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Autore: MM_White    03/11/2017    3 recensioni
[Eric x Christina][Spoiler!]
Buio totale. Tabula rasa. Knock-out.
Non è un doposbronza come tanti altri quello che Christina deve affrontare. Aperti con difficoltà gli occhi, infatti, scopre di essersi svegliata accanto ad Eric, il capofazione sadico e spietato degli Intrepidi. Ma non sa assolutamente come diamine sia potuto accadere. E la sua vocina da Candida esige che venga scoperta la verità...
* * *
Dal capitolo 16:
«Che ci fai qui?» Chiedo affiancandolo. «Credevo che i Capifazione avessero delle palestre private.»
«Ne abbiamo, infatti.» Mi guarda con la coda dell'occhio. «Ma oggi avevo nostalgia di questa...»
«Nostalgia...» Ripeto. «Non ti sembra un sentimento troppo profondo per te, Eric? Sai, per abituarti potresti cominciare con qualcosa di più semplice. Con l'ammirazione, per esempio, oppure con...»
«Smettila.» Si scosta dal sacco e mi lancia un'occhiata caustica. «Okei, non avevo nostalgia di questa merda di posto. Sono qui solo perchè speravo di vedere te.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christina, Edward, Eric, Will
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Ogni cosa ha la sua logica, ogni macchina un meccanismo. L'orologio, ad esempio, è un fine complesso di viti e ingranaggi che assemblati permettono alle lancette di scandire i secondi, i minuti, le ore. E anche la mente umana è un ammirabile esempio di ingegneria meccanica. Ma come funziona davvero? Abbiamo tutto il tempo del mondo per scoprirlo.



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32.
Afferra la mia mano



 

 

