Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Prince Lev Swann    04/11/2017    3 recensioni
“Succo d’arancia, Swan?”
Killian posa un vassoio di brioches sulla scrivania, prima di sedersi sul letto; fisso per qualche secondo l’arancione intenso del succo nel bicchiere al di sopra di esso, perplessa. Fu una delle prime cose che mi chiese, il succo d’arancia.
“Emma...”
Da parte mia, nessuna reazione. Ho bisogno di qualche altro secondo.
“Tesoro, mi dici che c’è che non va?”
Sollevo lo sguardo, ricambiando quello dei suoi intensi occhi azzurri. Sembra davvero preoccupato; fa quell’espressione quando pensa che gli stia nascondendo qualcosa che mi preoccupa. Sotto la più superificiale agitazione ne traspare quel po’ di rancore che riserva ai miei ostinati tentativi, mai svaniti del tutto, di non lasciare che mi scopra completamente, di impedire a chiunque, lui compreso, di toccarmi nell’animo. Lo so, è fastidioso, ma sono sempre stata così. E sebbene Uncino sia l’unico in grado di oltrepassare le mie barriere, non mi nasconde più quell’aria di delusione, quasi di disappunto, nel constatare che ogni tanto mi riparo ancora dietro a quei muri. Ma ha ragione, e non se lo merita.
Stringo il pugno e faccio un sospiro. Basta muri.
“Sono incinta.”
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Inserire frase poetica d’apertura qui...

 

 

Le mie dita si agitano nervosamente al di sopra della tastiera del suo notebook. “C’era una volta…”, ovviamente è questa la prima frase a venirmi in mente. La sua voce risuona nella mia testa. “Tu dovresti saperlo meglio di tutti, sei la figlia di Biancaneve…”. Ma non mi dire. Non riesco a trattenere un mezzo sorriso. È un’eco remota, certo, ma sempre presente. Mi ricorda il mio ingresso nel mondo di cui ho sempre fatto parte. Ma il mondo delle fiabe non è così fiabesco, da quando lui se n’è andato. Almeno, non il nostro. E comunque, a prescindere da dove mi trovo ora, Henry non è più con me, e questa città incantata ha decisamente perso un po’ della sua magia.

“Succo d’arancia, Swan?”

Killian posa un vassoio di brioches sulla scrivania, prima di sedersi sul letto; fisso per qualche secondo l’arancione intenso del succo nel bicchiere al di sopra di esso, perplessa. Fu una delle prime cose che mi chiese, il succo d’arancia.

“Emma...”

Da parte mia, nessuna reazione. Ho bisogno di qualche altro secondo.

“Tesoro, mi dici che c’è che non va?”

Sollevo lo sguardo, ricambiando quello dei suoi intensi occhi azzurri. Sembra davvero preoccupato; fa quell’espressione quando pensa che gli stia nascondendo qualcosa che mi preoccupa. Sotto la più superificiale agitazione ne traspare quel po’ di rancore che riserva ai miei ostinati tentativi, mai svaniti del tutto, di non lasciare che mi scopra completamente, di impedire a chiunque, lui compreso, di toccarmi nell’animo. Lo so, è fastidioso, ma sono sempre stata così. E sebbene Uncino sia l’unico in grado di oltrepassare le mie barriere, non mi nasconde più quell’aria di delusione, quasi di disappunto, nel constatare che ogni tanto mi riparo ancora dietro a quei muri. Ma ha ragione, e non se lo merita.

Stringo il pugno e faccio un sospiro. Basta muri.

“Sono incinta.”

“Cosa?”

L’espressione che gli si dipinge in faccia mi fa dimenticare di tutto il resto, per un secondo. Sorrido. “Amore, è meraviglioso!” esclama piegandosi in avanti e portandosi la mano superstite sulla fronte.

“Non te ne rendi conto” mi guarda, “ma mi hai reso il pirata più felice che potrai mai incontrare.”

Cerco di lasciarmi andare. “Be’, me ne basta uno, di pirata. Anche se a quanto pare ne sta arrivando un altro. Un piccolo Killian che gironzola per casa, ce lo vedi?”

