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Autore: Pawa    04/11/2017    0 recensioni
Penguin è innamorato di Law, ma quest'ultimo non ha mai dimostrato interessi nell'ambito amoroso, né in quello sessuale. Pen non vuole cedere, rischiando di far del male al suo capitano, mancargli di rispetto, perdere la sua amicizia e l'onore di essere un Heart Pirates.
Decide, perciò, di prendere le distanze, ma questo per Trafalgar è equivoco e preoccupante e, così, costringerà con l'inganno il pinguino a stare sul ponte, di notte, da solo con lui.
Riuscirà Penguin a trattenersi?
E perché Law non ha mai toccato un altro corpo, né se stesso, per oltre dieci anni?
Fiction con trama fine a se stessa, non vuole essere anche lontanamente canon o complicata.
Puro e semplice yaoi di un paio di capitoli o più.
Buona lettura ♥
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Penguin, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Penguin x Law









 
 

“Penguin…”
Mugugnò in un insolito misto di goduria ed imbarazzo, all’ennesima palpata che il suo nakama gli stava riservando da un tempo esageratamente lungo.
 
Il capitano degli Heart Pirates, quel tardo pomeriggio passato a centinaia di leghe sotto la superficie marina, stava leggendo, pigramente sdraiato prono sul proprio letto, quello che per una volta non si presentava come un tomo di medicina specializzata, bensì un tranquillo (ed anche per i mortali comprensibile) romanzo storico.
 
Era prossimo al termine del sesto capitolo, quando uno dei suoi compagni si era introdotto nella sua cabina, senza bussare.
 
Non che lui lo pretendesse, ma i suoi nakama avevano sempre avuto l’educazione e la premura di annunciarsi prima di intromettersi nella sua stanza.
 
Soltanto Penguin, da un mese circa, aveva perso quella buona usanza.
 
Questo perché, nella maggior parte dei casi relativi a quella trentina di giorni, voleva impedire a Trafalgar Law di negargli il permesso.
Era determinato nel suo scopo, il pinguino, ma non si sarebbe messo contro il volere del suo capitano, colui a cui doveva tutto.
Per questo, furbescamente, aveva optato per evitare situazioni in cui Law avesse dovuto esprimere la propria opinione.
 
Anche quel dì, dunque, era entrato senza convenevoli, richiudendo la porta dietro di sé, a chiave.
 
Law non si era scomodato, ormai abituato a quella routine di autoinviti, anche se non a ciò che comportavano.
Lo aveva fissato di sottecchi da sopra la spalla, con un velo rosato sulle guance ed il labbro inferiore arricciato.
 
Dannatamente sexy, quel dolce ragazzino che aveva per capitano.
 
Il Pirata del Cuore si era sdraiato su di un fianco accanto l’altro corsaro, tenendo sollevato mezzo busto ed il mento poggiato sul palmo sinistro.
 
“Cosa leggi?” era straordinario come facesse sembrare tanto innocente una domanda che in effetti era tale, mentre, però, la sua mano destra andava ad accarezzare la natica di Law a lui più vicina.
 
“I promessi sposi” fu la risposta atona del dottore, che cercava invano di catalogare e analizzare i propri sentimenti, da ormai un mese.
 
“Che roba è?” Chiese nuovamente, dando una stretta brusca al sedere del suo capitano, facendolo guaire.
Sorrise al verso che aveva udito.
Da troppi anni sognava di sentirli lasciare le labbra rosee e carnose del suo adorato capitano. Labbra che dal medesimo tempo desiderava divorare con le proprie e un mese fa, aveva soddisfatto quest’ultima ambizione.
Certo, ancora il loro rapporto non poteva definirsi una relazione, ma erano sulla buona strada.
 
“Un pilastro della letteratura appena pubblicato. L’autore, un tizio dei mari dell’est, ha messo insieme storia, attualità, satira e romanticismo. Pensa, ha pure inserito un sacco di citazioni delle mie opere antiche preferite.”
 
Penguin ridacchiò, tornando a compiere gesti gentili con la propria mano maliziosa.
 
“Tu e la tua passione per la letteratura… Hai letto e adorato così tanti libri che abbiamo dovuto creare una biblioteca nel Polar Tang. Mi chiedo, se non fossi stato medico, saresti diventato un poeta o uno scrittore?”
 
“Ne dubito, sono privo di fantasia, eccetto quando si tratta di uccidere.” Aveva sussurrato, per poi riprendere a tono più alto.
“Sono solo uno studioso. Mi piace analizzare ogni aspetto delle opere e ci riesco e fidati, è bellissimo capirne ogni sfumatura-AH!”
 
“Concordo, è magnifico sentire ogni timbratura della tua voce” lo canzonò il ragazzo più grande, dandogli decise strette al deretano.
“Cretino.”
 
Dopo quel breve dialogo, Law si era nuovamente immerso nella lettura o almeno così sembrava a Penguin.
In realtà, stava leggendo per la settima volta la stessa pagina, incapace di comprendere il significato delle frasi, perfino di alcune parole ricercate, perché tutta la sua intelligenza e vastissima conoscenza, stavano venendo molestate dalle mani di Penguin.
Quest’ultimo, adesso stava delineando la linea di giunzione delle natiche e di tanto in tanto faceva pressione sul solco, suscitando fremiti al compagno.
Quando finalmente il giovane dottore riuscì a cambiare pagina, si sentì premere sulla propria apertura, attraverso la stoffa dei jeans maculati.
Istintivamente, serrò i glutei, ma un bacio sulla nuca lo tranquillizzò all’istante.
“Rilassati, lo sai che non vado oltre”
“Non darmi ordini.”
“Yare-yare… potresti rilassarti, Captain?”
 
