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Autore: VeganWanderingWolf    03/11/2017    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
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Capitolo 38

(ALL THE THINGS THERE’S NO TIME FOR)

 

Danny non aveva alcuna voglia di svegliarsi. Il letto era molto confortevole al momento, e l’incoscienza aveva una gradevolezza alquanto pigra.

Ma nonostante da diversi anni la sua vita fosse stata vissuta in modo piuttosto domestico, per quanto bizzarramente domestico, i sensi e gli istinti della sua parte di lupo avevano un modo di dormire molto diverso dalla sua coscienza umana.

Era qualcosa che aveva imparato già nei primi mesi dopo essere diventato un mezzo lupo, con quella naturalezza costretta con cui la sua nuova natura aveva sembrato poterlo addestrare alla sua nuova vita con un allenamento costante e totalmente privo di concessioni. Non aveva imparato che i sensi di un mezzo lupo in un certo senso non dormivano mai; lo aveva scoperto. Non aveva dovuto cercare di stare al passo; ci si era ritrovato dentro da un momento all’altro e aveva dovuto iniziare a convivervi. E dopo tutti quegli anni, ora gli sarebbe risultato strano e improbabilmente assurdo il dover dormire senza quei sensi in continua allerta in sottofondo. Non sarebbe nemmeno stato più in grado di immaginare esattamente come si dormiva quando si era completamente umani; certo, gli era rimasto un vago ricordo, e ancora poteva concepire razionalmente cosa significasse quando vedeva qualcuno di quelli che conosceva che dormiva, ma non riusciva più a provare la sensazione di quel sonno completo.

All’inizio non riusciva a dormire nel vero senso della parola. Qualcosa nel suo essere doveva ancora capire come venire a patti con quel modo di dormire con i sensi che rimanevano comunque all’erta: la sua testa continuava a processare tutte quelle informazioni cercando di tenervi dietro in modo almeno in parte cosciente, e così non riusciva a dormire sul serio.

Nel giro di qualche settimana dopo che era diventato un mezzo lupo era esausto e provato, e ancora, per quanto ogni fibra del suo corpo desiderasse disperatamente riuscire a dormire sul serio, riposarsi abbandonandosi alla completa incoscienza, per non ritrovarsi così ottuso dalla stanchezza lungo tutte le ore che era sveglio del tutto, non riusciva a dormire completamente nonostante la costante esaustione.

Mara non si era mostrata affatto comprensiva. Aveva riso con la sua aria superiore, deridendolo, dicendo che tutti i giovani mezzi lupi erano sempre terribilmente pigri, e così stupidi da non riuscire nemmeno a capire come si dormisse. Non gliel’aveva veramente spiegato, tutto ciò che aveva detto era che doveva smettere di cercare di capire tutto quanto come se fosse in una classe di qualche scuola, che non c’era nessun metodo, che doveva solo seguire l’istinto. Che ora era una creatura selvatica, e che nessun animale selvatico si può permettere di dormire così profondamente, perché nessun luogo sulla terra è mai sicuro del tutto, quella era solo una sciocca illusione umana, mentre ogni animale selvatico conserva perfettamente racchiusa in sé l’unica cruda verità: la morte potrebbe arrivare in ogni momento, e non si può dormire, se non ci si vuole far sorprendere da essa e morire stupidamente.

Solo col passare dei mesi Danny era riuscito in qualche modo ad adattarsi a quel per lui all’epoca nuovo modo di dormire. Non che avesse sviluppato un metodo o qualcosa del genere. Più che altro, era come se la sua parte di istinto più umano avesse ceduto il ruolo di conduttore delle danze alla parte più da lupo. E per quanto riguardava la sua interpretazione logica, quella aveva a malapena arrancato dietro con un’ipotesi raffazzonata su in qualche modo: forse finalmente aveva imparato con l’esperienza inconscia a distinguere i messaggi che i suoi sensi captavano durante il sonno in maniera abbastanza inequivocabile, a interpretarli quel tanto che bastava per decidere se allarmarsi e svegliarsi o se continuare a dormire e ignorare le percezioni che dovevano appartenere alla categoria delle cose incapaci di nuocergli in ogni caso. Il suo cervello forse aveva imparato a memoria il codice dell’istinto che sapeva lasciar passare oltre tutto ciò che apparteneva ad un sottofondo di percezioni inoffensive, e svegliarlo solo in occasione di qualcosa di fuori posto o di in qualche modo potenzialmente minaccioso.

