Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Evali    02/11/2017    2 recensioni
Cosa sarebbe accaduto se il figlio del ghiaccio e del fuoco non fosse stato il noto personaggio che noi amiamo e conosciamo? Come sarebbe andata la storia se il legittimo erede al trono, figlio di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark, fosse stato simile al padre quanto alla madre? Una storia che narrerà le vicende dei nostri beniamini della serie tv, con l'aggiunta di un nuovo giocatore al gioco del trono che modificherà il loro destino. La vicenda è incentrata sulla storyline di una versione originale del figlio dei due sfortunati innamorati e su come avrebbe influito la sua presenza nell'universo creato da George RR Martin. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Eddard Stark, Jon Snow, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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La fine di un’era
 
Il corno di Joramun aveva funzionato e ora, la Barriera eretta da secoli e secoli da Bran Il Costruttore, non esisteva più. Non era altro che particelle di ghiaccio disperse nel vento. Nessuno sapeva che fossero proprio gli estranei ad essere in possesso dell’antichissimo corno usato da Joramun, un re oltre la Barriera, per risvegliare i Giganti della Terra e sconfiggere il Re della Notte. Le leggende riguardo la presunta capacità del magico corno di frantumare la Barriera, non erano mai state appurate, fino a quel momento. Oramai, Castello Nero non esisteva più. Così come non esisteva più la Confraternita dei Guardiani della Notte. Il suono del corno, il crollo della Barriera e l’invasione di milioni di estranei, erano stati tutti eventi totalmente improvvisi e inaspettati, tanto da far trovare i Bruti e i Guardiani che si trovavano a Castello Nero non abbastanza preparati ad affrontarli. Tormound, Edd e tutti coloro facenti parte della base che aveva sede a Castello Nero, erano morti. O meglio, erano divenuti come loro.
Oramai uno spesso strato di neve, alto quasi un metro, copriva le immense distese di quasi tutto il Nord. Il cielo nevicava perennemente scatenando anche delle violente tempeste di neve: non vi era più distinzione tra terre sconfinate e del popolo libero, e il Nord appartenente al continente occidentale, e non solo perché  la Barriera era crollata. Sembrava come se, da quando gli estranei avessero oltrepassato il confine, l’Inverno fosse arrivato davvero.
Tutto l’esercito dei non-morti, capeggiato dal Re della Notte, stava avanzando imperterrito sempre più a Sud, sterminando i piccoli villaggi che incontrava nel cammino. Poco prima che raggiungessero Grande Inverno, tuttavia, accadde qualcosa. Si udì un rumore imponente e minaccioso, capace di fendere l’aria. Un attimo dopo, un drago si librò in cielo incenerendo centinaia di estranei con la sua potente fiamma. A guidare l’affascinante creatura vi era Walter. Il suo sguardo era agguerrito e sicuro di sé mentre capeggiava una parte della sua anima, come se fosse egli stesso che guidasse la tecnica di volo dell’animale. Il Re della Notte non staccò mai lo sguardo da lui, anche quando si intravidero altri due draghi librarsi in cielo dietro di lui, uno guidato da Daenerys e l’altro da Tyrion, le altre due teste del drago.
I tre riuscirono ad eliminare molti non-morti con le sole fiamme dei loro draghi, dando così il tempo a tutto l’immenso esercito composto da quasi tutti i componenti dei sette regni, guerrieri e non, comprese donne e giovanissimi ragazzi e ragazze, di avanzare e farsi spazio nella formazione prevista per la Battaglia. I comandanti predisposti in primissima linea erano Jon, Arya, Jaime, Brienne, il Mastino, Yara, Davos, Loras, Oberyn, Beric, Jorah, Verme Grigio e Qhono. La loro parola valeva quanto quella di Walter, Daenerys e Tyrion, al momento impegnati sopra i loro draghi. A capo degli arcieri, invece, posizionati in una postazione strategica e a debita distanza, vi erano Meera e Bronn.
Nonostante la loro ottima organizzazione preventiva, il Re della Notte sapeva bene che il crollo della Barriera era stato una vera sorpresa per loro, e che non avrebbero potuto avere il tempo necessario per prepararsi al meglio.
Nonostante ciò, Walter sembrava sfidarlo con il suo sguardo di fuoco, ogni secondo che passava, non distogliendo mai gli occhi dal suo nemico per eccellenza, nonostante la distanza, proprio come faceva quest’ultimo.
Arrivò il momento in cui anche l’esercito dei vivi cominciò a combattere agguerritamente con le armi di vetro di drago forgiate impeccabilmente da Gendry. Tuttavia, i tre Targaryen non avevano messo in conto qualcosa. Daenerys vide sfrecciare nella sua direzione una lancia ghiacciata, prontamente schivata da Drogon, il quale, tuttavia, si agitò notevolmente. La ragazza, sconvolta, lanciò uno sguardo preoccupato prima in direzione di Walter, poi di Tyrion, entrambi poco distanti da lei.
Il Re della Notte aveva tirato fuori il suo asso nella manica. Ora sarebbero davvero iniziati i giochi. Sarebbe stato fin  troppo facile sterminare l’immenso esercito dei non-morti con le fiamme dei tre draghi. In diversi punti strategici disseminati a distanza nell’esteso terreno innevato, vi erano posizionati degli estranei incaricati di lanciare a ripetizione delle lance magiche, puntando in direzione dei tre draghi che si stavano librando in cielo. La nebbia e la neve coprivano parzialmente la visuale rendendo difficile distinguere tra l’immensa folla di non-morti coloro che stavano lanciando le lance e da dove lo stessero facendo. I tre videro arrivare molte lance nelle loro direzioni e cominciarono a schivarle. A causa di ciò, Viserion, Rhaegal e Drogon smisero di sputare fuoco, facendo aumentare l’affluenza di estranei che si scagliavano sull’esercito dei vivi che combatteva a terra.
- Walter!!! Dobbiamo scendere o moriremo e i draghi con noi! – urlò Daenerys per farsi udire dal giovane drago mentre Drogon schivava un'altra delle numerose lance.
Walter riconobbe che avere un drago contro come non-morto sarebbe stato peggio di qualsiasi altro estraneo. Le lance erano troppe e troppo precise, dunque non potevano permettersi di rimanere ancora in aria, nel mirino dei capaci lanciatori non-morti. Confidava in Meera sull’individuarli e poterli colpire a distanza con le frecce di vetro di drago. Ma la ragazza sembrava non averli ancora scovati e colpiti, dunque non potevano fare altro che combattere da terra e far rimanere i draghi al sicuro.
- Tyrion, vattene insieme a Viserion! Non sei abbastanza abile per un combattimento da terra contro di loro!! – esclamò Walter verso suo zio prima di atterrare con Rhaegal.
- Sono utile qui! Anche solo come comandante!!
- Vattene, ora!! – gli ordinò perentorio scendendo da Rhaegal.
- Walt! – lo richiamò Jon raggiungendolo non appena fu a terra. – Ne ho uccisi alcuni e sono riuscito a scoprire qualcosa! Quando ho eliminato uno di loro che era in gruppo, anche gli altri che erano intorno a lui sono morti!
Un velo di consapevolezza invase gli occhi chiari del giovane drago. – Questo vuol dire che se eliminiamo il Re della Notte … - dedusse voltandosi a guardare il succitato a distanza - … muoiono tutti. – Dopo aver detto ciò, si voltò di nuovo verso suo cugino. – Rimani accanto alla tua formazione, cerca di non allontanarti troppo dalla postazione se non è strettamente necessario.
- Che cosa hai intenzione di fare, Walt?
Walter, prima di rispondergli, posò una mano sul muso di Rhaegal, come per trasmettergli il suo volere senza l’uso delle parole. Il drago sembrò capire poiché, prontamente, si alzò in volo e si allontanò da quel luogo. – Riuscirò ad arrivare a lui – rispose a suo cugino, sfoderando la sua spada di acciaio di Valyria e gettandosi verso gli estranei senza rispettare alcuna formazione. Non aveva ancora avuto tempo di dargli un nome. Non aveva mai avuto una spada tutta sua e un’arma di quel calibro meritava di certo di essere riconosciuta. O forse no. Forse era proprio la sua assenza di identità che la rendeva unica e indistinguibile tra tutte le altre. Quella era la “spada fantasma” e, per qualche motivo, la sentiva adeguata a lui più che mai in quel momento e durante quella grandiosa Battaglia. Non aveva mai affrontato faccia a faccia quelle creature di cui aveva tanto letto, ma Jon gli aveva spiegato alcune cose. Le armi normali, che non fossero di vetro di drago, non uccidevano gli estranei ma se li si colpiva abbastanza forte, li si poteva spezzare letteralmente a pezzi essendo corpi in stato di decomposizione. O almeno era quello che pensava prima di colpire violentemente uno di loro, il primo estraneo con cui ebbe modo di fronteggiarsi, e scoprire di poterli letteralmente sgretolare in tante piccole particelle di ghiaccio, grandi come granelli di polvere, non appena lo vide frantumarsi davanti ai suoi occhi. Dunque, anche l’acciaio di Valyria poteva distruggerli? Quello non era il momento giusto per quel tipo di domande e per studiare una risposta esauriente; contava solo quello che poteva fare all’immediato. Walter si concentrò completamente sulla sua spada e si fiondò tra l’orda di non-morti da solo, in un attacco che appariva suicida in tutti i sensi. Gli altri combattenti lo osservavano increduli, preoccupati per lui e sconvolti dalla sua audacia e spericolatezza che sfociava nettamente in totale indifferenza nei confronti della morte. Walter non indossava l’armatura, fino alla fine non l’avrebbe indossata perché non lo aveva mai fatto, non ne aveva mai avuto bisogno e non era il modo in cui combatteva. Era libero da ogni impedimento nei movimenti, vestito con un abito nero e coperto da un mantello dello stesso colore, proprio come quello che indossava nel sogno che aveva fatto pochi giorni prima. Forse lo aveva interpretato come un segno, o forse il suo inconscio aveva deciso di indossarlo perché lo riteneva giusto dopo tutto ciò che in quel sogno gli era stato detto. I suoi movimenti al massimo dell’agilità e della velocità misti alla sua indole agguerrita e violenta più che mai in quel momento, gli permettevano di fare scintille tra quelle creature. Era deciso a raggiungere il Re della Notte e ad ucciderlo. E sembrava si stesse avvicinando molto nonostante stesse combattendo completamente da solo decine e decine di non-morti che si scagliavano su di lui. Appariva come una macchina da guerra senza freni né limiti.
- Walter!! Vai via da lì!! - Udì quella voce familiare da lontano, ma aveva la visuale coperta dai non-morti che si stavano schiantando su di lui, non riuscendo a vedere di chi si trattasse. Forse era Daenerys. In ogni caso non importava. L’avrebbe raggiunto. Ad ogni costo.
Ad un tratto, vide comparire di fianco a lui, schiena contro schiena, Arya. In qualche modo lo aveva raggiunto fino a quel punto, superando l’orda di estranei. – Ora devi spiegarmi come diavolo fai – disse semplicemente lei cominciando a combatterli al suo fianco.
- Sono lenti. Troppo lenti. Essendo morti i loro riflessi sono nettamente inferiori a quelli umani – rispose semplicemente il giovane drago, felice e preoccupato al contempo per il fatto che sua cugina l’avesse raggiunto mettendosi così a rischio. – Dovevi mantenere la tua postazione. Sei uno dei comandanti.
- Sto bene qui, grazie per il pensiero, lord “chiunque è troppo lento per me”. Vuoi arrivare a lui? Ti aiuterò a farlo così avrai meno possibilità di suicidarti durante il tragitto – rispose prontamente la ragazza.
In quel momento riuscì a raggiungerli anche Jon. Se la situazione fosse stata differente, sarebbe stata una scena commovente. Ma non potevano neanche permettersi di pensarlo in quel momento.
- Tu che scusa hai per aver lasciato la tua postazione, fratello? – gli chiese Walter riuscendo ad accennare un sorriso anche mentre tre non- morti si scagliavano su di lui.
- Abbiamo molti altri validissimi comandanti che stanno guidando l’esercito. Non lascio mio fratello tra l’orda di non-morti mentre cerca di salvarci tutti. Quando lo avrai raggiunto e lo avrai ucciso, tutto questo sarà finito. E io sarò con te a guardarti le spalle – gli rispose Jon mentre erano tutti e tre schiena contro schiena a combattere con tutte le loro forze. Insieme come un tempo ma più vicini di quanto non fossero mai stati.
Ma i tre non poterono fare a meno di bloccarsi quando udirono l’urlo atroce di uno dei tre draghi. Il sangue si gelò nelle vene di Walter. L’attimo di debolezza gli costò caro, dato che uno degli estranei approfittò del momento di confusione e agitò la lunga spada ghiacciata nella sua direzione con l’intento di decapitarlo. Ma, nonostante la distrazione, i riflessi di Walter erano sempre più che ottimi, difatti riuscì a schivare il colpo il minimo indispensabile per non rimanerne ucciso, ma non per non rimanerne ferito: l’arma gli provocò una profonda ferita che partiva dal lato della bocca, fino ad arrivare sotto il mento. Il giovane drago si toccò la parte lesa e grondante di sangue constatando, con uno strano magone che gli saliva dallo stomaco, che era la stessa nella quale aveva una cicatrice in quel sogno.
I tre riuscirono miracolosamente ad uscire dalla folla di non-morti grazie all’urlo di drago che aveva distratto anche questi ultimi. Raggiunsero nuovamente i loro compagni constatando con orrore cosa fosse accaduto e stesse ancora accadendo. Si trovarono dinnanzi ad un Tyrion che stava subendo la trasformazione da umano ad estraneo: la sua pelle stava pian piano assumendo un colore bluastro mentre i suoi occhi, da spenti, cominciarono ad assumere una tonalità azzurra inumana, poi più scura, fino a diventare blu. A quanto pare il folletto non aveva ascoltato il giovane drago e aveva deciso di rimanere nel campo di battaglia per dare il suo contributo almeno in maniera indiretta, impartendo ordini ed entrando nel vivo della battaglia solo se necessario, proprio come aveva fatto durante la Battaglia delle Acque Nere. Ma, proprio come accadde in quella situazione, il nano venne colpito. Questa volta, tuttavia, non riuscì a scamparsela con una cicatrice a sfigurargli il volto. Questa volta il colpo gli era costato la vita. Scelta stupida e coraggiosa. Una scelta non da Tyrion, ma, d’altronde, lui era anche questo: riusciva a mantenere la giusta freddezza e lucidità sempre, tranne quando si trovava dinnanzi allo spettacolo che includeva tutte le persone alle quali teneva di più rischiare di morire. In quei casi, il suo inconscio lo spingeva ad unirsi a loro, ad aiutarli e, se non fosse stato possibile, a morire con loro.
Non era stato l’unica vittima da quando avevano cominciato la Battaglia. Ma Tyrion era Tyrion. Tyrion era la terza testa del drago e uno dei tre Targaryen rimasti al mondo. Tyrion era il folletto di Castel Granito, colui sempre sfuggito alla morte, l’uomo più saggio e più furbo del continente occidentale.
Ma non avevano il tempo per soffrire. Non avevano tempo per metabolizzare e restare soli con il loro dolore. Il tempo non era qualcosa che potevano permettersi di sprecare. Nessuno avrebbe avuto un tale sangue freddo, ma, oramai, Walter aveva imparato ad averlo.
 