Law non poté che acconsentire, chinando poi il capo, fino a poggiarlo sul libro.
Non poteva leggere in quelle circostanze.
 
Si ritrovò istintivamente a pensare a come il suo rapporto con uno dei suoi migliori amici fosse drasticamente cambiato, appena un mese prima.
 
***
 
Da qualche settimana dopo aver lasciato Sabaody, Pen si era comportato in modo stravagante.
Bé, più del solito, considerando il livello di sanità mentale della sua ciurma.
 
Fatto stava, che aveva preso ad evitarlo e col senno di poi, era la classica reazione post: “Oddio, ho scoperto i miei sentimenti”.
 
Comunque, Law all’epoca non ci era arrivato e si era limitato a prendere nota di tutte le stranezze del suo nakama, chiedendosi se gli avesse fatto qualche torto.
 
Per cominciare, Penguin smise di fare il bagno con lui.
Non che questo l’avesse preoccupato particolarmente all’inizio o gli avesse suggerito di essere lui stesso la causa del disagio di Pinguino.
Questo perché facevano il bagno anche insieme a Shachi e così era da sempre, fin da quando si erano conosciuti da bambini, e spesso si aggiungevano anche gli altri loro compagni.
 
Dopo diverse volte che Pen non si era unito a loro, ad ogni modo, con fare casuale, aveva posto la questione a Shachi, mentre lui gli lavava i capelli.
 
“Mh, in effetti ho notato pure io che evita il bagno in comune.”
Rispose, massaggiandogli la cute ricoperta da una generosa quantità di shampoo dalle sfumature rosate e bolle.
 
“Mi chiedo perché… insomma, non penso tutt’un tratto sia diventato timido” a tal commento, il rosso scoppiò a ridere, facendo sobbalzare l’altro ragazzo.
 
“Captain, come sei innocente ~ !”
 
“Eh, perché?” si voltò leggermente col busto, per osservare la luce maliziosa negli occhi del compagno.
 
“Vedi, Law, ad una certa età, ogni tanto, si potrebbe desiderare stare da soli, mentre ci si occupa del proprio corpo… capisci che intendo?”
 
Al che, il giovane medico arrossì e lanciò un’occhiataccia al suo amico.
Certo che lo capiva.
Era ingenuo per questioni amorose e bisogni fisici, ma non era un bambino ignorante.
 
Anzi, per quanto riguardava i bisogni fisici, aveva una certa dimestichezza, suo malgrado. Seppur le circostanze che lo avevano istruito al riguardo, non erano state certo le migliori.
Scrollò la testa per scacciar via i tremendi ricordi.
 
“Hey, sta fermo, mi schizzi lo shampoo negli occhi se ti scuoti come un cane!” ancora ridacchiante, Shachi si era coperto il volto, mentre Law aveva continuato a dimenare il capo a destra e manca.
 
 
 
 
Il prossimo atteggiamento strambo, Law lo riscontrò nell’immensa palestra del loro sottomarino.
 
Con l’utilizzo dell’Ope Ope, il capitano era indubbiamente il più potente degli Heart Pirates, ma per padroneggiarlo, occorreva che il suo corpo fosse forte e resistente.
Perciò, aveva fatto plasmare al loro fabbro dei bracciali di Agalmatolite Marina, per poi chiedere ai suoi nakama di scontrarsi con lui senza trattenersi.
 
Aveva intuito, infatti, che il modo più vantaggioso per migliorare le proprie capacità umane, era quello di inibire i poteri del proprio Frutto del Diavolo, ed allenarsi sopportando il dolore, l’affaticamento e lo stordimento che il raro metallo marino causava.
 
Che alla fine i suoi compagni non dessero il massimo, era ovvio, considerando che il più debole tra loro poteva tranquillamente uccidere un viceammiraglio della Marina, ma certo non ci andavano leggeri e dagli allenamenti con l’Agalmatolite, Law ne usciva sempre esausto e parecchio malconcio.
 
“Vuoi una pausa, Captain?” Shachi gli porse la mano, dopo che lo ebbe scaraventato contro la parete con un calcio alle costole, facendogli sputare sangue nell’impatto.
 
Ansimando, gli rispose, rifiutando l’aiuto per alzarsi.
 
“Figurati, posso ancora farcela.” Portò la mano sinistra aperta di fronte a sé e l’altra stretta a pugno vicino al fianco.

Il rosso si rimise in posa, sorridendogli. “Ti ricordo che devi ancora scontrarti con Pen.”
 
“Farò in tempo a riprendere fiato dopo averti steso” ghignò e balzò verso il compagno, ingaggiando uno scontro tra diversi tipi di arti marziali.
 
Law padroneggiava il karate ed il jeet kune do, insegnategli da Lao G, ai tempi in cui era subordinato di Doflamingo.
Shachi, così come Penguin e Bepo, era un vero esperto di kung fu. Probabilmente, loro tre erano i più abili maestri di quella disciplina di tutti e quattro i mari.
 