Tutto ciò che aveva commentato Mara quando aveva notato che durante le ore da sveglio era meno oppresso dall’ottusità di una perenne stanchezza da semi-insonnia che lo aveva perseguitato per i primi suoi mesi da mezzo lupo, era stato un sarcastico ‘Sembra che tu abbia imparato qualcosa di più di come si sopravvive. Bene, era ora!’

Quando si era abituato a convivere con gli altri dei ‘4 di picche’, Danny aveva notato qualcosa di cui, si era reso conto, aveva già perso memoria nel corso dei suoi anni da mezzo lupo: a tutti gli effetti, anche l’istinto puramente umano era in grado di discernere nel sonno tra i rumori di sottofondo familiari e quelli fuori posto in qualche modo.

Certo, non con la stessa esattezza sensitiva con cui erano capaci di farlo i sensi da mezzo lupo, ma comunque… Yuta era capace di dormire anche mentre lui, Ramo, Kumals e Uther chiacchieravano più o meno ad alta voce, e di dormire anche profondamente, ma se solo la porta dell’ingresso si apriva o si chiudeva, eccola aprire gli occhi per vedere chi era arrivato o chi se n’era andato; Uther riusciva persino nelle sue dormite post-sbronza a svegliarsi se percepiva Kumals fare il suo nome in tono critico, o in generale se la voce di Kumals gli si avvicinava, per l’abitudine di quest’ultimo di cercare di fargli qualche scherzo mentre dormiva.

Certe volte però sia Yuta che Uther sembravano fallire: quando erano veramente stanchi e veramente profondamente addormentati, erano capaci di non sentire proprio niente al di sotto di un rumore estremamente forte, a partire da una esplosione di medie dimensioni in poi all’incirca.

Per quanto lo riguardava, Danny aveva scoperto che persino l’istinto di un mezzo lupo poteva essere mediato da una certa esperienza più tipicamente umana e domestica: era capace di essere svegliato da un odore che non conosceva, ma fintanto che gli odori di persone che percepiva erano quelli che gli erano diventati ormai estremamente familiari, Kumals poteva avvicinarglisi e combinargli qualcuno dei suoi scherzi finché voleva, perché non avrebbe considerato il suo odore come in qualche modo pericoloso in senso stretto.

Naturalmente, tutti loro avevano alquanto apprezzato quella sua caratteristica quando l’avevano scoperta, e specialmente Kumals. Da quando Danny era diventato in qualche modo parte dei 4 di picche, gli altri avevano imparato a potersi permettere di dormire profondamente in qualsiasi situazione di potenziale non completa sicurezza durante i loro incarichi, perché al primo segnale di qualcosa di fuori posto Danny si sarebbe sicuramente svegliato, trascinato in un attimo in un’immediata coscienza completa dai suoi sensi di mezzo lupo che non dormivano mai. Kumals aveva una volta commentato qualcosa scherzosamente a proposito del suo fungere da cane da guardia o guardiano del bestiame, ma dopo aver notato il suo non proprio apprezzamento dello scherzo, lo aveva lasciato cadere; la volta seguente, aveva riformulato la cosa sotto forma piuttosto di un commento apprezzante e grato.

Danny non dormiva perciò completamente quella notte, non nel senso convenzionalmente conosciuto da qualsiasi essere umano completo. I suoi sensi che di solito rimanevano all’erta anche durante il sonno si erano adattati perfettamente alla situazione lì presente a Tairans, e lo scoprì senza ombra di dubbio alcuno quando si svegliò di punto in bianco.

Un attimo prima stava ancora inconsciamente combattendo con la scelta tra il rimanere tranquillamente addormentato nella confortevole comodità del letto e del riposo e il doversi svegliare, e l’istante successivo aveva gli occhi spalancati e i sensi completamente all’erta, espansi al loro massimo alla ricerca dell’esatto elemento che aveva scatenato l’istintiva risposta di allarme, ricordandogli che non aveva mai una reale scelta in quel campo: in qualsiasi frangente, il suo istinto avrebbe scelto con totale priorità su ogni altra cosa, come se lo afferrasse per i capelli e lo gettasse dal sonno alla completa veglia, senza se e senza ma.

E riconobbe immediatamente ciò che lo aveva svegliato: l’odore di mezzi lupi.

Rimanendo perfettamente immobile, analizzò meglio l’informazione olfattiva. Naturalmente, poteva sempre appartenere ai due mezzi lupi che dovevano essere ancora là fuori a fare loro la guardia. Ma un momento dopo seppe che non poteva essere così: l’odore era troppo forte e troppo variabile nel suo declinarsi in quello individuale di diversi mezzi lupi. Ed era troppo vicino.