La notte è nera e tetra nei territori degli iniziati, ma stanotte le stelle mi brillano negli occhi. E nelle iridi di Eric, chiaro e luminoso, scorgo l'intero Universo. Uno spazio senza tempo, antico e infinito da perdere il fiato.
Che strana sensazione.
Ci stiamo guardando negli occhi e io lo rivedo bambino, sicuramente un ometto serio e pomposo già da piccolo, salire le scale che conducono alla terrazza dell'appartamento dove vive con la sua famiglia, due genitori assenti e un fratello forse ancora più arrogante di lui. Lo immagino con tanta chiarezza che mi sembra di vederlo proprio in questo momento, che alza gli occhi al cielo con un sorriso sornione, sognando di diventare un astronomo, da grande. E poi eccolo che cresce per diventare un adolescente. Le mani goffe che diventano abili, gli occhi sempre meno incantati e sempre più sapienti e che fine hanno fatto poi i sogni? Svaniti, ma non tutti. Qualcuno lo conserva ancora nel cuore che batte forte per la prima cotta e poi per la scelta più importante della sua vita: partire o restare?
Così eccomelo davanti, un ventenne con il corpo forte ed energico di un ragazzo e gli occhi stanchi e dissillusi di un vecchio soldato. Eric ha un carattere fortemente ambiguo, sempre in lotta per dominare sentimenti opposti, per combattere un nemico imbattibile: se stesso. Il suo atteggiamento è calcolato e animalesco, bilanciato in egual maniera. È freddo ma anche istintivo, distaccato e passionale. Le sue azioni, spesso e volentieri, non rispecchiano le sue reali volontà.
La sua è una vita di scelte e di rinunce, di sforzi per andare avanti e di delusioni. Ed è una vita faticosa perchè, nonostante lui ce la metta sempre tutta, Eric non riesce mai ad ottenere davvero quello che vuole. Non riesce ad essere il numero uno, il primo, il vincitore indiscusso. Lui è preda e predatore allo stesso tempo.
Decisamente l'ultima persona con cui dovrei stare.
«Credo sia ora di andare.» Sussurro.
«No, aspetta.» Eric mi afferra per un polso, stringendolo appena. «Non sei felice di essere qui?»
La domanda mi spiazza. Ci penso su per un po' e nel frattempo con un dito disegno dei cerchi sul suo petto nudo.
Sei felice Christina? Sì, no, in un certo senso?
«Sì, lo sono.» Ammetto con un filo di voce. «Ma ho paura.»
«Paura di cosa?»
«Non lo so con precisione. Questa... questa felicità che sento è... io mi sento bene però ecco...»
«Temi che non duri a lungo.»
Quando parla la sua voce è calda e le sue labbra mi solleticano la fronte, qualche centimetro sopra l'occhio. Mi stringo forte a lui. No, non può durare a lungo.
Non può durare a lungo perchè io sono un puzzle con dei pezzi mancanti.
Non può durare a lungo perchè Eric mi ama e mi odia nello stesso tempo.
Non può durare a lungo perchè siamo sbagliati presi singolarmente, figuriamoci insieme.
Questa relazione non è altro che un treno che corre veloce su dei binari disconnessi, verso la propria autodistruzione, quindi perchè continuare?
Ho passato la notte con Eric. L'ho amato. Ma non durerà a lungo.
Non durerà...
«Voglio portarti in un posto.» Afferma Eric, interrompendo il flusso dei miei pensieri. «È previsto che vi ci porti Quattro, la prossima settimana, per cui quando questo avverrà non dovrai dire a nessuno che ci sei già stata.»
«Non so perchè, ma non mi ispira niente di buono.»
Eric ride.
«È l'istinto da Intrepida che lentamente sta prendendo piede dentro di te.»
«Quindi non è un bel posto.»
«Per niente.» Conferma lui, e io lo stringo forte a me.
«Va bene.» Acconsento.
Sono una masochista, ora più che mai ne ho conferma.
Prima di staccarsi da me, Eric mi cinge il corpo nudo con le sue enormi braccia. La stretta dura un paio di secondi, forse anche meno.
Temi che non duri a lungo.
Quando si solleva dal letto, con uno scatto mi alzo anche io per abbracciarlo da dietro. Avverto sotto di me i suoi muscoli guizzare dalla sorpresa. Ma poi, lentamente, lo sento rilassarsi.
«È scorretto attaccare alle spalle.» Mormora con aria divertita.
«Mai fidarsi di un altro Intrepido.» Ribatto.
«Ma sentila...» Si gira per ripiombarsi su di me. «Scommetto che hai avuto un ottimo insegnante, novellina.»
«Il migliore.»
«Di questo passo mi farai diventare più arrogante di quanto non lo sia già.»
«Peccato che non mi riferissi a te...» Sussurro divaricando leggermente le gambe. «Ma al mio istruttore, Quattro.»
Eric socchiude minacciosamente gli occhi, e per quanto voglia incutere paura, io vi scorgo solo una punta di devastante gelosia. Guarda in basso, soffermandosi sul mio ventre nudo. Poi scende lentamente dal letto per rimanere in ginocchio per terra. Mi afferra le natiche attirandomi a sè, quindi, inumidendosi le labbra, si abbassa su di me.
Il piacere che mi assale è evidente e io gli permetto di continuare, gemendo sempre più forte. Sento il cuore battere all'impazzata e pulsarmi in basso. Il respiro farsi sempre più affannoso.
È così che andrebbe fatto l'amore, è così che andrebbe fatto sempre.
Anche dopo aver raggiunto l'orgasmo, Eric non accenna a fermarsi, proprio come un assetato non smetterebbe di attingere alla sorgente che ha fortunamente trovato in un deserto.
«Vediamo se hai il coraggio di dire...» biascica con un leggero affanno, «se in questo non sono il migliore.»
Sei il migliore Eric, penso cacciando un ultimo gemito di piacere, sei il migliore ma non te lo dirò mai.