Ero entrato nel Castello velocemente, con l’agitazione che scuoteva il mio intero corpo. In quella stanza vi era Tyrion, il quale stava intensamente conversando con alcuni generali. - Potete andare – disse congedandoli. Non appena furono usciti tutti dalla sala si voltò verso di me.
- Era il corno di Joramun. Ne sono convinto – dissi camminando freneticamente come in cerca di qualcosa.
- Ne sei sicuro? Quel corno è sempre stato una leggenda fino ad ora.
- Hai il coraggio di dubitare ancora delle presunte “leggende” che abbiamo udito da bambini dopo tutto quello che è accaduto? – Non volevo rispondergli in modo tanto brusco, ma l’ansia si stava impossessando del mio corpo, così come il peso della responsabilità di tante vite. Ma Tyrion lo capì. Capì immediatamente.
- Ho avvertito i generali della mia base incaricando Jaime di preparare tutte le truppe e di dirigersi più a Nord. Hai già dato l’allarme?
- Sì, ma devo organizzare anche …
- Walter, ora calmati, non puoi dirigere e guidare la tua base in queste condizioni … comprendo come ti senti. Anche io ho provato le stesse emozioni quando ero Primo Cavaliere del Re durante il regno di Joffrey e avevo la responsabilità di tante vite addosso poiché avevo l’arduo compito di proteggerli da un tiranno pazzo e suscettibile. Lo stesso ho provato quando Daenerys mi ha dato tanta fiducia da affidarmi la sua ultima conquista, la città di Meeren. La paura di fallire era tanta.
- Io ho compiuto molte imprese nel corso della mia vita, più di quante un giovane di vent’anni dovrebbe compiere. Ma in ognuna io ero responsabile della mia sola vita e al massimo di quella dei componenti della mia famiglia o di una ristretta cerchia di persone come alcuni prigionieri o un gruppo di bambini. Non mi è stata mai data tanta fiducia, tanta responsabilità. Ho sempre agito come meglio ho creduto perché sapevo di essere il solo a pagare le conseguenze dei miei errori e dei miei sbagli. Ho un metodo di agire folle e incurante del pericolo.
- Eppure non hai mai fallito. La tua intelligenza e la tua raffinata astuzia ti hanno permesso di guidare e di salvare molte vite. Sarai il comandante più inusuale e controverso dei sette regni, ma sei anche il migliore che sia mai esistito da secoli. Hai cambiato il modo di vedere le cose, la storia, le autorità, le paure e le leggende. Non potrei immaginare nessun altro di diverso su quel trono, ragazzo mio.
- Ti prego, non ti ci mettere anche tu …
Tyrion sorrise a quelle parole avvicinandosi ancora a me. – So bene che potrebbe non esistere più alcun trono tra qualche giorno … ma fammi essere poetico almeno per l’ultima volta. Non fare il guastafeste, non ti si addice – disse sorridendo ancora, cercando di trovare quella sua solita ironia che mai lo abbandonava, anche in quella particolare situazione. – Quando mi hai salvato grazie a quel duello, ho subito capito dove saresti arrivato, fino a che punto ti saresti spinto. E già in quella cella, o forse già durante la nostra prima conversazione avuta a Grande Inverno, ho desiderato seguirti e affiancarti. Ora che ho scoperto di essere tuo zio, non potrei considerarmi più fortunato di così. Ho lo stesso sangue della donna che già da molto tempo addietro ho cominciato a considerare una sorella, una vera sorella, come quella che non ho mai avuto; e dell’uomo al quale avrei affidato la vita già dalla prima volta in cui ho posato lo sguardo su di lui, quando era solo un sedicenne infuriato con il mondo per non poter aiutare il suo fratellino in bilico tra la vita e la morte.
Quelle parole riuscirono a farmi dimenticare la situazione precaria in cui ci trovavamo, l’urgenza che mi premeva nelle vene come veleno letale. Gli occhi e lo sguardo sincero di Tyrion mi fecero desiderare di averlo sempre al mio fianco, mi fecero desiderare di non trovarmi in quella situazione e di non voler avere la costante paura di perderlo nel campo di battaglia. Sapevo che quelle sarebbero potute essere le nostre ultime parole sentite e intime scambiate tra di noi, ma non volevo pensare ad una tale possibilità. No, non dovevo pensarci. Avrei protetto tutti. Sarei sicuramente riuscito a proteggere tutti.
 