Lentamente scese dal letto, spiando brevemente in direzione di Uther, il quale dormiva russando piano. Si infilò le scarpe e si diresse rapidamente e silenziosamente nel salotto dell’appartamento, avvicinandosi ad ampi passi alla finestra per guardare fuori in strada.

Fu allora che il suono si alzò, risuonando inconfondibile, e Danny raggelò, bloccandosi sul posto.

L’ululato si elevò con la sua tipica nota di crescita di intensità graduale, appena modulata gutturalmente. Come una sorta di canto ancestrale, molto più antico di tutte le costruzioni e concezioni umane che formavano ogni singolo elemento di Tairans e ogni singola abitudine delle vite degli esseri umani che vi vivevano, si alzò nell’aria del silenzio notturno della città dormiente; con quella nettezza sicura che può appartenere a qualcosa che, pur essendo eventualmente in grado di comprendere che non ha nulla che ne renda lecita non solo l’appartenenza ma nemmeno la presenza in quel contesto, non se ne fa nessun problema nel momento in cui è comunque lì e basta.

L’esistere è tutto, senza bisogno di giustificazioni o spiegazioni o contestualizzazioni: quello era il messaggio implicito e nudamente semplice che recava l’ululato. Con una sottile minaccia velata in sottofondo che Danny ebbe la sensazione di poter percepire solo dal momento che poteva allo stesso tempo sia comprendere chiaramente la natura di quel messaggio implicito, sia paventare l’effetto d’esso su una mentalità istintiva umana.

L’ululato si alzava, mentre i rumori della cittadina tacevano; i lupi erano svegli e ululavano, mentre gli esseri umani dormivano avvolti nella loro domestica urbanità.

‘La notte è dei lupi, Danny, non degli umani. E questo non cambierà mai.’ ricordò come dal nulla, le parole punteggiate dalla voce sinistramente spietata e lapidaria di Mara, il tono netto come se si trattasse di una verità incontestabile e cristallina nella sua sicurezza, provenendo da un qualche momento di un passato per lui ora remoto, un frammento di ricordo che non era più in grado di contestualizzare esattamente.

E Danny sapeva perfettamente che tipo di ululato era quello. Era un richiamo, quel tipo di richiamo che i lupi o i mezzi lupi emettevano per segnalare la loro posizione ad un altro di loro attraverso la distanza, allo scopo di incrociarsi nell’immediato futuro.

Sebbene questo ululato fosse stato riconosciuto perfettamente dal suo orecchio come uno di quelli lanciati da un mezzo lupo in forma umana, in grado di imitare molto bene anche con un corpo umano il verso dei lupi veri propri.

E riconosceva perfettamente l’impronta individuale. Era quella di Mara.

Così come comprendeva benissimo a chi era rivolto. Stava chiamando lui.

Ma la distanza da solcare non era molta. A giudicare da quanto fosse risuonato chiaro e vicino l’ululato, amplificato nell’essere riecheggiato dallo spazio a corridoio relativamente stretto della strada bordate dalle case, Mara doveva essere proprio lì fuori; Danny non aveva nemmeno bisogno di affacciarsi alla finestra per saperlo con sicurezza.

La successiva cosa che udì, mentre l’ululato andava lentamente scemando nel suo terminare in discendere, fu un agitato movimento dal letto della stanza accanto. E la successiva cosa che Danny fece, senza nemmeno aver bisogno di riflettere, fu muoversi con la massima velocità consentita dalle sue capacità di mezzo lupo.

Spalancò la porta d’ingresso dell’appartamento dopo aver aperto rapidamente le serrature, e si lanciò oltre la soglia d’essa. Girando su se stesso in un’agile giravolta oltre la soglia, fece in tempo giusto a vedere Uther affacciarsi sulla soglia della camera da letto e fissare lo sguardo su di lui, prima di chiudere la porta e girare nella toppa la chiave che aveva afferrato dalla parte interna della serratura. L’istante successivo, un pesante tonfo dall’altra parte della porta non lo stupì nemmeno per una frazione di secondo, né ebbe bisogno di doversi immaginare che cosa potesse averlo provocato, perché sapeva come se fosse già successo che Uther aveva compreso in pochi istanti che cosa lui stava facendo, e in altrettanto poco tempo si era lanciato dietro di lui cercando di impedirglielo.

«Danny!» gridò Uther dall’interno. Il tutto accompagnato da un paio di pugni contro la porta chiusa. «Che diavolo stai facendo?» lo udì chiedergli, cercando di aprire la porta con la maniglia. E come se fosse già successo, Danny sapeva che lui avrebbe comunque tentato, con le parole e ad aprire la porta già chiusa, anche se entrambi sapevano perfettamente che sarebbe stato completamente inutile.

