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Autore: jarmione    02/11/2017    3 recensioni
ATTENZIONE!! UN ISABELLA DIVERSA DA QUELLA CHE CONOSCIAMO!!
“Hai intenzione di dirlo ad Esme?”
Carlisle si morse il labbro inferiore, senza rispondere.
Sapeva che Edward gli avrebbe letto la mente, aveva ben poco da dire a quel ragazzo.
“Hai idea delle conseguenze?”
“Ne sono consapevole”
“E di noi?” Chiese ancora Edward “Rosalie non sarà d’accordo e Jasper non sempre riesce a controllarsi”
“Risolverò anche questo” tagliò corto Carlisle, uscendo dalla macchina e salendo le scale.
Edward lo raggiunse.
“Spero tu sappia quello che fai” e detto questo se ne torno nella sua stanza.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Nuova storia, nuova long, nuova schifezza in giro per EFP....sappiate che vi adoro lo stesso.

Per tutti coloro che seguono ogni storia che pubblico, vi avviso che ci sono cambiamenti:

LABYRNTH’S WAR - LA GIUSTA VIA DI FUGA - UNA PERSONA SPECIALE sono state CANCELLATE!! Quindi se le cercate non le troverete.

Buona lettura e...spero vi piaccia (ho messo ogni avvertimento possibile e immaginabile, se non gradite basta dirlo)

 

 

 

Era la classica giornata uggiosa a Forks.

Il cielo plumbeo minacciava di piovere da un momento all’altro e gli abitanti della piccola città facevano di tutto per raggiungere le loro case o i luoghi di lavoro, onde evitare di rimanere sotto l’acqua.

Nell’ospedale c’era calma...troppa calma.

Persino Carlisle si era stupito di quella tranquillità che, di solito, non c’era in un luogo come quello.

Stava nel suo studio, il computer acceso, alcune pratiche da sbrigare e ordini da effettuare.

Una mano sul mouse e una sulla scrivania.

Tamburellava con le dita in modo nervoso.

Come poteva essere nervoso senza un apparente motivo?

Non aveva problemi, i figli stavano bene, il lavoro era perfetto.

Nemmeno con i licantropi c’erano dispute.

Cosa lo rendeva così impaziente?

La risposta non tardò ad arrivare.

Giunte le sei del pomeriggio, quando tutti i fornitori e chi prende gli ordini chiude i negozi per ritirarsi nella propria dimora, Carlisle si alzò dalla sua sedia.

Si avvicinò all’appendi abiti e prese il suo camice.

Doveva fare il suo ultimo giro, prima di poter tornare a casa sua.

Non dovrebbe sentirsi nervoso per questo, non dovrebbe sentire niente.

I pazienti erano sempre allegri quando lo vedevano, erano grati e alcune donne gli morivano dietro.

Lui sorrideva ma non ci badava.

Era cambiato qualcosa negli ultimi giorni.

E lui sapeva...sapeva che si trattava della paziente nella camera 213.

Quando la vedeva provava le stesse sensazioni che aveva provato quando aveva visto sua moglie e i suoi figli per la prima volta.

Quando erano ancora umani.

Era passato tanto di quel tempo che non immaginava di provarle ancora.

Fece il suo giro ed infine si chiuse in quella stanza.

Osservó la paziente.

Era una bambina, avrà avuto si e no dieci anni.

Stava dormendo, i capelli castani le incorniciavano il viso magro.

A giudicare dalla sua cartella clinica, quel giorno dovevano farle un sacco di visite perché risultava mal nutrita e disidratata.

L’avevano tartassata abbastanza e adesso si meritava un po’ di riposo.

Carlisle riusciva a scorgere una lieve forma di occhiaie.

Era pallida, quasi un cadavere.

Non era in punto di morte, non era nemmeno malata terminale.

Perché sentiva il bisogno di trasformarla?

Ma poi, era davvero così oppure voleva solo seguire l’istinto nascosto del sangue umano?

Scosse la testa.

Quell’istinto lo aveva represso una vita fa.

Non ne sentiva il bisogno nemmeno se ne avesse una vasca piena davanti.

C’era ben altro.

Lui sentiva il desiderio di salvarla...ma da cosa?

Lesse meglio la cartella.