“Vai Law! Assestagli un calcio in faccia, spaccagli quei dannati occhiali da sole!”

“Forza Captain, resisti! Ma tu Sha dagli del filo da torcere!”
 
 
Tra gli incitamenti dei loro nakama, non badarono alla figura di Penguin che fremeva ad ogni colpo che il giovane dottore incassava.
 
Lo scontro terminò venti minuti più tardi, con la vittoria del ragazzo più grande.
 
Il vinto si lasciò cadere a terra, alla disperata ricerca d’ossigeno, rosso e livido in volto e tremante per il dolore ed il metallo marino che gli faceva sentire le membra di pietra.
 
Diede un’occhiata in giro per la palestra, osservando senza attenzione i combattimenti degli altri e sentendo casualmente chi lo incitava a riprendersi.  Vide Penguin correre in bagno dopo aver incrociato il suo sguardo, spintonando chiunque si trovasse sulla sua strada.
 
Non ebbe tempo di riflettere sul modo leggermente inquietante in cui il suo nakama l’aveva fissato, perché Shachi gli si sedette accanto, anche lui respirando affannosamente.
 
“Lo sai…” incalzò, tra un ansito e l’altro “Se tu non avessi l’Ope Ope No Mi, Saresti un mostro tipo Kaido, secondo me.”
 
Law ridacchiò. “P-perché dici così?”
 
“Bé, pensaci… Nonostante l’Agalmatolite, non solo riesci a muoverti, a differenza di molti altri detentori di Frutti, ma combatti pure e fai un male cane quando colpisci!” terminò la frase massaggiandosi una coscia.
 
Trafalgar sghignazzò ancora e gli si aggiunse anche Shachi, ma dopo poco le risa del capitano andarono scemando.
 
“Senti, Sha…”
“Dimmi” lo invitò, mentre si alzavano dal freddo pavimento di legno, inumidito dal loro sudore, dirigendosi verso le panche ai lati del campo.
 
“Oggi Pen ti sembrava arrabbiato?”

“Mh?” Lui lo guardò sorpreso, mentre si asciugava la folta chioma rossiccia, con un asciugamano giallo sbiadito dal continuo utilizzo, riportante il loro Jolly Roger. “Non mi pare, capitano. Perché?”
 
“Forse era una mia impressione” incominciò, trafficando con le chiavi dei bracciali di Agalmatolite “Ma mi è sembrato che mi guardasse male e poi è corso via.”
 
Proprio in quel momento, li raggiunse Clione.
 
“Hey, Captain, Pen ha detto che non può battersi con te, oggi.”
 
“Cosa?” Chiesero in coro Shachi e Law. Non era mai successo che quel patito del “ti spezzo con un calcio” rinunciasse ad un allenamento.
 
Clione fece spallucce. “Pare si sia dimenticato di riordinarti l’obitorio e dato che hai fatto un casino con l’intestino di quel tizio, la scorsa volta, vuole incominciare subito, così non deve occuparsene dopo cena.”
 
Shachi scoppiò a ridere. “E poi mi chiedi se sia arrabbiato? Law, cavolo, lo mandi a raccattar budella! Ahaha”
 
“Già…” fu tutto ciò che uscì dalle labbra di Law.
 
Strano, pensò.
Okay che ero stanco ieri ed era l’ennesima notte che non chiudevo occhio… ma ero convinto di essere passato in obitorio ed era tutto pulito.
 
 
 
 
 
Il successivo comportamento ambiguo di Pen, si rivelò a cena e durante le ronde notturne, qualora avessero navigato in superficie.
 
L’enorme tavolata da pranzo degli Hearts, aveva a capotavola il capitano, alla sua destra Bepo e Shachi, alla sua sinistra Penguin e a seguire gli altri nakama, nell’ordine in cui si erano uniti all’equipaggio.
 
Una sera, però, i posti che inconsciamente erano diventati fissi per ognuno, erano stati stravolti dal pinguino. 
 
“Ehm, Pen, penso tu sia al mio posto…” l’attenzione di tutti, si era rivolta verso Uni e Penguin, abbandonando i propri lavori volti ad aiutare il loro chef con gli ultimi preparativi della cena.
 
“In realtà, nessuno ha mai detto che dobbiamo sederci in ordine di arruolamento” fu la risposta bofonchiata del ragazzo, che sperava di terminare in quel modo la discussione, mentre torturava una pagnotta con l’indice destro.
 
“Però è così che abbiamo sempre fatto.” Intervenne, suo malgrado, Clione.
 
“Possiamo anche cambiare, una volta ogni tanto.”

“E perché?” si volle interessare Ikkaku, la fanciulla della ciurma.
 
Pen si ritrovò a fare appello alla scarsa immaginazione di cui godeva, per trovare una buona scusa, che non palesasse il suo vero obiettivo, ovvero stare il più lontano possibile dal loro comandante.
 
“Io… io non vedo mai fuori dall’oblò e Shachi non è così bello da volerlo osservare tutte le sere.”


“Come, prego?!” s’indispettì il soggetto del commento.
“E che vuoi vedere a quest’ora fuori dall’oblò? Stasera c’è pure la nebbia!”
Tutti annuirono alla constatazione di Uni.
 