“O un piccolo salvatore.”

Esito.

“Oh, non glielo auguro. Meglio rum e aria salmastra piuttosto che sacrifici e responsabilità.”

Mi faccio scappare una nota di amarezza, che a Killian non sfugge. Non gli sfugge mai nulla.

“Emma, se sei spaventata, sai che non hai motivo di esserlo. Sarai una madre fantastica, chiunque ci scommetterebbe.”

“Be’, forse non Henry.”

È stato più forte di me. Non mi sopporto nemmeno io, quando faccio così, ma è inevitabile.

“Quel ragazzo ti ama più di chiunque altro, Swan. È sempre stato più maturo del normale, e fin dall’inizio ti ha capito più di quanto tu, forse, capissi te stessa.”

“Questo è quello che fa vedere. Ma il vuoto che gli ho causato non sarà mai compensato completamente. Altrimenti perché credi fosse così ansioso di trovare la sua storia? È colpa mia, se si sente incopleto. E non mi perdonerà mai. Mai del tutto.”

“Sei sicura che si tratti di lui, e non di te?”

Quindi mi accarezza il viso, sollevandomi il mento in modo che lo guardi negli occhi. Tendo a guardare verso il basso, quando ho paura, e Killian lo sa bene. Ma nemmeno lui può cambiare il passato.

“Cosa intendi? Se vuoi dire che non mi sono ancora perdonata, ti sbagli. L’ho fatto anni fa.”

“Forse ti serve un promemoria”. D’un tratto lo vedo alzarsi, prendere il telefono e spostarsi in bagno.

“La verità è che penso di non meritarlo” ammetto, parlandogli attraverso la porta aperta. “Non merito una seconda possibilità. Noi siamo felici, certo. Ma chi dice che sarei una brava madre, se effettivamente l’ultima volta sono stata pessima? Insomma, Henry mi chiama mamma, ma non gli ho mai cambiato i pannolini. Non l’ho consolato quando faceva brutti sogni, da bambino. Non gli ho mai raccontato storie della buonanotte, o cantato una ninna nanna. Perché io non c’ero. Ed è stata una mia scelta...”

“Ma c’ero io, signorina Swan.”

Regina.

“Uncino mi ha detto che c’era un’emergenza e l’ho preso molto alla lettera. Emma,” il suo tono è a metà tra l’apprensione e il rimprovero, “ne abbiamo parlato migliaia di volte…”

Lancio un’occhiattaccia a Killian, prima di voltarmi.

“Non che tu non sia sempre la bevenuta, Regina, ma amore, potevi anche avvisarmi…”

“Credo che lei sia la persona più adatta, in questo momento”. Sono confusa. Regina ha sicuramente a che fare con questa storia. Ma chiamarla ora…

“Non voglo disturbare” proferisce Regina in tono di scusa, portandosi una mano sul collo e inclinando il capo. Io mi alzo, stanca, facendomi passare un a ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.

“Non dire sciocchezze. Sei di famiglia, lo sai, e la famiglia non disturba mai”. Non sono parole forzate; mi vengono dal profondo del cuore. Sono seria. Ogni tanto mi dimentico di tenere presente che forse lei non si rende conto che tutti noi le vogliamo bene.

“Grazie. Credo di aver intuito la situazione, ma…”

“Io… vado a controllare la Joll...”

“Non che ti voglia trattenere qui, pirata, ma potresti trovare una scusa nuova per toglierti di mezzo. Come, per esempio, Biancaneve. Credo abbia bisogno di aiuto con i preparativi per il pranzo…”

“Pranzo? Che pranzo?”

“È il compleanno di Neal, Killian” gli ricordo.

“Oh, giusto, avete ragione. Allora io vado ad aiutare tua madre a fare la… torta di mirtilli.”

“Sì, a dopo, capitano.”

“Vostra maestà…”

Quindi afferra velocemente la sua giacca di pelle e lascia la stanza. Io e Regina ci guardiamo in faccia.

“Che ne dici se ci facciamo quattro passi?”

Annuisco con un lieve sorriso.

“Faccia strada, signor sindaco.”