 

*


 

Siamo nel palazzo di vetro, all'ultimo piano della residenza degli Intrepidi. Qui c'è una galleria piena di graffiti ed Eric mi spiega che si tratta dello scenario della paura. Una sorta di terzo modulo da superare davanti a tutti i capofazione in cui bisogna affrontare oppure placare le proprie paure.
«Una simulazione.» Suggerisco.
«A grandi linee sì, una simulazione.» Spiega. «Con la differenza che sarai consapevole di quello che stai affrontando. Non sarà come un sogno in quanto saprai di essere dentro una simulazione.»
«E avrò gli occhi di tutti puntati addosso...» Rifletto ad alta voce.
«Sì.» Conferma Eric.
Non va affatto bene. Per niente. Non sono forse scappata dai Candidi proprio per non rivelare a tutti il mio più intimo segreto? E lui, Edward, comparirà ne sono sicura. Se fino ad ora, nelle simulazioni non si è fatto vedere, è perchè ho così tanto cercato di nasconderlo in un angolino della mia mente da averlo reso inaccessibile perfino al siero.
Ma lo scenario della paura funziona diversamente, scandagliando ad una ad una tutte le più piccole e viscerali paure di chi lo attraversa. Di alcune io ne sono già consapevole: paura degli incendi, delle falene, di cadere dal Pozzo. Ma chissà cos'altro mi toccherebbe affrontare, e davanti a tutti per giunta.
Edward.
In pratica fra una settimana mi ritroverò al punto di partenza, rendendo la mia scelta di cambiare fazione una mossa inutile.
Eric fa un altro passo verso il centro della galleria e io mi sento di soffocare. Una vampata di calore mi avvolge il viso, facendolo avvampare in maniera incontrollabile. Non riesco neanche a mandare giù la saliva, tanta è l'ansia che quello che sta per succedere, di qui a pochi giorni, sarà sotto gli occhi di tutti.
Ed io non voglio, non posso permettere che lo sappiano i miei amici, la mia famiglia, l'intera città.
Non ho la forza di riviverlo, nè di affrontare i loro sguardi.
Perchè farlo sapere a tutti sarebbe come... sarebbe come venire violentata un'altra volta.
«Non ce la faccio...» mormoro appena, scuotendo il capo. «Eric, ti prego, non farmelo fare.»
Lui sussurra il mio nome, cambiando subito espressione.
Si vede così tanto che sono terrorizzata?
Si fionda su di me e mi abbraccia.
«Non possiamo tornare indietro. Adesso calmati...»
«No!» Lo allontano di scatto. «Certo che possiamo tornare indietro! Portami nella tua camera, Eric, portami...»
«Schhh.» Mi tranquillizza lui con uno strano tono dolce. «Vieni qui, non sarai sola, rimarrò con te.»
«No, no, non capisci!»
«Sei tu che non capisci, Christina. È già iniziato...»
«Cosa?» Ormai farnetico come un'isterica. Ho in testa così tanti pensieri da non riuscire a capire più nulla.
Eric mi osserva con apprensione, ma nei suoi occhi di ghiacchio brilla una strana luce. Sembra quasi compiaciuto.
«La simulazione avrà in inzio a breve, l'ho impostata poco prima di entrare.»
Lo guardo con la bocca spalancata mentre in testa è scomparso qualsiasi pensiero. Adesso c'è solo il vuoto, accompagnato da un orribile e incessante fischio.
«Questo in quanto ti ho iniettato il siero mezz'ora fa, prima che ti svegliassi.» Continua lui, imperterrito.
Non ci posso credere.
«Tu...» Sibilo inviperita. «Come faccio a fidarmi ancora di te? Santo cielo quanto sono stupida...»
Mi volto per cercare un'uscita, sbuffando come un'ossessa, ma l'entrata sembra sia scomparsa. Mi giro ancora su me stessa per chiedere ad Eric spiegazioni ma è sparito anche lui.
«Non sarai sola, rimarrò con te, hai detto.» Strillo più in collera che mai, «sì certo, come no!»
Lancio un grido esasperato al soffitto di pietra ma quando abbasso nuovamente lo sguardo mi assale un attacco di panico: la stanza è a fuoco.
Sbarro gli occhi terrorizzata. Attorno a me non c'è nulla per domare l'incendio, nulla. E non c'è una via d'uscita. Eric è scappato ed io mi ritrovo ad odiarlo più che mai, in quanto sono circondata dalle fiamme, da lame di fuoco che divorano tutto ciò che toccano e che si avvicinano sempre di più, sempre di più...
Mi irrigidisco, cominciando a tossire sempre più forte a causa del fumo.
Sto per morire.
Però no, non è così che voglio andarmene per sempre.