- Dov’è l’Evocatore? – chiese rompendo il silenzio che si era creato tra quella cerchia di persone più strette che aveva smesso di combattere con gli altri, troppo presi a metabolizzare la grave perdita. Grave soprattutto perché Viserion, ora, era dalla parte degli estranei pur non essendo stato colpito dalla lancia. Finché fosse rimasto indissolubilmente legato all’altra parte della sua anima, sarebbe stato sotto il suo comando. Questo era l’unico motivo per il quale anche gli estranei si erano momentaneamente placati. L’unica voce, l’unico urlo di dolore in quel silenzio agghiacciante, era quello di Jaime. - Tyrion!! Tyrion, no!!! Fratello mio!! – Jaime si sarebbe scagliato su di lui, incurante del fatto che oramai suo fratello non esistesse più e che, al suo posto, ci fosse una creatura che non avrebbe esitato ad ucciderlo e a renderlo uguale a lui. Ma lady Brienne lo stava trattenendo prontamente con tutte le sue forze, facendo un’immensa fatica nonostante fosse più alta e più robusta di lui. Ser Jaime sembrava una bestia imbizzarrita.
- Ser Jaime, ti prego!! Torna in te!! Tyrion non c’è più ormai! – esclamò la donna cercando di trattenere ancora a sé l’uomo che amava.
Quando Walter porse quella domanda all’improvviso, gli altri sembrarono svegliarsi da una strana trance. Fu Daenerys la prima a rispondergli, ancora scossa da ciò che era appena accaduto. – Walter, non vorrai usarlo … sai che non abbiamo avuto tempo di informarci adeguatamente sugli antichi maestri di Naath. Abbiamo scoperto solo delle informazioni lacunose e non sappiamo se siano vere o false. Non abbiamo alcuna certezza che il rituale funzioni e che il suonatore del corno non morirà una volta averlo fatto!
- Proprio per questo sarò io a suonarlo. Non abbiamo altra scelta e non abbiamo tempo. Non possiamo permettere che Viserion ascolti Tyrion e sia dalla parte degli estranei!
- Ma potresti morire!
- Meglio perdere me piuttosto che uno dei draghi!
Ma Walter non fece in tempo a suonare il corno, che una lancia colpì Viserion facendolo schiantare a terra e uccidendolo. Era l’unico dei draghi ancora rimasto nel campo a causa di ciò che era accaduto a Tyrion, dunque era l’unico ancora pienamente nel mirino dei lanciatori non-morti. Oramai, l’Evocatore non sarebbe servito a nulla: Viserion sarebbe divenuto pienamente un estraneo.
-  No!!! – l’urlo della madre dei draghi fu atroce e immenso, mentre si accovacciava a terra tra la neve e piangeva guardando uno dei suoi figli senza vita sprofondare tra la distesa di ghiaccio. Rimasero in silenzio a guardare il rituale con il quale il Re della Notte trasformò il povero Viserion in non-morto. Non appena il drago aprì i suoi fari blu, si alzò in volo cavalcato dal Re della Notte, cominciando a sputare delle fiamme ghiacciate capaci di uccidere con la stessa intensità di quelle usuali. Soltanto con quella fiamma Viserion stava facendo un sacco di vittime tra l’esercito dei vivi.
- Meera!! Punta la balestra su Viserion!! Mirate su di lui e colpitelo!! - comandò Walter alla sua amica, la quale fece come gli era stato detto.
- Sei un mostro!! Come puoi fare una cosa del genere?!! – gli urlò Daenerys fuori di sé e scagliandosi su di lui con una ferocia mai avuta.
Il giovane drago la bloccò prontamente ponendo il viso alla sua stessa altezza. – Dae, guardami!! Dobbiamo farlo!! Non avrei mai voluto ma dobbiamo!!
- Come fai a reagire in questo modo?! Come puoi non possedere un cuore?!? Ero convinta che lo avessi ma non hai niente dentro!! Tyrion è morto e anche Viserion!! Ed è come se non te ne importasse nulla!!
- Vorrei che non me ne importasse nulla in questo momento, per riuscire ad essere lucido e a salvarci!! Lo vorrei davvero tanto, credimi!! Ma non posso permettermi di distrarmi! Stiamo morendo, Daenerys! Stiamo morendo tutti! Vuoi continuare a vivere?? Vuoi avere dei figli e vederli crescere?!? Vuoi tornare di nuovo ad amare un uomo con tutta te stessa?!? Lo vuoi?!? – le chiese con il volto distrutto e deciso allo stesso tempo. La ragazza rimase in silenzio a guardarlo. – Devo essere forte per tutti. Perciò perdonami – le disse infine abbracciandola e stringendola forte, per poi ritornare in prima linea e guidare l’esercito.
 
- Resterai qui al sicuro. Non puoi prendere parte alla Battaglia ora che nostro figlio cresce dentro di te – gli dissi dandole un bacio sulla fronte e tenendola stretta a me.
- Vorrei poter essere lì al tuo fianco. Non mi sento sicura nel rimanere qui, distante da te mentre tu rischi la vita. Ci siamo già persi una volta, mio drago – mi disse stringendo le dita sulla mia schiena.
- Non posso prometterti che tornerò. Odio fare promesse che non sono sicuro di mantenere.
- “Un uomo in mezzo ad una distesa bianca,
cammina cammina e mai si stanca,
tiene gli occhi chiusi per non spezzare in mille pezzi il cielo
e non parla per non ridurre la terra in un velo;
il viandante non ha voce,
il viandante non respira,
perché quando parla nuoce
e quando vive il mondo attira;
hanno provato ad averlo le stelle
ma non erano abbastanza belle,
ha provato ad averlo il mare
ma non era abbastanza grande da poterlo inglobare,
ha provato ad averlo il vento
e ci sarebbe riuscito se al suo passaggio non si fosse spento.
Il viandante è metà uomo e metà bambino,
il viandante ha scelto da solo il suo destino,
il viandante è un leggenda o forse un’astratta essenza,
perché nessuno l’ha visto ma tutti sentono la sua assenza.”
Non appena terminò di cantare, mi resi conto che era esattamente quella la melodia che sentii all’inizio del sogno. – È la canzone che cantavi sempre ai bambini di Fondo delle Pulci – le dissi accennando un malinconico e turbato sorriso.
- Era la loro preferita – disse allontanando il viso dal mio petto e guardandomi con quegli occhi magnetici. – Torna dalla tua regina, mio re. Ti aspetterò anche millenni se sarà necessario. Ti aspetteremo – disse toccandosi la pancia. – Sento che sarà una splendida bambina alta, con i capelli folti e neri, gli occhi grandi, gli zigomi alti, le rientranze nelle guance, e magari avrà anche il vizio di torturarsi i capelli quando è nervosa, di arricciare involontariamente il naso quando è improvvisamente felice e di mimare le parole con gesti strani ogni volta che pensa di non riuscire ad esprimersi come vuole.
- Praticamente una mia copia ma al femminile.
- Esattamente.
- E se invece la nostra bambina avesse dei meravigliosi occhi da cerbiatta, dei morbidissimi capelli castani, il nasino all’insù e l’abitudine di dormire anche in piedi quando è stanca e di simulare decine di voci diverse con una velocità disarmante quando si rivolge a dei bambini o ad animali?
- Preferisco la mia ipotesi.
- Ti rendi conto che se dovessimo avere un maschio, nostro figlio crescerà per tutta la vita con problemi di autostima quando scoprirà che entrambi avremmo voluto una bambina? – le chiesi divertito.
- Invece non li avrà, perché il nostro Dunstan non scoprirà mai che avremmo preferito una bambina. Lo ameremo così tanto, da non fargli neanche venire in mente una tale possibilità.
- Dunstan? – gli chiesi con sguardo misto tra il divertito e il contrariato.
- Non ti piace? Voglio essere chiara con te, mio drago: io sceglierò il nome. – La guardai ancora con quello sguardo dubbioso, così cedette. – Posso concederti solo una cosa: puoi scegliere il suo nome se sarà femmina. Ma, se sarà un maschio, non dovrai più obiettare su “Dunstan”.
- Accetto.
- Allora? Ci hai già pensato?
Ci riflettei ancora un po’ prima di risponderle. – Eveline.
- Come mai questa scelta?
- Mi piace molto – le risposi semplicemente abbassandomi e donandole un ultimo bacio prima di salutarla. Non avrei più voluto dividermi da lei. L’unica cosa che mi rassicurava, era che fosse al sicuro. Almeno lei. – Ti amo, mia regina di rose. Ti amerò sempre.
 
- Ritirata!! State indietro!! – urlò il giovane drago rivolgendosi all’esercito ancora impegnato a combattere contro i non-morti mentre una buona parte veniva decimata dal fuoco di Viserion. – Così moriremo tutti in  breve tempo … - sussurrò mentre cercava di ragionare razionalmente. Tuttavia, i suoi pensieri si annullarono non appena si ritrovò dinnanzi ad un non-morto in particolare. Un non-morto che conosceva e anche molto bene. Lo avrebbe riconosciuto ovunque. Hodor si scagliò su di lui ferocemente. Quello che una volta era il dolce e innocente Hodor, ebbe il vantaggio della confusione e della sorpresa mista a dolore negli occhi del giovane drago. Riuscì ad atterrarlo mentre Walter lo guardava esterrefatto.
 