 
 
“Non vorresti stare vicino al capitano, Uni? Almeno puoi raccontargli tutta la tua giornata senza urlare come al solito” senza volerlo, il suo tono era risultato più aspro di quel che sarebbe dovuto essere.
Penguin non voleva apparire cattivo o cafone con i suoi amici.
Voleva solo stare lontano da Law, ma lo stavano ostacolando.
 
“Non mi pare che sia lui a far baccano, di solito.” Nuovamente, l’attenzione dei presenti si concentrò su un’unica figura, quella del capitano.
 
“Captain, io…” non sapeva cosa dire, Penguin. Era palese che il suo intento era sedersi lontano da Law, ma aveva sperato che l’interessato se ne rendesse conto solo dopo che la cena fosse iniziata… o anche mai.
 
Dal canto suo, il dottore stava incominciando ad insospettirsi, ma credendo di aver compiuto qualche torto nei confronti del compagno e che esso fosse la causa di quello strano atteggiamento, aveva scelto di assecondare Penguin il più possibile, come a volersi far perdonare.
 
“Tuttavia, infondo Pen ha ragione, nessuno ha detto che dobbiamo sederci in quell’ordine, a tavola.”
 
Penguin lo guardò con un minimo di speranza. Forse, sarebbe riuscito ad evitarlo col suo stesso aiuto.
 
“Però a me piacciono i nostri posti, anche se ti sono lontana, amore mio!”
L’equipaggio sghignazzò all’ennesima dichiarazione d’amore di Ikkaku nei confronti di Law.
 
“Sei solo a quattro posti alla mia destra, Ikka-chan.” Le ricordò, mentre lei gli si tuffava addosso in un abbraccio, nascondendo il viso nel suo petto e inebriandolo col profumo dei suoi ricci castani.
 
Nessuno se ne accorse, ma Penguin storse il naso a quella vista.
 
“Potremmo combinare i nostri posti una volta a settimana, che ne dite?” Propose White Fox.
 
“Così finalmente posso prendere a calci Shachi senza dovermi estendere all’inverosimile.” Acconsentì un nakama.
 
“Mentre io posso rubargli i funghi trifolati che tiene sempre per ultimi” annunciò un altro.

“Ma che avete tutti contro di me?!”
 
“Ed io posso starti vicina, Captain!” Ikkaku strinse la presa attorno le spalle del chirurgo prodigio, mentre lui le rivolse un sorriso.
 
“Bell’idea, Pinguino.” Gli poggiò una mano sulla spalla Jean Bart, ridestandolo dalla contemplazione di Ikkaku addosso al loro dottore.
 
Così, una volta ogni sette giorni, Penguin riuscì ad evitare il contatto delle proprie ginocchia sulle morbide cosce di Law o quello delle loro mani quando, incredibilmente, decidevano di afferrare il sale nello stesso istante. Dunque, poté anche non rimanere ammaliato dal sorriso che Lawrence gli avrebbe rivolto in quel frangente, mostrandogli denti bianchissimi e delle piccole fossette agli angoli delle labbra invitanti, offrendosi di attendere prima di poter insaporire a sua volta il proprio piatto.
 
 
L’atto che fece definitivamente rendere conto Law, di essere colui che Penguin stava evitando, fu quello di cambiare i propri turni di ronda, da parte del pinguino.
 
I turni, erano studiati per fare in modo che ogni membro dell’equipaggio giovasse di un meritato e ristoratore periodo di sonno, relativamente all’arco di dodici giorni.
Durante questo periodo, ognuno svolgeva per due volte due ore e mezza di ronda in compagnia di un nakama ed i due turni erano distanziati tra loro da sei giorni.
Così, nessuno poteva lamentarsi di essere stanco.
Terminato un primo periodo, sarebbero state cambiate le coppie.
 
Penguin, approfittò diverse volte del termine dei cicli di ronde per variare  i partner in modo tale che non capitasse mai con Law.
 
Di questo, non se ne rese conto nessuno fino quando furono in procinto di terminare l’ennesima dozzina di giorni.
 
A quel punto, ognuno si era accorto della questione e si era preoccupato per il rapporto tra Law e Penguin, rendendosi conto, gradualmente, di come questo si era incrinato nel corso degli ultimi mesi.
 
Nella ciurma, c’era un legame molto profondo, erano una vera e propria famiglia e non potevano pensare di perdere qualcuno.
Ma era ciò che stava accadendo con Penguin.
 
Tutti ormai l’avevano notato.
 
Non faceva più il bagno o le immersioni nelle terme con gli altri, se c’era Law.
Se poteva, non gli sedeva vicino o lo evitava in qualsiasi altro momento ed era da prima di Sabaody che, per una scusa o per l’altra, non li vedevano combattere in palestra.
Aveva anche iniziato a non rivolgergli la parola, nonostante prima, seppur lo evitasse, rispettasse i suoi ordini e si confrontava con lui su questioni che riguardavano la loro navigazione.
 
Gli Hearts, avevano assistito impotenti ai tentavi vani del loro capitano di intrattenere uno scambio di battute con l’amico di una vita, parlando di qualsiasi cosa gli venisse in mente, ma finendo per recitare un soliloquio.
E ciò era sconcertante e commovente, considerando che quando Law era di buonumore, solitamente, si limitava ai monosillabi.
 
Così, quando il loro Captain domandò loro se lo volessero assecondare nel cambiare di nascosto a Penguin i turni di ronda, risultarono tutti d’accordo.
Speravano che trovandosi da solo con Law e non potendo fare altrimenti, Penguin si decidesse a spiegarsi.
 
