine, l'ultimo uomo. Era castano, sia di occhi che di capelli, occhi da cerbiatto e statura alta, non troppo muscoloso, al contrario degli altri due. Iniziò a scrutarlo minuziosamente: sembrava affascinarla non poco, e ora capiva perché Rossi le avesse parlato così tanto di questo Reid. Portava stretto al petto un libro; non riusciva a capire quale, ma dal formato probabilmente un libro di poesie. Le mani erano grandi; cosa a suo favore, lei amava le mani grandi. E infine il suo stile non era appariscente, era piuttosto normale. Indossava una camicia bianca e sopra un maglioncino grigio, dei jeans e una borsa a tracolla sul giallo spento. Si avvicinò ad Hannah, il quale il suo cuore perse un battito. «E il dottor Spencer Reid, immagino» sorrise lei, vedendo che lui si stesse avvicinando. «Già, sono io» rispose sorridente, ingenuo, come un bambino. Le porse la mano, che lei strinse sorridendo, molto fiera di averlo finalmente conosciuto. Era molto più bello dal vivo che da come l'aveva descritto Rossi quell'estate. Dai racconti di David, Spencer Reid sembrava essere un uomo molto legato ai libri ed alla lettura, cosa che ad Hannah incuriosiva molto, anche lei era una lettrice accanita. Lui fece un sorriso sghembo che venne ricambiato da un sorrisetto da lei. Hannah si aggiustò il tailleur, ancora, proprio come prima, e notò con piacere che il dottor Reid la stava osservando, anche lui con un sorrisetto che la Prentisstown non si sarebbe mai aspettata.
   
 
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