- Ehi! Ehi tu! Come ti chiami? – chiesi all’omone gigantesco che mi ero trovato di fronte. Tutti i bambini della mia età sarebbero rimasti spaventati nel vederlo, ma io no. Non lo ero affatto.
- Hodor – mi rispose intimidito nonostante gli arrivassi poco più su delle ginocchia, e solo perché ero il più alto della famiglia.
- Io ho tre anni. Tu?
All’improvviso vidi Jon avvicinarsi a me. – Walt, è inutile. Hodor sa pronunciare solo la parola “Hodor”. Non riesce a parlare come noi – mi disse mio fratello cercando di farmi capire che stessi parlando con un uomo che aveva un ritardo mentale. – Dai, sbrigati, sai che la Vecchia Nan non ha pazienza, non ci aspetterà ancora per molto! – mi esortò allontanandosi di corsa.
- Arrivo tra poco! – gli risposi. Poi mi rivolsi di nuovo all’omone avvicinandomi. Lui indietreggiò intimorito.
– Hodor!
- Non voglio farti male! Ma ti chiami davvero Hodor?
- Hodor.
- D’accordo – dissi mettendomi seduto sulla neve a gambe incrociate ed esortandolo a sedersi di fronte a me. Lui fece come gli avevo indicato e rimase a guardarmi.
- Hodor.
- Ora proverò a decifrare la tua lingua anche se non la conosco. Amo decifrare lingue sconosciute! Facciamo una prova: cosa hai mangiato oggi a colazione, Hodor?
- Hodor – rispose sorridendo e più a suo agio questa volta.
- Uova e pesce?? Io amo le uova e il pesce! Anche se preferisco le pagnotte con la marmellata. Con una montagna di marmellata. La mia preferita è quella di lamponi. La tua?
- Hodor! – stava letteralmente sorridendo felice ora.
- Mele?! Non lo avrei mai detto! Secondo me sei una persona golosa come me e alle persone golose piacciono più i frutti rossi e succosi! Cosa ti piace fare, invece?
- Hodor – rispose indicandomi i rami dell’Albero Diga poco distante da noi.
- Conti le farfalle che si posano sui rami dell’Albero Diga?? Non l’ho mai fatto!! Sono troppo basso perché sono piccolo! Per questo non vedo mai farfalle da quaggiù! Se mi prendi in braccio e mi fai salire sul tuo collo posso vederle anche io! – dissi alzandomi in piedi.
- Hodor!! –rispose felice lui prendendomi in braccio e posandomi sopra le sue spalle.
- … cinque, sei, sette, otto … Ne ho contate sei gialle, due rosa, quattro blu e otto rosse!! – esclamai stupefatto dalla bellezza di quelle piccole farfalle e di poter vedere il mondo da quella altezza. Era tutto più bello e si potevano osservare e notare un’infinità di particolari in più. - Non vorrei mai più scendere giù da qui, Hodor.
- Hodor?
- Perché sono altissimo! Non è bello essere piccoli e bassi! Mio padre dice che quando crescerò diventerò alto come te e forse anche di più! Perché già ora sono più alto di Jon nonostante lui abbia cinque anni mentre io tre. Spero di diventare grande presto per poter essere alto come te, Hodor!
- Hodor – disse felice mentre posava le mani sulle mie gambe per mettermi giù.
- No, non farmi scendere! – esclamai bloccandolo.
- Hodor?
- Sì, lo so che Jon mi aspetta con la Vecchia Nan, ma lui può attendere. Passo tutto il giorno insieme a lui mentre oggi ho incontrato te per la prima volta!
- Hodor?
- Non dovresti neanche chiederlo, Hodor! È ovvio che siamo amici ora!
 
- Hodor … - sussurrò il giovane drago schivando a malapena i colpi del suo vecchio amico. Aveva affrontato molte ardue prove nel corso della sua vita, ma questa … questa era la peggiore. Trovò miracolosamente il coraggio di fronteggiarlo, soltanto perché udì in lontananza le urla del suo esercito, delle persone che doveva proteggere, mentre morivano.
L’omone, oramai con la pelle di cristallo, smembrata in più punti, gli andò addosso con tutta la sua forza. Walter aveva già provato quella sensazione con la Montagna. Ser Gregor era addirittura più grosso e forzuto di Hodor. Ma ora era tutto diverso. L’Hodor non-morto combatteva senz’anima. Chiunque combattesse senz’anima non era più umano ed era mille volte più forte, un po’ come lo era stato lui durante quel duello infernale. Quando aveva combattuto contro la Montagna lo aveva fatto accecato dall’ira e dalla rabbia, annullato da tutto ciò che aveva subìto. Lo aveva ucciso atrocemente e a sangue freddo. Negli occhi di Hodor leggeva la stessa cosa ora: il vuoto.
Quest’ultimo gli saltò addosso, facendolo sprofondare completamente nella neve gelida. Non vedeva e non sentiva nulla. Tuttavia, forse le torture di Ramsey erano servite a qualcosa. Aveva già provato quella sensazione di ghiaccio e gelo intorno a tutto il suo corpo, ad intorpidirgli le ossa, gli arti, gli organi, a ghiacciargli il sangue, a spegnere il suo fuoco vitale e ad impedirgli di respirare. Lo aveva già vissuto per un’intera notte ed era stato capace di uscirne vivo. Lo avrebbe fatto anche ora. Riuscì a muoversi velocemente nonostante fosse circondato dalla neve, anticipando senza fatica i goffi seppur feroci movimenti di Hodor. Lo ritirò fuori da quell’oblio bianco e capovolse le posizioni, ponendosi sopra di lui. Non lo guardò negli occhi. Chiuse quei fari lucidi e distrutti da ciò che stava per fare, lasciando che le lacrime piombassero giù mentre affondava la lama della sua spada fantasma nella carni già morte di Hodor. Non appena lo udì smettere di emettere quel verso simile ad un urlo muto che accumunava i non-morti, e percepì che avesse cessato di muoversi sotto di lui, riaprì gli occhi e lo guardò. Riuscì ad abbracciarlo prima che diventasse polvere di ghiaccio. Lo strinse forte finché non si sgretolò tra le sue braccia. – Mi dispiace. Mi dispiace tanto …
Il giovane drago non ebbe neanche il tempo di riprendersi che si ritrovò davanti ad un’altra scena dolorosa.
 
Le porte di Grande Inverno si aprirono ed io entrai velocemente. La prima cosa che avrei fatto sarebbe stata raggiungere Jon e accertarmi di come stesse. Mio cugino era la priorità in quel momento, nonostante la situazione più che precaria in cui ci trovavamo: Castello Nero, quella che era stata la sua casa negli ultimi anni, era stato distrutto, così come tutti i Guardiani della Notte, compresi quelli rimasti a lui fedeli, come il leale Edd. Per non parlare dei Bruti che lui aveva salvato: morti anche loro.
Jon mi venne incontro prima che potessi raggiungerlo. Era distrutto, come temevo. Anche lui, proprio come me, aveva visto morire davanti ai suoi occhi molte delle persone a cui teneva, ma ora era diverso.
- Jon, mi dispiace tanto …
- Walt … io non so se posso farcela. Ho già combattuto una volta contro gli estranei ma non mi sono mai trovato ad affrontare qualcuno che già conoscevo. Mai. Edd … Edd è stato con me per tutti e cinque questi ultimi anni, si è arruolato insieme a me! È sempre, sempre rimasto al mio fianco! E Tormound! Ho combattuto le battaglie più importanti della mia vita al suo fianco, è stato il primo bruto a darmi fiducia dopo Ygritte ed è grazie a lui che sono riuscito ad arrivare dove sono ora!! Non credo di farcela, Walter!
- Jon, guardami: dobbiamo farlo per le persone che ci hanno dato fiducia fino ad ora. Dobbiamo farlo per il Nord e per il Sud. Dobbiamo farlo per tutti i sette regni. Non so se posso riuscire a farcela da solo senza di te. Sarà la cosa più difficile che faremo in tutta la nostra vita. Ma dobbiamo – gli dissi. Lui annuì ancora addolorato e ci abbracciammo come facevamo un tempo.
- Sono con te, fratello. Sempre.
 
Davanti ai suoi occhi, a qualche metro da lui, c’era Jon. Fermo e immobile. Il suo sguardo era in trance mentre vedeva avvicinarsi a lui un gruppo di Bruti e di Guardiani, tra cui anche Edd e Tormound. Fece male allo stesso giovane drago vederli in quello stato, anche se mai come aver visto Hodor, dato che aveva trascorso mesi al loro fianco. Dunque poté comprendere quanto potesse essere più dura per Jon. Il ragazzo alzò la spada di vetro di drago contro di loro, ma combattendo passivamente e al minimo delle sue capacità. Se fosse andato avanti così non ce l’avrebbe fatta. Walter non esitò a raggiungerlo e a difenderlo, combattendoli al suo posto mentre l’altro cercava di riprendersi.
- Jon! – lo richiamò mentre li affrontava. – Jon, alzati!!
- Non posso combatterli, fratello …
Ma la distrazione di Walter gli costò nuovamente, dato che riuscirono ad immobilizzarlo. Oramai per lui era la fine: una lama ghiacciata lo stava per colpire al torace. Preferì voltare lo sguardo altrove e non guardarla mentre lo perforava da parte a parte. Ma quella lama non arrivò mai a sfiorarlo. Non appena Jon lo aveva visto in pericolo, era riuscito a sopportare tutto quel dolore che sentiva e che gli provocava vedere tutte quelle persone a lui care in quello stato. Uccise Edd e altri urlando letteralmente dal dolore, dando tempo al giovane drago di rialzarsi in piedi, di liberarsi e di uccidere i rimanenti, tra cui Tormound. Una volta che ebbero sterminato quel gruppetto, Jon cadde a terra in ginocchio. Walter lo raggiunse inginocchiandosi con lui. – Ehi … va tutto bene. Insieme, ricordi? Lo abbiamo fatto insieme.
- Fratello … ora che abbiamo ucciso delle persone a noi care … ora siamo diventati mostri come loro? – gli chiese Jon alzando lo sguardo su di lui e facendo cadere la sua arma tra la neve, non riuscendo più a reggerla dato che le sue mani tremavano come foglie.
- Ora riesci ad alzarti? Riusciresti ad ucciderli ancora? Riesci a desiderare di continuare a vivere?
- No …
A quella risposta, Walter gli strinse amorevolmente la spalla e gli accennò un triste sorriso. – Allora il mostro sono solo io.
 