Così, la notte di un mesetto fa, l’equipaggio andò a dormire con una speranza nel cuore, mentre Law si diresse con Kikoku poggiata alla spalla destra, verso il ponte della sua nave.
 
“Oh, Ikkaku, ti si è asciugato lo smalto? Temevo mi dessi buca per occuparti delle unghie.”
 
Penguin stava legando alcune cime alla galloccia, perciò dava le spalle a Law, appena uscito dalla cambusa.
 
“In effetti, è proprio ciò che ha fatto.”

Il Pirata del Cuore si girò di scatto, udendo la voce del proprio capitano, fissandolo sconcertato.
 
No. 
No, no, no, no.
Non poteva star accadendo davvero. Dopo tutti gli sforzi fatti, che avevano fatto soffrire entrambi, non poteva ritrovarsi solo con Trafalgar Law, nel cuore della notte.
 
“Lawrence, cosa ci fai qui?”
 
“Ma dai, allora ti ricordi ancora di me?” Il suo tono era freddo e stava poggiato a braccia conserte alla parete metallica. La sua katana era stata posata per terra.
 
“Un po’ difficile dimenticare il proprio capitano, non pensi?” Ironizzò poco convinto Pen, ritrovandosi a pensare, che in realtà era semplicemente impossibile dimenticarsi di qualcuno che non abbandonava mai la propria mente.
 
“Non è l’impressione che hai dato a me ed agli altri, ultimamente.”
 
Non ricevette risposta e ciò lo fece irritare.
 
“Si può sapere che ti ho fatto, Penguin?!” si scostò dalla cambusa, dandosi la spinta con le braccia, avanzando verso il proprio compagno.
Aveva pensato di poter risolvere la questione pacificamente, ma quell’idiota, nonostante gli fosse di fronte, lo ignorava con lunghi silenzi.
 
“Mi eviti, è evidente che lo fai ed io non so neanche il perché. Non puoi dirmelo? Vorrei capire perché sto perdendo uno dei miei migliori amici.”

“Non hai fatto nulla, non preoccuparti.”

Aveva risposto a capo chino, facendo disperare Law.
Non voleva neanche guardarlo negli occhi?
 
“Diamine, Pen, ma che stai facendo?” si portò le mani alla nuca, stringendosi i fini capelli nero pece. Un dubbio gli aveva attraversato la mente in quel frangente ed aveva paura di verificarlo.
Ma d’altronde, avrebbe volto la situazione peggio di così, anche se si fosse rivelato concreto?
 
“Vuoi… vuoi lasciare la ciurma?” fu solo un sussurro ed a Penguin parve quasi di esserselo immaginato.
 
“Cosa?”


“Se vuoi fare carriera da solo o abbandonare la pirateria, a me va bene. Cioè, preferirei poter vivere con te, come abbiamo sempre fatto, ma non voglio andare contro il tuo volere. Però, anche se te ne vai, non possiamo rimanere amici, come una volta?”

“Capitano…” ma non gli diede il tempo di interromperlo.
 
“Cazzo, Pen, hai idea da quanti anni ci conosciamo?”
“Sta zitto…”
“Tutto ciò che abbiamo passato insieme… le volte in cui ci siamo salvati la vita a vicenda.”
“Basta, Law.”
“Ed ad un passo dal Nuovo Mondo… non puoi mandare il nostro rapporto a puttane solo perché vuoi lasciare gli Hearts!”
 
“Io non voglio lasciarvi!”
 
Fu la volta di Law di guardare scioccato il compagno.
Un peso gli si levò dal cuore, si rese vagamente conto.
 
“E allora cosa ti ho fatt-”
“Niente.”
 
Penguin gli si avvicinò.
 
“Tu non hai fatto niente e se io mi comporto così, è proprio perché voglio evitare di dovervi abbandonare. Siete la mia famiglia, no?”
 
Ora si trovavano l’uno di fronte all’altro.
 
“Non capisco.”

Law lo fissava con quei suoi occhi azzurri chiarissimi, ombreggiati dall’oscurità notturna.
Penguin deglutii.
Dannazione, quanto gli erano mancati.
 
“Ripensandoci, qualche colpa ce l’hai…” lasciò la frase in sospeso, riducendo ulteriormente la distanza tra loro.
Il medico ancora non comprendeva, ma era sollevato dal fatto che gli stesse parlando e si fosse avvicinato.
 
“Cioè, cosa ho fatto?” Volle interessarsi.
 
“Tanto per cominciare, hai buttato all’aria tutti i miei sforzi di trattenermi, facendo sì che ci trovassimo soli di notte.”
“Trattenerti?”
“Sì, dalle tue altre colpe…” la sua voce si era fatta più profonda ed il suo corpo sfiorava in ogni sua parte quello del suo testardo capitano.
Portò una mano sul fianco destro di Law, vedendolo sussultare.
 
Forse, il cretino in amore iniziava a capire.
 
La fece scivolare dietro la schiena, costatando quanto fosse magro, nonostante la perfetta muscolatura.
 
“Per esempio, il tuo corpo.” Lo spinse verso di sé, facendo aderire le loro membra.
Law sgranò gli occhi. Ma non si scostò.
 
Magari era un buon segno.
 