Danny rimase un momento in silenzio. Non gli veniva in mente assolutamente nulla da dire. Come se fosse inutile in effetti dire qualcosa, più che per il fatto che sapeva perfettamente che non aveva tempo ora per le cose totalmente impossibili, come cercare di convincere Uther ad accettare ciò che sarebbe successo, che stava già succedendo.

Tutto era già stato deciso con estrema facilità, e dopotutto Danny era più veloce di Uther, in quanto mezzo lupo, e i suoi sensi da mezzo lupo non dormivano mai, a differenza di quelli completamenti umani di Uther. No, Uther non aveva avuto nessuna reale chance per impedirgli di farlo, e anche quello entrambi lo sapevano bene, quanto mai bene. Perché ogni volta che contava, ogni volta che Danny decideva che avrebbe fatto contare in quel senso le sue capacità da mezzo lupo contro quelle di un essere umano, nessuno di loro avrebbe mai potuto fermarlo.

«Okay, che diavolo è stato?» domandò Uther attraverso la porta chiusa.

Danny riconobbe lo sforzo nel tono di essere ragionevole. Si sentì come se avesse potuto sorridere un poco, ma non ci riuscì. Era come se fosse rimasto un eco nelle sue orecchie, un eco dell’ululato che era appena risuonato, il richiamo di Mara per lui; e quell’eco non concedeva spazio ad assolutamente nient’altro se non alla cruda consapevolezza che appena fuori da quell’edificio la mezza lupa lo stava aspettando.

Mara era venuta a prenderlo.

Non c’era spazio per un momento di affezionata auto-contemplazione della familiarità che aveva ormai verso i modi di Uther, né per ascoltare oltre i tentativi che sapeva avrebbe fatto, tentativi di ogni sorta per fargli aprire la porta e permettergli di uscire e andare in strada con lui.

Tutto ciò che gli sarebbe venuto da rispondergli era che quella era la sua strada ora, e non più quella di Uther, ed entrambi in fondo sapevano che aveva chiuso quella porta per segnare in modo incontrovertibile proprio quel punto, e che glielo stava imponendo senza il suo consenso; così come entrambi in fondo sapevano perfettamente che niente al mondo gliel’avrebbe fatta aprire.

Per un istante gli attraversò la mente il rapido pensiero che, per la prima volta da quando era iniziato tutto quello, era veramente e profondamente lieto che lì ci fossero solo lui e Uther: sarebbe stata una faccenda decisamente più complicata cercare di tracciare quella linea di demarcazione nel punto che separava la sua strada da quella di tutti gli altri, se gli altri 4 di picche fossero stati lì al momento. No, in quel caso una porta decisamente non sarebbe bastata.

Ma non aveva tempo nemmeno per esitare oltre. L’odore non mentiva. Là fuori non c’era solo Mara.

E da un momento all’altro tutti quei mezzi lupi potevano decidere di non aspettare ancora, di sfondare la porta d’ingresso del condominio e di iniziare a serpeggiare lungo i corridoi, con solo porte troppo deboli per la forza di un mezzo lupo a separarli dalle persone, che pur dovevano essersi svegliate, sebbene non stessero palesando la loro presenza in alcun modo.

Istinto di conversazione, pensò molto brevemente e distrattamente Danny: anche l’istinto umano possedeva abbastanza memoria, sufficiente per dettare che quando si udiva un ululato era meglio non andarvi incontro. L’istinto umano ricordava ancora, anche se le vite molto più recenti degli umani attualmente in vita non l’avevano mai conosciuto, il sapore della paura profondamente istintiva instillata dall’alzarsi del verso di un predatore nato, specialmente nelle ore notturne e silenziose, quando i rumori umani tacevano, ascoltando raggelati e forse limitandosi ad aggrapparsi con tutta la disperata forza di cui disponevano alla sottile speranza che quello non fosse un richiamo del tipo che dava inizio alla caccia, che la preda non fossero loro, che il lupo non stesse venendo per loro.

«E’ Mara.» disse solo Danny, la voce appena abbastanza alta da farsi udire attraverso la porta.

Di nuovo, le labbra cercarono di piegarglisi in un leggero accenno di sorriso amaro, e di nuovo fallirono. L’ironia amara era perfettamente contemplata da lui in quel momento, e tuttavia non riusciva a provarla davvero. Non c’era abbastanza spazio, non c’era abbastanza tempo; e in ogni caso sembrava solo qualcosa di puramente facoltativo.