Una fiammata blu si avvicinò talmente tanto ai due cugini da farli piombare a metri di distanza, facendoli schiantare tra la neve. Walter, catapultato di nuovo nella realtà, decise di passare nuovamente ai suoi metodi rischiosi, gli unici in grado di funzionare in una situazione come quella. Fu in quel momento, forse, che capì davvero perché fosse stato scelto proprio lui.
- Rhaegal!! – urlò a squarciagola attirando l’attenzione di alcuni componenti del suo esercito che stavano combattendo nelle vicinanze.
- Che vuoi fare?! – gli chiese Jon allarmato.
- Mi serve un’esca. Moriremo tutti a breve a causa di quelle fiamme blu a meno che non uccidiamo Viserion, ma sembra che Meera e Bronn non riescano a colpirlo con la balestra costruita appositamente! Serve qualcosa che distragga Viserion tanto da permettere a Meera e a Bronn di colpirlo mortalmente e che lo faccia smettere di sputare fiamme blu sul nostro esercito. Saremo io e Rhaegal l’esca!
- Tu sei un folle! Se la fiamma blu dovesse colpirvi morirete! Devo inoltre ricordati che c’è il Re della Notte alla guida di Viserion??
- È l’unica cosa che posso fare – rispose correndo verso il suo drago che era appena atterrato sulla neve morbida, accanto a loro.
Accorgendosi del tutto, Daenerys si avvicinò a loro perplessa e confusa. - Walt, che stai facendo?!
- So cosa stai per fare, Dae, ma non chiamare Drogon! Non abbiamo bisogno di mettere due draghi a rischio; basta una sola esca! I lanciatori non-morti ricominceranno a puntare Rhaegal non appena lo vedranno di nuovo in volo, perciò rimani quaggiù a combattere e non preoccuparti per noi! Avverti Meera riguardo il piano e in fretta! – le disse salendo sul suo drago e spiccando il volo.
- Bene, amico mio. Ora dovrai affrontare il volo più arduo della tua vita. Sei pronto? – chiese Walter facendo aderire di più il suo corpo al dorso di Rhaegal mentre l’aria gelida sferzava i suoi capelli. I lanciatori avevano già ricominciato a mirarlo ma, fortunatamente, questa volta gli arcieri erano riusciti ad individuarli e ad ucciderli, tutti tranne uno, il quale continuò a puntarlo. Rhaegal schivava prontamente e, nel frattempo, sputava anche fuoco sugli estranei sotto di lui. Intanto, Meera, da lontano, fece segno a Walter di aver compreso il suo piano e si tenne pronta con il balestrone insieme a Bronn. Non appena Rhaegal si trovò dinnanzi a quello che, un tempo, era suo fratello, sputò la sua fiamma rossa contro quella blu di Viserion, facendo in modo che entrambe si annullassero a vicenda. Il Re della Notte fissò nuovamente il suo sguardo su quello di Walter, quasi come se lo stesse aspettando. Rhaegal continuò a provocare Viserion sputandogli fuoco addosso, non lasciandogli modo di replicare o di fare altro, così incominciò la battaglia tra i due draghi.
Dopo un tempo che parve un’eternità, finalmente Meera e Bronn riuscirono a prendere una mira impeccabile e a colpire Viserion con l’enorme freccia con la punta composta di vetro di drago, distruggendolo e facendolo sgretolare in milioni di pezzi. Il Re della Notte cadde in un punto indefinito nella neve a metri e metri di distanza sotto di lui.
Walter atterrò con Rhaegal. Il giovane si rese conto che, nonostante fosse finalmente riuscito ad abbattere Viserion, ora il suo esercito era fortemente decimato in confronto a quello ancora numerosissimo dei non-morti. Se prima vigeva una situazione di quasi parità numerica, ora vi era una disparità disarmante dato che tutti quelli colpiti e uccisi dalla fiamma blu, venivano poi trasformati in non-morti. Ma ciò che attirò l’attenzione del giovane drago fu qualcos’altro.
- Walter!!! – gridò a squarciagola Arya richiamando la sua attenzione. Con la nebbia e la tempesta di neve che si era alzata, Walter non riusciva a vedere dove si trovasse sua cugina. Provò ad individuarla cercando di capire da dove provenisse la sua voce.
- Arya!! Dove sei?!? – urlò correndo tra la neve e la tempesta. Quando si avvicinò di più a lei, riuscì a vederli: Arya era accerchiata ma se la stava cavando bene, così anche Jon. Ma entrambi erano preoccupati per altro: a qualche metro da loro, vi era Sansa, accerchiata nello stesso modo e rimasta senza protezione. La ragazza se l’era cavata bene nel combattimento fino a quel momento; ma quando la disparità numerica si era fatta sentire notevolmente e si era ritrovata accerchiata, protetta solamente da Jon e da Arya contro decine e decine di estranei che si scagliavano su di loro, la situazione era mutata. I due erano troppo impegnati a non farsi uccidere per riuscire proteggerla, così, nell’orlo della disperazione, lo avevano chiamato, sperando che li avesse sentiti e li avesse raggiunti in tempo. Walter non esitò un solo secondo a farsi tutta la strada che lo divideva ancora da loro di corsa, sfrecciando più veloce che potesse, come era di sua specialità.
- Sto arrivando!! Sto arrivando, Sansa!! Resisti!!! – le gridò sperando che ella potesse udirlo nella situazione critica in cui si trovava. La giovane Stark alzò coraggiosamente la spada di vetro di drago contro uno degli estranei che la stava attaccando, provando a fronteggiarlo. Riusciva a tenere testa a tre di loro insieme, ma non a dieci contemporaneamente. Nei suoi occhi chiari già si intravide il velo della consapevolezza e della rassegnazione. Uno dei non-morti la afferrò per la gola proprio nel momento in cui Walter stava per raggiungerla. – No!!! – urlò a squarciagola il giovane drago provando a correre ancora più velocemente mentre la milza gli stava per esplodere.
Ella fece appena in tempo a voltarsi verso di lui, a guardarlo correre nella sua direzione. – Non incolparti, fratello mio … - disse spirando mentre quelle dita scheletriche si stringevano sul suo bianco collo. – Mi hai già salvato la vita una volta … ti sarò per sempre grata per questo. Ti voglio bene, Walter – disse infine emettendo un ultimo respiro e cadendo inerme nelle mani di quelle creature che la divorarono letteralmente.
Walter cadde a terra in ginocchio guardandoli. L’aveva raggiunta finalmente. Ma era arrivato troppo tardi, come al solito.
 
Uscii dalla Torre dei Reed andando a sbirciare nel nascondiglio in cui Sansa si esercitava continuamente con la spada, cercando imperterrita di migliorarsi in quei pochi giorni in cui tutto sarebbe potuto accadere. Era una ragazza determinata e sapeva che avrebbe potuto farcela. Restai a guardarla per un po’ mentre colpiva ferocemente un fantoccio, sfogando tutta la sua rabbia. A tratti, sembrava quasi una guerriera navigata. I suoi occhi la facevano sembrare tale. Sapevo che le battaglie che aveva combattuto non erano quelle che avevano come protagonisti spade affilate e soldati. Erano battaglie ben diverse. E anche lei ne era uscita vittoriosa. Aveva esattamente il mio sangue.
- Sei migliorata tantissimo – le dissi annunciando la mia presenza e applaudendole. – Vedo che hai messo in pratica i miei insegnamenti degli ultimi giorni.
- Come hai fatto a scoprire il mio nascondiglio?
- Conosco questo luogo come le mie tasche dato che Ned mi mandava dai Reed ogni qual volta temeva giungesse qualcuno che potesse avere sospetti su di me a Grande Inverno, fingendo di farlo perché si vergognava di mostrare il suo bastardo. Inoltre, so che ti piacciono i posti piccoli, stretti e silenziosi. Ho fatto due più due.
Sansa perse la speranza e si lasciò cadere seduta a terra comodamente, per una volta senza la paura che il vestito lasciasse intravedere parti del suo corpo non opportune da mostrare. Aveva scoperto uno degli aspetti positivi dell’indossare i pantaloni.
- Eh no, milady, ora che sono qui voglio che tu mi faccia vedere cosa sai fare – gli dissi guardandola dall’alto e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Ella mi guardò affilando lo sguardo, si sistemò meglio la lunga treccia di capelli rossi dietro la schiena e mi afferrò la mano, alzandosi in piedi. Presi un bastone tra la scorta di legna lì di fianco e cominciai ad attaccarla per primo. Lei rispose prontamente, così le lasciai il giusto spazio per permetterle di mostrarmi le sue capacità e la sua acquistata sicurezza. - Sei brava, sorellina.
- Lo dici solo per non scoraggiarmi.
- Ho mai rinunciato a prenderti in giro quando ne avevo l’occasione?
- Ora è diverso. Noi siamo diversi.
- Non per questo perderei l’occasione di indispettirti.
- Sei incorreggibile – mi rispose affondando con più forza la “lama” sulla mia. – Credo di non averti mai ringraziato abbastanza.
- Per cosa?
- Per avermi salvata. Tutto ciò che hai vissuto ad Approdo del Re, tutto ciò che Cersei ti ha fatto … lo hai vissuto a causa mia. Per portarmi in salvo da quei mostri e per evitare di farmi crescere ancora con loro. Dandomi modo di riscattarmi. Non so cosa sarebbe accaduto se non fossi venuto a salvarmi. Non oso immaginarlo. Perciò grazie, Walt. Nessuno ti deve la vita più di me, perciò vorrei essere in grado di ricambiare il favore.
La guardai con una sguardo misto tra il felice, l’interrogativo e il divertito. – Mi stai trattando da damigella in pericolo, milady? Sai che nessuno ha meno bisogno di protezione di me.
- Ti sbagli. A volte è proprio chi ha meno bisogno di protezione a necessitarla realmente – rispose parando un altro colpo e sferrandomene uno deciso mentre si avvicinava.
- Se vuoi provare a proteggermi durante la Battaglia Finale, non potrei esserne più onorato, Sansa. Ma voglio che tu sappia che tu rimarrai sempre mia sorella e sarei disposto a dare la vita per te. È mio dovere proteggere la mia sorellina da chiunque e da qualsiasi cosa. Lo farei sempre con piacere – le risposi attaccandola di nuovo e attendendo la sua reazione.
- Attento, fratello: vedi di continuare a comportarti da gentiluomo con me, altrimenti potrei cambiare idea sul fatto di volerti proteggere.
 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Era stanco di vedere i componenti della sua famiglia decimati. Non lo avrebbe più sopportato.
Non appena Jon e Arya riuscirono a liberarsi dai non-morti che li stavano attaccando, si fiondarono sui resti di Sansa e distrussero gli estranei che l’avevano uccisa, come se con ciò potessero riportarla in vita. Come se servisse a qualcosa. Il giovane drago rimase in ginocchio a terra e cominciò a guardarsi intorno. Le immagini che lo circondavano gli apparvero a rallentatore. Oramai, non avrebbe potuto fare più nulla per salvarli. Non c’era via di scampo. Anche se Viserion era morto, si erano già preparati altri lanciatori non-morti per colpire il prossimo drago che avessero visto in volo, in modo da averne un altro e togliendo loro ogni possibilità di utilizzare il fuoco di quelle creature per distruggerli. Erano così tanti i lanciatori, che sarebbe stato impossibile per Drogon e per Rhaegal evitarli. Dunque avrebbero dovuto sterminarli con le uniche loro forze rimaste. Ma da un esercito di milioni di vivi, erano rimasti in poche centinaia, contro migliaia e migliaia di estranei. Non ce l’avrebbero mai fatta.
In quel momento, come se potesse percepire il suo stato d’animo, fu raggiunto da NightFlame, il quale aveva combattuto coraggiosamente al fianco di Spettro fino a quell’istante. Gli era rimasto lontano poiché lo stesso giovane drago glielo aveva ordinato, chiedendogli di proteggere chi ne aveva più bisogno durante quella Battaglia. Walter posò una mano sopra il suo pelo morbido, quasi come fosse un riflesso involontario. Fu in quel momento che, come un fulmine a ciel sereno, giunse Oberyn a scuoterlo e a cercare di rinsavirlo. L’uomo si accovacciò di fronte a lui e gli scrollò ripetutamente le spalle, seriamente preoccupato. – Ehi, Targaryen! Ti ho seguito fino ad ora e continuerò a seguirti perciò vedi di riprenderti! Walter!!
- Occupati di loro, Oberyn. Proteggili. Jon non può farlo da solo. Tu sei la persona di cui mi fido di più al mondo dopo di lui. Dovrete occuparvi di tutti, insieme. Sei un uomo molto migliore di quello che credi di essere, amico mio. Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me. Li affido a te e a lui – disse accennandogli un sorriso quasi privo di espressione e alzandosi in piedi, facendo per allontanarsi.
La Vipera Rossa non comprese le sue parole e cercò di fermarlo. – Che significa?? Non puoi lasciarci! Non puoi lasciarmi da solo ad occuparmi di tutto questo! Senza di te, questo mondo è destinato alla rovina, Walter! Ti prego … rimani con me …
- Il mondo andrà avanti anche senza di me, Oberyn. Ma sarò io a permettere che ciò avvenga – rispose allontanandosi definitivamente. Si diresse verso il Re della Notte, allontanandosi da lui. L’ultima speranza che aveva per salvare la piccola parte dell’umanità rimasta ancora in vita, era ucciderlo. Costasse ciò che costasse, lui lo avrebbe fatto. Per questo aveva parlato così ad Oberyn. Non poteva dargli illusioni sul fatto che fosse tornato. Non lo sapeva. E nel caso non ce l’avesse fatta, lui e Jon si sarebbero occupati delle persone a lui care.
Mentre il giovane drago si allontanava dal resto dell’esercito rimasto, oramai accerchiato dai non-morti, Drogon piombò accanto alla sua padrona, percependo che fosse davvero spacciata questa volta, e tentando l’unica opzione rimanente. Cominciò a sputare fuoco in cerchio intorno a tutti i superstiti dell’esercito dei vivi, formando un cerchio infuocato a circondarli e invalicabile per gli estranei. Rhaegal si unì a lui tenendo la fiamma viva e accesa. Tuttavia, i draghi non avrebbero potuto tenerla attiva per molto ancora. Prima o poi, la tempesta di neve l’avrebbe spenta.
Dopo qualche minuto che Drogon e Rhaegal stavano sputando fiamme ai confini del cerchio, Daenerys si guardò intorno in cerca di qualcuno. – Dov’è Walter?? – chiese. A ciò, anche Jon e gli altri si accorsero della sua assenza.
- Walter non è dentro al cerchio. Si è diretto verso il Re della Notte. Possiamo solo sperare che quel ragazzo più furbo di un dio, riesca nel suo intento – disse Oberyn con sguardo più afflitto che speranzoso.
Walter guardò da lontano il cerchio di fuoco, quasi accecato dalla potenza e dalla grandezza di quella fiamma.
 