“O anche il tuo viso…” portò le dita dell’altra mano a sfiorargli la mandibola, per poi andare ad accarezzargli il pizzetto, costringendolo, in seguito, a dischiudere le labbra.
 
“Pen…” Law sembrava smarrito ed il pinguino decise che avrebbe potuto resistere un altro po’, giusto il tempo di spiegare a quel rincitrullito dal romanticismo a livelli abissali, come stavano le cose.
 
“Ascoltami attentamente, per favore.” Cercò il suo sguardo.
“A Sabaody, la disfatta dei Mugiwara mi ha fatto riflettere molto, sai? Ho pensato: “E se fosse successo a noi?” e mi sono reso conto che non avrei retto una separazione del genere. Non da te. Amo tutti i nostri compagni, Law, ma con te ho vissuto la maggior parte della mia vita. Capisci? È diverso ciò che provo per te e l’avevo sempre saputo, ma non ne avevo compreso il significato fino in fondo, finché non ho temuto una rovinosa sconfitta, contro Kizaru, il Pacifista o Bartolomo. Quello che ti sto dicendo, è che mi hai fatto innamorare, necrofilo di merda e questo non va bene perché tu sei il capitano ed uno dei miei migliori amici, non la mia fidanzata. Perciò ho pensato che avrei potuto sopprimere i miei interessi, per esempio iniziando a non vederti più nudo. Ben presto mi sono reso conto che questi non diminuivano, quindi credevo che ignorandoti e facendoti incazzare, avrei potuto almeno dimenticarti in senso amoroso. Mi spiace se ti ho ferito, ma capisci i miei timori ed il casino in cui tu, stasera, ci hai messi? È imbarazzante, è sbagliato e se facessi qualcosa che ti turba? Potresti essere tu, a volermi cacciare ed io non voglio. Per questo ho fatto di tutto per non raccontarti questa valanga di stronzate ma te no, dovevi proprio metterti d’accordo con Ikkaku?”
 
Law lo stava fissando intensamente. L’aveva fatto per tutto il discorso, senza mai distogliere lo sguardo.
 
“Non potrei mai.” Fu ciò che disse dopo alcuni attimi.
 
“Lo sapevo, tranquillo” mollò la presa dai suoi fianchi e indietreggiò di un paio di passi. “Non voglio che tu sia a disagio. Se vuoi che me ne vada, lo farò, ma lasciami salutare tutti. Te l’ho detto che siete la mia famiglia.”
“Cretino!”
“Eh?”
“È proprio questo che non potrei mai fare. Cacciarti dalla ciurma.”
Penguin spalancò gli occhi.
“Tu sei parte della famiglia, idiota. Per quanto riguarda i tuoi sentimenti… beh, lo sai che faccio schifo in queste cose. Non sono sicuro di cosa provo io, non ci ho mai riflettuto, ma insomma, abbiamo vissuto le stesse cose insieme, no? Se a te tutto ciò ha fatto nascere qualcosa, non escluderei che possa farlo anche con me.”

“Davvero?”
 
“Sì.”

“Quindi posso provarci con te?”
 
“È in questi termini che la metti?”


“Già.”

“Okay.”
 
Gli bastò quel consenso, per decidersi ad afferrargli il viso con entrambe le mani e mentre coi pollici gli carezzava gli zigomi, assaporò finalmente quelle labbra carnose che bramava da tempo immemore.
Premette su di esse con le proprie, accompagnandole in un dolce massaggio. Inclinò la testa e approfondì il contatto, mordicchiandole e succhiandole e tornando poi a lasciargli semplici baci a stampo, mentre la sua mano destra andava a spettinare i capelli del suo capitano. Piegando il capo in una nuova posa e abbracciandogli la vita col braccio sinistro, ricominciava a condurre la bocca di Law in una danza più frenetica, dove dopo poco s’intromise anche la lingua, andando a leccare e separare le labbra dell’altro, in una silenziosa richiesta di permesso ad entrare.
In risposta, il giovane medico gli avvolse le braccia attorno al collo e lasciò abbastanza spazio tra le proprie arcate dentali per permettere alla lingua di Penguin di esplorargli la cavità orale.
Di questo, Penguin fu estremamente felice, intromettendosi all’istante nella sua bocca, cercando la sua lingua, baciandolo duramente e disperatamente.

Ancora non riusciva a credere che stesse accadendo. 
 
Gli colpì il palato più volte, cercò di introdursi maggiormente in profondità e ancora torturò la sua lingua.
 
Law gli gemette sulle labbra.
 
E quei suoni e le loro vibrazioni, passate direttamente sulla sua bocca, lo mandarono in visibilio.
 
Lo costrinse a indietreggiare, fino a scontrarsi con la parete della cambusa.
La mano che gli stava stringendo i capelli scese alla sua vita e gli si intromise sotto il maglioncino blu col loro Jolly Roger bianco, che stava indossando.
Law spalancò gli occhi.
 
È Penguin, è Penguin… si costrinse a pensare, sperando di convincersene.
 
Intanto, le dita fredde del suo compagno gli stavano lentamente delineando gli addominali scolpiti in un sali e scendi continuo.
Poi, avevano solo proseguito con la discesa, mentre Pen era passato a mordergli e succhiargli la mascella e poi il collo, inducendolo a chinare il capo a destra e finalmente a riprendere fiato.
 