I problemi che presentava, da dove veniva.

Risultava affidata ad una casa famiglia di Seattle, la “Sweet Home”, era stata portata a Forks perché l’ospedale della città da cui arrivava era in sovraffollamento a causa di un incidente a catena sull’autostrada.

Nessuno era venuto a farle visita da due giorni.

Era praticamente abbandonata a se stessa.

Carlisle aveva sentito parlare di quella casa famiglia.

I bambini lì dentro non erano seguiti, alla minima occasioni erano anche picchiati.

Mangiavano poco e male e molti di loro finivano in ospedale per problemi fisici.

Qualcuno aveva provato a sporgere denuncia ma quando la polizia aveva fatto dei controlli era risultato tutto in regola e nessuno riusciva a spiegarsi come fosse possibile.

Era scoppiato lo scandalo con accusa di corruzione ma anche quello andò a scemare.

Se non fosse che non aveva più il sentore di caldo e freddo, Carlisle giuro che un brivido le percorse la schiena.

Era per quello che sentiva il bisogno di salvarla?

Lesse ancora.

Non diceva nulla in merito ai genitori, solo che c’era un uomo che faceva da tutore alla bambina e che, non avendo la piccola un nome, gli aveva dato il suo.

Swan.

Isabella Swan.

Avrebbe parlato con Esme, non poteva tenersi tutto dentro e il parere della moglie era ciò che gli interessava di più.

I suoi pensieri vennero interrotti da un movimento della bambina, che si stava stiracchiando.

Lentamente aprì gli occhi.

Due grandi occhi castani, due occhi da cucciolo.

Si voltò verso Carlisle e sorrise appena, emettendo poi un enorme sbadiglio.

“Salve Dottor Cullen” disse quasi mormorando.

Carlisle cerco di pensare che parlasse così per via delle medicine e dei flebi e non perché il suo corpo stava quasi cedendo.

“Ciao” rispose lui con un sorriso, mostrandosi molto amichevole nei suoi confronti “come ti senti oggi?”

“Bene, mi hanno fatto tante visite e mi hanno anche messa in un grande tubo con tante luci che si accendevano e spegnevano”

Carlisle rise “Direi che hai avuto molto da fare”

Lei annuì ridendo.

“Adesso devo andare, tornerò domani per assicurarmi che sei migliorata”

La bambina annuì “Buona notte Dottor Cullen”

“Buona notte” ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Tornó nel suo studio, rimise il camice sull’appendiabiti e lo sostituì con una giacca nera.

Si sistemò e uscì.

Durante il viaggio in macchina, i suoi pensieri erano rivolti a quella bambina.

Qualunque cosa avesse deciso di fare, avrebbe comunque scatenato un putiferio.

Se la salvava era guerra, se la curava e la faceva tornare alla Sweet Home sarebbe peggiorata e l’avrebbe avuta sulla coscienza.

La cosa che lo faceva impazzire era il fatto che c’erano tanti pazienti nell’ospedale, molti di loro da soli e messi peggio della piccola.

Perché proprio lei?

Carlisle non aveva poteri extra come alcuni dei suoi figli, ma considerava il suo sesto senso un amico affidabile.

Giunto alla villa, rimase alcuni istanti in macchina.

Le luci in casa erano accese.

Erano tutti in casa e qualcuno avrà persino notato la sua presenza.

Cosa veritiera.

Nel giro di qualche secondo, la portiera della macchina si aprì e si chiuse.

Edward, suo figlio, era seduto al suo fianco.

Lo sguardo serio e gli occhi rivolti verso il basso.

Non si guardavano.

“Hai intenzione di dirlo ad Esme?”

Carlisle si morse il labbro inferiore, senza rispondere.

Sapeva che Edward gli avrebbe letto la mente, aveva ben poco da dire a quel ragazzo.

“Hai idea delle conseguenze?”

“Ne sono consapevole”

“E di noi?” Chiese ancora Edward “Rosalie non sarà d’accordo e Jasper non sempre riesce a controllarsi”

“Risolverò anche questo” tagliò corto Carlisle, uscendo dalla macchina e salendo le scale.

Edward lo raggiunse.

“Spero tu sappia quello che fai” e detto questo se ne torno nella sua stanza.

  
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