Non c’era spazio per niente che non fosse immediatamente essenziale.

Mara avrebbe potuto prendersi il disturbo di lanciare un secondo richiamo se non l’avesse visto comparire presto, così come il rumore successivo che avrebbe potuto udire avrebbe potuto tranquillamente essere quello della porta del condominio che veniva sfondata e dei passi di diversi mezzi lupi che iniziavano a salire le scale. Non ci si poteva mai affidare alla pazienza di Mara, che notoriamente non era affatto una delle sue qualità, e quello lui aveva avuto occasione di impararlo bene molto tempo prima. Non ci si poteva affidare alla possibilità che lei fosse venuta con solo lui come obbiettivo, e che non avrebbe disdegnato di scagliare se stessa o gli altri mezzi lupi su Uther o su chiunque altro essere umano fosse a portata nelle immediate vicinanze.

E, definitivamente, Danny non poteva permettere che l’incolumità di tutti quelli che abitavano lungo quella strada fosse messa a repentaglio. O, almeno, non finché avesse avuto respiro lui stesso.

«Prendi il fucile.» disse ancora, quasi distrattamente ormai, mentre già si voltava verso le scale. «Non so quanto tempo riuscirò a trattenerli.»

Sebbene letteralmente le sue parole non dicessero niente di più, sapeva che Uther avrebbe capito che cosa intendeva dire più esattamente.

Perciò non lo stupì particolarmente sentirlo gridare il suo nome più volte, in tono irato, intervallandosi con imprecazioni, e i colpi di pugni e calci contro la porta chiusa. Mentre iniziava a scendere le scale, Danny ringraziò mentalmente e brevemente la solidità di quella porta: Uther non sarebbe stato in grado di sfondarla così facilmente.

Danny scese le scale a passo rapido, ma senza correre nonostante tutto. Avrebbe dovuto farlo, e lo sapeva. Ma evidentemente, realizzò per un attimo con un certo stupore, la sua parte umana era ancora capace di competere con la spietata crudezza della necessità di urgenza senza appello di una situazione, abbastanza da rendere quel momento in cui sapeva che stava andando incontro alla propria morte di un peso specifico particolare.

‘Solo gli umani temono la morte. Non i lupi.’ disse con tono di evidente disprezzo la voce di Mara, di nuovo spuntando senza preavviso né precisa collocazione da qualche parte delle sue memorie. Le sue labbra tentarono di nuovo di piegarsi in un accenno di sorriso amaro, nel realizzare che Mara aveva avuto torto anche su quello, e che ora lui lo sapeva con certezza.

La relatività stava tradendo un poco la sua percezione, facendogli sembrare più lungo il percorso che stava compiendo fino alla porta d’ingresso del condominio, come se il tempo stesse scorrendo leggermente più lentamente. Un lieve senso di claustrofobia punzecchiò il suo istinto, poiché quel percorso era troppo chiuso e troppo monodirezionale, solo un corridoio di scalini e poi di pavimento liscio, con un’unica direzione per lui, e una sola fine concretizzata dalla porta del condominio davanti a lui, oltre la quale sapeva che c’era la fine della sua strada.

Ma ancora non riusciva a trovare spazio per altro, per cose che potevano essere importanti forse in una situazione del genere, qualcosa da poter ricordare che gli desse un poco di sollievo forse, o che alleviasse anche giusto per un momento la piena consapevolezza della distanza che si accorciava e che la sua strada non proseguiva oltre. Non oltre ciò che lo aspettava aldilà della porta di quel condominio.

Per un istante pensò solo che in qualche modo, anche se non avrebbe saputo dire come, era singolare che la sua strada finisse proprio laddove era cominciata quella dei 4 di picche, prima ancora che lui sapesse della loro esistenza.

E poi, l’ultima cosa che pensò mentre metteva la mano sulla maniglia della porta e un attimo prima di aprirla e solcare la soglia, fu che gli dispiaceva semplicemente non poter rivedere Andrea e gli altri. Magari giusto per una volta.

Ma era un genere di pensiero assurdo; e tuttavia, per quanto lo sapesse perfettamente, rimase inciso in lui per un significativo momento, prima di sfumare via, come se non potesse accompagnarlo oltre quella soglia.

 

 

Soundtrack: Where is my mind? (City Wolf)

 

Note dello scribacchiatore: cercherò di pubblicare il prossimo capitolo in meno di un mese, ma non ci giurerei, dipenderà da come riesco a sbrigarmela col resto della mia vita (come al solito, è già bello che scritto ma una revisione è il minimo nah?)

 

  
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