 

**

 

 

“Mi dispiace davvero di avervi interrotto”.

“L’hai già detto questo, finiscila” le rispondo, camminandole accanto. A passo tranquillo, ci dirigiamo non ho capito dove. “E poi è stato Uncino a chiamarti, e...”

Il vento autonnale agita le chiome degli alberi e fa sbattere le insegne dei negozi;ci stiamo avvicinando alla spiaggia.

“...e ti chiedi se non voglia evitare l’argomento avendomi chiamato dopo circa trenta secondi dalla scoperta, giusto?”

Ci fermiamo. Regina mi guarda dritto negli occhi, comprimendo leggermente le labbra e alzando le sopracciglia.

“Tu dici?” faccio io, incerta.

“Emma, ascolta” dice lei, prendendomi sotto braccio e ricominciando a camminare. “Uncino è semplicemente preoccupato per te, come sempre. Solo che, questa volta, ha pensato fossi io la persona migliore per farti vedere la verità.”

“E cioè?”

“Cioè che ti stai ancora incolpando per il tuo passato. Emma, sono stata io a lanciare il Sortilegio Oscuro.”

“Cosa c’entra?”

Non capisco dove vuole arrivare.

Non volevi abbandonare Herny, sei stata costretta dalle circostanze, proprio come i tuoi genitori con te. E quelle circostanze le ho causate io.”

“Non proprio. Fu Tremotino a manipolarti, come fece con tutti noi. E comunque non credo sia il caso di giocare a diamoci la colpa, dopo tutto quello che abbiamo passato.”

“Hai ragione. Ma pensaci, io ho cresciuto Henry fino a una certa età perché tu non eri nelle circostanze giuste per farlo. Ed è stata l’unica cosa buona che ho fatto per davvero molti, molti anni… Il punto è che se tu non avessi rinunciato a lui, probabilmente io sarei ancora quella di prima. Era destino che accadesse come era destino che tu incontrassi Baelfire, nonché la stessa nascita di Henry.”

“No Regina, ti prego, non ritirare in ballo il destino. Sì, è vero, forse era destinato a nascere, ma la sua vita è sempre stata complicata per via delle scelte di noi. Di noi due. E adesso è frustrato, e alla ricerca disperata di un senso di dare alla propria vita.”

Siamo ormai sulla spiaggia, in prossimità della battigia.

“Non è sbagliato ricercare la propria storia, e non ha a che fare con la frustrazione.”

“Ascolta, quasi non mi ha salutato quando è partito. Ora non lo sentiamo da anni e se… e se non tornasse affatto?”

“Tornerà, oppure lo andremo a trovare noi. So che sta bene, c’è un mio incantesimo sul suo cuore. Tu devi lasciar andare il passato e iniziare a preoccuparti per questo” quindi mi indica il grembo con un dito. “E non preoccuparti di Henry, lui ci sarà sempre per noi.”

“Non ti manca?” le chiedo, guardandola aggrottando la fronte. Lei sorride. Si tratta di un sorriso triste, che maschera un velo di autocommiserazione.

“Più di qualsiasi altra cosa. Ma per dieci anni l’ho tenuto chiuso in una torre, da solo e demoralizzato, e tutto quello che posso fare per rimediare ora è lasciarlo andare.”

Quasi mi viene da ridere. Che amarezza. “Per me è il contrario. L’ho lasciato andare circa due secondi dopo averlo messo al mondo, e ora vorrei egoisticamente che rimanesse con me per tutta la vita.”

“Lo so. Ma non credere che sia più facile per me. Girati un po’.”

Obbedisco, quindi vedo qualcosa che quasi mi uccide. Il suo castello. Il castello del parco giochi di Henry.

“Non ci credo… l’hai ricostruito!”

“Ci ho… provato, sì.”

Per qualche minuto stiamo in silenzio. Mi avvicino al piccolo castello di legno, passandoci le mani e finendo per sedermi nel punto in cui si sedette lui, tanti anni fa, quando lo rimproverai, rinfacciandogli la mia sfortuna, per aver detto che la sua vita faceva schifo.