Tu non sei più una Candida, Christina, sei una Intrepida. Lo sei sin dal giorno in cui hai avuto il coraggio di fare una scelta difficilissima, quella di cambiare fazione. Lo sei sin quando ti lanciasti su un tetto da un treno in corsa, sin da quando ti tuffasti nel baratro per poi scoprire che saresti atterrata su una soffice rete. Sei una Intrepida Christina, lo sei sempre stata. E quando chiedesti ad Eric di insegnarti a diventarlo, lui non poteva renderti nè più nè meno di quello che tu già sapevi di essere. Sei una Intrepida Christina, e gli Intrepidi non muoiono con la paura che li attanaglia il cuore. Muoiono con coraggio.

Abbasso le palpebre e tiro un lungo, lento sospiro. Le lacrime che mi avevano bagnato il viso si sono asciugate da tempo, per via del calore delle fiamme, e adesso sento la pelle scottare. Il fuoco è sempre più vicino, ma io continuo a respirare piano, e poi più piano finchè non sento il cuore battere sempre più lentamente fino a ad arrivare al suo ritmo regolare. Il fumo non mi fa più tossire e la pelle non brucia più.
È perchè sono morta, mi viene in mente, anche se non capisco come sia riuscita a non urlare e correre come una pazza al primo tocco delle fiamme. Sono morta bruciata viva. E riesco perfino a sorridere, pensando a come siano state profetiche le fiamme tatuate sul mio braccio.
Quando riapro gli occhi, sono ancora nella galleria, ma non c'è nessun incendio.
Sono nello scenario della paura. Certo, come ho fatto a non pensarci prima? Qui è tutto finto, e se è tutto finto posso affrontare qualsiasi prova. Con la coda dell'occhio però, avvisto una strisciolina verdastra strisciare verso di me e subito risale il panico.
«Serpente!» Strillo perdendo di nuovo il controllo.
Indietreggio, inciampo in qualcosa e cado per terra. Mi volto giusto il tempo per capire che sono su una strada deserta ricoperta di grosse pietre, per poi puntare di nuovo lo sguardo sul serpente. Man mano che mi raggiunge diventa sempre più grande e io sono talmente terrorizzata da non riuscire neanche a rimettermi in piedi per sfuggirgli. Ma anche volendo, chi riuscirebbe a correre quando ti senti le gambe come pasta frolla? E dove potrei trovare riparo nel deserto?
Ma qui non sei davvero nel deserto.
Il pensiero mi risalta chiaro e luminoso. E il serpente, all'improvviso, mi appare meno veloce, meno voluminso, meno aggressivo. Quando raggiunge i miei piedi si è trasformato in una biscia talmente piccola da essere poco più che neonata. Sale tranquilla sul mio scarpone, riscende, poi continua la sua corsa attraverso il deserto. Io continuo a guardarla divertita, finchè non sparisce totalmente dalla mia vista.
Il tempo di pensare che sto odiando Eric come non mai, per avermi trascinata nel bel mezzo della notte in una situazione talmente assurda, ed ecco che mi ritrovo ad affrontare un'altra paura e poi un'altra ancora. Sono sulla tomba di mia madre e di mia sorella, corro lungo dei binari mentre un treno mi fischia minaccioso alle spalle, cerco di non morire affogata all'interno di una grossa cisterna piena d'acqua, guardo allibita allo specchio il mio corpo senza braccia nè capelli.
Affronto ogni paura rimanendo un po' scioccata, all'inizio, ma pensando subito dopo che devo calmarmi perchè è solo una simulazione.
Ma quante altre paure (che spesso non sapevo neanche di avere) mi tocca ancora sfidare?
E poi ecco che arriva, penso mentre perdo la stabilità del pavimento sotto i miei piedi, la paura alla quale non riesco a trovare una vera motivazione.