Appena giunto a Grande Inverno, dopo essermi assicurato dello stato di Jon, ho organizzato i piani per la Battaglia Finale. Gli ultimi e più veloci da attuare. Non eravamo ancora del tutto pronti, ma a causa del crollo della Barriera distrutta dal corno di Joramun, avremmo dovuto improvvisare. Avevamo messo in atto il piano per riunirci tutti e organizzare le postazioni e l’attacco. Dopo di che, con grande coraggio, mi diressi verso il Parco degli Dei, per salutare l’ultima persona a me cara e che non avrebbe partecipato alla Battaglia Finale. Intravidi Bran sempre nella stessa posizione, di fronte all’Albero Diga, seduto sopra la sedia con le rotelle. Lo raggiunsi e, con mia sorpresa, notai che le sue guance erano rigate da delle lacrime, sinonimo che un cuore ce l’aveva ancora. Ce l’aveva eccome.
- Bran … che succede?
- Sei venuto per salutarmi. Addio, cugino.
- Perché stai piangendo?- Ma lui non rispose. – Bran? Forse morirò dopo questa Battaglia. E forse tu già lo sai. Magari sai già che non morirò perciò hai un motivo in meno per salutarmi, oppure sai che morirò ma, nonostante tutto, non vuoi comunque mostrarmi di avere alcun sentimento. Ma ti prego … se devi dirmi qualcosa, qualsiasi cosa … fallo ora.
Ci furono altri lunghi minuti di silenzio tra noi in cui io attesi, rimanendo a guardare la superficie placida del laghetto mentre veniva lievemente smossa dai fiocchi di neve che si posavano su di essa.
- Ho fatto una cosa terribile, Walter … - disse con la voce rotta, all’improvviso.
- Che cosa, Bran? Parlamene …
- Qualcosa di davvero terribile … e non posso più tornare indietro … perché non me ne è mai stata data l’occasione. Non ho mai avuto una seconda possibilità … la possibilità di rimediare … ed ora, ora il mondo è in questa situazione a causa mia …
- Di cosa stai parlando? – gli chiesi sempre più confuso.
Lui attese altri minuti prima di rispondermi. – Sono stato punito prima di aver compiuto qualsiasi errore. Sono stato punito con questo orrendo fardello, con queste visioni, con queste capacità. Non le ho sapute gestire. Ero troppo piccolo per saperlo fare. Ero troppo piccolo per affrontare tutto questo.
- Bran, io …
- So già come andrà a finire la Battaglia Finale – mi disse interrompendomi. – Se non fossi così, se ora fossi Brandon Stark … ti direi che ti voglio bene, Walter. E che, forse, per quanto ci provi,non smetterò mai di considerarti mio fratello.
 