Appena sentì l’indice del suo nakama sul bordo dei suoi jeans, davanti a lui non c’era più Penguin.
Un terrore che aveva dimenticato potesse provare lo invase e spintonò il proprio neo amante a diversi metri da lui, facendolo rovinare sul ponte.
 
“Captain, ma che diav-…”
 
Quello sguardo.
 
Gli occhi lucidi, spalancati e le iridi tremanti, contornati dal doppio delle occhiaie e completamente atoni, persi.
Privi di vita.
Conosceva perfettamente quell’espressione di Law.
 
Era la stessa di quando lo conobbe, di quando aveva perso Cora-san, di quando stava morendo per il Piombo Ambrato o di quando raccontava di Flevance.
Ma soprattutto, era quell’espressione disperata di quando ricordava lui.
Doflamingo.
 
Penguin non poteva credere che in una circostanza del genere Trafalgar avesse rammentato il suo ex capitano.
 
Perché se Penguin non si era sbagliato e lui stava davvero pensando a quel bastardo… significava che Law si era ritrovato contro un muro, succube alle molestie sessuali di Doflamingo.


 
Si alzò, avvicinandosi cautamente al ragazzo che gli stava innanzi, semi piegato in avanti, ansimante.
 
“Law…”

Non ottenne risposta, neanche uno sguardo e questo lo fece infuriare, ma non con lui.
Era incazzato nero con quel figlio di puttana di un fenicottero.
Come aveva osato ridurre così Law?
Come si poteva voler togliere la vitalità dai suoi occhi di un  azzurro delicato, quasi irreale? O Spegnere quel suo dolcissimo sorriso?
… Qualora non avesse sadicamente ghignato, s’intende.
 
Mentre senza essere respinto o suscitargli altra paura, riusciva ad abbracciarlo e stringerselo al petto, giurò vendetta a quel pirata paraculato dal Governo Mondiale.
 
“Scusa” sentì sussurrare dopo un po’.
 
“Tranquillo… vuoi parlarmene?”
 
“Avrai capito… insomma, non ci sono molti motivi per un ragazzo di reagire così. O è una verginella o la verginità l’ha persa da tempo ed in modi non troppo legali. Anche se ti dirò…” abbassò il tono della voce, concludendo la frase in un sibilo imbarazzato, triste e quasi impercettibile “Avrei preferito reagire così per essere una verginella”
 
Pen ridacchiò forzatamente, ma le sue risa subito si spensero.
 
“Posso chiederti… quando lo fece la prima volta?”


Law lo guardò negli occhi e poté constatare, con sollievo, che seppur presentassero ancora una traccia di timore, i suoi erano tornati ricchi di vita.
 
“Avevo dieci anni. Ero entrato nella Family da un paio di mesi.”
 
Penguin ringhiò.
“Viscido bastardo…”
 
Law intanto abbassò le palpebre, cercando di liberare la mente da quegli orridi ricordi e si lasciò cullare nell’abbraccio di Penguin, che nel frattempo continuava ad imprecare contro Doflamingo, conciliando in modo comico dolcezza e vendetta.
Infatti, al futuro Shichibukai venne da ridacchiare.
 
“Mh? Adesso ridi?” Pen sembrava smarrito, ma rasserenato dal sentirlo ridere.
 
“Sai, penso che tra poco il nostro turno di ronda termini.” Aveva bisogno di ritirarsi, effettivamente, seppur la vicinanza di Penguin l’avesse riconfortato ed a velocità incredibile.
 
“La prossima volta sbrigati a fare cambio con Ikkaku” Lo ribeccò, scostandosi dal suo corpo, non senza dispiacere.
“Non darmi ordini.”
“Yare-yare”
Prima di aprire la porta per andare sottocoperta a svegliare le prossime due guardie notturne, Penguin gli afferrò la mano.
 
“Però, che romanticone” fu il commento del capitano, che, però, ricambiò la stretta e gli si avvicinò.
 
“Qualcuno dovrà pur esserlo. Se dovessi contare su di te, come primo appuntamento andremmo a visitare il museo degli obitori; “Da Leonardo da Vinci ad Oggi!” o qualcosa del genere.”
 
“Aw, mi conosci così bene ~!”
 
“Ma va a cagare…” si ritrovò a ridere insieme a Law.
 
Non lo faceva da davvero troppo tempo.
 
 
 
 
Il mattino dopo, la ciurma fu entusiasta di scoprirli nuovamente in buoni rapporti.
 
Ovviamente, fecero domande, cercando di capire l’origine del malumore del loro nakama, ma Law e Penguin si erano accordati sul non farne parola coi loro compagni, almeno per i primi tempi e dunque liquidarono tutti inventandosi un’incomprensione  sfociata in litigio.
Questa, era stata presto dimenticata da Law (avevano raccontato) e ciò aveva ferito l’orgoglio del pinguino.
 
L’unico a cui non la diedero a bere, fu Shachi, ma allora non se ne accorsero.
 
***
 
 
“Senti un po’…”
 
Incalzò Law, dopo altri minuti passati col viso sulle fredde e lucide pagine del libro.
 
“Sì?”

“Ma non ti stanchi mai di palparmi? Hai idea da quanto stai andando avanti?”
 
“La colpa è del tuo culo, prenditela con lui.”
 