Perchè ho paura di rimanere appesa allo strapiombo del pozzo se non temo nè di cadere nè tantomeno le altezze?
Con una smorfia di dolore serro le dita intorno alla ringhiera. Potrei rimanere appesa qui per sempre oppure lasciarmi cadere sul fondo, come ho fatto nell'ultima simulazione. Finirebbe tutto in un attimo. E invece no, so che non è così. Perchè quando sollevo lo sguardo comprendo quale paura la simulazione mi sta mettendo davanti. La mia paura ha un volto e un nome. E adesso mi sta guardando con due occhi così chiari da apparire gelidi come il ghiaccio.
Eric mi ha messa in questa situazione ed Eric non sta facendo nulla per mettermi in salvo.
Qual'è il mio timore dunque?
Che non ti ami tanto come invece sostiene.
O che non mi ami affatto.
Il suo sguardo duro e impassibile mi congela ogni sentimento o pensiero. La verità è che se Eric continua a guardarmi così allora voglio solo morire. Chiudo gli occhi e mi preparo a mollare la presa per lasciarmi avvolgere dal buio... quando avverto un movimento.
Sollevo di scatto le palpebre per scorgere Eric, ansante e scompigliato, placcare un altro Eric che invece appare smarrito per un attimo. Il suo sguardo perso, però, si tramuta subito in una smorfia rabbiosa. Con un urlo roco si scaraventa sul suo gemello.
Tra i due inizia una lotta, mentre io cerco con tutte le forze di non cadere. Sarei riuscita a resistere ancora per poco, quando uno degli Eric mette K.O. l'altro con un potente gancio alla mascella. Quando si volta nella mia direzione, i suoi occhi di ghiaccio si illuminano.
«Eccoti.» Mormoro a fatica.
«Eccoci.» Sussurra lui, porgendomi la mano.
Quando l'afferro, vengo travolta da un'ondata di emozioni contrastanti e da un piacevole, invitante senso di calma. Eric mi tira su e mi avvolge tra le sue braccia.
Strano, mi sento a casa.
«Posso?» Chiedo dopo un po', scostandomi da lui. «È da tanto tempo che volevo farlo.»
Lui solleva le sopracciglia, perplesso.
«Fare cosa, per la precisione?»
Mi avvicino all'Eric accasciato per terra.
«Questo.» Ringhio dandogli un calcio sulle reni.
Un calcio perchè provi lo stesso dolore fisico che ho provato io.
Eric ride.
Un calcio per le derisioni, per le bugie e per gli imbrogli.
Eric sogghigna appena.
Un calcio per ciò che era, e per ciò che mi ha fatto diventare.
Eric mi blocca per un braccio.
«Okei, adesso basta però, mi stai facendo paura.»
«Oh, non temere, non era niente di personale.» Lo canzono con un sorriso sadico.
Lui lancia una rapida occhiata verso la sua figura inerme.
«Ripeto, mi stai facendo paura.»
Adesso rido io. Una risata pura, cristallina. Era da tanto che non mi sentivo ridere così. Appoggio la testa sul suo petto, serena. Eric ricambia l'abbraccio.
«Voglio che questa paura non compaia più, nel tuo scenario.» Sussurra.
«Non comparirà più, Eric.»
Ancora tra le sue braccia, sento qualcosa adagiarsi sui miei capelli, per poi ricoprirmi lentamente il corpo. Falene. Ma io non avverto neanche un brivido. Eric è la mia casa e io non ho paura.

 

Il corpo del mio uomo perde lentamente di consistenza. Strabuzzo gli occhi, un po' smarrita. Eric non c'è più e io mi ritrovo nella mia vecchia dimora, dai Candidi.
«La mia ragazzina...»
Un lungo brivido mi sale lento lungo la schiena. Mi volto verso l'ingresso e appoggiato allo stipite della porta c'è Edward.
Quanti battiti cardiaci al secondo può sopportare un cuore prima di esplodere?
«Eccoci.» Mormora lui sogghignando.
E il mio cuore esplode.

   
 
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