Il giovane drago camminò ancora fin quando non  raggiunse finalmente la piccola collina coperta di neve in cui si trovava da solo il Re della Notte.
Quando gli fu a qualche metro di distanza, Walter sfoderò la spada fantasma e attaccò la creatura. Questa, tuttavia, invece di parare il colpo con la sua spada, lo fece con la mano, afferrando l’arma e stringendola così forte da strapparla via dalle mani di Walter e rendendola completamente ghiacciata. Ora era divenuta la sua arma. La sua magia aveva contaminato completamente il potere dell’acciaio di Valyria. O forse no. Il giovane drago non poteva saperlo. Il Re della Notte si voltò verso di lui e gli si avvicinò ancora e ancora, fin quando non furono definitivamente faccia a faccia. Walter lo guardò negli occhi, come in cerca di qualcosa, rivedendo in lui dei particolari estremamente familiari ora che lo osservava da quella ristretta distanza. La creatura restò ad osservarlo negli occhi a sua volta. Il vuoto contro la luce. Il ghiaccio contro le fiamme viola. All’improvviso alzò lentamente una mano posandola sul collo del giovane drago. Il contatto con quel pezzo di ghiaccio generò un brivido sulla pelle di Walter, il quale, non avendo altre armi, non poteva fare nulla per impedirglielo. Tuttavia, il Re della Notte non strinse  l’arto sul suo collo, ma lo appoggiò solamente, quasi come volesse solo sentire il suo respiro, la vita che scorreva dentro di lui. La parte di pelle toccata e bagnata in parte dal sangue secco colato dalla ferita sul mento del giovane drago,  stava pian piano divenendo sempre più spenta e tendente al bluastro. Il Re della Notte spostò la mano dopo qualche secondo, lasciando che la pelle di Walter ritornasse di un colorito naturale. Quest’ultimo era rimasto ad osservarlo tutto quel tempo e aveva compreso solamente quando la creatura aveva tolto la mano dal suo collo. Un velo di tremenda consapevolezza, atroce quanto una pugnalata in pieno petto, comparve sul suo volto. Finalmente sapeva quale fosse la verità. E, forse, avrebbe preferito rimanerne all’oscuro.
- Bran …? Sei tu …? – gli chiese in un sussurrò mentre continuava a scrutare i suoi occhi e il suo viso. – È questa la cosa terribile che hai fatto? Quella senza alcun rimedio? - Il Re della Notte non disse nulla e continuò a guardarlo come per confermare la sua deduzione. – Come è accaduto? Sei tornato indietro nel tempo nel momento in cui è nato il primo estraneo, nonché Re della Notte? Sei entrato dentro di lui? Perché sei entrato nel suo corpo? Per impedirgli di divenire il Re della Notte e per evitare la nascita della minaccia di tutti i non-morti? Per salvarci tutti? È così? Però qualcosa è andato storto a quanto pare … sei rimasto troppo tempo nel suo corpo, così una parte di te è rimasta lì rendendoti il Re della Notte e facendoti perdere la ragione. Sei sempre stato tu …
Anche se quella creatura non poteva rispondergli, Walter comprese di aver ragione. Oramai il dolore faceva parte di lui. Lo aveva metabolizzato così tante volte, che ora, ogni volta che lo provava nuovamente, nonostante fosse sempre più forte, non soffriva più così tanto.
Improvvisamente, il Re della Notte avvicinò la spada fantasma che aveva appena trasformato in una delle sue armi, al giovane drago, puntandogliela sull’addome. Walter visse quei momenti a rallentatore. “Credo che tu sia meglio di lui poichè, quando sarà il momento, tu sarai capace e avrai la forza necessaria per compiere la scelta giusta, a differenza sua”. Quelle parole di lord Varys risuonarono nella sua mente come campane assordanti. Percepì il dolore atroce della lama ghiacciata che gli perforava le carni e, con le ultime forze che aveva, rimase in piedi e lo prese per le spalle. – È questo che hai visto nelle tue visioni, non è vero, Bran? Finivano in questo modo, immagino. Ma non devi fermarti alle apparenze: mi conosci e sai bene che non mi fermerei dinnanzi a nulla … - disse sforzandosi di far uscire la voce dalla sua gola e di ricacciare indietro il dolore agghiacciante che stava provando. Dopo di che, spinto più dalla sua immensa determinazione che dalla forza fisica rimastagli, lo spinse improvvisamente verso di sè, cogliendolo di sorpresa. La spada perforò anche l’addome del Re della Notte, entrando dal manico e arrivando fino alla lama man mano che Walter lo spingeva a sé, quasi come volesse inglobarlo in un abbraccio mentre poneva fine alla sua esistenza. Quando i loro corpi furono attaccati tra loro e la lama sembrava esser entrata contemporaneamente dentro entrambi, il giovane drago lo abbracciò, oramai con le mani tremanti e sul punto di cedere. – Addio, fratello – gli sussurrò all’orecchio sperando che la sua teoria fosse giusta e che l’acciaio di Valyria avesse conservato un po’ del suo potere originario nonostante fosse stata contaminata dalla magia del Re della Notte. E fu felice di constatare che aveva ragione. La creatura si sgretolò in minuscoli pezzi di ghiaccio tra le sue braccia, trasportati via dal vento, proprio come era stato con Hodor.
Il giovane drago emise un forte verso di dolore accasciandosi a terra, sconvolto da quelle intensissime e violenti fitte che dal punto in cui si trovava la spada conficcata, si irradiavano in tutto il suo corpo, paralizzandolo. Cominciò a respirare affannosamente mentre stringeva la neve sotto di lui nelle sue mani chiuse a pugno e alternava i faticosi respiri ai versi di dolore. Faceva addirittura più male della tortura che aveva subìto dai Bolton. Il giovane drago non sapeva se, dato che la spada fantasma aveva mantenuto un po’ del suo potere originario derivato dall’acciaio di Valyria e abbastanza da uccidere il Re della Notte, avesse avuto la magia necessaria a trasformarlo completamente in estraneo. Se fosse stato così, sarebbe dovuto sparire come tutti gli altri. In quel momento, fu raggiunto sia da Rhaegal che da NightFlame. I due lo affiancarono come per dargli sostegno.
- Ehi … ragazzi … - sussurrò a fatica scorgendoli. Quando riuscì finalmente a sfilarsi via la spada dall’addome, si sdraiò sulla neve, sfinito e attendendo in silenzio la sua fine, la sua trasformazione, o qualsiasi cosa fosse avvenuta.
Ma non fu la fine a colpirlo, né una completa trasformazione in estraneo. Improvvisamente non percepì più il freddo della neve sotto di sé, essendo divenuto della stessa temperatura. Tuttavia, le sue forze ritornarono pienamente.
 
La fiamma oramai si stava quasi spegnendo, Drogon e Rhaegal era sfiniti. Daenerys e gli altri capirono che fosse davvero la fine, dunque cominciarono a rivolgere gli ultimi saluti alle persone a loro care, a stringersi le mani per l’ultima volta. Ma, ad un tratto, da oltre la debole fiamma che li circondava ancora, videro tutti i non-morti sparire nello stesso preciso istante, a migliaia. Quando la fiamma cessò di esistere, i supersiti rimasti nel cerchio si guardarono intorno non credendo ai loro occhi per la gioia: la guerra era terminata e loro ce l’avevano fatta.
Dopo l’incredulità e la felicità dilagante iniziale, si diffuse tra i superstiti la consapevolezza che l’unico motivo per il quale gli estranei fossero spariti tutti contemporaneamente cessando di esistere, fosse grazie all’eliminazione del Re della Notte da parte di Walter. Fu a quel punto che cominciarono a cercarlo, ovunque, in lungo e in largo, per chilometri. Ma del giovane drago non vi era più alcuna traccia.
- Se ne è andato … - sussurrò Jon dopo averlo cercato per ore.
- Non è possibile che sia morto … dobbiamo cercare ancora! – esclamò Daenerys senza alcuna intenzione di arrendersi o perdere le speranze.
- Non è morto. Io e lui siamo legati e percepisco ancora la sua presenza. Se fosse morto, avrei sentito dolore e il mio cuore si sarebbe fermato per alcuni secondi, proprio come è accaduto a lui quando sono stato io a morire. Forse, semplicemente, ci ha lasciati. Ha ritenuto che fosse meglio così – concluse alla fine, quasi come fosse in trance.
Daenerys notò che non vi era più traccia né di NightFlame, né di Rhaegal, il quale se ne era uscito dal cerchio di fuoco poco dopo che i non-morti erano scomparsi. – Forse hai ragione. E Rhaegal e NightFlame l’hanno seguito. La sua anima è ancora tutta intera al loro fianco.
 
Dopo la Battaglia Finale erano avvenuti molti cambiamenti, i più grandi che i sette regni avessero mai visto. La popolazione era un decimo rispetto a quella che era in precedenza, ma ora erano finalmente liberi. La terra era pronta per essere ripopolata senza più minacce e con un nuova e differente percezione della vita. Tutto ciò grazie a Walter Targaryen, il figlio del ghiaccio e del fuoco e legittimo erede al trono di spade. Il principe migliore che i sette regni avessero mai potuto desiderare, ma mai divenuto davvero principe. Dopo tutto ciò che era accaduto, dopo tutto ciò che Walter aveva fatto per cambiare il continente occidentale, anche se involontariamente; ma soprattutto dopo la sua morte, la morte dell’unico legittimo erede meritevole di sedere sul trono dei sette regni, tutti i maggiori lord rimasti ancora in vita, avevano preso una scelta di comune accordo: il trono di spade, forgiato secoli prima con le mille spade che si arresero ad Aegon il Conquistatore durante la guerra di conquista, e fuse poi insieme da Balerion Il Terrore Nero, venne fuso nuovamente facendo ritornare il metallo al suo stato di natura. Come era stato forgiato, ora, il trono di spade non esisteva più, come non esisteva più alcun regnante a regnare sui sette regni.
Anche tutte le persone più care al giovane drago pian piano riuscirono a superare il dolore e ad andare avanti con la loro vita, ricostruendola in pace e in felicità, nonostante la sua assenza continuava ancora a farsi sentire. Avrebbe sempre continuato a farsi sentire.
Jon rimase nella sua carica di Protettore del Nord e, pian piano, il suo legame con la madre dei draghi si rafforzò sempre di più, fino a che non sfociò in amore, inizialmente ostacolato dalla disapprovazione di Drogon; Jaime e Brienne, già incerti sui sentimenti che provavano l’una verso l’altro prima della Battaglia, eliminarono ogni barriera tra loro e si sposarono; la giovane Arya, dopo i numerosi tentativi del suo vecchio amico Gendry di conquistarla, sembrava cominciare a cedere alle sue lusinghe; Sam e Gilly si presero cura del piccolo Sam, coronando il loro sogno d’amore con il matrimonio; Sandor Clegane e la Fratellanza Senza Vessilli partirono alla ricerca di nuovi mondi da scoprire, oltre il continente occidentale, in compagnia di Jorah Mormont; Bronn sembrò cominciare a dimostrare un fervente interesse verso la giovane Meera, la quale divenne sua cara amica; Oberyn, Ellaria e le loro figlie ritrovarono una serenità che mai avevano posseduto; lord Varys cominciò a servire Jon e Daenerys a Nord; Theon e Yara regnarono insieme sulle Isole di Ferro, e quest’ultima aiutò suo fratello a ritrovare la sua persa umanità; persino gli Immacolati riuscirono a ritrovare la loro umanità dopo ciò che avevano passato, mentre i Dothraki tornarono ad Essos con una nuova consapevolezza e una conoscenza più ampia del mondo; la bella Kirsten, dopo aver sofferto per molto tempo della perdita del giovane drago, era riuscita a trovare l’amore in un soldato immacolato; Ser Davos era divenuto il nuovo nonno di tutti i bambini che vivevano a Grande Inverno; Bran Stark, invece, sembrava come essere completamente uscito dal suo corpo dopo la Battaglia Finale, lasciandolo a mero contenitore vuoto; mentre Loras e Olenna aiutarono Margaery a crescere la splendida bambina che nacque dalla sua unione con Walter, la piccola Eveline.
 