Il capitano sbuffò.
Davvero, non capiva come il suo nakama fosse riuscito a trattenersi dal toccarlo per tutti quegli anni, viste la malizia e la lussuria che palesava in quei momenti.
 
Trafalgar si girò, sobbalzando sul materasso e scostando nel processo l’ormai dimenticato tomo romanzesco, su un lato del letto.
Penguin era riuscito a mantenere le mani sul sedere del suo comandante e ghignò orgoglioso, finché, notando l’occhiataccia di Law, non temette di aver tirato troppo la corda della pazienza del moretto.
 
“Vuoi… vuoi che me ne vada?” tentennante, aveva ritenuto doveroso porre la domanda.
Come già detto, Pen voleva davvero provarci e riuscirci con il suo capitano, ma non sarebbe andato oltre il limite e mai gli avrebbe mancato di rispetto.
 
“No…”
 
 Penguin sorrise, rilassandosi e chinandosi verso il viso del moretto, che si era sporto col collo verso di lui, alla ricerca di un bacio.
 
Law immediatamente si avvinghiò al corpo del suo neo amante, circondandogli spalle e fianchi con gli arti, in un modo che Penguin adorava e associava alla presa di cucciolo di koala.
 
Il ragazzo più grande spostò le mani dal sedere dell’altro, per passargliele lungo gli stretti fianchi, insinuarle sotto la maglia e gustarsi coi polpastrelli la tonicità del tronco del suo capitano.
Nel mentre, con la propria lingua baciava avidamente e quasi volgarmente la bocca del dottorino, che giorno dopo giorno, gli aveva concesso di rendere suoi sempre più ampi lembi della propria pelle, ma ancora era restio ad un rapporto completo.
Gli strinse un capezzolo, gli graffiò leggermente la schiena, tornò a strizzargli le natiche, premendo con la mano anche sulla patta dei pantaloni, assaporando direttamente nella propria bocca i suoi ansiti, mandandolo in visibilio.
 
Trafalgar era frastornato dagli ormoni.
 
Oramai, ogni volta che Penguin lo toccava, il suo corpo reagiva obbediente, risvegliando desideri che aveva a lungo represso o ignorato.
Non faceva sesso da quando aveva lasciato la Family e durante l’adolescenza, il suo organismo aveva patito, ma non così atrocemente da permettergli di dimenticarsi degli abusi subiti, per semplici voglie gagliarde.
Dunque, ora che era al sicuro, che era maturo in più di un senso, con l’aiuto di Penguin si stava convincendo che era giunto il momento di donare piacere anche a se stesso, che non doveva restare all’ombra del trauma di Doflamingo, perché era libero e, molto probabilmente, innamorato.
 
Strofinò il proprio bacino contro quello del nakama, suscitandogli un basso ringhio.
 
“Captain, se fai così, rischi di farmi cedere…”
 
E allora cedi!
 
Era questo che pensava, che stava per dirgli.
 
“Penso che mi dobbiate delle spiegazioni e comunque, grazie tante per non avermene parlato, migliori amici di ‘sta minchia.”
 
Entrambi si voltarono verso la porta della cabina, cui stava poggiato Shachi, a braccia conserte ed una caviglia sull’altra.
 
Definire i loro volti scioccati sarebbe stato riduttivo.
 
Il loro compagno non li aveva semplicemente colti con le mani nel sacco, bensì con le mani l’uno nei vestiti dell’altro.
 
Penguin riuscì a scostare lo sguardo dalla figura minacciosamente incazzata e delusa del rosso, adocchiando Law.
 
La maglia arrotolata fin sotto le ascelle, ancora attaccato come un koala, labbra gonfie e umide di baci, spettinato e assolutamente paralizzato.
Poteva quasi vedergli un alone bluastro ombreggiargli la parte superiore del viso, segno evidente di paura e incapacità di agire.
 
Non sapeva nemmeno se definirlo sexy o mettersi a ridere per quell’espressione.
Decise di doversi concentrare sull’ospite indesiderato, dovendo per forza affrontare la questione di petto.
 
 “Sha… da quando non si bussa prima di entrare nella cabina del capitano?”
“Ho bussato, ma credo che il mio annuncio sia stato coperto proprio dai gemiti del capitano.”
 
Al che, finalmente Law si era riscosso, arrossendo e abbassandosi la maglia.
 
“Allora, posso avere l’onore di sapere?”


Mhhhhh
Che dire,
DOVEVO scrivere qualcosa del genere, prima o poi.
Ho ancora così tante fiction in mente per Law-chan (pure het, tranquilli, non lo gayizzo tutto il tempo. Il suo culetto ne risentirebbe) di così tanti generi e tipi.
Per tipi intendo: trama, non trama, inerente al manga o no, verosimile ecc…
Ovviamente questa fiction non ha trama.
O meglio, è la classica trama da yaoi ed il prossimo capitolo (che probabilmente sarà il conclusivo) lo riconfermerà.
L’unica cosa originale è la coppia, che a me piace tanto, ma non se ne parla mai.
Spero che nonostante la banalità della storia, io sia riuscita a farvi piacere questa fiction, per il mio modo di scrivere, per le varie scenette, per questa versione tenera e fragile del Chirurgo della Morte.
 
Fatemi sapere, soprattutto se siete in grado di sopportare anche il prossimo capitolo e se io possa riuscire a farvi piacere la PenxLaw!
 
A presto,
Baci,
Pawa

 
   
 
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