Regina mi si siede accanto. “E io che mi ero illusa fossimo tornate indietro nel tempo…”

“Ah, be’, temo che quella sia una specialità di mia sorella” ridacchia Regina, cercando in maniera evidente di alleggerire l’atmosfera.

“Tutto questo è perché mi manca e, nei modi più bizarri, cerco di rievocare la sua presenza. Non sei l’unica ad avere attacchi di nostalgia, Emma, siamo sulla stessa barca. Lo siamo sempre state.”

“Già”. Il mio tono è secco, rassegnato.

“Ma questo” continua lei, girando il capo verso la sabbia, “...non vuol dire certo che tu debba rimanere bloccata. Devi andare avanti, signorina Swan. Dobbiamo andare avanti. Tu e Uncino avete qualcosa da vivere dall’inizio alla fine, adesso. Una seconda occasione… e mi devi promettere che te ne prenderai cura, Emma, perché forse non ti rendi conto di quanto sia prezioso il dono che avete appena ricevuto.”

Nelle sue parole avverto qualcosa di strano, di triste… delusione, forse, o rimpianto; una nota di fragilità che le si blocca in gola.

Dolore, ecco cos’è.

“Grazie, Regina. Non ci penso spesso, ma sono davvero felice che tu mi sia accanto.”

Quindi ci abbracciamo, prima di rimetterci in piedi.

“È un piacere. Ed è davvero il minimo che possa fare, viste tutte le tragedie familiari in cui sei stata coinvolta a causa mia.”

“Lascia stare, è acqua passata e ripassata.”

Segue qualche altro secondo di profondo silenzio, riempito solo dal suono delle onde che si abbattono impetuose sulla costa.

“Comunque, che ore sono?”

Guardo l’ora sul telefono. “Quasi ora di pranzo.”

“I tuoi genitori ci staranno aspettando. E a tal proposito… gli hai già dato la bella notizia?”

Non ci avevo ancora pensato. “No. In effetti, se non consideriamo Uncino, la cassiera che mi ha pagato il test di gravidanza ed Ashley, che era dietro di me in fila e mi ha sorriso vedendomi uscire, sei l’unica a saperlo.”

“Quindi Biancaneve…?”

“No, la mamma non lo sa ancora. Pensavo di dirlo a tutti a pranzo, dopo due fette di torta ciascuno e diversi bicchieri di vino, così magari sarà più facile.”

“Oh, bene, non mi vorrei perdere la reazione dei tuoi genitori per nulla al mondo. E a proposito di pranzo, devo passare a prendere le lasagne prima di raggiungervi.”

Questi pranzi sono diventanti un’abitudine, negli ultimi anni, una vera e propria tradizione di famiglia, di quelle che non cambiano mai. Una cosa è cambiata, ultimamente: Henry non c’è... No, basta, basta pensarci. Chiudo gli occhi per un secondo, sospirando.

“Hai fatto le lasagne? Davvero?”

Regina annuisce arricciando le labbra con aria compiaciuta.

“Bastava dirmi questo, se volevi tirarmi su il morale” mormoro con una risatina.

“Ah be’, ora che sei in dolce attesa le apprezzerai anche di più, fidati. E se ti piacciono tanto, potrei anche insegnarti a farle. È piuttosto facile una volta che capisci come disporre bene la pasta…”

“Sì, poi magari apriamo anche un ristorante...”

“Be’, a Granny...” comincia Regina sorridendo e annuendo vigorosamente, “un po’ di concorrenza farebbe senz’altro bene, non credi?”

 

 

*

 

 

 

Un lampo, un grosso schizzo d’acqua proveniente dal nulla e un foglietto di carta in un pezzo di vetro.

Finisce in mezzo alla tavola, proprio sul piatto pieno di briciole di frolla della torta di Biancaneve. Ma non c’è nemmeno bisogno di afferrare la bottiglia, perché nel giro di un istante la voce risuona nella stanza. Un lampo magico in casa durante il pranzo è di routine, ma è sentendo quella voce che per poco non mi scappa un urlo.

 

 

Aiuto, sono stato rapito da Lady Tremaine. Avvisa Emma, Regina e Capitan Uncino!”

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Prince Lev Swann