- Vecchia Nan, Vecchia Nan! Raccontaci una storia!! – esclamò il vivacissimo Ruben, figlio di Arya e Gendry.
- Voglio una storia di paura! – disse Myranda, l’intrepida figlioletta di Brienne e Jaime.
- Calmi tutti! Propongo di far scegliere la storia al più grande tra noi! – disse Hayden, figlio di Daenerys e Jon, alzandosi in piedi. – E dato che il più grande tra noi sono io …
- Non sei tu il più grande! Il più grande è Sam e la seconda più grande è Eveline! – contestò prontamente Myranda.
- Sì, ma Sam ora non c’è dato che sua madre Gilly si è presa un brutto raffreddore e deve occuparsi di lei; come non c’è neanche Eve, che è andata a prenderci da mangiare nelle cucine …
- Chi è che non ci sarebbe? – lo interruppe Eveline sbucando dalla porta con in mano un vassoio quasi più grande di lei, contenente degli infusi caldi per tutti. La bambina fece una smorfia ad Hayden e, dopo aver posato il vassoio, si rivolse a Davos, il quale era in piedi a pochi metri da loro. – Ser Davos, è vero che se deve decidere il più grande tra noi, dovrei essere io a scegliere la storia? – gli chiese con la sua vocina sicura e intraprendente.
Il vecchio Davos gli sorrise divertito e annuì. A ciò, Eveline si sedette accanto ai suoi amichetti, di fronte al fuoco, e si rivolse alla Vecchia Nan. – Voglio che mi parli di mio padre, Vecchia Nan. C’è una leggenda famosissima che parla di lui, ma non ce l’hai mai raccontata perché la mamma temeva che fossi troppo piccola per ascoltarla. Ora ho cinque anni: sono abbastanza grande.
A quelle parole, ser Davos aguzzò le orecchie e intervenne. – Non credo sia il caso di ascoltarla se la tua mamma preferisce che tu sia più grande per parlartene, Eve.
- Ma vogliamo sentirla tutti!
- Sì, esatto! Si tratta di nostro zio!
- Avanti, Vecchia Nan!
Esclamarono gli altri bambini andando in difesa della loro amica.
- D’accordo – li placò la Vecchia Nan non prestando ascolto alle parole di ser Davos. – Oggi vi narrerò la storia del viandante fantasma, metà lupo e metà drago, metà ghiaccio e metà fuoco. Pochi anni fa, esattamente qui a Grande Inverno, viveva un bambino che, proprio come voi, amava farsi narrare tantissime storie da me fino a tarda notte, insieme al suo fratellino Jon. Il suo nome era Walter. - La Vecchia Nan continuò a narrare per un’ora intera, ma i bambini quasi non se ne accorsero, poiché la storia del fuggiasco fantasma li aveva rapiti completamente. - Dopo quel giorno, del giovane drago non si trovò più alcuna traccia, poiché era divenuto un viandante fantasma – disse la vecchia donna arrivando alla conclusione della sua storia. – Ancora oggi, si dice che, se ci si addentra nelle terre sconfinate che prima si trovavano oltre la Barriera di ghiaccio di Bran Il Costruttore, si può udire il verso di un drago e poi quello di un metalupo, il suo Rhaegal e il suo NightFlame che lo accompagnano nel suo errare. Se si seguono i versi di questi animali, alcuni dicono che si può riuscire persino a vederlo, con il suo lungo mantello nero, la sua alta statura, i suoi lunghi capelli neri e i suoi occhi che brillano come diamanti viola tra la nebbia. Ma solo se si è fortunati, molto fortunati, lo si riesce a scorgere da lontano. Poiché la strada che lui segue è troppo ardua ed estesa per i mortali. Questa è la storia del fuggiasco fantasma.
 
Margaery si addentrò nelle terre deserte e sconfinate prima appartenute ai territori oltre la Barriera, tenendo la sua piccola Eveline per mano. Ancora non vi era stato modo di edificare delle costruzioni in quelle zone dato che il clima era troppo rigido durante il lungo inverno.
- “Un uomo in mezzo ad una distesa bianca,
cammina cammina e mai si stanca,
tiene gli occhi chiusi per non spezzare in mille pezzi il cielo
e non parla per non ridurre la terra in un velo;
il viandante non ha voce,
il viandante non respira,
perché quando parla nuoce
e quando vive il mondo attira;
hanno provato ad averlo le stelle
ma non erano abbastanza belle,
ha provato ad averlo il mare
ma non era abbastanza grande da poterlo inglobare,
ha provato ad averlo il vento
e ci sarebbe riuscito se al suo passaggio non si fosse spento,
hanno provato ad averlo i non-morti
ma non erano abbastanza forti.
Il viandante è metà uomo e metà bambino,
il viandante ha scelto da solo il suo destino,
il viandante è metà fuoco e metà ghiaccio,
il viandante non è più legato da alcun laccio,
il viandante non è né una leggenda, né un’astratta essenza,
perché anche chi non l’ha visto percepisce la sua presenza.” – cantò la giovane donna camminando tra la neve fredda di quelle terre deserte come era solita fare quando era sola. La bambina aveva ascoltato l’intera canzone così come ascoltava il vento con la speranza di udire il verso del drago o del metalupo. I suoi occhi vagliavano curiosi e vivaci fin dove potessero vedere. – Dato che ora conosci la sua storia, ti ho portata qui.
- Ci vieni spesso, madre?
- Sì, molto spesso. Me lo fa sentire più vicino a me. Alcune volte è come se riuscissi davvero a sentirlo, come se volesse parlarmi o avvicinarsi … così chiudo gli occhi e me lo immagino davanti a me, come se avessi ancora la fortuna di poterlo vedere, di poter ancora stringere il mio drago.
Le due rimasero a lungo ad osservare l’orizzonte, fin quando non calò il sole, così Margaery esortò la sua bambina ad avviarsi nuovamente verso Grande Inverno, verso casa. Eveline seguì la sua mamma, finché uno strano suono non attirò la sua attenzione. Era stato lievissimo, ma per un orecchio delicato e attento come il suo era stato ben chiaro. – Aspetta, madre! – esclamò la bambina lasciando la mano della donna e correndo nuovamente verso l’immensa distesa di neve. – Credo sia qui, anzi ne sono sicura! Mio padre è qui da qualche parte. Forse … forse se restiamo un altro po’ riusciremo a vederlo!
A ciò, Margaery accennò un malinconico sorriso alla sua bambina, raggiungendola. – Mio tesoro … innumerevoli volte ho creduto di udirlo anche io e altrettante sono rimasta qui ad aspettare delle ore in più, sperando di riuscire a trovarlo. Ma non è mai successo. Dunque torniamo a casa, prima che quel pozzo senza fondo della piccola Myranda finisca tutta la cena e non lasci nulla per noi – le disse prendendole di nuovo la manina tra la sua e conducendola via, mentre ella la seguiva non troppo convinta e girando di tanto in tanto lo sguardo verso la deserta distesa di neve.
Intanto, in piedi, sopra un piccolo monte poco lontano da lì, si ergeva un individuo coperto da un lungo mantello nero e con il cappuccio tirato su. Aveva scelto quel luogo poiché era abbastanza nascosto, così che nessuno sarebbe riuscito a vederlo a meno che non si fosse addentrato di più in quella vastissima distesa. Non poteva permettersi di essere visto. La sua pelle era cerea, quasi di granito, i suoi occhi viola luminosi e chiarissimi, mentre i suoi capelli corvini lunghi e folti, erano mossi lievemente dal vento. L’unica imperfezione che rendeva il suo volto diverso da quello di una statua scolpita, era una bianca cicatrice che partiva dal lato della bocca e arrivava fin sotto il mento. La spada fantasma che lo aveva reso quello che era, si trovava ancora nel suo fodero, sul suo fianco, divenuta sua compagna di viaggio e parte di sé. Il giovane uomo osservò le due donne che amava allontanarsi e ritornare verso Grande Inverno: la sua amata e sua figlia. Come tutte le altre volte, osservava Margaery da lassù quando veniva in quel luogo nella speranza di rivederlo. Restava ad osservare il dolore di lei, misto al suo, e cercava di trasmettergli la sua forza, il coraggio di andare avanti. Cercava di farle sentire la sua presenza in qualche modo. Ma non era mai venuta in compagnia di Eveline prima d’ora. Finalmente aveva potuto vedere per la prima volta la splendida creatura che avevano messo al mondo: la cosa più bella che avesse mai visto. Non appena la piccola comparve nel suo campo visivo, il suo cuore ancora umano scalpitò, facendogli provare ancora alcuni stralci di dolore, ormai sepolto da tempo e privato della capacità di fargli del male: il dolore non poteva far del male ad un essere privo di vita, ad un morto, ad un fantasma o a qualsiasi cosa esattamente fosse il “viandante fantasma” di cui narravano le storie e parlavano tutti. Forse era semplicemente diventato un’ombra in carne ed ossa. Un’ombra libera da tutto e da tutti, privata della sua vita e destinata per sempre a vagare in solitudine con le altre due parti della sua anima non più umana.
Sorrise mentre osservava la sua bambina tornare indietro, speranzosa di scorgerlo in qualche modo, e non poté far altro che pensare che l’avrebbe vista crescere di anno in anno, così come avrebbe visto invecchiare Margaery ogni qual volta fosse tornata in quel luogo nella cieca speranza di riuscire a vederlo; mentre lui sarebbe rimasto per sempre giovane, immutato, immortale, poiché privo di vita.
- Il viandante riesce a vedervi,
il viandante riesce a sentirvi …
Smettete di cercarlo, mie principesse  
poiché le sue iridi in voi sono riflesse – disse Walter accennando un debole sorriso e posando la mano sul muso del suo drago, per poi sfiorare il dorso di NightFlame. – Andiamo. Abbiamo ancora molti luoghi da esplorare – disse infine voltandosi e percorrendo la sua strada, verso l’orizzonte, verso i veri confini del mondo come una creatura eterna anche se terrena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve ragazzi!
Sono arrivata alla conclusione di questa fanfiction ahimè e mi era balenata un’idea in testa già mentre scrivevo uno degli scorsi capitoli: essendo un’amante degli spin off, ho deciso di scriverne uno o due e ho pensato di chiedere consiglio a voi, basandomi sui vostri gusti espressi! Quindi adesso vi metterò la lista delle mie idee per gli spin off, così che possiate stilare una top three di quelle che vorreste leggere di più e scrivermele qui sotto accompagnate ad una piccola recensione se volete! Se non avrò abbastanza pareri per giungere ad una preferenza,  sceglierò comunque una di quelle che avete votato, oppure andrà a piacere mio! Spero che la fanfiction vi sia piaciuta e che il finale non vi abbia angosciato troppo!
Ecco la lista:
•       Rhaegar e Lyanna
•       Episodi sulla vita di Walter con i bambini a Fondo delle Pulci
•       Episodi sulla vita di Walter e gli altri Stark da bambini
•       Il passato di Rebeccah
•       Il passato di Kirsten e i Reed
•       Episodi del viaggio di Walter e Cersei per arrivare ad Approdo del Re
•       Walter e Margaery (prima e dopo il rincontro)
•       Episodi sulla vita futura di Eveline (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3720040&i=1)
   
 
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